Capitolo 21 - Crisi valutarie PDF

Title Capitolo 21 - Crisi valutarie
Author Raffaele Perillo
Course Scenari Economici / Economic Prospects
Institution Università Commerciale Luigi Bocconi
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Capitolo 21 sulle Crisi Valutarie...


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Capitolo 21: Crisi valutarie e sistemi di tassi di cambio LE CRISI VALUTARIE Crisi valutaria: un tasso di cambio si deprezza notevolmente in un breve periodo. Si presenta con due caratteristiche: a) Il deprezzamento del tasso di cambio dev’essere notevole rispetto all’esperienza recente b) Il deprezzamento del tasso di cambio nominale deve influenzare anche il tasso di cambio reale ovvero il deprezzamento non deve riflettere solo l’inflazione e l’azione della PPA. Effetti delle crisi valutarie: sconvolgimenti economici e bruschi crolli della produzione I MODELLI DI PRIMA GENERAZIONE Nei modelli di prima generazione la causa delle crisi valutarie sono le azioni del governo, che persegue una politica interna ed esterna incoerenti. Quali sono i passaggi? 1) Il Governo annuncia di voler perseguire TASSO DI CAMBIO FISSO e POLITICA FISCALE ESPANSIVA 2) Finanzio allora la politica fiscale espansiva stampando moneta. 3) Stampare moneta conduce ad un incremento dell’INFLAZIONE e quindi un conseguente CALO DEI TASSI D’INTERESSE (aumentano i prezzi, si riducono i tassi)  Ciò fa defluire i capitali all’estero. 4) La valuta locale viene venduta, ma il Governo vuole tenere il tasso di cambio fisso, quindi il governo comprerà valuta locale e venderà valuta estera. Questi primi 4 effetti portano a: AUMENTO del DEFICIT FISCALE, AUMENTO OFFERTA DI MONETA (lo Stato sta comprando la valuta locale), AUMENTO DELL’INFLAZIONE e TASSO DI CAMBIO NOMINALE INVARIATO ma il TASSO DI CAMBIO REALE è AUMENTATO poiché l’inflazione è aumentata e le mie RISERVE VALUTARIE si sono ridotte perché sto vendendo le valute altrui. La situazione resta immutata finché si decidono di mantenere tasso di cambio fisso e ampi deficit fiscali. SE il vincolo del tasso di cambio fisso non ci fosse, il tasso potrebbe deprezzarsi, mentre a causa di un i basso tutti la vendono. SE il Governo riducesse i deficit, si stamperebbe meno moneta, i tassi sarebbero a un livello maggiore, quindi ci sarebbero meno deflussi e il tasso non sarebbe sotto pressione, invece, senza cambiamenti le riserve in valuta estera continueranno a ridursi. 5) Il valore della valuta CROLLA PRIMA che finiscano le riserve valutarie estere, in corrispondenza di un valore critico RC, per opera di un Attacco Speculativo. Perché ad RC? Perché se gli speculatori attendessero lo svuotamento delle riserve valutarie, ci andrebbero a perdere, dato che una volta terminate le riserve sarà proprio il governo a procedere con il deprezzamento. IN RC lo Stato non ha sufficienti riserve per resistere all’attacco speculativo quindi o prova a compensare con le poche riserve rimaste o svaluta immediatamente. Il Governo incolperà gli investitori e gli investitori incolpano il governo a causa della promessa di un tasso di cambio fisso e la presenza di riserve.

 E’ IRRILEVANTE, A CAUSA DEL GOVERNO E DELLE SUE POLITICHE LA SVALUTAZIONE SAREBBE DOVUTA AVVENIRE PER FORZA I MODELLI DI SECONDA GENERAZIONE E LA CRISI DELLO SME Tale secondo modello si focalizza sulle variazioni della fiducia degli investitori: se gli investitori continuano ad avere fiducia nei governi, non si verifica una crisi valutaria, mentre se incominciamo a ridurre il loro sostegno la crisi avviene. Tali modelli di seconda generazione furono sviluppati per spiegare la crisi dello SME del 1992. Lo SME era un sistema di tassi di cambi fissi tra paesi europei, dove il paese chiave era la Germania, e tutti gli altri paesi ancoravano la propria valuta al marco tedesco. Per la PPA quando un paese fissa il proprio tasso di cambio a quello di un altro paese entrambi devono avere lo stesso tasso d’inflazione. L’appartenenza allo SME significava che i paesi dovevano adottare la stessa politica monetaria della Germania. Dati i risultati di inflazione bassa e stabile raggiunti dalla Germania dopo la seconda guerra mondiale, per i paesi membri questo era visto come uno dei vantaggi dello SME. Nei modelli di seconda generazione un tasso di cambio fisso può sopravvivere indefinitamente purché la valuta non subisca un attacco speculativo. Se la valuta viene sottoposta a pressioni di vendita, la parità fissa del tasso di cambio sarà abbandonata. I modelli di seconda generazione hanno equilibri che si autorealizzano. Se gli investitori pensano che il tasso di cambio fisso sia stabile, non attaccano la valuta e il tasso di cambio fisso prosegue. Se gli investitori credono che il tasso di cambio sia vulnerabile, venderanno la valuta e l’obiettivo di tasso di cambio sarà abbandonato: le aspettative degli investitori si autorealizzano. I modelli di seconda generazione si basano su tre ipotesi chiave: 1) I governi desiderano mantenere il tasso di cambio fisso perché esso produca benefici ad esempio un’inflazione più bassa e stabile. 2) I governi percepiscono vantaggi dall’abbandono del tasso di cambio fisso; possono fare politiche monetarie espansive e stimolare l’economia interna. 3) I vantaggi dell’abbandono del tasso di cambio fisso aumentano all’aumentare del numero di investitori che pensano che il tasso di cambio si deprezzerà. I benefici derivanti dall’abbandono del cambio fisso aumentano al diminuire della fiducia degli investitori sul mantenimento dell’obiettivo di cambio. Quando è minore la fiducia degli investitori sul tasso di cambio fisso, tanto più è necessario aumentare i tassi di interesse. Ma quanto più alt sono i tassi, TANTO MAGGIORE è per il governo l’incentvo ad abbandonare il tasso di cambio fisso, svalutare la propria moneta e scegliere una politca monetaria espansiva per evitare la recessione. Se la fiducia degli investitori nel tasso di cambio fisso si riduce e supera il punto C allora il sistema non è più stabile. Questo modello spiega il lamento dei ministri per il fatto che i mercati dei capitali li avevano costretti ad abbandonare il sistema di cambi fissi. Soltanto quando la fiducia degli investitori si deteriora i governi non sono più disposti a pagare il prezzo dell’appartenenza al sistema dei tassi di cambio fisso. Nonostante tutto ciò, i fondamentali economici contnuano ad essere important, e vi sono tre situazioni diverse: a) Fondamentali e politche economiche sono così fort che il tasso di cambio fisso è sicuro, indipendentemente dalle aspettative dagli investitori b) I fondamentali sono così scarsi che il crollo valutario è inevitabile

c) La situazione intermedia: la crisi valutaria dipende dal comportamento degli investtori, sono applicabili i modelli di seconda generazione e gli equilibri si autorealizzano. LE CRISI GEMELLE: CRISI BANCARIE E CRISI VALUTARIE Una crisi valutaria molto grave è una crisi che causa anche una crisi bancaria: le crisi gemelle. Nel 1997 le crisi asiatiche si diffusero in modo contagioso su molti mercati emergenti. Queste crisi mescolavano aspetti di modelli di prima e seconda generazione, contenendo anche caratteristiche aggiuntive, in particolare i problemi di arresto improvviso dei finanziamenti esterni e l’influenza negativa delle crisi volontarie sui sistemi finanziari domestici che, a sua volta, contribuiscono al brusco rallentamento economico. All’inizio degli anni 90 molte economie avevano liberalizzato il movimento di capitale: il finanziamento esterno subì un arresto improvviso e il passaggio da un elevato surplus del conto capitale a un elevato deficit causò forti diminuzioni dei tassi di cambio. Ad esempio, le banche centrali asiatiche vendettero le proprie riserve in valute estere e acquistarono le proprie monete, presero a prestito fondi dal FMI e da altre istituzioni internazionali e alzarono i tassi in modo aggressivo, ma l’aumento dei tassi d’interesse e i drastici deflussi di capitali dal sistema bancario lasciarono le economie in recessione. Un più attento esame di questi paesi evidenzia che entrambi i modelli, dopo tutto, possono avere una certa capacità esplicativa. Anche se i governi avevano surplus fiscali, i cont pubblici si stavano deteriorando per effetto delle garanzie fornite dai governi al sistema finanziario (il suo salvataggio): i modelli di prima generazione potrebbero spiegare la crisi valutaria in Asia. Nelle passività del settore pubblico rientrano anche le garanzie date al settore bancario: anche se il deficit fiscale può sembrare in piccolo, in realtà quando peggiore la situazione, peggiora rapidamente quando avviene una crisi bancaria. Considerando questo impegno del governo verso le banche si possono spiegare le crisi asiatiche attraverso i modelli di prima generazione: 1) Il ruolo del settore bancario aiuta a spiegare la severità delle crisi valutarie: quando la moneta locale comincia a deprezzarsi, le banche si trovano a corto di fondi per rimborsare i propri debit in valuta estera: cominciano a chiedere la resttuzione dei prestt che hanno concesso alle imprese sul mercato interno. 2) Per rimborsare questi prestiti le imprese vendono i propri attivi (di solito immobili). 3) Queste vendite determinano una diminuzione generale dei prezzi dei beni immobili che mette in difficoltà altre imprese, che constatano come le garanzie reali fornite alle banche per ottenere finanziamenti, hanno ora un valore inferiore ai finanziamenti ottenuti. 4) Ciò peggiora ulteriormente i bilanci delle banche e le induce a chiedere la restituzione di altri prestiti, determinando ulteriori diminuzioni dei prezzi dei beni immobili e dando origine a un circolo vizioso generale. 5) L’impatto della crisi bancaria è ancora peggiore se le banche non sono state efficient nell’allocazione dei fondi. La combinazione di crisi valutaria e di crisi bancaria ha un effetto drammatico sulla produzione, gli investimenti e il sistema bancario. Anche i modelli di seconda generazione sono in grado di spiegare la crisi asiatica: se un numero sufficiente di investitori è convinto che il tasso di cambio si deprezzerà allora la moneta locale finisce sotto pressione. Quando il tasso di cambio comincia a deprezzarsi, si crea un disavanzo nei bilanci delle banche, che si trovano di fronte a una carenza di valuta estera nel momento in cui tentano di rimborsare i propri debiti internazionali. Per aiutare a controbilanciare questa carenza di valuta estera e per incoraggiare afflussi dei capitali, il governo potrebbe cercare di alzare i tassi

d’interesse. A un aumento dei tassi d’interesse rende più oneroso il servizio del debito per le imprese e fa diminuire i prezzi dei beni immobili, peggiorando ulteriormente il valore delle garanzie reali delle imprese e indebolendo il settore bancario. GLI INTERVENTI SUL MERCATO DEI CAMBI Come sappiamo, quando c’è un deflusso di capitale un governo potrebbe agire per aumentare i tassi d’interesse e trattenere in tal modo i capitali. Tuttavia, è possibile che il governo chieda alla banca centrale di intervenire sul mercato dei cambi, in particolare di vendere le riserve in valuta estera della banca centrale per acquistare la moneta locale venduta dagli investitori. GLI INTERVENTI SUL MERCATO DEI CAMBI E LA STERILIZZAZIONE Quando avvengono gli interventi sul mercato dei cambi, la banca centrale vende valuta estera in cambio di base monetaria (Se vuoi rafforzare la moneta) oppure acquista valuta estera e vende base monetaria. Gli interventi portano a variazioni dei tassi d’interesse, ma gli interventi sul mercato dei cambi sono alternativi rispetto alle variazioni dei tassi di interesse: le variazioni della base monetaria sono una conseguenza indesiderata, per evitare questo effetto sull’offerta di moneta la banca centrale può attuare operazioni di sterilizzazioni. Se l’intervento era di sostegno alla moneta locale, la banca centrale vende attività finanziarie per ridurre la base monetaria, mentre compie operazioni opposte nel caso di interventi sul mercato dei cambi per indebolire la moneta. LE RISERVE IN VALUTA ESTERA Sono le attività finanziarie straniere detenute dalla banca centrale che può venderle in cambio di moneta locale quando attua interventi di supporto alla propria moneta sul mercato dei cambi. In linea di principio, le banche centrali non hanno bisogno di riserve valutarie per attuare questi interventi, poiché quando è necessario dovrebbero essere in grado di prendere a prestito valuta estera. Nei paesi in via di sviluppo, tuttavia, la paura di un arresto improvviso dell’afflusso dei capitali, quando diventa impossibile rifinanziarsi in valuta estera, fa si che possedere uno stock di attività estere possa essere un’importante forma di assicurazione. La media della copertura delle importazioni è invece una misura standard per valutare l’adeguatezza delle riserve basata su quanti mesi di importazioni le riserve potrebbero acquistare. Tre mesi di copertura sono sufficienti. Tuttavia, per molti, la copertura delle importazioni non è più un indicatore significativo, che è più appropriato rapportare invece le riserve del debito a breve termine. A livello globale il 60% delle riserve sono detenute dal dollaro. I FONDI SOVRANI DI INVESTIMENTO Le riserve in valuta estera non sono l’unico strumento con cui i governi acquisiscono attività finanziarie estere. Molti attivi sono oggi detenuti dai fondi sovrani d’investimento. Questi fondi sono entità pubbliche che intraprendono all’estero una parte significativa dei loro investimenti e si focalizzano su investimenti rischiosi e illiquidi molto di più rispetto a quelli detenuti nelle riserve in valuta estera. Ci sono due tipi di fondi sovrani d’investimento: 1) FONDI CHE GESTISCONO RISERVE IN ECCESSO  i governi decidono che le riserve in valuta estera sono troppe e che i principi di investimento previste per queste (bassi rischi) non sono più appropriati per tutte le riserve. In questo caso, così, una parte significativa delle riserve sono trasferite ai fondi sovrani che investono in attività più rischiose e meno liquide. 2) FONDI SOVRANI LEGATI A SFRUTTAMENTO DI RISORSE NATURALI  questi sono fondi per gestire le entrate fiscali derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali. Essi servono a due

scopi: costruit per convertre i benefici una tantum in un flusso di reddito di lungo periodo per le generazioni future. Così anche quando la risorsa naturale si esaurisce, i governi possono usare i rendimenti dei loro fondi sovrani per evitare di aumentare le tasse o ridurre le spese. In secondo luogo, sono costruiti per mitgare l’eccessivo apprezzamento della moneta locale: un paese che sta sfruttando una risorsa naturale come il petrolio venderà questa risorsa all’estero e convertirà le entrate di nuovo in moneta locale. Ciò comporta un aumento della domanda di moneta locale che tende a causare un apprezzamento del tasso di cambio reale. Un tasso di cambio reale apprezzato rende tutte le altre attività economiche meno competitive sui mercati internazionali e quindi causa una stagnazione delle attività economiche diverse dallo sfruttamento della risorsa naturale. Dato che i fondi sovrani d’investimento detengono attività estere, il flusso di reddito generato dalle risorse naturali che confluisce nei fondi sovrani non viene convertito di nuovo in moneta locale e quini non causa l’apprezzamento del tasso di cambio reale. Questo aiuta le attività economiche diverse dallo sfruttamento della risorsa naturale a rimanere competitive. IL RUOLO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE Se una banca centrale esaurisce le riserve in valuta estera e non è in grado o non vuole prendere a prestito valuta estera sui mercati finanziari, può chiedere un prestito al FMI. Il presupposto su cui si basano questi prestiti del FMI è quello di fornire riserve in valuta estera per aiutare ad arrestare il deprezzamento del tasso di cambio. Una volta rimossa la paura di un ulteriore deprezzamento i capitali del settore privato possono ritornare. Il FMI non presta automaticamente: se il prestito del FMI deve essere usato per acquistare una moneta locale che si sta deprezzando, il paese debitore sarà incapace di rimborsare il prestiti originale se la moneta locale continua a deprezzarsi. È cruciale per la concessione del prestto da parte del FMI la CONVINZIONE che la causa alla base della crisi valutaria sia stata RIMOSSA, se no comunque la moneta contnua a deprezzarsi e il FMI non si vede il prestto rimborsato. Da un punto di vista dei modelli di prima generazione, ciò richiede l’impegno del paese a migliorare la propria posizione fiscale riducendo la spesa pubblica e aumentando le entrate. Da un punto di vista dei modelli di seconda generazione, la concessione stessa del prestito da parte del FMI può essere sufficiente per risolvere la crisi valutaria. L’INTERVENTO DEL FMI FUNZIONA? Il successo di questo intervento dipende da diversi fattori: il miglioramento delle politiche economiche perché devono avvenire e deve essere credibile che permangono nel futuro, e l’entità del prestito cioè i prestiti del FMI affinché funzionino devono essere sempre più elevati per contrastare i deflussi su vasta scala del settore privato. Questi prestiti oggi sono così elevati che ci si chiede se il FMI sarà in grado di far fronte a crisi valutarie senza aumentare le proprie riserve. L’INTERVENTO DEL FMI è POSITIVO PER IL SISTEMA ECONOMICO? Il FMI raccomanda politiche economiche che riducono la domanda ed eliminano la necessità di indebitamento, sono abbinate al miglioramento dei saldi fiscali e all’aumento dei tassi di interesse. Per alcuni osservatori, però, le politiche raccomandate dal FMI in realtà peggiorano la situazione economica e creano una forte recessione. Secondo questi critici, i paesi dovrebbe perseguire strade alternative rispetto ai prestiti del FMI. Le due alternative ovvie sono: introdurre restrizioni ai moviment di capitale e impedire agli investtori di RITIRARE fondi dal sistema economico,

oppure semplicemente dichiarare l’insolvenza, oltre che attuare contemporaneamente politiche più orientate alla crescita. Non abbiamo conclusioni empiriche sull’effetto degli interventi o meno del FMI. L’INTERVENTO DEL FMI RENDE I MERCATI EMERGENTI PIU’ VOLATILI? Una critica rivolta all’FMI è che esso crea azzardo morale negli investitori, poiché sapendo che i paesi saranno supportati dal FMI in caso di crisi valutaria per evitare il deprezzamento, investiranno in modo eccessivo. Il risultato sarà la concessione di troppi prestiti e un controllo insufficiente sulla qualità dei prestiti concessi. Senza la prospettiva del salvataggio dal FMI, gli investitori ridurrebbero i prestiti, i flussi sarebbero meno volatli e di conseguenza ci sarebbero meno crisi valutarie e una minor necessità da parte del FMI di fornire enormi fondi per salvare gli investtori. LA LIBERALIZZAZIONE DEI MOVIMENTI DI CAPITALI Le restrizioni sui movimenti di capitale si sono andate riducendo, permettendo agli investimenti di affluire e defluire dai loro paesi con pochi vincoli. Argomenti A FAVORE della liberalizzazione dei movimenti di capitale: 1) FINANZIAMENTO DEGLI INVESTIMENTI E STIMOLO ALLA CRESCITA ECONOMICA: i paesi poveri con bassi livelli di capitale possono beneficiare di una rapida crescita senza dipendere dal risparmio interno. 2) DIVERSIFICAZIONE DEI RISCHI: i flussi del conto capitale aiutano a condividere il rischio sui livelli di consumo, così le fluttuazioni della produzione specifiche dei singoli pasi non influenzano i consumi. 3) MIGLIORAMENTO DELLE POLITICHE PUBBLICHE: i flussi di capitale impongono maggiore disciplina ai responsabili di politiche economiche. 4) AUMENTO DELL’EFFICIENZA DEL SETTORE FINANZIARIO: si verifica nel momento in cui le banche e le imprese finanziarie estere entrano nel mercato emergente insieme agli investimenti esteri e le prassi e le tecniche operative vengono adottate nel paese emergente. La liberalizzazione dei movimenti di capitale è complessa, empiricamente è stato dimostrato che vi è una relazione tra la liberalizzazione dei movimenti di capitale e le crisi bancarie, ma scarsa relazione tra liberalizzazioni e crescita economica, quindi ciò suggerisce almeno che la liberalizzazione economica non è sufficiente per generare il successo economico. Le imperfezioni del mercato possono aiutare a spiegare perché la liberalizzazione dei movimenti di capitale non incrementa la crescita: la liberalizzazione dei movimenti di capitale può determinare un’eccessiva assunzione di rischio, un’allocazione distorta dei fondi e bolle speculative. La volatilità di questi flussi costituisce un ulteriore freno agli investimenti e rallenta la crescita. L’opinione condivisa è che la liberalizzazi...


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