Crisi del Trecento PDF

Title Crisi del Trecento
Course Storia dello sviluppo economico europeo
Institution Università degli Studi del Molise
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Appunti lezione sulla crisi del Trecento e le due determinanti: carestie, epidemie e guerre....


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Crisi del 300: grave crisi demografica

La grave crisi del 300 provocò una grave crisi demografica determinata da carestie epidemie e guerre.

CARESTIE

Tra la fine del 200 e gli inizi del 300, In Europa si ricominciò a morire di fame a causa del moltiplicarsi delle annate di cattivo raccolto in molte regioni, in quanto il rapporto tra esigenze di sussistenza della popolazione risorse territoriali aveva raggiunto il punto di rottura, a causa del forte incremento demografico che aveva spinto ai limiti lo sfruttamento del territorio a fini agricoli, determinando il depauperamento del territorio boschivo e la restrizione dei diritti d'uso sugli spazi incolti. Le carestie divennero più frequenti perché:

1. I territori venivano sfruttate intensamente per le coltivazioni cerealicole e non venivano rigenerati in modo adeguato diventando così meno produttivi; 2. Si registrò la riduzione delle rese nelle terre marginali e nei pascoli messe a coltura; 3. Ci furono difficoltà a far arrivare in tempi rapidi le derrate agricole nelle regioni in difficoltà.

La prima parte del 300 fu perciò caratterizzata da numerose carestie che assunsero in questi anni dimensioni di carattere generale e particolare gravità. Sia l'Europa che la penisola italiana furono colpite nella prima metà del XIV secolo da ricorrenti crisi di sussistenza.

All'origine della penuria alimentare vi è:  Il peggioramento delle condizioni del clima, divenuto più freddo e piovoso agli inizi del 300, che sembra trovare una conferma nelle fonti cronachiste del tempo;  Le guerre, che portarono alla distruzione di campi e dei raccolti;  Speculazione da parte degli incettatori per stimolare una mente artificiale del prezzo del grano.

Gli effetti della penuria alimentare furono:  La difficoltà di rifornimento per i mercati cittadini, che dipendevano per il loro rifornimento dalle campagne circostanti e dalla rete commerciale, e un aumento del prezzo dei cereali, più drammatico per i ceti subalterni;  L’aumento della mortalità  Direttamente, ossia morte per fame, malnutrizione e minore resistenza alle diverse malattie;  indirettamente, a causa dell'abbassamento del livello igienico sanitario e l'aumento del rischio di insorgenza di malattie epidemiche.

EPIDEMIE Alcune particolari malattie come il vaiolo e il tifo erano molto comuni nel Medioevo. Si era diffusa, in Europa, anche la lebbra portata dai crociati che tornavano dalla terraferma. L’epidemia più grave fu quella di peste proveniente dall’oriente, la peste fu portata in Europa dalle navi genovesi di ritorno dai loro commerci. Essa si diffuse moltissimo in Europa e molto rapidamente, infatti tra il 1347 e il 1535 morì un terzo della popolazione europea. La diffusione fu così rapida a causa:  Della scarsa igiene, infatti le abitudini igieniche erano molto diverse dalle nostre e la peste viene trasmessa all’uomo dai topi tramite le pulci;

 Per la scarsa alimentazione, in quanto a causa delle carestie la popolazione mangiava poco e in modo non equilibrato, per questa ragione era più debole e maggiormente esposta al contagio delle malattie;  Delle conoscenze mediche inadeguate, non vi erano infatti medicine in grado di combattere la peste. All’epoca le conoscenze mediche erano impotenti di fronte alla peste. Il contagio si diffondeva nell’aria e non solo attraverso il contatto fisico, i cadaveri abbandonati rimanevano infettivi per almeno due giorni e la popolazione non aveva scampo.

Nel 1348 la morte nera si diffuse dal Mar Nero e giunse a Genova portata dai topi infetti. La prima città in Italia colpita fu Messina. Dall’Himalaya alla Cina (1331), dalla Cina alla colonia genovese di Caffa in Crimea, da Caffa a tutto il mediterraneo attraverso le navi genovesi. Tra il 1347 e il 1349 il morbo si diffonde rapidamente in Medio Oriente, Nord Africa ed Europa. Dopo il 1349 l’epidemia si attenua anche se cesserà di essere considerata una malattia epidemica in Europa solo a partire dal XVII secolo.

EFFETTI DELLA PESTE NERA SULL’ANDAMENTO DEMOGRAFICO:  Fu impossibile calcolare con precisione il numero dei morti causati dalla peste;  Si registrarono più vittime nelle regioni ad alta densità demografica;  La permanenza della peste in Europa in forma endemica fino al XVIII secolo rese difficile un rapido riequilibrio demografico;  Modesto livello della cultura medica e scarse condizioni igienico-sanitarie. Le grandi epidemie influiscono sia sui prezzi sia sui salari, con fenomeni contrastanti: in un primo tempo un aumento del costo dei generi alimentari, ma poi il crollo demografico, che genera una diminuzione della richiesta dei prodotti, causa un abbassamento dei prezzi. Per quanto riguarda i prodotti di lusso, la morte della maggior parte della popolazione ha migliorato la disponibilità economica dei sopravvissuti, che fra l’altro aumentano il consumo di carne. Rimanendo però invariata le disponibilità di questi generi, ma aumentando la domanda, aumentano di conseguenza anche i prezzi. Per quanto riguarda i salari, gli operai e gli artigiani cominciano a richiedere paghe sempre più alte, anche perché la richiesta di manufatti è aumentata. Le testimonianze dei contemporanei:

 “La carestia (1315-16), che era cominciata il passato anno nel mese di maggio, durò fino alla festa della Natività della Beata Maria in questo anno. Discesero piogge autunnali così abbondanti che i frutti non poterono maturare [...]. Alla fame dunque che ha invaso la terra nella sua totalità è seguita la mortalità degli uomini e soprattutto dei poveri, tanto che a stento i vivi potevano seppellire i morti [...]. Alcuni, dicono, condotti in luoghi lontani i propri figli e le proprie figlie, costretti dalla penuria, li mangiavano; altri rubavano i piccoli altrui che uccidevano e furtivamente mangiavano”.

 “Negli anni di Cristo 1346 e 1347 fue grandissima carestia d’ogni cosa da vivere generalmente in tutta la cristianità, in tanto che molta gente morío di fame e mangiavasi l’erbi selvatichi come se fosse stato pane. E per questa cagione nessuno re né signore non facea guerra a nessun altro, però che non si trovava in nessuna parte da vivere. E come fue grande fame, così fue grande mortalità in ogni parte del mondo nell’anno di Cristo 1347”  “Fu si grande la necessità, che le più delle famiglie de’ contadini abbandonavano i poderi, e rubavano per la fame l’uno all’altro ciò che trovavano e molti ne vennono mendicando in Firenze, e così de’ forestieri d’intorno, ch’era una pietà a vedere”  La peste del 1348 secondo il mercante scrittore Giovanni-Morelli (1371-1444) “Negli anni di Cristo 1348 fu nella città di Firenze una grande mortalità di persone umane le quali morivano di male pestilenziale E venne la cosa a tanto, che molti ne morivano pella via e su pelle panche, come abbandonati, senza aiuto o conforto di persona Ora, come voi avete in parte veduto e potuto comprendere, la moria fu inistimabile, e dicesi, e così fu di certo, che nella nostra città morirono i due terzi delle persone ché era istimato che in Firenze avesse in quel tempo 120 mila anime, che ne morirono, cioè de' corpi, ottantamila Pensate se fu fracasso!”

GUERRE

Nel corso del XVI secolo si susseguirono guerre, in particolare la guerra de cent’anni tra il 1337 e il 1453, che aggravarono ulteriormente la situazione. Sempre più diffusa fu la guerra economica che colpiva il nemico attraverso la distruzione delle sue risorse. Nuovi protagonisti furono le compagnie di ventura che combattevano essenzialmente per denaro, erano composte da uomini che sceglievano di non affidarsi a un mestiere stanziale, ma che partivano in cerca di “fortuna”, ciò significa certamente la gloria, ma anche e soprattutto la ricchezza. La guerra provocava maggiori carestie in quanto le battaglie distruggevano i campi coltivati facendo diminuire le scorte di cibo; inoltre diffondevano ulteriormente le epidemie in quanto, gli eserciti, spostandosi per combattere, erano veicolo di diffusione di malattie infettive.

Conseguenze della crisi demografica

Una diversa distribuzione della popolazione Il ciclo di carestie, guerre ed epidemie ebbe conseguenze drammatiche sull’andamento demografico dell’Europa Occidentale determinando: 1. Un drastico calo della popolazione in generale; 2. La crisi demografica degli insediamenti urbani (calo numero di abitanti); 3. Fenomeno dei villaggi abbandonati (particolarmente grave in Germania, Inghilterra e nel mezzogiorno della penisola italiana) In alcuni casi furono anche motivazioni di carattere economico e sociale a dissuadere la popolazione a fare ritorno in alcune località in quanto era più conveniente abbandonare le terre marginali dell’incolto e dopo la Morte Nera il prezzo dei cereali crollò.

Su prezzi e salari  Calo dei prezzi medi dei cereali nel lungo periodo (fino alla metà del XV secolo) risultato della contrazione della domanda (decremento demografico, progressiva messa a coltura di prodotti agricoli più redditizi perché utilizzati nella produzione artigianale e manifatturiera;  Tendenza all’aumento dei prezzi dei salari in conseguenza della riduzione dell’offerta di forza lavoro;  Calo dei prezzi agricoli e aumento dei prezzi dei prodotti manufatti dovuto a un aumento della loro domanda. L’aumento dei salari, combinato con la riduzione dei prezzi del grano, determinò un miglioramento, sia pure effimero, nelle condizioni di vita delle classi sociali meno abbienti.

Sulle campagne  Ampliamento degli spazi incolti determinato dall’abbandono delle terre meno fertili e produttive messe a coltura nei secoli dell’espansione demografica per sfamare una popolazione in crescita e concentrazione delle coltivazioni sulle terre migliori, con un probabile aumento nelle rese;  Affermazione di colture specializzate richieste dal mercato («piante industriali» come lino, robbia, canapa in luogo del grano);  Mutamento degli assetti insediativi delle campagne (fenomeno dei villaggi abbandonati);  Sviluppo dell’allevamento ovino e bovino stimolato dalla maggiore remuneratività dei prezzi dei prodotti che ne derivavano (domanda delle manifatture cittadine, importanza crescente dell’allevamento transumante per via delle notevoli entrate fiscali); Vantaggi: produzione diversificata (cuoio, formaggi, carne) che trovava sbocco sul mercato Svantaggi: degrado del territorio  Incremento dei salari dei lavoratori agricoli e caduta del prezzo dei cereali per effetto del calo demografico determinarono una riduzione delle rendite fondiarie, resa più drammatica dalla mancata riscossione dei canoni In alcune aree dell’Europa (Germania orientale, Italia

Meridionale), in risposta al calo delle rendite fondiarie, si assiste a un processo di rifeudalizzazione (reintroduzione delle corvées).

Il dibattito storiografico sulla crisi del Trecento Vicende economiche del Trecento interpretate alla luce del modello malthusiano e del modello marxista Entrambe condividono una visione negativa della situazione trecentesca. Lo schema interpretativo malthusiano considera il Trecento come un secolo di crisi che traeva origine dallo squilibrio tra popolazione e risorse agrarie. (Secondo Malthus, la popolazione aumenta in progressione geometrica, mentre i mezzi di sussistenza e di sostentamento crescono in progressione aritmetica: la popolazione, perciò, aumenta più velocemente e rapidamente rispetto alle risorse e, di conseguenza, a un certo punto si crea una sfasatura tra risorse e bocche da sfamare, che blocca l’ulteriore aumento della popolazione e fa scattare i cosiddetti freni repressivi, quali carestie, epidemie, guerre, che provocando un’alta mortalità, ristabiliscono un equilibrio con le risorse alimentari disponibili). Secondo questa interpretazione, già alla fine del XIII secolo o all’inizio del XIV secolo, la lunga fase precedente di crescita della popolazione aveva sorpassato le potenzialità alimentari di un’agricoltura incapace di mutamenti tecnologici atti ad aumentare la produttività. La crescita demografica aveva spinto a coltivare terreni marginali, di cattiva qualità, e a sottoporre gli altri campi a cicli colturali troppo intensi. Gli altri settori produttivi non potevano compensare la riduzione delle risorse agricole. L’andamento demografico mutò di segno, in seguito alle morti causate da forti carestie, e per l’abbassamento del tasso di natalità dovuto al ritardo dell’età matrimoniale. La peste nera colpì una popolazione già in regresso e la sua potenza fu forse accresciuta dalla diffusa denutrizione. Il calo demografico finì per accentuare la crisi, contraendo la domanda di beni e servizi, riducendo la produzione globale e la massa dei beni messi in commercio.

Marx nega l’importanza determinante dei fattori demografici nello sviluppo storico e spiega la crisi del Trecento come l’inizio della crisi, lenta, plurisecolare, del sistema di produzione feudale, in cui la gran parte del plusvalore derivava dalla appropriazione aristocratica della produzione che i contadini svolgevano a livello familiare, al quale

sarebbe subentrato il sistema di produzione capitalistico. La crisi del modo di produzione feudale era, secondo alcuni storici esogena, nasceva cioè dal suo esterno, dallo sviluppo del commercio e di forme di produzione urbana estranea all’economia feudale; per altri, era interna al modo di produzione feudale ed era il risultato dell’accentuata pressione della classe aristocratica, che aveva un bisogno crescente di reddito per il consumo di beni voluttuari, sui propri sottoposti, una pressione che avrebbe causato ribellioni e cambiamenti, spingendo i contadini a disertare la terra in cerca di maggiore libertà nelle città.

Da quando il tardo Medioevo è stato identificato come periodo di crisi economica e sociale, si sono affermate diverse scuole di pensiero storico economico sul tema: -Storici “depressionisti” (Postan, Lopez, Romano): ritengono che il calo demografico sia iniziato prima della peste del 1348 e che esso, provocando una forte riduzione della produzione e dei traffici commerciali, abbia generato una depressione di lunga durata, di circa un secolo e mezzo. -Storici “ottimisti” (Goldthwaite): ritengono che il calo demografico, consentendo un migliore equilibrio tra popolazione e risorse, abbia determinato un miglioramento del tenore di vita dei sopravvissuti, non solo in città ma anche nelle campagne. Inoltre, la crisi produttiva e dei commerci non fu generalizzata, dato che alle difficoltà di alcuni settori e centri commerciali si accompagnò la nascita o la crescita di altri.

La ristrutturazione economica del XV secolo

La ristrutturazione economica del XV secolo ebbe un ritmo lento e avvenne in modo graduale, determinando l’affermazione di nuove forme istituzionali e strutture produttive. L’epicentro produttivo dell’Europa comincia a spostarsi dalle regioni meridionali a quelle settentrionali (industria tessile, metallurgia, siderurgia, costruzioni navali) e l’epicentro degli scambi commerciali dal Mediterraneo all’Atlantico (dilatazione oceanica del commercio europeo conseguenza dei viaggi di scoperta). Protagonista della ristrutturazione economica fu lo stato, che cominciò ad assumere un ruolo più incisivo nell’economia (creazione di una burocrazia, politiche

a sostegno degli investimenti produttivi, appoggio organizzativo e finanziario all’espansione commerciale)....


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