CASO Clinico - esercitazione diagnosi infermieristiche PDF

Title CASO Clinico - esercitazione diagnosi infermieristiche
Author Khawla Gilbert
Course Scienze infermieristiche 1
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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Summary

esercitazione diagnosi infermieristiche...


Description

CASO CLINICO Il signor Antonio di 56 anni viene dimesso dall’U.O. Medicina Generale, con diagnosi di Epatocarcinoma in fase avanzata. E’ un giornalista di successo, e questo lo ha portato a viaggiare molto e a conoscere il mondo. Vive da solo in compagnia di un grosso cane, addestrato alla difesa; la sua situazione familiare si riassume in un divorzio e una figlia di 23 anni, che vive a circa 50 km. I rapporti con la ex-moglie sono buoni anche se lui le rifiuta ogni proposta d’ aiuto; infatti dal suo comportamento emerge un forte senso di dignità personale. È portatore di Port-a-Cath ed ha in corso l’NPT. Durante la visita domiciliare dell’infermiere, il sig. Antonio presenta dolori diffusi, astenia marcata, vomito e diarrea massiva. l momento non vuole aiuto dall’infermiere, se non che rimanga con lui, magari a parlare. Durante il dialogo il sig. Antonio rimane con gli occhi chiusi, chiede della figlia e manifesta in modo esplicito “sono alla fine, non mi abbandonare”. Procedura: Gestione Port-a-Cath, competenze e responsabilità infermieristiche DESCRIZIONE DELLA PATOLOGIA Il fegato è molto spesso sede di tumori. L’epatocarcinoma HCC è il principale tumore maligno del fegato. È un tumore primitivo. Tra tutti i tumori è il quinto per frequenza nei maschi e l’ottavo nelle donne con incidenze di oltre 100 casi/100.000 per anno nei paesi equatoriali e sub-equatoriali del continente africano; per quel che riguarda l’Italia l’incidenza é minore ma sempre piuttosto elevata, tra i 5 ed i 20 casi/100.000 per anno. Fattori di rischio  Età – sesso  Vita sedentaria  Obesità  Diabete  Cirrosi epatica  HBV- HCV  Abuso di alcol  Emocromatosi  Aflatossine Sintomatologia  Dolore lato destro superiore addome  Presenza di masse lato destro superiore addome  Nausea e vomito  Stanchezza, debolezza  Prurito  Feci pallide, urine scure  Perdita di appetito  Anemia  Perdita peso

DIAGNOSI INFERMIERISTICHE

D.I. Lutto correlato a malattia terminale, imminenza della morte, perdite funzionali e chiudersi in sé o abbandono da parte degli altri. NOC: il paziente: - Parlerà delle perdite e dei cambiamenti subiti - Parlerà dei sentimenti associati alle perdite e ai cambiamenti - Riconoscerà che la morte è un evento atteso La famiglia: - Passare tempo con il paziente - Mantengono una relazione amorevole e franca con il paziente - Parteciperanno all’assistenza NIC: - Relazione e sostegno paziente- famiglia - Risposta alle perdite precedenti e a quelle attuali, sentimenti provati - Riconoscimento morte imminente INTERVENTI: - Garantire al paziente e ai membri della famiglia la possibilità di esprimere i loro sentimenti, di discutere apertamente della perdita e di esplorare il significato personale di essa. Spiegare che il lutto rappresenta una reazione comune e normale. -

Incoraggiare l’uso di strategie di coping positive che si sono dimostrate efficaci in passato

-

Incoraggiare il paziente a dichiarare le proprie qualità positive

- Promuovere l’elaborazione del lutto in relazione a ciascuna fase: 1. Negazione - Incoraggiare l’accettazione della situazione, non rinforzare la negazione dando false riassicurazioni - Promuovere la speranza assicurando assistenza, confort, e sostegno - Spiegare agli altri membri l’uso della negazione da parte di un membro della famiglia - Non forzare la persona a superare la negazione finché non è pronta sul piano emotivo 2. Isolamento - Promuovere una comunicazione onesta e aperta che incoraggi la condivisione - Rinforzare nel paziente il senso del proprio valore garantendogli la privacy quando la desidera - Incoraggiare la socializzazione (gruppi di sostegno, attività religiose con altri) 3. Depressione - Rinforzare l’autostima del paziente - Mostrare condivisione empatica e riconoscere il lutto - Identificare il grado di depressione e sviluppare strategie appropriate 4. Collera - Spiegare ai membri della famiglia che la collera rappresenta un tentativo di controllare l’ambiente derivante dalla frustrazione dovuta all’incapacità di controllare la malattia - Incoraggiare l’espressione della collera 5. Senso di colpa -

Riconoscere l’immagine di sé espressa dalla persona Incoraggiare l’identificazione degli aspetti positivi delle relazioni

-

Evitare di discutere e di partecipare alle affermazioni del paziente “Avrei dovuto...” e “non avrei dovuto…”

6. Paura - Concentrarsi nel presente e mantenere un ambiente sicuro e privo di rischi - Aiutare il paziente a esplorare le ragioni e il significato della paura 7. Comportamenti isterici - Rassicurare spiegando cosa sta accadendo - Ridurre gli agenti stress ambientali - Garantire un luogo sicuro e privato in cui poter esprimere il proprio lutto - Incoraggiare il paziente in una revisione della sua vita, concentrandosi sui successi e sulle delusioni. Aiutarlo nel tentativo di risolvere conflitti non risolti - Mettere in atto misure volte a sostenere la famiglia e a promuovere la coesione a) Raccogliere percezioni dei famigliari in rapporto a quello che sta accadendo b) Aiutare a riconoscere le perdite e la morte imminente c) Spiegare il processo di lutto d) Permettere la partecipazione all’assistenza per promuovere il comfort e) Incoraggiare la discussione sul carattere significativo della relazione f) Promuovere una nutrizione e un riposo adeguati g) Fare riferimento a un gruppo di sostegno per persone in lutto h) Identificare le risorse che possono aiutare la famiglia e il paziente a far fronte alla malattia (servizio sociale, hospice) i) Promuovere la speranza assicurando un’assistenza premurosa, il sollievo dal disagio e il sostegno INDICATORI DI RISULTATO: Equilibrio d’umore ed accettazione del proprio stato di salute

D.I. Dolore acuto correlato a neoplasia maligna del fegato in stadio terminale NOC: -

Livello di benessere Controllo del dolore

-

Gestione dolore Gestione farmaci Sostegno emotivo

NIC:

INTERVENTI:   

Ascoltare attentamente l’assistito parlare del dolore Chiedere all’assistito di quantificare il dolore tramite l’utilizzo di scale di valutazione Rilevare e ridurre la presenza di fattori che riducono la tolleranza al dolore: 1. Fatica e stress - Determinare la causa della fatica (sedativi, analgesici, deprivazione di sonno) - Spiegare che il dolore contribuisce allo stress che, a sua volta, accentua la fatica - Valutare il modello di sonno dell’assistito e gli eventuali effetti del dolore sul sonno - Dare all’assistito la possibilità di riposare durante il giorno e di avere periodi ininterrotti di sonno durante la notte o quando il dolore è ridotto - Fare riferimento agli interventi della diagnosi dell’insonnia per migliorare il sonno

Razionale: il rilassamento e l’immaginazione guidata sono efficaci nel trattamento del dolore in quanto aumentano il senso di controllo, riducono il senso di abbandono e di disperazione, forniscono un elemento di distrazione ed interrompono il ciclo dolore – ansia – tensione. 2. Monotonia - Discutere con l’assistito e con i familiari dei metodi di gestione non farmacologica del dolore (distrazione) - Sottolineare che la distrazione dell’assistito dal dolore non dipende dall’intensità del dolore stesso - Spiegare che in genere la distrazione aumenta la tolleranza e riduce l’intensità del dolore, ma che, alla cessazione, l’assistito può acquisire maggiore consapevolezza del dolore e della fatica - Rendere vario l’ambiente per quanto possibile - Incoraggiare l’assistito a svolgere un ‘attività di interesse - Discutere della possibilità di apprendere qualcosa di nuovo - Insegnare ad utilizzare un metodo di distrazione durante un episodio di dolore acuto che sia facilmente attuabile (contare gli oggetti di una figura, contare tutto ciò che è nella stanza…)  Definire con l’assistito i metodi da adottare per ridurre l’intensità del dolore  Spiegare all’assistito ed ai familiari i diversi metodi non invasivi e i relativi meccanismi d’azione: - Applicazioni calde - Bagno caldo - Coperta termica - Applicazioni fredde - Massaggi - Adeguato posizionamento - Insegnare all’assistito a non pensare in termini negativi alla sua capacità di gestire il dolore - Adottare tecniche di distrazione - Adottare tecniche di rilassamento Razionale: stabilire con l’assistito degli obbiettivi realistici per il dolore Razionale: sebbene poco apprezzabile, musicoterapia riduce l’intensità del dolore e il consumo di farmaci analgesici Razionale: è stato dimostrato che il cervello produce endorfine, sostanze chimiche simili agli oppiacei che riducono il dolore. La liberazione di endorfine può essere responsabile degli effetti positivi del placebo e degli interventi non farmacologici per la gestione del dolore Razionale: l’esecuzione di interventi non farmacologici per la gestione del dolore migliora gli effetti terapeutici dei farmaci analgesici. Razionale: gli interventi non farmacologici rappresentano un importante approccio terapeutico al dolore cronico. Forniscono alle persone un maggior senso di controllo, promuovono il coinvolgimento attivo, riducono lo stress e l’ansia, migliorano l’umore e aumentano la soglia del dolore. 

Gestione ottimale del dolore con gli analgesici - Preferire la via di somministrazione endovenosa od orale - Evitare la via di somministrazione intramuscolare poiché poco efficacie e dolorosa - Valutare i segni vitali prima della somministrazione del farmaco - Somministrare la terapia farmacologica prima dello svolgimento di un’attività tenendo conto il rischio di sedazione - Somministrazione della terapia in orari fissi - Valutare la risposta della terapia analgesica mezz’ora dopo la somministrazione

-

Quando occorre consultare il medico circa la necessità di ridurre gli intervalli di somministrazione o di aumentare il dosaggio della terapia farmacologica

INDICATORI DI ESITO: il paziente riferirà progressiva diminuzione del dolore

COSA E’ IL PORT-A-CATH? Il Port-a-cath è un sistema totalmente impiantabile costituito da 2 elementi fondamentali: – il reservoir impiantato in una tasca sottocutanea; – il catetere propriamente detto connesso al reservoir attraverso un apposito sistema di raccordo. Il reservoir, o camera, presenta la forma di un tronco di cono. La parte inferiore è costituita da un disco in plastica o in titanio con diametro di circa 3-4 cm; la parte superiore è costituita invece da una membrana con diaframma in silicone auto sigillante e una parte centrale rialzata definita setto accessibile attraverso l’utilizzo di appositi aghi non siliconati e non carotanti quali gli aghi di Huber o di Gripper. I port-a-cath possono essere venosi, arteriosi, peritoneali, epidurali e spinali. Il port può essere mono o bilume, in quest’ultimo caso esso è costituito da due camere distinte connesse separatamente ai due lumi del catetere. Il catetere, in silicone o in poliuretano, può essere a punta aperta (port con catetere Broviac, Hickman, port brachiali o PAS-port, Cath link) o a punta chiusa (port con catetere Groshong). In base alla tipologia di catetere gli attacchi alla camera sono diversi: per i cateteri in silicone l’attacco è di tipo CATH-SHIELD, per quelli in poliuretano Polyflow di tipo ULTRA-LOCK. Le indicazioni per l’impianto di un port possono essere: – somministrazione di farmaci chemioterapici; – nutrizione parenterale totale; – terapia del dolore (elastomeri, P.C.A.); – prelievi ematochimici (solo quando non è accessibile il sistema venoso periferico); – fluidoterapia e soluzioni iperosmolari; ATTENZIONE: Per la NPT le linee guida SINPE 2007, ESPEN 2009, IDSA 2009 raccomandano l’impianto di cateteri esterni non tunnellizzati (Honn, Picc) per la somministrazione di terapia parenterale per periodi inferiori ai 3 mesi, sia per uso intraospedaliero che extraospedaliero. Per periodi superiori ai 3 mesi le linee guida raccomandano l’impianto di cateteri venosi centrali tunnellizzati (Hickman, Broviac, Groshong) o come seconda scelta, per uso strettamente extraospedaliero il port. RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICHE NELL’IMPIANTO DEL PORT L’impianto vero e proprio del port è di competenza medica in quanto prevede l’utilizzo di una tecnica chirurgica; tuttavia la figura dell’infermiere è allo stesso modo importante sia nel pre- che nel postimpianto. Prima dell’impianto del port l’infermiere deve: – controllare la presenza del consenso informato firmato dal paziente previo colloquio con il medico prescrittore;

– eseguire gli esami ematochimici: emocromo e coagulazione; – sospensione, su segnalazione di medica, di eventuali farmaci che potrebbero compromettere la manovra (es. anticoagulanti); Nel post-impianto: – effettuare la medicazione del punto di inserzione del port con garza e cerotto da sostituire dopo 24h; – esecuzione di un Rx torace per scongiurare un eventuale pneumotorace; – educare il paziente alla corretta gestione del presidio impiantato invitandolo a prestare attenzione a sintomi d’allarme quali tosse, dispnea, dolore, febbre; – somministrare se necessari antidolorifici evitando antinfiammatori che interferiscono con i processi di coagulazione; – consegnare il LOG BOOK (cartellino identificativo del CVC); – rimuovere i punti di sutura dopo 10-15 giorni; L’accesso al port avviene tramite dei particolari aghi detti aghi di Huber e di Gripper. L’utilizzo di tali aghi non carotanti (senza effetto biopsia), proprio per la loro forma particolare, permette di pungere più volte la camera senza provocare lacerazioni al sigillo di silicone, cosa che non accadrebbe con altri aghi di uso comune, preservando quindi l’integrità del sigillo e favorendone l’utilizzo per un lungo periodo di tempo. Il loro tempo di permanenza massimo è di 7 giorni. La medicazione del Port prevede sia la medicazione della ferita chirurgica della tasca sottocutanea in cui è stato posizionato il reservoir e del sito di inserzione del CVC, che la medicazione del Port con ago di Huber o di Gripper inserito. In entrambi i casi è necessario considerare che: 

la ferita chirurgica e il sito di inserzione del catetere venoso centrale devono essere controllati regolarmente attraverso l’ispezione visiva o la digitopressione a medicazione intatta. Se il paziente presenta dolore, febbre senza altra fonte identificata, o altre manifestazioni che suggeriscono una infezione locale o una BSI, la medicazione deve essere rimossa per consentire un esame diretto del sito.



E’ preferibile utilizzare una medicazione sterile, trasparente, in poliuretano semi-impermeabile in quanto: o

permette una ispezione immediata e continua del sito stesso;

o

consente al paziente di eseguire le cure igieniche, avendo presente che il PORT con inserito l’ago Gripper, non deve essere immerso nell’acqua; la doccia dovrebbe essere consentita se vengono messe in atto precauzioni che riducano la possibilità di entrata di microrganismi nel catetere (cioè se il catetere e il dispositivo di connessione sono protetti da una protezione impermeabile durante la doccia).



Se il paziente presenta un’eccessiva sudorazione o se il sito di inserzione è sanguinante o secernente, è preferibile applicare una medicazione in garza e cerotto.



La necessità di mantenere una medicazione in garza dovrebbe essere valutata giornalmente e questa dovrebbe essere sostituta quando è necessario ispezionare il sito d’inserzione o quando la

medicazione si presenta umida, sporca o staccata. La medicazione in garza dovrebbe essere sostituta con una trasparente in poliuretano, appena possibile. 

Non applicare pomate antimicrobiche sul sito d’inserzione del catetere come trattamento routinario del sito stesso.

Le medicazioni utilizzate sui siti di inserzione di cateteri impiantabili dovrebbero essere sostituite ogni 7 giorni, fino che il sito sia guarito, a meno che non vi sia una indicazione di cambiarla prima. La prima medicazione della ferita chirurgica della tasca di alloggiamento del reservoir e del sito di inserzione del CVC deve essere eseguita a distanza di 24 ore dall’impianto del dispositivo, per verificare/controllare la presenza di eventuali ematomi e/o stillicidio. Il lavaggio del Port deve essere effettuato dopo ogni iniezione, infusione o prelievo ematico. Quando un Catetere Venoso Centrale (CVC) non viene temporaneamente utilizzato deve essere eparinato per prevenire l’occlusione. L’eparinizzazione, deve essere sempre preceduta da un lavaggio con soluzione fisiologica (SF) del CVC. L’uso di eparina dipende dalla punta del catetere: vanno sempre eparinati i cateteri che non hanno la punta valvolata. I cateteri dotati di valvola di tipo Groshong non vanno mai eparinati. L’iniezione di soluzione eparinata (10-100-500U./ml) va effettuata con chiusura in pressione positiva e con siringhe da 10 ml. Si raccomanda di lavare con soluzione fisiologica i cateteri con valvola antireflusso o con presidi a pressione positiva (needless system). I cateteri venosi centrali facilitano l’insorgenza di trombi e questi possono essere colonizzati da batteri: la somministrazione preventiva di eparina è quindi utile per ridurre anche le infezioni correlate all’ uso del catetere. Il lavaggio del catetere deve essere eseguito con una manovra “pulsante” che favorisca la rimozione di ogni residuo di farmaco, lipidi o sangue dalle pareti del catetere (in presenza di un CVC esterno la quantità di SF consigliata per il lavaggio è di 10 ml per ogni lume del catetere; mentre è preferibile usare una quantità di 20 ml per il Port): non vanno mai usate siringhe di calibro inferiore poiché rischiano di danneggiare il catetere per l’alta pressione che esercitano. La chiusura del catetere deve avvenire in pressione positiva per evitare il ritorno ematico all’interno del catetere. Il lavaggio deve essere fatto: dopo il prelievo di sangue, dopo la somministrazione di terapie, in caso di reflusso di sangue nelle vie del CVC. Il lavaggio è necessario a mantenerne la pervietà ed evitare che soluzioni incompatibili entrino in contatto: prima, durante e dopo l’infusione di sostanze incompatibili tra loro va eseguito un lavaggio con soluzione fisiologica. La frequenza dei lavaggi deve essere settimanale per i cateteri tunnellizzati e non tunnellizzati (PICC, Hohn®) e mensile per i cateteri totalmente impiantati (Port). Dopo il lavaggio, se il catetere non viene più utilizzato procedere all’eparinizzazione con una soluzione eparinata 10-100-500U/ml utilizzando tecnica pulsante, mantenendo una pressione positiva a fine eparinizzazione, fino a chiusura della clamp o del rubinetto....


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