Chiare fresche e dolci acque. riassunto e analisi del testo. PDF

Title Chiare fresche e dolci acque. riassunto e analisi del testo.
Author lore giovanni
Course Storia dell'arte
Institution Politecnico di Bari
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Chiare, fresche et dolci acque Autore Francesco Petrarca • Titolo dell'Opera Rerum vulgarium fragmenta (Canzoniere) • Data Tra il 1336 e il 1374 (1340-41 / 1345 / 1350) • Genere Poesia lirica Forma metrica Canzone di cinque strofe in endecasillabi e settenari, divisa in piedi e sirma, con schema abCabC cdeeDfF, più un congedo •



È la canzone più celebre del Canzoniere, precisamente la numero 126 (su 366), e una delle liriche più note della poesia italiana. Nel testo Petrarca immagina un incontro con Laura sulle rive del fiume Sorga, nei pressi di Valchiusa, dove la donna era solita fare il bagno e dove il poeta la ammirava estasiato; gli elementi del paesaggio circostante formano un "locus amoenus" (luogo idealizzato) di derivazione classica e stilnovista, in cui Laura viene descritta con alcuni moduli tipici della "donna-angelo" (le trecce bionde, l'aspetto e il portamento divino...), ma anche come oggetto di un amore terreno e sensuale che è molto distante dalla tradizione precedente e si rifà, piuttosto, alla visione propria del mondo classico; Petrarca sente prossima la propria morte e si augura come estrema consolazione di poter essere sepolto in quel luogo, sperando che Laura giunga sulla sua tomba e pianga per lui invocando il perdono di Dio per i suoi peccati. Nonostante la presenza di numerosi motivi della tradizione poetica cortese, la canzone propone in realtà una situazione decisamente classica (incluso il particolare della donna che si bagna nel fiume, più simile a una ninfa boschereccia che non a una "donna-angelo") e incline all'espressione di un amore sensuale, molto lontano dalla spiritualizzazione dello Stilnovo e dei poeti precedenti. Conforme a questa novità è anche la descrizione di Laura come donna crudele che non ricambia il poeta, che respinge gli inviti all’amore, qualificando l'amore di Petrarca come infelice e senza speranza, definendola "fera bella et mansüeta" (v. 29) e augurandosi che possa impietosirsi di lui dopo la morte, con un riferimento forse alla Petra delle Petrose di Dante. La canzone si fonda tutta sulla contrapposizione tra il passato e la memoria del precedente incontro con Laura e il presente, in cui Petrarca si sente prossimo alla morte per le sofferenze amorose e desidera essere sepolto in quel luogo che ama: all'inizio si rivolge agli elementi del paesaggio (le acque del fiume, il ramo, l'erba, i fiori, l'aria) pregandoli di ascoltare il suo lamento amoroso, quindi esprime il desiderio che Laura torni lì e pianga sulla sua tomba, invocando per lui il perdono divino, nella consapevolezza che il suo amore è frutto del peccato e da condannare sul piano morale. Il ricordo di Laura sulle rive del Sorga è una descrizione idilliaca e ricca di immagini tratte dalla tradizione classica, in cui Laura sembra più una divinità pagana che non la "donna-angelo" di ispirazione stilnovista: la donna siede morbidamente sull'erba con

la "gonna / leggiadra", mentre dai rami degli alberi scende una pioggia di fiori simile a un "amoroso nembo" che si posano su di lei e sugli elementi del paesaggio con un leggiadro volteggiare, con una ripresa di immagini della mitologia classica (il dio Amore, la simbologia dei petali...) che, a differenza dei poeti precedenti, sono del tutto sganciate da qualunque spiritualizzazione, fanno da sfondo a un amore terreno e dalle implicazioni sensuali inequivocabili (al v. 9 l'"angelico seno" è proprio il seno di Laura appoggiato all'erba, per cui la donna è mostrata nella sua nudità e con la bellezza seducente del suo giovane corpo). Metrica: canzone formata da cinque stanze di tredici versi ciascuna (4 endecasillabi e 9 settenari), con schema della rima abC abC c deeDfF e un congedo di 3 versi (2 endecasillabi e un settenario) il cui schema riprende gli ultimi tre versi della sirma (DfF). La lingua presenta numerosi latinismi, consueti nello stile petrarchesco, tra cui "et" (vv. 1, 7, 26 ecc.), "herba" (v. 7), "extreme" (v. 14), "gratia" (v. 17), "humile" (v. 44); alcune forme sono proprie della grafia del latino medievale, come "fiancho" (v. 6), "anchor" (v. 27), "boscho" (v. 68). Il lessico non presenta termini ricercati o preziosi, conformemente a tutta la lirica petrarchesca, e lo stile è piuttosto fluido e musicale, anche grazie alla prevalenza di versi settenari (contrariamente alla tradizione della poesia lirica e al modello della canzone dantesca). Figure Retoriche Sinestesia v. 1: “chiare, fresche et dolci acque”; Anastrofi vv. 2-3: “le belle membra/ pose”; vv. 7-8: “la gonna/ leggiadra ricoverse”; v. 11: “il cor m’aperse”; v. 16: “ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda”; vv. 17-18: “il meschino/ corpo fra voi ricopra”; v. 19: “torni l’alma”; v. 21: “questa spene porto”; v. 29: “torni la fera”; v. 37: “mercé m’impetre”; vv. 64-65: “mi piace/ questa herba”; Perifrasi v. 3: “colei che sola a me par donna”; Enjambements vv. 7-8; vv. 17-18; vv. 59-60; vv. 67-68; Metafore v. 11: “il cor m’aperse”; v. 29: “la fera bella et mansueta”; vv. 46-48: “le trecce bionde,/ ch’oro forbito et perle/ eran”; Dittologie v. 26: “la carne travagliata et l’ossa”; v. 32: “disiosa et lieta”; Paronomasia vv. 33-34: “pieta… pietre”; Enumerazione per asindeto vv. 1-11: “acque… ramo… erba e fior… aere”; Apostrofi vv. 1-11: “acque… ramo… erba e fior… aere”; Ellissi v. 47: “qual su le trecce” (ellissi di cadeva); v. 50: “qual su l’onde” (ellissi di si poseva); Anafore vv. 46-47 e 50-51: “qual… qual… qual”; Personificazione v. 52: “parea dir: Qui regna Amore”; vv. 66-68: “se tu avessi… gente”; Enumerazione per polisindeto v. 58: “il divin portamento / e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso”; Epifrasi v. 62: “come venn’io, o quando?”; Antitesi v. 63: “in ciel, non là dov’era”

Commento Il componimento Chiare, fresche et dolci acque fa parte del libro di liriche del Petrarca, il Canzoniere (titolo originale: Rerum vulgarium fragmenta), raccolta di trecentosessantasei poesie che raccontano la storia dell’amore del poeta per Laura e la decisione, dopo la morte di lei, di abbandonare le illusioni mondane per cercare in Dio la fine degli affanni terreni e la salvezza. La canzone 126 rappresenta il componimento più celebre della raccolta, la poesia di Petrarca più amata da secoli di suoi lettori, in assoluto i versi più puri e tersi dell’intero Canzoniere. Altrettanto noto è l’episodio che essa rievoca, del poeta che assiste per caso al bagno di Laura nelle acque del fiume Sorga. Impossibile stabilire quanta parte di realtà biografica, e quanta invece di invenzione letteraria, siano presenti nella vicenda ricordata: certo è però che il topos dell’amante che scorge l’amata fare il bagno deriva dalla mitologia classica (Diana e Atteone, Aretusa e Alfeo). La visione si caratterizza per un atteggiamento di sbigottita contemplazione da parte dell’io, dimentico del mondo esterno e come trasognato, quasi sospeso nell’irrealtà («diviso/ da l’imagine vera»). L’indeterminatezza, la vaghezza delle immagini, la malinconia pacata che le avvolge, rendono la rappresentazione incantevole e il testo indimenticabile. Chiare, fresche et dolci acque si muove sapientemente fra rievocazione del passato e immaginazione del futuro. La prima strofa si incentra infatti sul ricordo di Laura immersa nell’acqua, circondata dagli elementi naturali. Proprio questi sono gli interlocutori a cui ci si rivolge: a loro, soli testimoni del fatto raccontato, il poeta chiede udienza per le sue parole. Il paesaggio si identifica armoniosamente con Laura, che ne è parte e che conferisce significato ad esso: per mezzo di lei, della sua presenza, il ramo diventa gentile, l’aere diventa sacro; viceversa, le parti del corpo di Laura si dissolvono nella natura, il bel fianco, l’angelico seno diventano elementi della natura in mezzo agli altri. La seconda e la terza strofa, invece, si spostano sul vagheggiamento di una possibilità futura, una vera e propria fantasticheria: che il poeta dopo la morte sia sepolto sulle rive del fiume e che Laura, di passaggio per questo luogo, vedendo la tomba, apprenda della morte di lui e ne abbia compassione. Nonostante questo componimento non risalga a una stagione senile, è fortemente presente dunque un senso della morte incombente (anche le parole di v. 13 sono estreme) che tinge la lirica di una sfumatura di sconforto, se non di disperazione. Nelle strofe successive, infine, si ritorna al ricordo del passato: nella quarta, l’immagine di Laura coperta da una nuvola di fiori, che riprende la Beatrice dantesca nel Paradiso terrestre (Purg. XXX), conferisce alla rievocazione toni favolosi, con i petali che ondeggiano quasi per incanto, mossi da Amore; nella quinta, infine, a coronamento del trionfo laurano, la donna amata è proiettata in una dimensione angelica e divina, creatura paradisiaca che dà al poeta l’impressione di essere traslato in cielo. Per ciò che riguarda gli aspetti stilistici, la lingua della poesia di Petrarca riflette in un certo senso le sue immagini: stilizzate e quasi astratte queste, di conseguenza convenzionale e stereotipata quella. Petrarca non avverte mai l’esigenza di conferire realismo per mezzo di un lessico preciso e concreto, né quella di apportare originalità per mezzo di audacie linguistiche. Le sue scelte lessicali sono improntate a criteri di rigorosa selezione: soltanto alcuni termini possono rientrare nel nobile vocabolario della poesia, e questo aspetto spiega l’impressione di piattezza e ripetitività che, in contrapposizione all’esuberanza stilistica di Dante, la lirica petrarchesca può suscitare.

ALBANESI SINTESI E ANALISI Chiare, fresche et dolci acque è l’incipit della canzone CXXVI del Canzoniere di Francesco Petrarca, in cui il poeta rievoca i luoghi che hanno visto la presenza di Laura, la donna amata; egli, sentendo l’approssimarsi della morte, ha il desiderio di essere sepolto in uno di quei luoghi, nella speranza che un giorno Laura, come angelo sulla terra, vi tornerà e guarderà con sguardo lieto e colmo di pietà la sua tomba. Centrale è dunque il paesaggio che, attraverso una serie di elementi (le acque, il ramo, l’erba, i fiori, il cielo), determina l’affiorare del ricordo di Laura. La datazione di Chiare, fresche et dolci acque è incerta, forse fu scritta tra 1340 e 1341. Si tratta di una canzone di cinque stanze, ognuna delle quali composta di 13 versi (quattro endecasillabi e nove settenari), con rime secondo lo schema abCabC cdeeDfF e un congedo con schema DfF. Nella prima stanza della canzone, il poeta, che sente l’avvicinarsi della morte, si rivolge agli elementi del paesaggio, che videro la presenza di Laura, affinché ascoltino le sue ultime parole. Egli vuole essere sepolto in quel luogo, nei pressi del fiume Sorga, tra Avignone e Valchiusa, perché gli trasmette serenità e perché coltiva la speranza che un giorno Laura possa tornarvi. Laura lo cercherà invano e, vedendo la tomba, si commuoverà, a tal punto da ottenere da Dio clemenza per il poeta. Laura viene immaginata nella sua bellezza futura e questa immagine di lei porta il poeta a ricordarla nel passato: seduta sull’erba, con i fiori che scendono su tutto il suo corpo, la donna ricorda al poeta una figura angelica, tanto da fargli credere di trovarsi in paradiso. Tornado al presente, il poeta riesce a trovare pace solo in quei luoghi e, nel congedo, ammette con umiltà che se la canzone fosse bella come lui aveva cercato di renderla, essa potrebbe uscire da quei luoghi per diffondersi tra la gente. Gli elementi del paesaggio descritto da Petrarca vanno a comporre il cosiddetto locus amoenus, cioè un luogo naturale che dona serenità e piacere, tale non solo per la sua bellezza, ma soprattutto perché in passato ha accolto Laura, che si è immersa nelle acque del Sorga, si è appoggiata a un albero, si è stesa tra l’erba e i fiori. Nel testo di Chiare, fresche et dolci acque sono presenti pronomi di prima persona singolare che trasmettono l’idea che protagonista sia l’io poetico, che rivive il luogo e i ricordi a esso collegati dal suo punto di vista, influenzato dall’amore appassionato e tormentato per la donna, che egli definisce una «fera bella et mansueta» (v. 29). sinestesia: “chiare, fresche et dolci acque” apostrofe: “acque... ramo... erba e fior... aere... date udienza” anastrofe: le anastrofi sono numerosissime, es. “le belle membra / pose”, “il cor m’aperse”, “il meschino / corpo fra voi ricopra”... enjambements: sono altrettanto numerosi (es. vv. 7-8, 27-28, 34-35...) perifrasi: “colei che sola a me par donna” anafore: “qual” metafore: diffuse sono in particolari le metafore tipiche dello Stilnovo (es. “il cor m’aperse”). personificazione: prima di Amore e, nel congedo, della canzone stessa. paronomasia: “pieta”-"pietre"

FIGURE RETORICHE • Il v. 1 è un notevole esempio di sinestesia (Chiare, fresche et dolci acque). • Il v. 3 è un esempio di perifrasi (colei che sola a me par donna, ovvero Laura). • Varie volte ricorre la figura retorica dell’anastrofe (vv. 2-3, le belle membra / pose; vv. 7-8, la gonna / leggiadra ricoverse; v. 11, il cor m’aperse; v. 16, ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda; vv. 17-18, il meschino / corpo fra voi ricopra; v. 19, torni l’alma; v. 21, questa spene porto; . vv. 21-22, dubbioso / passo; v. 29, torni la fera; v. 37, mercé m’impetre; vv. 64-65, mi piace/ questa herba). • Sono presenti anche raffinate metafore (v. 11, il cor m’aperse; v. 29, la fera bella et mansueta). • I vv. 46-49 sono un esempio di similitudine (Qual fior cadea sul lembo, / qual su le treccie bionde, / ch’oro forbito et perle / eran quel dí a vederle; si veda la parte relativa alla parafrasi). • Si deve altresì notare la presenza della figura dell’anafora (qual: vv. 46, 47, 50, 51). • Al v. 52 è presente la figura della personificazione (Qui regna Amore). • Al v. 58 è presente un’enumerazione per polisindeto (e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso). • Vari gli enjambement (vv. 2-3, 7-8, 8-9, 12-13, 17-18, 21-22, 23-24, 28-29, 3031, 34-35, 35-36, 36-37, 40-41, 43-44, 48-49, 53-54, 59-60, 64-65, 67-68).

Commento Chiare, fresche et dolci acque (la canzone 126) è una tra le poesie più famose (se non la più famosa) del Canzoniere. Rievoca l’incontro del poeta con Laura, quando l’uomo assiste per caso al bagno della donna e si configura come lunga vocazione del poeta al luogo in cui è accaduto, Valchiusa. Questo tipo di visione appartiene a un diffuso topos letterario di ascendenza classica (celebre è il mito di Diana e Atteone), cui si somma quello del locus amoenus. Altrettanto ricorrente è l’immagine della donna circondata da fiori e proiettata in una dimensione angelica: è la stessa immagine con cui comparirà Beatrice nel Purgatorio dantesco. Questa visione della donna genera nel poeta uno spaesamento tale da fargli perdere qualsiasi contatto con la realtà. Il ricordo dell’incontro è alternato all’immaginazione del futuro — l’alternanza tra passato e futuro scandisce il procedere delle strofe: al passato sono dedicate le strofe 1, 4 e 5; al presente la 2 e la 3. La speranza del poeta è quella di poter essere seppellito, dopo la morte, in quello stesso luogo, perché Laura, tornata lì per caso, possa vederne la tomba e provare compassione. Questa concezione della morte come imminente (poiché ormai la ferita di Amore è penetrata nell’animo del poeta e non può che fare il suo corso) tinge l’intero componimento di un tono dolce-amaro....


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