Confronto Pietro delle Vigne e Romeo da Villanova PDF

Title Confronto Pietro delle Vigne e Romeo da Villanova
Course Lettere classiche
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Confronto tra gli exules immeriti Pietro delle Vigne e Romeo da Villanova, entrambi alter-ego di Dante che evidenziano la posizione da rinnegare (suicidio) e quella da prendere (credere nella Provvidenza)....


Description

Nel XIII canto dell’Inferno Dante e Virgilio si inoltrano nella selva delle Arpie dove sono puniti suicidi e scialacquatori. Qui Dante ha l’occasione di incontrare Pietro delle Vigne, capo della cancelleria imperiale di Federico II di Svevia dal 1239 al 1249, anno in cui cadde in disgrazia presso l’imperatore in seguito a diverse accuse a lui rivolte per invidia. Pietro ha l’opportunità di narrare a Dante la propria triste storia, che lo vide passare dalla più grande fama e i più alti onori alla disgrazia e alla disperazione. Nel corso della narrazione, Pietro mette a fuoco la causa che lo condusse alla rovina eterna: la volontà, mossa da uno sprezzante e quasi innaturale compiacimento per la morte («per disdegnoso gusto» Inf. XIII v.70), di «fuggir disdegno» (Inf. XIII v.71), ossia il disprezzo e il disonore causato dalle false accuse. Si può notare che, nella visione di Dante, l’errore che portò Pietro al suicidio sia stato quello di rispondere al disprezzo umano con il disprezzo per la propria vita, e dunque di dimostrare avversione e sfiducia nella Provvidenza e nella misericordia divina. Inoltre, Pietro avrebbe ridotto la propria dignità umana e la propria vita, dono inviolabile di natura divina, al solo onore terreno (tanto che Pietro è ancora ossessionato dal desiderio di cancellare la sua onta: «E, se di voi alcun nel mondo riede,/ conforti la memoria mia, che giace/ ancor del colpo che ‘nvidia le diede» Inf. XIII vv.76-78), sicchè quando quest’ultimo viene spazzato via dalle circostanze contingenti, non vi è più motivo di continuare l’esistenza. Nel VI canto del Paradiso è presente una figura vicina ma al contempo distante da quella di Pietro delle Vigne: Romeo da Villanova, ministro di Raimondo Berengario IV di Provenza. L’anima di Romeo, assieme a quella dell’imperatore Giustiniano, risiede nel cielo di Mercurio, dove dimora chi operò per ottenere la gloria terrena. Secondo una leggenda seguita da Dante, tuttavia non aderente alla realtà storica degli avvenimenti, Romeo sarebbe stato un umile pellegrino, il quale, dopo essere entrato nelle grazie di Berengario e aver raggiunto la carica di ministro, avrebbe agito rettamente fino al giorno in cui non si sarebbe rimesso in cammino, esule, in seguito alle false accuse mosse dall’invidia degli altri funzionari di corte («fu l’ovra grande e bella mal gradita» Par. VI v.129). La storia di Pietro è molto vicina a quella di Romeo: entrambi cercarono la gloria terrena al servizio di un sovrano; entrambi furono accusati ingiustamente a causa dell’invidia; entrambi furono colpiti dal disprezzo e dal disonore; ma se il primo si abbandonò alla disperazione, il secondo invece si rimise nel cammino della vita (non a caso la leggenda parla di Romeo come pellegrino) secondo il modello medievale dell’homo viator (come viator è d’altronde Dante nel suo cammino ultraterreno), non disprezzando di dover finire a mendicare il pane per sopravvivere («e se ‘l mondo sapesse il cor ch’elli ebbe/ mendicando sua vita a frusto a frusto,/ assai lo loda, e più lo loderebbe» Par. VI vv. 139-142). Dante sembra suggerire che l’umiltà di Romeo gli abbia permesso di non disperare, giudicando un bene prezioso la ricompensa ultraterrena promessa nel passo evangelico del discorso della montagna: «beati qui esuriunt et sitiunt justitiam quoniam ipsi saturabuntur» (Mt. 5,6). È probabile che Dante si rivedesse in entrambe le figure, perché colpite come lui da accuse ingiuste, ma che prendesse a modello Romeo per la sua reazione, pur non nascondendo una grande stima e pietà nei confronti di Pietro....


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