Costa Crociere PDF

Title Costa Crociere
Course Economia aziendale
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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caso costa crociere...


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4. IL CASO COSTA CROCIERE

1. Il gruppo Costa dalla nascita alla fine degli anni ‘70 La "Giacomo Costa fu Andrea" fu fondata da Giacomo Costa a Genova nel 1854. L’impresa iniziò l’attività con la commercializzazione di olio d’oliva dall’Italia nei Paesi dell’area mediterranea e, dalla fine del secolo, in America. Dopo la Prima Guerra Mondiale, l’impresa iniziò a costruire impianti di raffinazione dell’olio a Genova e nel Sud Italia, e a trasformare così olio di oliva di mediocre qualità in un prodotto eccellente grazie a una particolare tecnica di eliminazione dei gradi di acidità che nessun altro possedeva. Nello stesso periodo, l’impresa entrò nel settore armatoriale, prima con piccole navi per il trasporto dell’olio e poi con navi più grandi per il trasporto di merci varie. Nel secondo dopoguerra, la Costa iniziò a trasportare passeggeri con servizi di linea dal Nord al Sud America e ad espandere l’attività di trasporto merci grazie ad una nuova flotta di navi in parte di proprietà ed in parte prese a nolo (la vecchia flotta era stata quasi completamente distrutta durante la guerra). Nel frattempo, si sviluppava il business della raffinazione dei semi oleosi e si faceva ingresso nei settori tessile e meccanico. Durante il Fascismo, i Costa non scesero a compromessi con il regime. Come disse Angelo Costa 2: "La ditta non è mai stata fornitrice dello Stato. La politica economica fascista ha completamente distrutto la nostra attività fondamentale (l’esportazione dell’olio d’oliva). La guerra, con la perdita delle navi, ha distrutto gran parte del nostro patrimonio". Nel 1945, Angelo Costa fu eletto Presidente di Confindustria e ricoprì questa carica fino al 1970. Negli anni ’70, il gruppo Costa fu probabilmente il primo al mondo a reagire a una crisi nel settore dei servizi di linea via mare entrando nel business delle crociere con la Costa Armatori ; le navi furono ristrutturate per il servizio di crociera con saloni più ampi e rifacimento di alloggi e sale da pranzo secondo il concetto della classe unica. Nel 1978, il gruppo Costa era uno dei maggiori gruppi privati italiani, una media impresa armatoriale ed uno dei principali competitori nel settore delle crociere, con un fatturato di 400 miliardi di lire e circa 5.000 dipendenti. 2. Famiglia e impresa a fine anni ‘70 Con il passare del tempo, la famiglia proprietaria divenne molto numerosa.

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Il presente scritto è la versione ridotta e aggiornata del caso elaborato dai due autori a scopi didattici, e non per valutare l’efficacia o inefficacia di modelli di gestione aziendale, in una versione semplificata ad uso del corso di Economia aziendale. L’aggiornamento dei dati è ad opera di Francesca d’Angella. 2 Uno dei leader più carismatici nella storia della famiglia e dell’azienda.

Dai primi anni ’70, la società capogruppo era la "Giacomo Costa fu Andrea S.n.c.”, cioè una società in nome collettivo con 26 soci, tutti appartenenti alla famiglia. Le singole partecipazioni al capitale di rischio variavano dal 2% al 10%3. "La forma giuridica della capogruppo” - spiega Andrea Costa4 - “era una anomalia rispetto agli altri grandi gruppi industriali del Paese. La snc era stata scelta dai nostri genitori snella e con minori obblighi fiscali (occorreva presentare solo il conto economico e lo stato patrimoniale)… (...). “Mi sono chiesto spesso come fosse possibile mantenere l’accordo tra un numero così alto di soci; penso che questo accordo abbia trovato il proprio cemento in determinati valori guida che sono sempre stati condivisi nella storia della nostra famiglia: il rispetto del prossimo, la sottolineatura del servizio piuttosto che del potere, l’economia per l’uomo. (…) L’errore forse è stato quello di calare questi valori in una forma societaria che non rendeva possibile impostare un tipo di gestione coerente con le dimensioni dell’azienda e le evoluzioni dei “business”. Ad esempio un limite della forma giuridica è che è difficile prendere decisioni drastiche nei confronti degli altri soci perché ognuno di loro risponde in solido con tutti i suoi beni delle conseguenze di quella decisione (…); oltretutto, probabilmente alcuni soci non avevano tutte le competenze necessarie”. Le donne venivano liquidate. Da un lato, si pensava che non avessero le competenze necessarie di governo e gestione; dall’altro, nessuno voleva coinvolgere i generi in una S.n.c. Così, ai figli maschi si lasciavano in eredità quote proprietarie mentre le figlie femmine ricevevano denaro, titoli e beni immobili. Fino alla seconda metà degli anni ’70, gli otto soci anziani della terza generazione si erano occupati soprattutto di questioni tecniche e commerciali, e solo Angelo Costa si occupava di questioni societarie: "Angelo” - continua Andrea - “era il ; e anche se faceva del suo meglio per non essere considerato il numero uno, quando qualcuno di noi aveva un problema, glielo sottoponeva e si discuteva fino a trovare una soluzione”. “L’autonomia, il distacco tra i vari settori era pesante ” - prosegue Andrea -. “Ognuno di noi prendeva decisioni sulla base dei conti del proprio settore e nessuno pensava ai costi generali o agli oneri finanziari da ripartire. Se una società del gruppo era in perdita, nessuno si preoccupava dei riflessi sul proprio settore o sul gruppo nel suo complesso”. "Abbiamo tollerato per troppo tempo qualche attività che andava troppo male ” aggiunge Federico Costa - “perché si sarebbe dovuto togliere del lavoro e perché si voleva andare tutti d’accordo”. I soci-amministratori usavano scambiarsi informazioni e opinioni in due occasioni: ogni 15 giorni in riunioni plenarie, coordinate da Angelo o, in sua assenza, da Giacomo III; tutte le mattine in Sala Posta, attorno ad un grande tavolo, dove si apriva la corrispondenza5. 3

Nella snc, ogni socio è illimitatamente responsabile (ossia risponde anche con il suo patrimonio personale) delle sue azioni e di quelle degli altri soci ; perciò ogni socio è di diritto amministratore. Tutte le altre aziende del gruppo erano società di capitali con la forma della o della 4 Presidente della Costa Spa dal 1983 al 1987. 5 Nel 1982, Franco Costa rievocava tali incontri dicendo: "Ricorderò sempre l’allegra confusione, il succedersi degli arrivi, (...), le gare e/o code per leggere i giornali, la presenza diligente di alcuni, l’assenza cronica di altri, i commenti del lunedì (anche di natura sportiva...), (…) il telefono (mai per chi rispondeva), le riunioni, i consigli, i comitati, l’orgoglio di poterci entrare... in una parola, la Sala Posta”.

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3. La crisi Alla fine degli anni ’60, il gruppo era sottocapitalizzato, anche a causa dei grandi investimenti compiuti per convertire le navi al business delle crociere e per costruire nuovi impianti di raffinazione dell’olio. In quegli anni, il business armatoriale passeggeri iniziava a soffrire la concorrenza del trasporto aereo e le politiche di (riduzione selvaggia dei prezzi) delle imprese a partecipazione statale che avevano disperatamente necessità di sfruttare il più possibile la capacità produttiva. Nel 1973-74 i prezzi del petrolio si impennarono, innescando un processo inflazionistico che portò l’incidenza del sui ricavi di una nave dal 12% al 2530% in un anno e quadruplicò i fabbisogni di capitale circolante nel business dell’olio. “Nel 1974” - è ancora Andrea a parlare - “avevamo ancora scarsa consapevolezza della crisi in atto. Quell’anno, entrò in vigore la riforma fiscale che stimolò tutte le imprese alla revisione delle proprie strutture amministrative e questo lavoro, data la nostra inadeguatezza e le nostre dimensioni, assorbì molte delle nostre energie; (…) oltretutto, i nostri utili da inflazione erano molto alti. Così, continuammo a ragionare in termini di sviluppo dimensionale: i nostri genitori ci avevano insegnato che le cose più importanti erano lasciare un patrimonio ai figli e creare lavoro per la famiglia e per tutti. Anche a fronte di una informativa davvero scadente, le banche ci seguirono con larghezza. Ma l’anno seguente tutti i nostri problemi finanziari vennero alla superficie”. Nel 1976, morirono improvvisamente i due soci anziani più coinvolti nella gestione del gruppo, Angelo e Pippo. Nel 1977 morì anche Giacomo II, ultimo dei soci anziani con incarichi operativi. Dopo questi eventi si formò un triumvirato che comprendeva : Giacomo III (responsabile del business armatoriale e, per la sua influenza sui cugini, dell’intero gruppo); Lorenzo (responsabile del business dell’olio d’oliva); Mario (persona di grande integrità che rappresentava il punto di riferimento nella valutazione dei problemi del gruppo). Andrea fu nominato segretario del triumvirato. “Volevamo replicare il meccanismo decisionale in atto quando c’era Angelo: si costruivano insieme le decisioni con l’aspetto positivo che la decisione presa motivava le persone e l’aspetto negativo che nascevano compromessi. Con Angelo il compromesso era molto difficile, poi invece è andato aumentando". Nel gennaio 1977 Piero, il fratello di Andrea, fu rapito dai terroristi, e quattro familiari furono coinvolti nelle trattative (incluso lo stesso Andrea) a tempo pieno per tre mesi. Insieme alla morte di Angelo, fu una dolorosa occasione per verificare l’unità familiare. 4. Il processo di ristrutturazione e l’ingresso degli investitori istituzionali Dovendo affrontare serie difficoltà finanziarie, la famiglia iniziò a lavorare sul problema della ricapitalizzazione e decise di modificare la struttura giuridica del Gruppo per consentire l’ingresso di soci terzi. La Giacomo Costa fu Andrea S.n.c. divenne allora la holding/“cassaforte di famiglia”. Si costituì una capogruppo industriale, la Costa S.p.A, trasferendole il controllo delle partecipazioni nei business oleario, tessile e immobiliare prima detenute dalla S.n.c., e affidandole l’esercizio diretto dell’attività armatoriale. Successivamente, le attività armatoriali furono trasferite a una nuova impresa. La struttura del gruppo Costa a fine 1981 è riportata nella tavola 1.

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La famiglia Romanengo acquistò una quota del 10% della capogruppo industriale. Questa famiglia possedeva già il 40% della S.C.I (Società Costruzioni Immobiliari), l’impresa immobiliare del gruppo, e la gestiva direttamente. “L’ingresso dei Romanengo e la parallela ristrutturazione societaria ” - dice Andrea Costa - “ci hanno indotto a passare dal triumvirato ad una struttura piramidale. Però non abbiamo voluto rompere troppo con il passato e, pur avendo creato dei responsabili di settore, abbiamo costituito di consigli di amministrazione con la presenza incrociata dei cugini e delle famiglie sia per favorire lo scambio di informazioni, sia per tenere conto della responsabilità in solido di tutti i soci nella S.n.c. che, pur con il cambiamento della struttura, non era venuta meno”. Tavola 1. Il gruppo Costa a fine 1981

Nel luglio 1981, il rapporto di una società di consulenza sottolineò che il sistema informativo-contabile era assolutamente inadeguato. Per quanto riguarda i sistemi di controllo di gestione, non si poteva condurre alcuna analisi affidabile dei risultati del gruppo nel suo insieme o di singole aree di business. "Nel 1979 avevamo introdotto la metodologia del budget” - osserva Andrea Costa - “ma era solo una previsione di massima e non era prevista nessuna verifica infra-annuale. Anche i valori di bilancio non riportavano correttamente la situazione del gruppo e non esisteva un bilancio consolidato (del gruppo nel suo insieme), in parte perché i soci-amministratori erano soliti gestire i loro settori in autonomia pressoché totale senza curarsi del gruppo nel suo insieme. Il primo bilancio consolidato fu redatto dai consulenti nel 1982. Con un grande shock per tutti, ne risultò un patrimonio netto (capitale proprio) negativo. Inoltre, si stimava per il 1982 una perdita di 18 miliardi di lire.

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Nell’assemblea del 31 agosto 1982, i soci della Giacomo Costa fu Andrea S.n.c. approvarono il piano di ristrutturazione presentato dai consulenti. Fu proposto di ristrutturare il business oleario, uscire dal business tessile e rilanciare l’armatoriale. Considerando il gap manageriale che doveva essere rapidamente colmato, i Costa decisero di valorizzare al massimo le competenze già presenti in azienda e di inserire manager e amministratori dall’esterno. La famiglia era consapevole del fatto che sarebbe stato difficile, se non impossibile, attrarre professionisti qualificati senza “autentici” consigli di amministrazione finalizzati al governo delle aziende piuttosto che alla conservazione degli equilibri familiari. In particolare, fu stabilito che la Costa spa avrebbe svolto il ruolo di governo del gruppo ; il suo nuovo consiglio era così composto: Giacomo Costa III (presidente); Andrea Costa (consigliere delegato responsabile della finanza e delle relazioni esterne); un consigliere delegato esterno con esperienze precedenti in Arthur Andersen e Bosch Group (responsabile della produzione e del personale); un consigliere proveniente dalla famiglia Romanengo; un consigliere esterno proveniente dal settore della consulenza. Il consiglio della Costa S.p.A stabilì rapidamente nuovi principi organizzativi: chiara distinzione tra l’assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione di Costa S.p.A e i consigli di amministrazione delle società operative (operanti in specifici settori); il consiglio della Costa S.p.A sarebbe stato formato da poche persone, selezionate in base alle competenze e non ai legami familiari; i consigli delle società operative sarebbero diventati organi agili, operativi, composti da un numero limitato di consiglieri da scegliersi tra top manager familiari e non; Costa S.p.A attraverso il suo consiglio di amministrazione, avrebbe costituito la direzione centrale di gruppo responsabile delle strategie, della finanza, del personale, della allocazione delle risorse tra i diversi business, della comunicazione, dei rapporti politici, del controllo della gestione delle società operative; i consigli delle società operative sarebbero stati responsabili e garanti dei loro budget di fronte al consiglio della Costa S.p.A; le posizioni chiave a livello di holding e di settore in tutto il gruppo sarebbero state assegnate a persone professionalmente competenti, fortemente autonome e operative; in generale, le strutture sarebbero state semplificate, con responsabilità funzionali e di business ben definite ma senza perdere di vista le relazioni inter-funzionali e intersocietarie. Il consiglio della Costa S.p.A. concluse la presentazione del piano di ristrutturazione alle banche sottolineando come la decisione di inserire dirigenti professionisti in posizioni di responsabilità, sia a livello della holding che delle società operative, non andasse comunque in alcun modo intesa come un disimpegno degli attuali gruppi familiari che restano impegnati non solo finanziariamente ma anche con un ancor più intenso impegno personale di numerosi loro membri che si sono fatti carico di posizioni di grande responsabilità. Manager esterni furono inseriti a capo delle funzioni di finanza, marketing e controllo di gestione. La Sala Posta fu chiusa il 27 settembre 1982 con una decisione traumatica per alcuni familiari, poiché era percepita come un rito che contribuiva all’unità familiare.

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Molti manager e dipendenti dovettero abbandonare il gruppo a seguito del piano di ristrutturazione; alcuni se ne andarono spontaneamente poiché non gradivano il nuovo stile di management, molto diverso da quello dei Costa. Il processo di ristrutturazione fu portato avanti dal consiglio della Costa S.p.A con il sostanziale accordo dei soci della Giacomo Costa fu Andrea S.n.c., ma non senza tensioni tra loro. Una fonte di tensione era la comunicazione tra soci. Un’altra fonte, la principale, era data dal problema delle garanzie personali dei soci, che furono eliminate solo nel 1986 grazie al miglioramento dei risultati del gruppo. Nel 1986, Arca S.p.A. (una banca di investimento) si impegnò ad acquistare il 10% di Costa Crociere S.p.A6. Questo impegno fu esplicitamente subordinato alle seguenti condizioni: gli amministratori avrebbero dovuto fornire informazioni tempestive sull’andamento del gruppo in riunioni trimestrali; l’impresa avrebbe dovuto essere quotata in borsa non appena giudicato possibile ed opportuno; i Costa al vertice del gruppo avrebbero dovuto mantenere la maggioranza del capitale di rischio; Andrea e Nicola Costa avrebbero dovuto mantenere un ruolo di leadership, dato che le aree di business del gruppo richiedevano un management molto specializzato la famiglia avrebbe dovuto sistemare le proprie posizioni con le banche. L’ingresso di investitori istituzionali era già previsto nel piano di riordino del 1982. Come ricorda Andrea, "L’operazione di ricapitalizzazione di Costa Crociere con la partecipazione degli investitori istituzionali ha costituito un passaggio chiave nel processo di risanamento in quanto: 1. (…) le risorse derivanti dall’aumento di capitale sono state destinate ad azzerare i debiti bancari residui di Costa Crociere (...); 2. (...) sono venute a cedere le garanzie fideiussorie personali dei soci della S.n.c., e ciò ha consentito finalmente di trasformare la Giacomo Costa fu Andrea S.n.c. in Il Ponte S.p.A. (...) 3. (…) ha consentito di rompere quella stretta relazione tra il patrimonio della famiglia Costa e quello delle aziende. Questo – conclude Andrea – non ha significato sminuire il ruolo imprenditoriale della famiglia, che anzi è stata invitata a rimanere al comando di Costa Crociere”. 5. Il Gruppo Costa nel 1996 Dopo il processo di risanamento, solo nove di essi erano rimasti coinvolti nel governo e nella direzione di Costa Crociere, poiché la famiglia aveva deciso che nessun altro dei suoi membri vi sarebbe entrato a lavorare. Il patrimonio dei Costa era ancora al 100% investito nell’impresa; essi controllavano la Costa Crociere attraverso la holding di famiglia Il Ponte S.p.A. e attraverso un patto di sindacato con alcuni alleati (Chargeurs, Accor, IFI,..). Insieme, la società Il Ponte e gli alleati detenevano il 50,29% delle azioni con diritto di voto dell’impresa armatoriale (v. allegato 1). 6

Controllata da Costa Armatori.

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La holding familiare Il Ponte S.p.A. era governata sulla base di un accordo decennale tra i soci Costa sottoscritto alla fine del 1987. Secondo tale accordo: la holding di famiglia era costituita con la missione di controllare la Costa Crociere, e non per svolgere direttamente iniziative imprenditoriali (a meno che i soci non lo avessero deciso a larga maggioranza); non si ammettevano soci non familiari nel capitale di rischio della holding di famiglia; i dividendi di Costa Crociere erano pagati alla società Il Ponte allo scopo di: 1) ridurre i debiti della società stessa; 2) remunerare i soci; 3) alimentare un fondo di “solidarietà” da usare nel caso in cui qualche azionista avesse chiesto di essere liquidato. Dal 1987 al 1996, era stata liquidata una quota complessiva di circa il 7%; nel consiglio di amministrazione della società Il Ponte S.p.A. erano rappresentati tutti i rami familiari. 6. Costa Crociere SpA Nel luglio 1996, dieci anni dopo aver aperto il capitale di rischio ad Arca, i Costa stavano valutando una offerta di acquisto di Costa Crociere S.p.A. Non era la prima volta che essi ricevevano questo genere di proposte per l’impresa, che è leader in Europa nel business delle crociere. Finora, le avevano sempre rifiutate per non venire meno alla loro vocazione imprenditoriale. Al tempo stesso, la famiglia stava esaminando i risultati di Costa Crociere, che nella prima metà del 1996 erano stati inferiori a quelli previsti. Costa Crociere S.p.A. era la subholding industriale di un gruppo con più di 1800 dipendenti e circa 900 miliardi di lire di fatturato. Il business delle crociere era l’unico che i Costa avevano mantenuto dopo il processo di risanamento. I membri della famiglia rimasti in azienda con incarichi di governo e direzione erano sei : Nicola (Presidente) ; Andrea (Vice Presidente) ; Bacci (a capo del settore tecnico) Piero (responsabile della manutenzione delle navi); Pippo (energia) ; Giacomo IV (finanza internazionale; l’unico della quarta generazione a cui è stato consentito di entrare a lavor...


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