Critica della facoltà di giudizio Kant - riassunti PDF PDF

Title Critica della facoltà di giudizio Kant - riassunti PDF
Author Irene Isani
Course Estetica
Institution Università di Bologna
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Summary

Riassunti del libro capitolo per capitolo...


Description

Critica del Giudizio Kant Premessa L’opera è divisa in due parti:

1) Critica della facoltà estetica di giudizio! 2) Critica della facoltà teleologica di giudizio!

1) La prima parte è divisa a sua volta in 4 momenti corrispondenti alle categorie dell’intelletto:! qualità! quantità! relazione! modalità!

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Prima sezione Analitica della facoltà estetica di giudizio Primo libro Analitica del bello Primo momento del giudizio di gusto secondo qualità. 1. Il giudizio di gusto è estetico. Perché è soggettivo: non è un giudizio di conoscenza, quindi logico, ma è estetico. Il soggetto sente se stesso secondo il modo con cui recepisce la rappresentazione. ! 2. Il compiacimento che determina il giudizio di gusto è senza alcun interesse. Interesse —> compiacimento che leghiamo con la rappresentazione dell’esistenza di un oggetto. Quindi ha sempre riferimento alla facoltà di desiderare.! Come giudichiamo una cosa, un oggetto, che consideriamo bello quando lo guardiamo con l’intuizione e la riflessione?! Dunque, la rappresentazione dell’oggetto è accompagnata in me da compiacimento nonostante sia relativamente indifferente nei riguardi dell’esistenza dell’oggetto di questa rappresentazione? Per dire che un oggetto è bello e dimostrare che ho gusto, si vede subito che importa ciò che io faccio in me stesso di questa rappresentazione, e non ciò per cui io dipendo dall’esistenza dell’oggetto. Infatti non è puro quel giudizio sulla bellezza in cui si mischia anche solo il minimo interesse. Bisogna essere indifferenti riguardo l’esistenza della cosa => il giudizio sul bello deve produrre interesse ma non si fonda su di esso. ! 3. Il compiacimento per il piacevole è legato ad un interesse. Piacevole —> è ciò che piace ai sensi nella sensazione. Ogni compiacimento (si dice o si pensa) è già sensazione (di un piacere). Perciò tutto ciò che piace, appunto per il fatto che piace, è piacevole. (Allora diventano del tutto identici per quanto riguarda l’effetto sul sentimento del piacere le impressioni dei sensi che determinano l’inclinazione, o i principi della ragione che determinano la volontà, o le forme riflesse dell’intuizione che determinano la facoltà di giudizio). ! Sensazione —> rappresentazione oggettiva dei sensi = rappresentazione di un oggetto mediante i sensi! Sentimento —> rimane soggettivo e non è una rappresentazione dell’oggetto. ! Se il mio giudizio su un oggetto è piacevole, è chiaro perché suscita attraverso la sensazione il desiderio di oggetti simili, e di conseguenza il compiacimento presuppone non un semplice giudizio su di esso, ma il riferimento il riferimento della sua esistenza al mio stato. Quindi non solo il piacere piace ma diletta => produce un’inclinazione.!

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4. Il compiacimento per il buono è legato a un’interesse Buono—> è ciò che, per mezzo della ragione, piace mediante il semplice concetto.! Chiamiamo infatti buono ciò che piace perché è utile, quindi che è un mezzo, e qualcosa che piace per se stesso => in entrambi i casi c’è il concetto di scopo, quindi il rapporto della ragione con il volere e di conseguenza il compiacimento per l’esistenza di un oggetto o azione = interesse. ! Per trovare buono qualcosa, devo sapere che cos’è l’oggetto, quindi devo avere un concetto; per trovare la bellezza no.! In alcuni casi il piacevole sembra fare un tutt’uno col buono ma con piacevole si intende qualcosa di sensoriale, con buono invece si traspone un concetto (una domanda anche).!

5. Comparazione dei tre tipi specificamente diversi del compiacimento. Il piacevole e il buono hanno entrambi un riferimento alla facoltà di desiderare in quanto hanno, in un modo o nell’altro, un compiacimento determinato dalla rappresentazione di un oggetto, che mette in relazione allo stesso tempo soggetto e l’esistenza dell’oggetto.! Quindi, il giudizio di gusto è semplicemente contemplativo perché è indifferente all’esistenza di un oggetto: congiunge infatti solo la qualità dell’oggetto con il sentimento di piacere e dispiacere proprio. ! Il piacevole, il bello e il buono = tre diverse relazioni delle rappresentazioni al sentimento del piacere e del dispiacere. ! Piacevole—> ciò che diletta qualcuno => interesse dei sensi.! Bello —> ciò che piace senz’altro, un compiacimento disinteressato e libero*.! Buono —> ciò che stima, approva (si pone un valore oggettivo) => interesse della ragione.! La piacevolezza vale anche per gli animali, la bellezza solo per gli uomini e la bontà per gli esseri dotati di ragione. ! *nessun interesse dei sensi o della ragione. ! Perciò si può dire che il compiacimento si riferisce nei tre casi suddetti: all’inclinazione, al favore e al rispetto => il favore è l0unico compiacimento libero. ! Definizione del bello derivata dal primo momento. Gusto è la facoltà di giudicare un oggetto o un modo rappresentativo mediante un compiacimento, o un dispiacimento, senza alcun interesse. L’oggetto di un tale compiacimento si chiama bello.!

Secondo momento del giudizio di gusto, cioè secondo la sua quantità. 6. Il bello è ciò che viene rappresentato, senza concetti, come oggetto di un compiacimento universale. Per un giudizio logico se ne può presupporre la validità per ciascuno. Di conseguenza al giudizio di gusto, con la coscienza dell’astrazione, deve aderire un’esigenza di validità per ciascuno, senza una universalità riferita ad oggetti: con esso deve essere legata un’esigenza di universalità soggettiva. !

7. Comparazione del bello con il piacevole e il buono in forza del suddetto carattere. Piacevole si fonda su un sentimento privato: es. il vino delle Canarie è piacevole —> ciascuno ha il proprio gusto dei sensi. Dire: “ questo edificio è bello per me” è sbagliato => se gli piace non deve chiamarlo bello. In questo modo giudica anche per gli altri qualcosa che piace solo a lui magari. !

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8. L’universalità del compiacimento è rappresentata in un giudizio di gusto solo come soggettiva. La questione della universalità del giudizio di gusto si può definire in due modi: gusto dei sensi, su cui si basa il sentimento di piacevolezza, giudizio privato e soggettivo; il gusto della riflessione, giudizi che si danno come aventi validità comune (pubblici) —> in entrambi i casi ci riferiamo a giudizi estetici su un oggetto in vista sella sua rappresentazione col sentimento del piacere o dispiacere. ! E’ strano che nel primo caso sia ben definito che sia una questione oggettiva, ma nel secondo spesso accade che ci siano giudizi che hanno universalmente quel consenso. ! Una universalità che non riguarda i concetti dell’oggetto è estetica, non logica. ! Un giudizio universalmente valido oggettivamente, lo è sempre anche soggettivamente. Ma da una validità universale soggettiva, cioè estetica, che non riposa su un concetto, non si può interferire la validità universale logica; perché quel tipo di giudizi non si rivolge all’oggetto. Per ciò l’universalità estetica, che viene attribuita a un giudizio, deve essere di tipo speciale, perché il predicato della bellezza non si collega a concetto dell’oggetto, considerato nella sua intera sfera logica, e invece si estende nella sfera dei giudicanti. ! Riguardo alla quantità logica —> tutti i giudizi di gusto sono giudizi singolari. Siccome devo mettere davanti al mio sentimento l’oggetto, e non concetti, il mio giudizio di gusto non può avere la quantità di un giudizio universalmente valido oggettivamente, sebbene io ne possa fare un giudizio logicamente universal se lo comparo ad un concetto. ! Il giudizio che nasce dalla comparazione di molti giudizi singolari —> non è più solo un giudizio estetico ma un giudizio logico fondato su un giudizio estetico: es. “le rose in generale sono belle”.! Il giudizio: “ la rosa è piacevole (all’odorato)”, è sì un giudizio estetico e singolare, non però un giudizio di gusto ma dei sensi. Il giudizio di gusto non comporta la quantità estetica dell’universalità, cioè della validità per ciascuno, che non può essere ritrovata nel giudizio sul piacevole. Solamente i giudizi sul buono , sebbene determino anche il compiacimento per un oggetto hanno universalità logica e non semplicemente estetica. Se si giudica semplicemente secondo concetti allora va perduta ogni rappresentazione della bellezza. Quindi non può essere neppure una regola secondo la quale qualcuno dovrebbe essere costretto a riconoscere qualcosa come bello. Per giudicare bello qualcosa bisogna sottoporre l’oggetto ai propri occhi (es.).! Il giudizio di gusto non postula l’accordo di ciascuno ma richiede da ciascuno questo accordo => la voce universale è solo un’idea.!

9. Esame della questione: se nel giudizio di gusto il sentimento del piacere preceda il giudicare l’oggetto oppure questo quello. (La soluzione di tale questione è la chiave della critica del gusto.)! L’universale capacità di comunicazione dello stato dell’animo nella rappresentazione data che, quale condizione soggettiva del giudizio di gusto, sta a fondamento di questo, e il piacere per l’oggetto deve esserne la conseguenza. Solo la conoscenza o una rappresentazione può essere universalmente comunicata. ! Se il principio di determinazione del giudizio su questa comunicabilità della rappresentazione dev’essere pensato come soggettivo, senza concetto dell’oggetto, allora quel principio è lo stato d’animo—> libero gioco delle facoltà rappresentative in una rappresentazione data dalla conoscenza in genere.! Una rappresentazione con cui è dato un oggetto e, perché né risulti una conoscenza, competono l’immaginazione, per la composizione del molteplice, e l’intelletto, per l’unità del concetto che unifica le rappresentazioni => questo libero gioco delle facoltà conoscitive è l’unico modo rappresentativo che valga per ciascuno.! Il piacere che sentiamo, se chiamiamo qualcosa bello, lo attribuiamo a ciascun altro nel giudizio di gusto come necessario, come se fosse da considerare una qualità dell’oggetto, determinata in esso secondo concetti, pur essendo la bellezza per sé, senza riferimento al sentimento del soggetto, nulla. ! ! Se e come sono possibili i giudizi estetici a priori—> domanda. ! In che modo diveniamo coscienti nel giudizio di gusto del reciproco accordo soggettivo delle facoltà conoscitive fra di loro, se esteticamente con il semplice senso interno e la sensazione,

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oppure intellettualmente con la coscienza della nostra attività intenzionale, con cui le mettiamo in gioco. ! Il giudizio di gusto, indipendentemente dai concetti, determina l’oggetto nei riguardi del compiacimento e del predicato della bellezza. Quindi quell’unità soggettiva del rapporto può essere riconosciuta soltanto mediante la sensazione. ! ?????controllare.! Definizione del bello derivata dal secondo momento. Bello è ciò che piace universalmente senza concetto. !

Terzo momento dei giudizi di gusto secondo la relazione degli scopi che in essi è presa in considerazione. 10. Della conformità a scopi in genere. Scopo = oggetto di un concetto. ! La facoltà di desiderare, in quanto è determinabile solo mediante concetti cioè ad agire conformemente alle rappresentazioni di uno scopo, sarebbe la volontà. Ma un oggetto, o stato dell’animo, o un’azione, si dice conforme a scopi sebbene la loro possibilità non presupponga necessariamente la rappresentazione di uno scopo, in quanto non possiamo porre le cause di questa forma in una volontà e tuttavia possiamo renderci comprensibile la spiegazione della sua possibilità solo derivandola da una volontà. !

11. Il giudizio di gusto non ha a fondamento nient’altro che la forma della conformità a scopi di un oggetto (o del suo modo rappresentativo). Ogni scopo, quando viene considerato come fondamento del compiacimento, comporta sempre un interesse, quale principio di determinazione del giudizio sull’oggetto del piacere.!

12. Il giudizio di gusto riposa su principi a priori. È impossibile stabilire a priori il collegamento del sentimento di piacere o di un dispiacere con una rappresentazione, sarebbe un rapporto causale, che può essere conosciuto solo a posteriori. Nella critica della ragion pura si è ricavato a priori da concetti morali il sentimento del rispetto, ma lì si poteva oltrepassare l’esperienza, e comunque non si derivava quel sentimento dall’idea della moralità come causa. ! La coscienza del libero gioco è il piacere stesso, che non è in alcun modo pratico, come la piacevolezza o il buono, e ha una causalità in sé, il mantenere lo stato della rappresentazione stessa senza altro intento. !

13. Il giudizio puro di gusto è indipendente dall’attrattiva e dall’emozione. Ogni interesse altera il giudizio e gli toglie imparzialità, mettendo se stesso anziché la conformità a scopi come causa del giudizio stesso, e a quel punto non si può avanzare la pretesa di compiacimento universalmente valido. Se il gusto è indipendente da attrattiva ed emozione, si ha un giudizio puro di gusto. !

14. Alcuni esempi I giudizi estetici, come i logici, possono essere divisi in empirici (che affermano la piacevolezza) e puri, che affermano la bellezza e sono i veri e propri giudizi di gusto.$ Oltre alla bellezza si possono aggiungere le attrattive, per raccomandare all’animo il gusto e la cultura, se è rozzo e non esercitato, ma non contribuiscono affatto al giudizio di gusto. Nell’arte l’essenziale sta nel disegno, dove ciò che diletta nella forma e non nella sensazione costituisce il fondamento del gusto. !

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Gli ornamenti aumentano il compiacimento del gusto solo in virtù della loro forma, ma se non consistono in belle forme e vengono aggiunti semplicemente per raccomandare con la loro attrattiva dell’approvazione, si tratta di decorazioni, e pregiudicano la schietta bellezza.$ L’emozione non appartiene alla bellezza, e nel caso della sublimità, legata all’emozione, si richiedono criteri diversi da quelli del gusto. ! Il sublime invece non ha attrattive, respinge. Aristotele nella poetica dice che impariamo per mimesis, e se vediamo immagini che dal vero ci respingono, come un cadavere, è perché la mimesi ci fornisce conoscenza e piacere. Platone nella repubblica si chiede perché si sia attratti dalla vista dai cadaveri , lo giudica un sentimento basso. !

15. Il giudizio di gusto è del tutto indipendente dal concetto della perfezione. La conformità a scopi oggettiva può essere esterna, cioè utilità, o interna, cioè perfezione dell’oggetto. Il giudizio di bello non può fondarsi sull’utilità, ma la perfezione gli si avvicina maggiormente, e alcuni filosofi hanno unito bellezza e perfezione, a patto di pensarla confusamente. Se lo scopo è ciò il cui concetto è il fondamento della possibilità dell’oggetto stesso, allora, per rappresentarsi in una conformità oggettiva a scopi, precederà il suo concetto, e l’armonizzarsi del molteplice col concetto è la perfezione qualitativa, mentre la quantitativa è un semplice concetto di grandezza. Ma la bellezza non viene pensata come una perfezione dell’oggetto, altrimenti la differenza tra bello e buono sarebbe nulla, inerente alla sola forma logica: l’uno confuso, l’altro distinto, ma identici per contenuto e origine. ! Il giudizio si chiama estetico anche perché il suo principio di determinazione è il sentimento del libero gioco. ! Qui Kant rompe del tutto coi neoplatonici. I filosofi a cui si riferisce nel paragrafo sono Baumgarten e Leibniz, per via della loro categoria delle rappresentazioni chiare e confuse. È Baumgarten nel 1750 a definire la bellezza come perfezione della conoscenza sensibile. !

16. Il giudizio di gusto mediante il quale viene dichiarato bello un oggetto sotto la condizione di un concetto determinato, non è puro. Ci sono due specie di bellezza: 1) la libera, che non presuppone concetti, e 2) l’aderente, che presuppone un concetto e la perfezione dell’oggetto secondo quel concetto. I fiori, i disegni delle carte da parati e la musica senza testo, sono bellezze libere, piacciono liberamente per sé stessi, senza contarne lo scopo, si tratta di giudizi puri. ! La bellezza di un uomo, di un cavallo, di un edificio, presuppongono un concetto dello scopo che determina ciò che la cosa deve essere, e di conseguenza un concetto della loro perfezione. E come il legame della bellezza col piacevole le è di ostacolo, parimenti col buono. Se il giudizio di gusto dipende dallo scopo, non è più puro e libero. Da questo legame ne guadagna che gli possono essere prescritte regole, che però non sono regole del gusto ma della compatibilità tra gusto e ragione, con cui il bello diviene strumento del buono. Ma la perfezione non guadagna dalla bellezza, e viceversa, ne guadagna solo la facoltà della capacità rappresentativa. Un giudizio tornerebbe puro o ignorando il concetto interno o facendone astrazione. ! Il bello di natura è per Kant superiore al bello artistico: sarà Hegel a rovesciare il rapporto. Che inserisca il cavallo tra gli esempi di bellezza può apparire strano, ma nell’epoca di Kant è un animale umanizzato, legato alla cultura dell’uomo. Il riferimento al cavallo sarà ripreso nel “Callia” di Schiller: gli animali sono piegati dall’esigenza dell’uomo, la forma del cavallo è determinata dallo scopo che l’uomo ne fa (il cavallo bretone per essere caricato, il cavallo arabo per correre ad esempio) !

17. Dell’ideale di bellezza. Non può esserci alcuna regola oggettiva del gusto che determini mediante concetti ciò che è bello. Ogni giudizio di questa origine è estetico. ! L’universale comunicabilità della sensazione è tale da realizzarsi senza concetto. Si considerano perciò alcuni prodotti del gusto come esemplari, non però come se il gusto possa essere acquisito imitando gli altri, perché il gusto è una facoltà che ciascuno esercita da se. ! L’archetipo del gusto è un’idea (che ciascuno deve riprodurre in se stesso, e secondo la quale egli deve giudicare tutto ciò che è oggetto del gusto). Idea è un concetto della ragione; ideale è la rappresentazione di un singolo essere in quanto adeguato a un idea. !

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=> l’archetipo del gusto, che certamente riposa sull’idea razionale indeterminata di un massimo e che tuttavia può essere rappresentato non mediante concetti, ma solo in una singola esibizione, può essere meglio detto ideale di bellezza, tale che se non né siamo in possesso, ci sforziamo di produrlo in noi. Ma esso sarà sempre un ideale della immaginazione (perché non riposa su concetti ma sull’esibizione —> la facoltà dell’esibizione è l’immaginazione). ! Come perveniamo a una tale idea di bellezza?! La bellezza, per la quale deve essere ricercato un ideale, dovrebbe essere non una bellezza vaga ma una bellezza fissata da un concetto di conformità a scopi (un concetto di gusto non interamente puro ma intellettualizzato). In qualsiasi specie di principi del gusto debba aver luogo un ideale, là deve stare a fondamento una qualche idea della regione secondo concetti determinati, che determini a priori lo scopo su cui riposa la possibilità interna dell’oggetto.! L’ideale della bellezza è ideale dell’immaginazione, perché non riposa su concetti. Questo non è il caso dell’ideale dei bei fiori, di un edificio o di un paesaggio —> bellezza vaga.! Solo ciò che ha lo scopo della sua esistenza in se stesso è capace di un ideale della bellezza (e quindi di perfezione) => essere umano (questo perché con la ragione può determinare i suoi scopi, oppure quando li deve prendere dalla percezione esterna, può però coordinarli con scopi essenziali e universali e quindi giudicare in armonia con quelli anche esteticamente). ! Ci sono poi due componenti: ! 1) idea normale estetica = singola intuizione, dell’immaginazione, che rappresenta la misura campione di un individuo (secondo me animale come oggetto) particolare di una “specie” più ampia. Prende infatti dall’esperienza i suoi elementi per formare la figura di un animale di un genere particolare. Ma la massima conformità a scopi nella costruzione di una figura, idonea come universale campione de giudizio estetico su ogni singolo individuo della specie, l’immagine, che intenzionalmente la conformità a scopi ha posto a fondamento della tecnica della natura, e a cui è a adeguato solo il genere nel suo complesso e non i singoli separatamente, sta nell’idea del giudicante, la quale in quanto idea estetica...


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