Storia Della Lingua Italiana- riassunti di grammatica storica PDF PDF

Title Storia Della Lingua Italiana- riassunti di grammatica storica PDF
Course Didattica della lingua italiana
Institution Università di Bologna
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STORIA DELLA LINGUA ITALIANA- GRAMMATICA STORICA MUTAMENTI FONETICI DAL LATINO ALL'ITALIANO Le vocali latine e le vocali italiane Il latino aveva dieci vocali, dipendenti dalla durata (o quantità):potevano essere brevi o lunghe. Anche l'italiano conosce l'opposizione tra vocali brevi e lunghe: una vocale seguita da una consonante semplice è lunga, se seguita da consonante doppia è breve. Da un certo momento in poi però nel latino parlato le vocali lunghe cominciarono ad essere pronunciate come chiuse, mentre le brevi come aperte. Col tempo il latino si diffuse in Europa ed in Africa, si sovrappose a lingue che non avevano tale opposizione tra vocali brevi e lunghe e così la quantità andò perdendosi. Tale perdita fu uno sconvolgimento nel sistema vocalico latino; dal latino volgare si riversò in tutte le lingue romanze e la quantità si trasformò in TIMBRO

VOCALISMO TONICO LATINO Nel passaggio dal latino all'italiano, E breve e O breve in sillaba libera/aperta (che termina per vocale) hanno prodotto il dittongo iè [je] e uò [wo], mentre in sillaba implicata/chiusa (che termina per consonante) E aperta (ε) e O aperta: ES: pĕde(m)> piede bŏnu(m)> buono

VOCALISMO TONICO ITALIANO (fenomeni simili in tutta l'area della Romània)

(non conosce vocali aperte)

VOCALISMO TONICO SARDO

VOCALISMO TONICO SICILIANO Anche le vocali atone subirono delle trasformazioni, ma furono in parte diverse. Il vocalismo atono del latino volgare non conosce vocali aperte. Quello italiano coincide con esso. I lunga ha dato i, I breve, E breve ed E lunga hanno dato e, A lunga ed A breve hanno dato a, O lunga, O breve ed U breve hanno dato o, U lunga ha dato u. L'accento Le parole latine avevano un accento di tipo musicale, consistente in un innalzamento della voce. Se la penultima sillaba era lunga, l'accento veniva a trovarsi proprio su quest'ultima, se era invece breve, l'accento veniva a trovarsi sulla sillaba precedente, cioè la terzultima (legge della

penultima). La quantità di una sillaba non coincideva necessariamente con la quantità della vocale che la componeva: -vocale breve in sillaba libera → sillaba breve -vocale lunga in sillaba libera → sillaba lunga -vocale breve in sillaba implicata → sillaba lunga -vocale lunga in sillaba implicata → sillaba lunga Quando le vocali persero la quantità l'accento venne meno e divenne intensivo, cioè il tipo di accento che hanno oggi le parole italiane. Esso consiste in una particolare forza articolatoria che si concentra sulla sillaba accentata. La max forza articolatoria si concentra sulla sillaba di cui fa parte la vocale accentata. Nel passaggio dal lat all'ita è cambiata la natura ma non la posizione dell'accento, cioè le parole italiane hanno mantenuto l'accento che avevano in latino, salvo quando si è avuto il fenomeno della ricomposizione che ha dato origine a verbi composti. Monottongamento di AU, AE, OE Tendenza tipica del latino parlato di monottongare i dittonghi latini AU, AE,OE, cioè di pronunciarli come un'unica vocale AU>Ō [CAUDA> CODA, FAUCE(M)> FOCE] AE>Ē [LAETU(M)> LIETO, QUAERO> CHIEDO] OE> Ē [POENA(M)> PENA] Dittongamento toscano Tale fenomeno è sì detto perchè tipico dei dialetti fiorentini e toscani in generale. In sillaba libera la e aperta derivata da E breve si dittonga in iè, la o aperta derivata da o breve si dittonga in wo [VEDI SOPRA]. Il dittongamento non si produce se E breve ed O breve sono in sillaba implicata: in tali casi la trasformazione si è fermata alla pronuncia aperta di e ed o toniche. Regola del dittongo mobile Nella flessione di alcuni verbi con Ĕ e Ŏ nella radice si registra l'alternanza tra forme con dittongo e forme senza dittongo (es. nel verbo dolere si alternano duole, duoli e doleva, dolete...). Il dittongamento si ha solo nelle forme rizotoniche (accentate sulla radice) in cui E ed O sono atone. Non si ha dittongamento neanche nelle forme verbali in cui E ed O sono in posizione sì tonica ma in sillaba implicata: dol-go, ten-go, ven-go. Tale regola non ha interessato solo forme di uno stesso verbo, ma anche parole corradicali, cioè che provengono dalla stessa radice nominale o verbale (piede-pedata, ruota-rotaia). In molti casi la regola del dittongo mobile è andata perdendosi col tempo: forme rizotoniche andate abbandonate per l'influsso di forme rizoatone prive di dittongo, o il contrario, forme rizotoniche con dittongo si sono estese per analogia a forme rizoatone che ne erano prive (ES: la base latina LEVO, LEVAS, LEVAT ha inizialmente dato origine a LIEVO, LIEVI, LIEVA; poi tali forme hanno risentito dell'influsso delle forme rizoatone non dittongate LEVATE, LEVIAMO, LEVARE...e sono diventati LEVO, LEVI, LEVA). ES. vĕngo> vengo (non si addittonga perchè è sillaba implicata) vĕnis> vieni; vĕnit> viene (si addittongano perchè la E è tonica) venire> venire (non si addittonga perchè la E è atona) In alcuni casi dei verbi avevano in origine un'oscillazione di questo tipo mentre ora no perchè si sono livellati verso un'unica forma: NUOTARE ha avuto un livellamento a favore del dittongo, NEGARE (prima “niega”) a sfavore del dittongo (oggi non si ha MAI) Altri tipi di dittongamento diversi dal toscano ES: fratello> fratiello (napoletano), Lorenzo> Rienzo (romanesco) → tale esempio ultimo ha anche subito il fenomeno dell'aperesi: cade qualcosa all'inizio come una lettera o una sillaba

Metafonesi L'unico fenomeno che non si riscontra in Toscana, ma altrove sì, specie in meridione. Consiste nella modificazione della vocale tonica per effetto della vocale della sillaba finale, che viene cambiata. È un fenomeno di armonizzazione fonica. Al sud la metafonesi è in corrispondenza di una E o I finali, mentre al nord avviene solo con una O finale! ES: nĭgrum>nero/ niro (in napoletano) nĭgram> nera per la metafonesi la I diventa E chiusa nĭgri> neri nĭgrae> nere Anafonesi E' una trasformazione che riguarda due vocali in posizione tonica: la E diventa I, e la O diventa U. Tale fenomeno è tipico delle zone di Firenze, Prato, Pistoia, Lucca, Pisa e Volterra (NON a Siena ed Arezzo). La E chiusa tonica si chiude in I quando è seguita da l palatale (gl) o da n palatale (gn) ES: familia(m)> fameglia> famiglia (la E si trova di fronte alla palatale) gramineam> graminiam> gramegna> gramigna La E tonica e la O tonica si chiudono rispettivamente in I e Use sono seguite da una nasale velare, cioè da n seguita da velare sorda k o sonora g, come nelle sequenze -enk, -eng, -ong linguam> lengua> lingua fungum> fongo> fungo iuncum>gionco> giunco !! L'anafonesi è una delle prove più evidenti della fiorentinità dell'italiano, sconosciuta ai dialetti del resto d'Italia!! Chiusura delle vocali toniche in iato La E aperta, la E chiusa, la O aperta e la O chiusa toniche, se precedono un'altra vocale diversa da i con cui formano non un dittongo ma uno iato, tendono a chiudersi progressivamente fino al grado estremo: e aperta diventa i, o aperta diventa u. ES: dalla base latina Ě(G)Ō anziché produrre il dittongo iè si è progressivamente chiusa: EO> èo>éo>io DEU(M)> dieo> MEU(M)>mièo> mio La chiusura di e e di o non si produce se queste vocali sono in iato con i: non si chiude ma si dittonga regolarmente con iè (BO(V)ES> BOI> BUOI) Chiusura della e protonica in i In posizione protonica (prima della sillaba accentata) una e chiusa tende a chiudersi in i. Dalla base latina DECEMBRE(M)>decembre>dicembre (la e è in posizione protonica!!) Il processo non è stato uniforme né generale. In alcune parole il passaggio da e protonica ad i si è avuto più tardi che in altre: megliore, nepote, segnore sono resistite fino a metà 300. Ad una fase del passaggio da e ad i, è seguita un'altra fase in età rinascimentale in cui al posto della i si è avuta nuovamente la e per un processo di rilatinizzazione: delicatu(m)>dilicato>delicato Il fenomeno della chiusura di e protonica è stato invece uniforme e generale nei monosillabi con e, nei quali la e si è presentata in posizione protonica non all'interno di parola, ma all'interno di frase. In parole come DE e IN (preposizioni), ME, TE, SE (accusativi dei pronomi personali latini di 1,2,3 persona), la E lunga e la I breve latina hanno dato regolarmente una é: DE> de IN> en ME> me TE> te SE>se Tali parole monosillabiche normalmente non si usavano da sole ma precedevano un'altra. Avendo una scarsa consistenza fonica, tali monosillabi con e perdono la loro accentazione, che si concentra sulla parola che segue: così, nella realizzazione concreta della frase, la e che li caratterizza si presenta come una e protonica e si chiude in i ( es: de notte> di notte) Tal tipo di protonia si chiama “protonia sintattica”!

Chiusura della o protonica in u In posizione protonica una o chiusa in qualche caso si è chiusa in u: ŎCCĪDO>occido>uccido Chiusura di e postonica in sillaba non finale Anche la e postonica, come la protonica, si chiude in i. La chiusura della protonica è soltanto una tendenza, mentre la chiusura della postonica è un fenomeno generale. La e postonica che subisce chiusura in i proviene da I breve e non appartiene mai alla sillaba finale di una parola, sempre ad una sillaba interna: il fenomeno si verifica solo in parole di almeno 3 sillabe. ES: dominica(m)>domeneca>domenica Passaggio di ar intertonico e protonico a er vocale/sillaba intertonica: posta tra l'accento secondario e l'accento principale Le parole di quattro o più sillabe hanno più accenti: uno principale (su cui si concentra il max dell'energia articolatoria) ed uno secondario (su cui si concentra una parte dell'energia articolatoria). Nel fiorentino il gruppo latino ar in posizione intertonica è passato ad er (COMPARARE>comparare>comperare (in fiorentino)). Ugualmente passa ad er anche ar protonico: -nelle parole con la caratteristica uscita -erìa -col suffisso -arello -col suffisso -areccio Il caso piu importante di passaggio di ar protonico si ha con le forme del futuro e condizionale dei verbi di prima coniugazione:canterò, canterai, canterà... ES: CANTARE (H)A(BE)O>CANTARE *AO> cantarò> canterò Tale passaggio ha interessato di fatto solo il fiorentino antico, si è esteso ai dialetti toscani occidentali solo per alcune forme del futuro e condizionale dei verbi di 1 coniugazione. Labializzazione della vocale protonica In alcune parole una [e] e una [i] protoniche seguite da una consonante labiale vengono attratte nell'orbita articolatoria di questa consonante e si trasformano nelle vocali o oppure u (vengono labializzate!): DEBERE>devere>dovere [la e protonica è attratta nell'orbita articoltoria della labiodentale sonora v e si labializza in o] FENOMENI DI CONSONANTISMO Assimilazione consonantica 1)regressiva: in un nesso di due consonanti difficili da pronunciare, la seconda assimila a sé la prima,tarsformando la sequenza di due consonanti diverse in un'unica consonante doppia: FIXARE>fissare SAXU(M)> sasso ADVENIRE> avvenire APTU(M)> atto In alcune parole la sequenza consonantica cs non ha prodotto una sibilante intensa, ma una sibilante palatale intensa: -cs- > [ss] ES: AXILLA>ascella 2)progressiva: la prima consonante assimila a sé la seconda ES:MUNDU(M)> monno PLUMBU(M)> piommo Il fiorentino conosce solo l'assimilazione regressiva, mentre al sud italia predomina più quella progessiva! Caduta di consonanti finali Tre sono le consonanti che spesso in latino ricorrevano in posizione finale: -s, -m e -t. Nel parlato sia la -M che la -T caddero presto, come testimoniano iscrizioni e graffiti antichi,

mentre la -S o non è caduta o non immediatamente, producendo invece varie trasformazioni: -nei monosillabi, in alcuni casi si è palatalizzata (NOS>NOI, VOS>VOI); in altri casi si è assimilata alla consonante iniziale della parola successiva (raddoppiamento fonosintattico): TRES CAPRAS> tre capre -nei polisillabi, la -s finale prima di cadere ha palatalizzato la vocale precedente, cioè l'ha trasformata aumentandone il grado di palatalità. La -S finale di CAPRAS ha trasformato la A che la precedeva in una E. Palatalizzazione dell'occlusiva velare La pronuncia della velare sorda k e della velare sonora g era tale indipendentemente dalla vocale che seguiva originariamente. Nel latino tardo, però, davanti alle vocali e ed i, le velari k e g si sono palatalizzate in ts e dg. Nel passaggio dal latino all'italiano il processo di palatalizzazione davanti ad E ed I ha intressato la velare sorda k in posizione iniziale e interna, e la velare sonora g in posizione iniziale. In posizione interna la velare sonora ha subito un'ulteriore trasformazione e in certi casi si è intensificata (LEGIT>legge), in altri si è dileguata e assorbita da una I successiva, detta omorganica (perchè pronunciata con gli stessi organi articolatori). Trattamento di iod iniziale e interno Qualsiasi fosse la vocale successiva, lo iod [j] si è trasformato in un'affricata palatale sonora dƷ in posizione iniziale e in un'affricata palatale sonora intensa ddƷ in posizione intervocalica. ES: IACERE>giacere MAIU(S)> maggio Labiovelare La labiovelare è la combinazione di una velare (sorda o sonora: k g) seguita da una semiconsonantica w  tal secondo fono è prodotto tramite la spinta in avanti delle labbra, ecco perché viene detto “labiovelare”. Se la velare del nesso è sorda si avrà una labiovelare sorda, se è sonora si avrà una labiovelare sonora. Nel latino classico la labiovelare sorda poteva trovarsi sia all’inizio (QUI, QUALIS) sia all’interno di parola (AEQUITAS, LIQUOR), mentre la labiovelare sonora solo all’interno (ANGUILLA, LINGUA) una parola italiana che inizi con labiovelare sonora non è di origine latina, ma germanica (es: guardare, guerra, guida…) 2 tipi di labiovelare sorda in italiano: 1)PRIMARIA: già esisteva in latino, come ad esempio le parole QUALE, QUANDO, QUATTRO, ACQUA che già avevano tal suono nelle basi latine QUALEM, QUANDO, QUATTUOR, ACQUAM.. Se è seguita da A, la labiovelare in posizione iniziale si conserva, in posizione intervocalica si conserva e rafforza la componente velare (QUALEM>quale, QUANDO>quando; AQUAM>acqua)! Se è seguita da una vocale diversa da A, la labiovelare perde la componente labiale w e si riduce alla semplice k (QUID>che, QUOMO(DO) ET>come, QUAERERE> chiedere) 2)SECONDARIA: non esisteva in latino classico, ma si è prodotta nel passaggio dal latino volgare all’italiano. Ad esempio la labiovelare sorda delle parole cuore, qui, qua, questo, quello è secondaria perché cuore deriva dal latino volgare CORE, in cui non c’è la labiovelare!! La labiovelare secondaria si mantiene intatta qualunque sia la vocale seguente: kw nelle forme qui, questo, quello, pur essendo seguita da vocale diversa da A, non si è ridotta a velare, ma si è conservata! La labiovelare sonora interna si mantiene in tutti i contesti, come si può notare in ANGUILLA e LINGUA, ad esempio. Spirantizzazione della labiale sonora intervocalica -In posizione iniziale o dopo consonante la B latina si è conservata: BASIU(M)> bacio, CARBONE(M)>carbone,

-Seguita da R è diventata intensa: FABRU(M)>fabbro, FEBRE(M)>febbre -in posizione intervocalica la B si è trasformata in una labiodentale sonora v: DEBERE>dovere, FABA(M)>fava, FABULA(M)>favola. Tuttavia la B intervocalica si è mantenuta nei latinismi, come, ad esempio, abitog, t>d quando si trovano in posizione intervocalica o intersonantica! ESEMPI: CAPILLU(M)>cabello (spagn. e port.), cheveu (franc), cavèli (ligure), cavèi(lombardo) AMICU(M)>amigo (spagn, port, ligure) ROTA(M)>roda (lombardo, veneziano), rueda (spagn) E’ un fenomeno diffuso in tutta l’area romanza occidentale, compresa l’Italia settentrionale, mentre è sconosciuto in area centro-meridionale. In Toscana, essendo tal regione in una posizione intermedia, la sonorizzazione della velare intervocalica e intersonantica k ha interessato quasi la metà degli esempi utili, la sonorizzazione della labiale p e la sonorizzazione della dentale t hanno interessato un po’ meno della metà degli esempi utili. Ecco perché in italiano parole con occlusiva sorda intervocalica e intersonantica (APE(M)>ape, APRILE(M)>aprile…) si alternano con parole con l’occlusiva sonora (RIPA(M)>riva, RECUPERARE>ricoverare avvenuta sonorizzazione!) Nella stragrande maggioranza dei casi si è sonorizzata anche la sibilante sorda del latino, s. L’elenco di parole che la conservano è però limitato (casa, naso…), ma in particolare si ha nei suffissi –oso, nelle voci in cui la s latina non era intervocalica (mesebontà, servitude>servitù, cittade>città. Negli ultimi secoli l’italiano si è arricchito di alcune parole tronche provenienti da lingue straniere, come bambù, biberon, bidè, caucciù, canapè, fumé etc. EPENTESI È l’aggiunta di un corpo fonico all’interno di una parola, e può essere sia consonantica che vocalica (a seconda se viene aggiunta una consonante o una vocale). La prima si è avuta in alcune parole in cui originariamente c’era una sequenza di due vocali, che è stata così interrotta: MANUALE(M)>manoale> manovale aggiunta di v epentetica! La seconda invece ha, come caso emblematico, quello della i in alcune parole che presentano la sequenza consonantica –sm-, interrotta con l’inserimento di una i: SPASMU(M)>spasimo AFERESI È la caduta di un corpo fonico all’inizio di una parola, che possiamo registrare negli aggettivi dimostrativi sto, sta, sti, ste, provenienti da questo/a/e/i. Le forme sto, sti, sta, ste sono tipiche del parlato, ma il femminile aferetico sta si incontra fin dalle origini in parole come stamattina, stamani, stasera, stanotte, stavolta… Il fenomeno per cui due parole in sequenza si uniscono e ne formano una sola si chiama “univerbazione”. Tal fenomeno deriva dall’uso, tipico del parlato, di non separare due parole consecutive come /la/ e /casa/; quando ciò si riverbera nello scritto, come nel caso di stamattina, si ha univerbazione. Discrezione/separazione dell’articolo: nella catena parlata parole grammaticalmente e semanticamente separate si pronunciano unite. Data una parola iniziante per l o la, in alcuni casi il parlante interpreta questi foni iniziali come l’ o la, cioè come forme dell’articolo determinativo, e per conseguenza li separa dal resto della parola. Dalla base latina LABELLU(M)=bacino, vasca da bagno, si è avuto insieme lavello e avello(tomba). Analogamente, in diverse parole inizianti per A, questa vocale è stata interpretata come la parte finale dell’articolo femminile ed è stata separata dal resto della parola. Così da (H)ARENA(M),che in latino aveva il doppio significato di sabbia e anfiteatro, in italiano si sono avute due parole distinte, arena e rena/sabbia. La seconda nasce proprio dalla discrezione dell’articolo. Un esempio simile si ha con la parola badessa: ABBATISSA(M)>abbadessa>(l)a badessa> badessa Concrezione dell’articolo: poiché articolo e nome formano un tutt’uno nella segmentazione della catena parlata, talvolta l’articolo è diventato parte del nome, come nel caso di lastrico< ASTRACU(M): l’articolo che precedeva il termine nella sequenza l’astrico è diventato parte

integrante della parola stessa. SINCOPE È la caduta di un corpo fonico all’interno di parola. A cadere sono le vocali o le sillabe più deboli, mai sillabe accentate. Il fenomeno della sincope vocalica è molto antico, come attesta anche l’Appendix Probi. La sincope della vocale postonica si è avuta anche in parole proparossitone del latino parlato, passando poi all’italiano: CAL(I)DUM> caldo, DOM(I)NA(M)>donna, SOL(I)DU(M)>soldo… Lo stesso fenomeno ha interessato la prima U del suffisso –ULUM, ULAM (una U costantemente postonica in base alla legge della penultima): LENTIC(U)LA(M)>lenticchia, MAC(U)LA(M)>macchia, OC(U)LU(M)> occhio APOCOPE/TRONCAMENTO È la caduta di un corpo fonico in fine di parola: è vocalica se cade una vocale (buono>buon), o consonantica se cade una consonante (grande>gran). L’italiano della tradizione letteraria in prosa registra anche qualche caso di apocope sillabica, documentata in forme come diè=die(de), fé=fe(ce), piè=pie(de), vèr=ver(so)… Il caso più importante è quello dell’apocope per aplologia, prodottasi in parole terminanti in –tà e in –tù, come bontà, città, virtù ecc. Le voci in questione provengono da basi latine terminanti in – ATE(M) o in –UTE(M): BON(I)TATE(M), CIV(I)TATE(M), VIRTUTE(M). Nelle prime due si è avuto una sincope della vocale intertonica, che ha dato bontate e cittate, mentre la terza è continuata in virtute. Er...


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