Lezione n. 9 - Storia della Lingua Italiana PDF

Title Lezione n. 9 - Storia della Lingua Italiana
Course storia della lingua italiana
Institution Università per Stranieri di Siena
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Summary

I primi documenti in volgare....


Description

Placito di Capua (placiti campani o cassinesi) Il placito era un documento che riportava la sentenza di un’autorità giudiziaria. L’argomento del contenzioso di questi placiti sono proprietà terriere di alcuni monasteri dipendenti dall’abbazia benedettina di Montecassino, che erano rivendicati da singoli privati: l’abbazia fu messa a ferro e fuoco dai saraceni e si persero tutte le documentazioni. Per questo motivo, una volta ricostruita, c’era la necessità di restaurare i territori, per via legale. A causa della mancanza di documentazioni, alcuni signorotti locali comprarono delle terre che prima appartenevano all’abbazia. Il placito di Capua è il primo di una serie di documenti di argomento simile scritti fra il 960 e il 963 nell’odierna Campania settentrionale. Esso risale al marzo del 960. In esso per quattro volte è ripetuta una formula con cui tre diversi testimoni affermavano in volgare che il possesso delle terre in questione spettasse all’abbazia di Montecassino. Il resto del documento è tutto in latino: in esso troviamo questo signorotto locale, Rodelgrimo, che rivendica il possesso di un appezzamento di terreno. Qual è il significato delle testimonianze in volgare? Di solito anche quando testimoni si esprimevano in volgare, le loro parole venivano verbalizzate in latino. Inoltre qui i testimoni erano chierici e notai e dunque conoscevano il latino. Allora probabilmente bisognerà pensare che il fatto che venissero riportate le formule in volgare corrisponde a un interesse del monastero, che voleva che la sentenza fosse conosciuta da quante più persone possibili. Non si tratta di testimonianze casuali e spontanee, ma linguaggio cancelleresco formalizzato. La formula che troviamo ripetuta per quattro volte è: sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte s(an)c(t)i benedicti Traduzione: so che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent’anni le ha tenute in possesso la parte di San Benedetto (l’abbazia di Montecassino) Osservazioni linguistiche: Si tratta di un esempio di volgare romanzo, con forti caratteri locali. Il sao iniziale probabilmente era un elemento locale comune anche alle varietà settentrionali. Oggi si è perso. Negli altri placiti provoca RF (sao kko). Altro tratto locale, tuttora presente, è la riduzione del nesso labiovelare in kelle (kwelle > kelle). Sul piano sintattico, è molto presente la presenza di una dislocazione, tipica del parlato: kelle terre...le possette. Postilla amiatina. La postilla amiatina è il più antico testo toscano. Esso si trova attualmente nell’archivio storico di Siena. Questa postilla risale al gennaio 1087 ed è stata ritrovata ad Abadia San Salvatore, alle pendici del Monte Amiata. Probabilmente, essa è stata scritta da due coniugi, Guadrada e Miciarello, che donano i loro possendimenti all’abbazia di San Salvatore. In essa troviamo scritto: ista car(tula) est de caput coctu ille adiuvet de ill rebottu q(ui) mal co(n)siliu li mise in corpu Il significato del documento non è trasparente: cartula sta per “carta giudiziaria” mentre caput coctu non si sa se sia “testa calda” o il soprannome di Miciarello. Rebottu equivale a “ribaldo” ed è un francesismo: si pensa che si il demonio che abbia messo in corpo il cattivo consiglio a Miciarello. L’aspetto linguisticamente più interessante è la conservazione della -u finale in varie parole, come accade ancora oggi nella zona.

Conto navale pisano. Questo documento è stato scoperto casualmente da un professore dell’università “La Sapienza” di Roma, Ignazio Baldelli, durante un soggiorno in America, a Philadelphia nel 1973. Era ridotto a copertina del codice contenente il Liber sententiarum di Isidoro di Siviglia. Esso si può datare tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XII. Contiene un elenco di spese per la costruzione di una galea, o, con più probabilità, per la manutenzione di una squadra navale. Non ne conosciamo l’estensione originale, perché la carta è stata tagliata e rifilata e aluni righi sono stati raschiati e cancellati. In questo documento, il volgare si mostra già molto maturo, anche graficamente, e poco dipendente dal latino, al contrario di altri documenti visti. Si tratta, in assoluto, del primo documento in volgare italiano per il quale si possa già parlare di linguaggio settoriale, in questo caso della marineria e dell’artigianato. La localizzazione del testo è stata fatta su base linguistica: in Toscana ci porta il dittongamento di Ĕ in sillaba libera (matieia < MATERIA), il passaggio RJ > j nella stessa parola e in mannaia ( taule. Direttamente a Pisa rimanda il suffiso -ulo (il luogo -olo) di Ciguli e la stessa parola cigulo “piccolo”, tipicamente pisana. E comunque a questa altezza cronologica, “mare” in Toscana significava solo Pisa, per cui sulla localizzazione non possono esservi dubbi. Iscrizione di San Clemente. Si trova a Roma, nella basilica inferiore di san Clemente, vicino al Colosseo. L’iscrizione è stata concepita insieme all’affresco a cui si riferisce. La datazione è tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo. L’affresco raffigura il patrizio romano Sisinnio che ordina ai suoi servi di catturare Clemente. Miracolosamente, invece del santo i tre hanno legato una pesante colonna che trascinano con molta fatica. L’anonimo pittore dell’affresco aggiunge anche una serie di parole che hanno una funzione didascalica. Ci sono problemi di interpretazione perché non sempre è chiaro se le scritte si devono intendere come pronunciate dal personaggio più vicino o se sono a lui indirizzate. Si tratta di un esempio precoce di lingua popolaresca, a tratti di vero turpiloquio. Linguisticamente possiamo notare che fili si pronunciava senz’altro figli già da molto tempo (problema della resa grafica). Il nesso RB si pronunciava rv (Carvoncelle), con un passaggio tipico dell’antico romanesco (come in varva “barba”). Oggi il tratto è scomparso nella capitale, ma viene conservato in molte zone del Mezzogiorno. Le espressioni de le e co lo sono già preposizioni articolate, inesistenti in latino....


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