Storia della lingua italiana PDF PDF

Title Storia della lingua italiana PDF
Author Paolo Fabbri
Course Storia Della Lingua Italiana
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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STORIA DELLA LINGUA ITALIANA 16/09 Massimo Palermo, linguistica italiana, solo parte prima Luca Serianni, lezioni di grammatica storica italiana La storia della lingua italiana si occupa della lingua italiana, dal punto di vista linguistico, ovvero linguistica come scienza che studia le varie lingue del mondo e la loro evoluzione. Ha a che fare anche con la storia, riguardo all’evoluzione della lingua. Per studiare la storia va presa in considerazione fattori non solo linguistici., ma anche la storia economica, culturale, sociale, correnti di pensiero ecc. La storia della lingua italiana haè stata definita da Alberto Varvaro una categoria controversa. Essa è più recente della linguistica. La storia della lingua italiana nasce intorno al 1938 quando a Firenze la cattedra di storia della lingua italiana fu concessa a Migliorini. Il concetto di lingua, non c’è una definizione univoca per lingua. La lingua è un linguaggio (de Saussure: padre della linguistica moderna). Per Saussure linguaggio è qualcosa di più ampio, il linguaggio è un qualsiasi codice semiotico. Codice vale come sistema organizzato e semiotico vale come segni. Quindi codice semiotico come un sistema organizzato di segni. Linguaggio non è solo quello della lingua che emettono gli umani, ma i linguaggi possono essere anche con i segni, per esempio la danza che esegue l’ape per segnalare la presenza di acqua, o il linguaggio matematico. Linguaggio è l’iperonimo di lingua (una categoria più grande della lingua). I linguaggi condividono la stessa struttura nel segno, composta da due parti: - parte materiale (fisicamente percepibile) - parte astratta (che veicola il messaggio) Queste due realtà prendono il nome,sempre da Saussure di significante(parte materiale) e significato. Il segno è dato dall’unione del significante ed il significato. Oltre a questi due vi è un ulteriore elemento, che è il referente, il quale è un elemento extralinguistico ed è ciò di cui si parla. Significato e significante fanno parte integrante di una lingua, il referente no. Questi tre elementi fanno parte del Triangolo semiotico. Esso mette in relazione significato, significante e il referente. Il segno è la relazione di un significante con il relativo significato. Questo sistema di relazioni è arbitrario, un sistema sviluppatosi per convenzioni. Non c’è nessun riferimento di suono della parola rispetto a ciò che riferisce la parola stessa. (il suono albero non ha nessun riferimento all’albero stesso). Questo è un concetto fondamentale, ovvero quello che si chiama arbitrarietà del segno. Se non ci fosse l’arbitrarietà del segno non ci sarebbe la storia della lingua. Proprio perché il rapporto tra il significante e il significato, e tra il segno nel suo complesso e il referente è arbitrario, questo fa si che la lingua cambi nel corso dei secoli. Se invece ci fosse un rapporto immutabile tra significante e significato, e tra il segno e il referente non ci sarebbero variazioni. Un primo elemento di complessità della lingua umana rispetto ad altri codici semiotici è che con la lingua possiamo esprimere qualsiasi tipo di messaggio. Questa è la proprietà che i linguisti chiamano Plurifunzionalità o onnipotenza semantica.

Non si può effettivamente esprimere tutto con la lingua, ma è il codice semiotico più di valore a nostra disposizione. Un altro elemento di grande complessità delle lingue umane è una proprietà che riguarda solamente al significante, ed è la Doppia articolazione (A.Martinet) i significati dei segni dei linguaggi umani si distinguono in due livelli: -Prima articolazione: le cui unità sono portatrici di significato -Seconda articolazione: le cui unità non sono portatrici di significato Distinti queste due articolazioni non hanno significato vero e proprio, lo prendono quando sono insieme. Esempio: Prima articolazione: Albero. Alber (radice) è un morfo lessicale ed esprime il significato referenziale. la vocale finale O è un morfo grammaticale, ci da il genere e il numero. Il significato è dato dalla somma delle due parti. Seconda articolazione: scomposizione di albero in una sequenza di suoni: quindi albero è a+l+b+e+r+o . le lettere non hanno un significato proprio. Una terza proprietà è la Ricorsività (Chomsky): è la possibilità delle lingue umane di applicare un numero limitato di regole applicate a un numero limitato di unità, per ottenere un numero potenzialmente infinito di segni. Gelo gelare congelare congelabile incongelabile incongelabilità la ricorsività è valida non solo con le parole, ma anche con le frasi. Venezia è una città romantica la gente dice che Venezia è una città romantica Daniele nega che la gente dica che Venezia sia una città romantica Soltanto i linguaggi umani sono dotati della proprietà della ricorsività (solo gli uomini quindi). Si può intendere la lingua come sistema (langue), ma anche lingua come espressione concreta (parole). La lingua deve essere concretamente realizzata da una comunità di parlanti in un determinato luogo e in un determinato momento storico. Quando la lingua diventa espressione è soggetta da variazione, ognuno parla diversamente dall’altro. La variazione è intrinseca nella società. I linguisti considerano assi di variazioni secondo i quali la lingua può variare, essi sono parametri fondamentali. Assi di variazione: - diatopia: capacità delle lingue di cambiare nello spazio, secondo il luogo dove si parla - diastratia: capacità della lingua di variare secondo il ceto e livello di istruzioni del parlante. - diafasia: capacità della lingua di variare secondo la situazione, l’interlocutore, il contesto. - diamesia: capacità di una lingua di cambiare attraverso il mezzo di comunicazione - diacronia: capacità di una lingua di variare attraverso il tempo, asso di variazione intuito prima degli altri.

De Saussure dice che la diacronia riesce a individuare due prospettive diverse, che sono complementari. La prospettiva sincronica (simultanea) e la prospettica diacronica. Bisogna guardare la variazione secondo un asse, dalla parte delle x c’è l’evoluzione della lingua nel tempo, quindi la diacronia. Questa asse può essere tagliato in qualsiasi punto e ricavarne un piano nel quale si può prescindere da ciò che è successo prima e quello che succederà poi. Analizzare una lingua facendo astrazione, facendo finta che in quel momento la lingua sia stabile, in un momento fisso si sta facendo una sincronia. Tra le proprietà fondamentali abbiamo individuato quella della doppia articolazione, i significanti dei segni di tutte le lingue si compongono di due livelli, prima articolazione(portatrice di significato) e seconda articolazione (che sono suoni). All’interno della 1a articolazione si possono distinguere ulteriori livelli di analisi: - morfologia: ramo della linguistica che studia come le parole assumono forme diverse secondo la loro categoria grammaticale che esprimono, ovvero il numero, la funzione, il tempo. Forme che assumono le parole quando derivano da altre parole. All’interno della morfologia si possono distinguere morfologia flessionale (che si occupa di capire come le parole cambiano per esprimere categorie grammaticali diverse) e morfologia derivazionale (si occupa di capire come si ricavano parole da altre parole). L’unità minima della morfologia è il morfema, usato soprattutto per i morfi grammaticali. I morfi sono le realizzazioni concrete dei morfemi. - Lessico: studia il vocabolario della lingua, si occupa di studiare le parole come segni con significato referenziale, cioè che rimandano a un significato extra linguistico. L’unità minima del lessico è il lessema, ovvero una parola nel momento in cui si prescinde dal riferimento. All’interno del lessico ci sono varie branchie, tra cui la semantica, ossia lo studio del significato delle parole. Oppure l’onomastica, ovvero lo studio dei nomi di persona o non. - Sintassi: Si occupa come le parole si combinano tra loro per andare a formare frasi, si va oltre quindi il livello della parola. Si occupa anche di capire quale funzione ha una parola all’interno di una frase (funzione per esempio di soggetto, complemento ecc.). Inoltre studia anche l’ordine, la collocazione (per esempio che in italiano il nome precede il verbo). Unità minima della sintassi è il sintagma. E’ una unità intermedia tra la parola e una frase, è una unità sintatticamente coesa e lo si capisce da alcune prove. Queste sono la spostabilità e l’intercambiabilità ed l’enunciabilità in isolamento. -Testualità: se si va oltre le frasi e i sintagmi si ha la testualità. Se si va a vedere come le frasi si combinano tra di loro a formare testi si parla di testualità.

Unità di 2a articolazione: Il livello di analisi è unico ed è quello del suono, ma può essere oggetto di due branchie della linguistica diverse che sono la: - Fonetica - Fonologia Tutte le lingue si basano sulla formazione e ricezioni di suoni articolati prodotti per mezzo di determinati organi del cavo orale, e questi suoni prendono il nome di FONI. Questi suoni articolati (foni) sono unità concrete e possono essere studiati nella loro articolazione, nella loro ricezione acustica, secondo la lunghezza, intensità ecc.

La Fonetica quindi si occupa dello studio scientifico della produzione e ricezione di foni. La Fonologia si occupa dei suoni in quanto unità distintive, cioè delle unità che si alternano in un medesimo contesto fonico determinando significati diversi (Fonema). Il fono è il suono in quanto unità materiale e fisicamente misurabile, il fonema invece è una unità astratta, una unità distintiva capace di alternarsi liberamente sullo stesso contesto determinando significati diversi. Esempio della parola rana. Il fonetista che analizza il fono vede che la diversa pronuncia di R produce suoni(foni) diversi. Però nonostante la diversa pronuncia, in italiano il significato non cambia, quindi il fonema è lo stesso. Questa quindi è un opposizione solo dal punto di vista fonetico e non fonologico. coppia minima è una coppia di due parole che si distingue per un solo fonema. /rana/ /lana/ → opposizione non solo fonetica, ma anche fonologica perché hanno un significato diverso. Per le trascrizioni fonologiche si utilizzano le barre oblique. [rana] [rana]→ opposizione fonetica ma non fonologica Questi due termini che variano solo i pronuncia sono due allofoni, ovvero realizzazioni alternative dello stesso fonema. Ci sono allofoni liberi cioè che possono essere in qualsiasi contesto, in qualsiasi punto della parola. Ci sono allofoni condizionati secondo il contesto. Capiamo che non è una opposizione fonologica perché si usano le parentesi quadre, che si utilizzano per indicare una varietà fonetica. Per l’italiano sono stati individuati 30 fonemi, che permettono di aver un numero infinito di parole. Di questi 30 fonemi 7 sono vocali e 23 sono fonemi consonantici. Cavo orale per i suoni. La grandissima parte delle lingue nel mondo si basa sulla fonazione (la produzione di suoni) attraverso il turbamento dell’aria nel suo flusso dai polmoni fino l’esterno del nostro corpo. I nostri suoni sono polmonari, prodotti nei polmoni, poi arriva nel cavo orale e in base agli articolatori che trova vengono fuori suoni differenti. L’aria arriva alle corde vocali che vibrano, poi l’aria che continua ad uscire ed incontra il velo palatino, il palato duro, la lingua, i denti, gli alveoli, le labbra. Nelle articolazioni delle VOCALI l’aria una volta emessa dai polmoni, andrà sulle corde vocali e poi defluisce senza incontrare nessun organo che può frapporre, che ostacola l’uscita. Quindi l’aria esce senza problemi con grande forza e sonorità. La lingua nelle vocali è importante, in base al movimento e la sua posizione vengono fuori le diverse vocali. Si muove in avanti o indietro e in altezza. Nelle CONSONANTI l’aria defluisce però incontrando ostacoli, che possono essere veri e propri blocchi, oppure un lieve restringimento. In italiano le vocali sono 5, ma in fonetica e fonologia sono 7, trascritte in IPA (sistema): /i/ /pino/ /e/ /rete/ e chiusa /ɛ/ /rɛsto/ e aperta /a/ /pane/ /o/ /polo/ o aperta /o/ /gola/ o chiusa /u/ /muro/

Palato duro e velo palatino, la lingua si può muovere liberamente. Quando la lingua va verso l’alto e verso il palato duro si ha i, poi arretrando e scendendo si ha e ed a (che è al centro tra palato duro e velo palatino), fino ad arrivare ad o ed u. 18 09 L'italiano tra le possibilità di fonazione si serve dell'aria compresa tra il palato duro e il velo palatino. Per classificare le vocali su usano due parametri: lo stato di avanzamento e l’altezza della lingua. In base allo stato di avanzamento della lingua, ovvero quanto la lingua è vicina al palato duro e quanto invece è arretrata, distinguiamo le vocali in anteriori e posteriori, o in altri termini in palatali e velari. In base all'altezza della lingua distinguiamo le vocali in alte, medie e basse. Inventario delle vocali dell'italiano standard: /i/ vocale anteriore alta /e/ vocale anteriore medio-alta /ɛ/ (testo) vocale anteriore medio-bassa (L'Italiano standard non sfrutta come fonema la posizione più bassa delle vocali anteriori /ae/) /a/ vocale centrale bassa /u/ vocale posteriore alta /o/ (gola) vocale posteriore medio-alta /ɔ / (otto) vocale posteriore medio-bassa Per classificare le vocali può essere usato anche un terzo parametro che riguarda la posizione delle labbra durante fonazione, il che ci porta a distinguere Le labbra possono essere arrotondate o non arrotondate e ciò ci porta a distinguere le vocali in arrotondate, o procheile, e non arrotondate, o aprocheile. Non abbiamo sfruttato questo parametro perché in italiano c'è una corrispondenza univoca e costante tra arrotondamento delle labbra e posteriorità, ovvero tutte le vocali posteriori dell'italiano sono procheile, mentre in altre lingue non è così (es. francese e tedesco hanno delle vocali anteriori procheile). Riusciamo a individuare sette vocali solo facendo riferimento alla sillaba tonica. In sillaba afona questa distinzione non c'è perché vengono a mancare le vocali medio-basse e dunque il sistema passa da epta-vocalico a penta-vocalico. es. /'porto/ /'porti/ /por'tare/ ('-> prima di sillaba accentata) CONSONANTI Nell'articolazione delle consonanti il flusso dell'aria che parte dai polmoni fino ad arrivare all'esterno del canale orale incontra qualche ostacolo. Questo ostacolo può essere forte, andando così a creare un blocco (restringimento, ostruzione) o di forza minore. Abbiamo tre parametri per classificare le consonanti: il modo di articolazione (natura dell’ostacolo frapposto al passaggio dell’aria), il luogo o punto di articolazione (dove, in quale punto del canale orale, avviene ostruzione) e il grado di vibrazione delle pliche vocali (quanto vibrano le corde vocali). Se la vibrazione delle pliche vocali è minima si ottengono delle consonanti sorde se invece la vibrazione è consistente si ottengono consonanti sonore. MODO DI ARTICOLAZIONE: occlusive, fricative, affricate, nasali, liquide e semiconsonanti. LUOGO DI ARTICOLAZIONE: labbra, denti, alveoli, palato, velo, ugola, glottide. SONORITA’: sorde o sonore.

Le ostruenti sono consonanti realizzate attraverso l'ostruzione dell'aria nel canale orale, mentre otteniamo le sonoranti dove il restringimento è più largo (risultano più sonore delle ostruenti) Ostruenti a) Occlusive Le consonanti occlusive vengono chiamate in questo modo perché quando si articolano avviene un vero e proprio blocco dell'aria nel canale orale (ostruzione netta), appunto una vera e propria occlusione. Il blocco viene rilasciato immediatamente creando una sorta di “esplosione”, per questo motivo vengono anche chiamate anche ostruenti plosive. In base al luogo dove avviene l'ostruzione completa del canale orale con immediato rilascio distinguiamo le occlusive in bilabiali, dentali e velari. -Occlusive bilabiali  occlusione e rilascio ad altezza delle labbra Occlusiva bilabiale sorda /p/ di /'pane/ Occlusiva bilabiale sonora /b/ di /ba'nana/ -Occlusive dentali (alveolari)  occlusione e rilascio ad altezza degli alveoli incisivi superiori Occlusiva dentale sorda /t/ di /'tana/ Occlusiva dentale sonora /d/ di /'dado/ - Occlusive velari  occlusione e rilascio avviene ad altezza del velo palatino. Occlusiva velare sorda /k/ di /'cane/ Occlusiva velare sonora /g/ di /'gara/ b) Fricative Le fricative, chiamate anche spiranti, sono le consonanti in cui il restringimento non è totale, ma avviene una sorta di frizione. Si distinguono in fricative labiodentali, post-alveolari e alveolari. -Fricative labiodentali Fricativa labiodentale sorda /f/ di /'fine/ Fricativa labiodentale sonora /v/ di /'vino/ -Fricative alveolari o sibilanti Fricativa alveolare sorda /s/ di /'sole/ Fricativa alveolare sonora /z/ di /'roza/ (rosa) -Fricative post-alveolari o sibilanti palatali Fricativa post-alveolare sorda /ʃ / di /'ʃemo/ (scemo) La fricativa post-alveolare sonora non esiste come fonema in italiano, ma esiste ad esempio in toscano o in lingue straniere [ /g/ di /ga'rage/] c) Affricate Le affricate sono un ibrido tra consonanti occlusive e fricative. La loro articolazione è composita: la prima fase di articolazione è uguale a quella delle occlusive, ma il rilascio è graduale come per le fricative. Si distinguono in affricate alveolari e prepalatali. -Affricate alveolari Affricata alveolare sorda /ts/ di /'tsio/, /Kan'tsone/ (zio, canzone) Affricata alveolare sonora /dz/ di /'dzingaro/ (zingaro) -Affricate prepalatali  articolazione più vicina al palato duro piuttosto che agli alveoli dentali. Affricate prepalatali /tʃ / di /tʃ 'ena/, /ts/ di /'tʃ ao/ (cena, ciao) Affricate prepalatali /dʒ / di /'dʒ ita/, /'dzorno/ (gita, giorno)

23 09 Pelo /’pelo/ moda testo /’tɛsto/ papà /pa’pa/ cera /’tʃ era/ gelato /dge’lato/ pranzo /’prandzo/ lancio /lantSo/ Su quaderno guardare come si scrivono famiglia delle consonanti: SONORANTI Viene consentito all’aria di uscire maggiormente. L’effetto è di avere consonanti più sonore rispetto alle ostruenti. In quanto sonoranti non c’è distinzione tra sorde e sonore, perché praticamente in tutte le lingue le sonoranti sono sempre sonore. In italiano sono sempre sonore. Gruppi di sonoranti: - Nasali: sfruttano il naso. Prevedono un occlusione del canale orale. Si articolano come le occlusive bilabiali ma la differenza è che il velo palatino si abbassa, quindi l’aria incontra ostruzione, e per questo passa dalle cavità nasali. Nasale bilabiale: /m/ /’mano/ Nasale alveolare: /n/ /’nano/ Nasale palatale: /ɲ / (con prima gambetta allungata) /’ɲomo/ per gnomo. Nasale labiodentale [ɱ] [iɱ’ferno] (con ultima stanghetta della m allungata) Nasale velare [ŋ] [‘aŋka] (con ultima stanghetta n allungata). Questi sono allofoni, il fonema è n sempre ma dipende dalla posizione. In trascrizione fonetica comunque rimane /’aŋka/ Queste Nasale velare e labiodentale nella trascrizione larga non vanno considerati, perché non sono fonemi. - Articolazione laterale(delle sonoranti): blocco centrale e lascia spazio ai lati per far uscire l’aria. Si blocca solo la parte centrale del canale orale. Laterale alveolare /l/ /lana/ laterale Palatale /ʎ/ il fono che rappresenta è o - Articolazione vibrante: è molto simile alla l, fa si che l’aria possa sfondare il blocco centrale. L’aria passa poi si blocca e così via a formare una vibrazione. E’ il caso della R. Vibrante alveolare: è l’unica ed è la r di rana. /r/ /’rana/ - Articolazione approssimanti (legamenti): restringimento del canale orale è ampio, e l’aria può passare tranquillamente. Si approssimano alle vocali. Approssimante palatale: /j/ /’j£ri/ Approssimante velare /w/ /’womo/ con o aperta Le approssimanti non possono stare da soli, devono essere accompagnati da una vocale. Ci deve essere una sequenza di due vocali. Viene fuori un dittongono: una vocale approssimante più una vocale o viceversa. Esempio di /’wuomo/ (dittongo che si chiama ascendente con il caso dove il sonoro aumenta) o /’kawsa/ (dittongo che si chiama discendente). Si può avere anche Trittongo: approssimante più approssimante più vocale. /konti’nwjamo/ (continuiamo)

Si può avere anche trittongo formato da approssimante+vocale+approssimante: /gwaj/ (guai) spianti /spjanti/ o /spi’anti/ in questo caso è uno iato. Esercizi quaderno Scena chiodo sciare 24 09 Esistono delle unità che vanno oltre il singolo fonema, per capire come si abbinano i fonemi...


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