Daniele Del Giudice, Mania PDF

Title Daniele Del Giudice, Mania
Author Rukie Hoxha
Course Letteratura italiana moderna e contemporanea
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

Breve biografia dell'autore, analisi e riassunto della sua opera "Mania"...


Description

DANIELE DEL GIUDICE Nato a Roma nel 1949, attualmente vive tra Roma e Venezia. È uno scrittore e giornalista italiano. Del Giudice ha esordito nel 1983 con il romanzo Lo stadio di Wimbledon, scoperto da Italo Calvino, edito, come i successivi, da Einaudi. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti fra i quali il Premio Viareggio Opera Prima nel 1983, il Premio Comisso nel 1985, il Premio Bergamo nel 1986, il Premio Bagutta nel 1995 e, per due volte, 1994 e 1997, il Premio Selezione Campiello. Nel 2002, riceve il Premio Feltrinelli dall'Accademia dei Lincei per l'opera narrativa. I suoi lavori sono stati pubblicati in varie lingue. Autore molto stimato a livello accademico, ma poco letto perché i suoi testi sono spesso quasi tutti oggetti narrativi non facilmente identificabili, talvolta spiazzanti se non addirittura ostici alla lettura, dispetto di un linguaggio cristallino talvolta un po’ settoriale. C’è sempre una formulazione originale nel plot, il complesso dialogo che instaura tra un fulcro, un’idea di partenza forte e un procedere della prosa che riguarda soprattutto nei romanzi. Nel 1997 pubblica Mania, una raccolta di racconti edita da Einaudi. Malato di Alzheimer, non scrive più. MANIA (1997) Raccolta composta da sei racconti scritti in un periodo di dodici anni tra gli anni ’80 e ’90. Racconti che stupiscono e spiazzano il lettore che si trova davanti a delle storie in cui succedono cose, i personaggi sono spinti dall’impulso e dall’azione. Presenza di violenza senza spiegazione. I racconti prendono il via da una sconvolgente esasperazione della dimensione corporea in cui viene isolato o ingigantito un particolare, un aspetto: l’udito, la vista, il tatto, il dolore fisico o il disfacimento corporeo (Coletti). Presenza strabordante e nuova del corpo, il corpo inteso come rimosso del pensiero. Mania per Del Giudice può essere un demone che sconvolge la mente, come intimazione al proprio destino, ma anche forma dei sentimenti più radicati e misteriosi, modo estremo della conoscenza. Ogni volta che un racconto si apre, i personaggi, i luoghi e i motivi partecipano all’azione ma non la determinano in modo univoco, e sorprendono continuamente il lettore. Gesti e parole sono di volta in volta fossili o premonizioni di altri gesti e parole. La ricchezza dei linguaggi si unifica nel sentimento e nella sensazione fisica, nell’onnipresenza del corpo. “Mi piacerebbe condurla fino al punto in cui si smette di capire, si smette di immaginare; io vorrei condurla dove si comincia a sentire.” La mania è anche questo, il gioco a due acce delle fantasie e dei corpi, in cui per diventare cacciatore è necessario farsi preda. È la caccia in cui sono presi Evil Live e Timetolose, Santino e l’architetto in Fuga, il capitano Marni e il suo colonnello, lo studioso della polvere, l’astronoma dilettante e il musicista dei pesci. Nei racconti di Del Giudici la scrittura governa una storia in cui primi ad essere coinvolti sono il narratore e il lettore, pedine della suspence, eroi del desiderio e della scommessa con la morte. Proprio in questa scommessa, e nell’ironia che essa richiede, la narrazione può prendere ancora la “parola così antica dell’avventura”. “Mania è un libro che si è fatto da solo, nel tempo. Sono dei racconti scritti nell’arco di una dozzina di anni, senza pensare a una loro destinazione, preso soltanto dalla fantasia, dall’invenzione e dalle zone scabre che, anche a distanza di tempo, avevo voglia di frequentare. Così alla fine il libro si è praticamente composto, anche se i racconti non sono ordinati nella successione temporale, ma questo per un semplice motivo di alternanza di ritmi, di frequenze, di tensione. Io come lettore ho sempre amato i libri di racconti perché si possono leggere da dove uno preferisce, attratti da un titolo o da un incipit, e vorrei che anche il lettore leggesse Mania in questo modo, entrare dalla porta che più preferisce, dove più gli fa curiosità, dove più è chiamato dal racconto medesimo. Il racconto poi è uno strumento narrativo notevolissimo, ti costringe a una forte tensione, deve sempre avere un elastico, una fionda che ti lancia verso la fine, per questo chiama più fantasia, più invenzione”. L’orecchio assoluto Il racconto più lungo dei sei. Racconto appassionante che racconta la mania, impulso impellente, un richiamo ad uccidere. Del giudice prepara da lontano questa dimensione, atmosfera ossessiva, tragica e violenta. Il treno si apre con un dialogo che avviene in treno. Il narratore presente è in prima persona. Non sappiamo niente dell’altro personaggio, sappiamo solo che deve andare a Edimburgo e che si tratta di uno studioso della polvere da quella più nobile (polvere cosmica) a quella meno nobile (polvere in casa, acari). Discorso generale delle facce che si ripetono (Dessì) che non invecchiano nel tempo. Dai discorsi che fa capiamo che questo narratore è italiano e che soprattutto è oppresso da qualcosa avvenuto recentemente nella sua vita. Forse è per questo che risponde laconico alla verbosità dell’altro fine al termine di questo viaggio in treno. Quando il treno arriva a destinazione, Edimburgo, il narratore prende congedo dall’altro, raccontandogli delle bugie. Quando arriva in albergo ci racconta altre cose di sé: che la sua vita è sempre stata guidata da delle musiche che lui ha come istintivamente riconosciuto la spinta per delle scelte e azioni anche decisive

per la sua vita. Purtroppo la musica di quel momento la possedeva di già, anche se non aveva il coraggio di ascoltarla. La musica ha sempre deciso per lui, strappandogli le azioni. Non sempre erano azioni onorevoli o eleganti, erano semplicemente azioni decisive. Il protagonista ha il bisogno lucidissimo e insopprimibile di uccidere qualcuno. Impulso che non trova l’origine scatenante del male, scatenata da una musica. Un’esistenza scandita da dei motivi che risveglia dei sentimenti sopiti e presenti nel narratore. Per uccidere aveva bisogno di una vittima e di un’arma. Così gira per Edimburgo per cercare una vittima e osserva bene la gente intorno. Gli capita di cenare in compagnia di una donna che ha incontrato per caso con cui divide il tavolo al ristorante e nota che nell’orologio di lei c’è scritto “don’t be too late”. A quel punto lui legge i messaggi che la realtà gli propone, come dei messaggi tutti indirizzati a lui ormai dentro la sua ossessione. La donna gli parla del suo ex marito ma a tratti sembra parlare di lui, che nelle fantasticherie del narratore potrebbe essere una possibile amante ma anche una possibile vittima. Trovare una vittima era difficile così decide di pensare all’arma, ma l’armeria era chiusa. Decide di andare a visitare la famosa Camera Obscura di Edimburgo, è una specie di museo, di esposizione di illusioni ottiche, c’è una persona che fa da guida che prende alcuni di questi strumenti li punta su delle zone della città e prende dall’alto alcune persone che is muovono nella città. Fino a che il protagonista riconosce la sua vittima, corre via, lo insegue fino a casa e lì si apposta. È arrivato il momento in cui la vittima c’è ma manca l’arma e pensa a cosa fare visto che non ha un piano per uccidere. Preso da una specie di euforia suona il campanello ed entra dentro la casa e trova questo ragazzo. Si crea un equivoco. La vittima ha scambiato il narratore per un’altra persona. Il ragazzo descrive i pesci. Il protagonista ha dei dubbi, non sa se andarsene ma poi succede qualcosa. Mentre parla sente che nella casa c’è una musica. Era la musica che il ragazzo mixava. La musica successiva diede il segnale al narratore, quella era la sua musica. Si compie così il delitto: il protagonista lo soffoca con le mani perché non ha un’arma, poi pulisce la maniglia con un fazzoletto ed esce senza sensi di colpi. Torna all’albergo e si dimentica di quella musica. Fissa poi un treno per rientrare in Italia passando da Londra. Prende posto in uno scompartimento. Di nuovo il treno che conclude la vicenda del racconto. E di fronte a lui si siede lo studioso di polvere il quale deve aver terminato il suo soggiorno scozzese. Si ripete quella strana tensione che inizialmente li aveva uniti nel viaggio d’andata. Sembra che l’altro lo osservi, lo studi e che lo voglia provocare. Come fosse la voce della sua coscienza, qualcuno che lo costringe a guardare dentro se stesso. Il treno parte, c’è anche una signora nello scompartimento. Scena finale piena di suspence: lo studioso sta leggendo il giornale appena uscito e nota la notizia del ragazzo ittiologo trovato morto. Al narratore bastava pensare di non averlo ucciso per esserne convinto e per mantenere saldi i nervi. Infine lo studioso continua a parlare con la signora di una particolarità del ragazzo, egli aveva l’orecchio assoluto. Com’è adesso! Racconto metaletterario. È un racconto che si fa da sé a partire dall’intenzione di un inventore di storie, narratore di questa storia, di venderne una a un uomo, all’inizio un indistinto commerciante di storie, a cui deve presentarla e raccontarla. È una specie di racconto di una compravendita di storie. Ma siccome raccontando questa storia il protagonista accoglie e tiene conto delle osservazioni del suo interlocutore, la storia si fa in qualche modo da sé e noi la osserviamo modificandosi via via. Questa storia si intitolerà “Com’è adesso!”. Il narratore inizia a raccontare le storie e subito assistiamo a questo signore che ha qualche perplessità: non gli torna molto che il personaggio principale debba occuparsi della vecchia casa in Italia dove lui non vive più e del padre famoso. Il signore anonimo interviene dicendo che è meglio una madre famosa, un’attrice. Il protagonista lo asseconda così prosegue la storia: ad un certo punto quest’uomo riceve una visita di una donna che lo vuole convincere di un progetto un po’ particolare, quasi macabro. Vuole convincerlo a riesumare il corpo della madre, a fotografarlo in volto e a lanciare così un concorso tra tutte le persone interessate a indovinare a chi apparteneva quel volto un po’ in decomposizione, magari sistemato con un po’ di trucco. Naturalmente è una proposta che va preparata e alimentata piano piano, che sicuramente va incontro all’indignazione almeno inizialmente di quest’uomo. Così come va incontro all’indignazione del signore anonimo nei confronti del narratore. La signora tentatrice e il signore proseguono con il concorso il quale deve essere concluso con un evento curato nei minimi particolari. Viene decritta la scena conclusiva. Il narratore voleva mettere il cadavere dietro il sipario. Il vero colpo di scena finale riguarda il primo livello del racconto, quello in cui si muovono i due commercianti di storie, con il potenziale compratore precipitato ormai nel secondo livello del racconto come se anche lui dovesse essere convinto da questa signora che vuole riesumare il corpo dell’attrice fino appunto quando nel finale invece il colpo di scena riguarda il primo livello perché nel finale il narratore dice che era lì per il padre del Sig. ***.

C’è un’invasione da un livello all’altro della storia, questa storia fa parte di una storia da raccontare e invece ha invaso il piano della realtà. Evil Live Titolo inglese che corrisponde a un indirizzo postale sulla rete. Ambientazione dentro al web, novità. Si svolge tutto in questa nuova dimensione, c’è una persona che pubblica a puntate dei racconti che riguardano una lotta dura e violenta tra due donne, una sempre uguale: Eva che è sempre in cerca di nuove avversarie. E il racconto a puntate di questa truce vicenda viene inviata a diversi utenti del web che si appassionano, una sorta di newsletter. Si crea un rapporto tra chi scrive queste storie, non nappiamo se sia un uomo o una donna, e un utente in particolare che si firma “Timetolose” che gli o le scrive e diventa ad un certo punto il destinatario esclusivo delle puntate. È un personaggio che diventa ossessionato da questa storia: il giorno vive una vita normale, anche piuttosto anonima e la sera invece vive qualcos’altro grazie al virtuale. La rete era diventata uno scambio epistolare. C’è un altro tipo di coinvolgimento che riguarda il lettore interno, che appare come una figura femminile, fa delle domande all’autore e si scrivono coinvolgendola ancor di più. Timetolose ad un certo punto pensa di non leggere più il racconto, poi cerca invece di capire da dove arriva, l’origine di questi racconti, cercando sul web tutto quello che può essere riconducibile all’indirizzo di Evil Live. Del Giudice usa un linguaggio tecnico e specifico della navigazione marina, cita Conrad non a caso visto che è un autore di tanti testi marinareschi. Insomma il lettore interno, coinvolto in questo rapporto esclusivo con questo richiamo ad un tempo che sta per finire, quando lui poi legge alla fine di un’altra giornata parallela di questa sua vita virtuale, la puntata che trova sembra chiarire qualcosa, almeno nelle intenzioni di chi racconta. Racconta Eva che combatte violentemente con la su avversaria finché non la uccide, ma non è finita, entra poi nella scena la persona che sta raccontando come testimone di tutti i combattimenti. In fondo scrive “That’s all forever, Timetolose. Quello che sembra domandare il racconto è qual è il confine che separa la fantasia, i fantasmi dell’ossessione della fantasia, dalla realtà. Cosa vuol dire tradurre le fantasie in azioni. A questo rimanda l’ultima pagina, una mail che scrive Timetolose a Evil Live in cui mette in questione questo rapporto tra realtà e ossessione, tra vita reale e mania moltiplicata la questione da questo nuovo serbatoio dell’immaginario che Del Giudice individua nella rete, ma tentando di sfruttarne alcune potenzialità già in luce passando attraverso a fantasie di violenza, dei corpo a corpo e dell’intrigo sessuale: combattere contro qualcuno per essere guardato da qualcun altro, un intrigo di amore e morte. Fuga Un racconto particolare per la struttura: comincia in una seconda persona. È un Tu che serve ad incalzare il protagonista, Santino, che sta fuggendo perché ha rubato una moto ad un pezzo grosso della malavita di strada di Napoli, un certo Pretannanze. Il ragazzo cerca la fuga anche scavalcando un muro, trovandosi in un posto tra il magico e il macabro. Racconto costruito alla seconda persona con dei corsivi che spiegano meglio anche il senso, il doppio significato, del titolo. I brani in corsivo raccontano la storia del luogo in cui Santino scavalcando un muro si ritrova. Non è un luogo qualunque. Fuga è anche il nome di un personaggio storicamente esistito, architetto importante vissuto nel Settecento, che ha realizzato il Cimitero del Popolo, il cimitero delle 366 fosse, costruito con tante fosse quanto sono i giorni dell’anno, considerando anche l’anno bisestile, e ogni giorno venivano buttati dentro i defunti di quel giorno insieme. Poi c’era anche un sistema per spurgare il luogo dai cadaveri che si sono accumulati. Questo luogo crea un’opposizione tra il luogo precedente. Santino è finito in questo luogo, benché non sia più utilizzabile vi si trova un guardiano. Un uomo particolare perché quando parla fa ricorso a dei versi di una canzone, citazioni continue che infittiscono continuamente il suo discorso. Santino si ritrova al sicuro fino a quando beve questo bicchier d’acqua e vede una cassa da morto che lo spaventa per un momento. Poi l’inseguitore arriva. C’è un’invasione del mondo esterno dentro a questo luogo sospeso e si ritrova davanti il Pretannanze con la pistola che gli vuole sparare, vuole regolare definitivamente i conti. Santino si giustifica dicendo che non sapeva che la moto fosse sua e che in fin dei conti ha fatto solo pochi metri e l’ha lasciata senza graffi. La pistola è caduta nel buio e Santino la prese. È successo l’imprevisto: il custode del cimitero, personaggio così musicale, aggrappato alla cura del luogo che gli è stato affidato, diventa colui che difende Santino dall’aggressore. Allora chi è il delinquente e l’aggressore? Il custode percepisce evidentemente il bisogno di giustizia, pensa sia stato giusto intervenire. Ci troviamo di fronte al ritorno della violenza. C’è la circostanza che rende l’uomo assassino. È il caso. Il racconto si conclude, i due seppelliscono il Pretannanze e Santino poi scappa.

Dillon Bay Ci troviamo in un ambiente militare, lo si capisce dalle mine e dal soldato, siamo dentro a un’esercitazione (dimensione di finzione nel racconto). È tutto un percorso di allenamento dove i soldati devono stare attenti a evitare i punti dove ci sono le mine, ma non può capitare nulla di pericoloso dato che è un’esercitazione, almeno sembra all’inizio. Anche questo è un racconto piuttosto lungo, racconto di sfondo filosofico e astratto. Racconto appartenente alla stagione degli esordi. Si tratta appunto di una storia raccontata da un capitano, in prima persona, di un’esercitazione militare chiamata Light Knowledge. Questa esercitazione consiste nell’individuare un luogo che appunto si chiama Dillon Bay e predisporlo, non si sa bene come. Questo luogo presto, spostandosi con la jeep, viene individuato. Si tratta di una fortezza. I militari iniziano a studiare la geometria della fortezza. L’autore cerca di introdurci in un altro luogo fuori dal tempo, quasi fantastico. La seconda parte del racconto è l’esplorazione di questa elaborata geometria della fortezza. Poi c’è una terza parte del racconto in cui si introduce un nuovo personaggio, oltre al tenente, sergente e gli altri militari. Doveva arrivare il materiale nell’elicottero, ma invece arriva l’elicottero con dentro il nuovo personaggio, il Colonnello Roselani. L’esercitazione è pensata per il capitano perché forse è più importante istruire un capitano, farlo mentalmente per farlo progredire. Il linguaggio è molto tecnico. Noi ci apprestiamo in quanto lettori a scoprire in cosa consiste anche questo insegnamento che sta per ricevere il capitano. I due insieme percorrono questa fortezza mitica e antica, dalla geometria perfetta che serviva un tempo a rendersi impenetrabile, a difendersi. C’è qualcosa che il colonnello sta cercando di dire al capitano attraverso la descrizione di questo luogo. Ad un certo punto gli dice che gli piacerebbe condurlo in quel punto dove si smette di capire, si smette di immaginare e dove si inizia a sentire. Racconto filosofico perché bisogna seguire passo dopo passo il dialogo dei due anche se a parlare è quasi sempre il colonello e quasi mai con la certezza di essere sicuri di quello che sta dicendo. Forse questa parte conclusiva dell’esercitazione consiste nel provare a comprendere i rapporti tra l’interno e l’esterno, a capire che la conoscenza deve farsi istinto, deve trasformarsi in sentire. Cosa deve essere in grado di fare un militare? Deve saper anche convivere con una rosa di eventi e non sai quale può capitare come ad un certo punto percepisce il capitano quando ormai è calata la sera su questa lunghissima passeggiata. Il buio dell’immaginazione, dell’attesa e dentro al quale un capitano seve sempre mantenere vigile la vista, o forse deve apprendere la paura. Fuori si sono radunati dei soldati che devono fare una specie di attacco e un colpo raggiunge e uccide il colonnello, un colpo che immette il reale nella finzione, era un imprevisto. Ci muoviamo tra un discorso reale a un discorso astratto. Come cometa Breve racconto costruito in maniera particolare. Titolo allitterativo “Come cometa”. Ci parla di una breve gita notturna di un uomo e di una donna che puntano il telescopio verso il cielo in cerca appunto delle comete. Rispetto alle altre manie, questa è una passione più innocua. Anche se qui le passioni sono due: la donna che guida la gita porta questo uomo sconosciuto fino a quel momento, un uomo che ha curiosità per questo passatempo ma che si appassiona un po’ a tanti passatempi, l’unica sua passione sono le donne. Racconto leggero e più fantastico, meno corporale e violento. Narratore in prima persona che parla ad un’altra persona, una sorta di dialogo immaginario. Ci troviamo di fronte ad un uomo abituato a cambiare partner e stavolta si trova con Anita. Così con la loro attrezzatura vanno a vedere le comete in collina perché c’è bisogno di un luogo non illuminato. Dopo c’è un passaggio di voce narrante e la parola passa alla donna. Non si capisce se si tratti di un dialogo immaginario o di un monologo. Il racconto prosegue così, col passaggio della parola tra i due. E piano piano si costruisce...


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