Riassunto completo del libro L\'Etimologia di Daniele Baglioni (linguistica italiana) PDF

Title Riassunto completo del libro L\'Etimologia di Daniele Baglioni (linguistica italiana)
Course Linguistica italiana
Institution Università degli Studi di Palermo
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Riassunto completo del libro L'Etimologia di Daniele Baglioni per l'esame di Linguistica italiana....


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L’ ETI MOLOGI A( DANI ELE BAGLI ONI )

Capi t ol o1–Ques t i onipr el i mi nar i L’etimologia non rimane nell’ambito dei soli specialisti, ma suscita interesse anche tra i non addetti ai lavori. I confini dell’etimologi non sono affatto netti ed è tutt’altro che chiaro quale sia il suo specifico oggetto di studio. 1. 1 Checos ’ èl ’ et i mol ogi a? Dare una definizione univoca di etimologia è un’operazione tutt’altro che semplice, diverse sono tutt’ora le concezioni che ne hanno i linguisti. In italiano la parola etimologia ha due significati distinti: uno generale e uno particolare. In prima istanza, possiamo affermare che l’etimologia è la ricerca degli etimi, ossia dell’origine delle parole: dire, infatti, che il latino pater è l’etimo dell’italiano padre equivale a dire che pater è all’origine della parola padre. Una tale definizione rivela però i suoi limiti a un’analisi appena meno superficiale. Se infatti per origine s’intende il segno linguistico più antico a cui una parola può essere fatta risalire, è facile obiettare che questo non sempre coincide con quello che legittimamente abbiamo chiamato etimo: il latino pater, ad esempio, deriva a sua volta da una radice indoeuropea pꝺtér. Si rende allora opportuna la distinzione tra due tipi di etimi, vale a dire un etimo prossimo (nel nostro caso il latino pater) e un etimo remoto (l’indoeuropeo pꝺtér-). Questo però implica che gli etimi possano essere più d’uno a seconda della profondità dell’indagine etimologica e induce pertanto a rivedere la definizione di etimologia, la quale non consiste necessariamente nell’individuazione dell’origine ultima delle parole, ma è piuttosto «la ricerca dei rapporti –formali e semantici- che legano una parola con un’altra unità che le precede storicamente e da cui quella deriva». Se si adotta questa prospettiva, non si è tenuti a dover ricercare perché e da dove provenga una parola, ma ci si può limitare a riuscire a condurre i rapporti genetici di una parola fino ad una determinata epoca anteriore, senza doverla motivare fino alla conseguenza estrema. Quest’epoca anteriore, per la gran parte delle parole dell’italiano e delle altre lingue romanze (cioè le lingue che derivano dal latino) coincidono con la fase latina, per cui è lecito dire che l’etimo di padre è il latino pater. Nel caso di padre gli etimi sono solo due: quello prossimo, latino, e quello remoto, indoeuropeo. Per altre parole, però, le forme intermedie tra il segno linguistico più antico e la forma che si prende in considerazione possono essere molteplici, sicché non ha senso distinguere tra un etimo prossimo e uno remoto, ma solo tra etimi più o meno remoti. Prendiamo l’esempio di guglia. La parola deriva dall’italiano antico aguglia, che è un prestito dal francese antico aguille importato in Italia per tramite normanno nell’Alto Medioevo; a sua volta, il francese antico aguille trae origine dal latino acucula, un diminutivo di acus ‘ago’; il latino acus, infine, muove da una radice

indoeuropea ak- indicante qualcosa di appuntito. Abbiamo quindi sei passaggi che corrispondono ad altrettanti possibili etimi. In un caso del genere l’equazione guglia< ie. ak- è ancor meno proponibile perché se non si esplicitano i passaggi intermedi, l’origine ultima è talmente lontana da non dirci quasi nulla della storia della parola. L’unica soluzione è quindi quella di ripercorrere l’intera trafila,

rinunciando a un’equazione a due soli termini e ricostruendo i vari passaggi. Questo a prescindere dal significato che può associare ad una parola significati per via della somiglianza di un oggetto con un altro (ad esempio aguglia aveva oltre al significato di ‘elemento architettonico’ anche quello di ‘ago’ per via della somiglianza della loro forma). A forza di ricercare rapporti genetici tra parole appartenenti a stadi linguistici differenti, si è finito per ripercorrere un intero segmento della storia della forma e del significato della parola. Possiamo, quindi, ridefinire una terza volta l’etimologia come la ricerca della storia delle parole, o meglio l’individuazione dei rapporti intercorrenti tra le diverse forme di una o più parole nel corso della loro storia. 1. 2Dichecosas if aet i mol ogi a? L’etimologia si applica al lessico di una lingua e si muove in una dimensione diacronica, ossia storica, perché mette in relazione tra loro parole appartenenti a stadi linguistici differenti. Non si fa etimologia solo delle parole, ma si può ricercare l’etimologia anche delle unità più piccole o persino più grandi della parola grafica. Tra le unità più piccole è il caso di menzionare i suffissi, come ad esempio –mente per la formazione degli avverbi che muove dall’ablativo latino mente. Tra le unità più grandi vanno invece elencati da un lato i composti non univerbati, cioè quei composti i cui costituenti restano separati nella scrittura, e dall’altro le polirematiche, con cui si indicano sequenze di parole con un alto grado di coesione interna. Esempio: il composto non univerbato lupo mannaro presenta come secondo costituente la parola mannaro, che è l’evoluzione di hominarius, derivato dal latino homo ‘essere umano ’. Il significato originario del composto è quindi quello di ‘lupo con fattezze umane’. Per le unità polirematiche si può invece citare il caso di lasciare in asso, la cui etimologia è poco chiara. La spiegazione che derivi da lasciare in Nasso secondo il mito greco di Teseo che abbandonò Arianna nell’isola di Nasso è poco verosimile. Più probabile che per asso s’intenda ‘l’uno’ dei dadi, dove è considerato il punto più basso. Lasciare in asso avrebbe quindi voluto dire ‘lasciare con il punto più basso’ , equivalente a ‘lasciare solo’.

Tanto nel caso dei suffissi quanto in quello dei composti non univerbati e delle polirematiche si ha a che fare con delle parole. Consideriamo il suffisso –mente. In origine si trattava di una parola indipendente, cioè il sostantivo latino mens, mentis al caso ablativo. Il significato di mente è stato poi progressivamente svuotato fino ad essere ridotto a un mero elemento grammaticale, per un processo che prende il nome di grammaticalizzazione. Infine, nel caso dei composti non univerbati e delle polirematiche, fare etimologia vuol dire ricercare l’etimo non del loro complesso, ma solo di alcune loro componenti. La linguistica moderna tende a considerare sia i composti sia le polirematiche alla stregua di macroparole, che appartengono quindi al lessico tanto quanto le parole grafiche. Si può allora concludere che l’affermazione

per cui sono le parole il campo di applicazione dell’etimologia, è fondamentalmente corretta, a patto che per parola s’intenda non la singola parola grafica, ma più in generale qualsiasi unità del lessico – e di unità lessicali. Una seconda questione è se l’etimologia operi esclusivamente in ambito diacronico. A questa domanda apparentemente la risposta è no, dal momento che di molte parole si può comprendere perché abbiano quella forma e quel significato (in termini tecnici, la motivazione) senza che se ne conosca necessariamente la storia, rimanendo quindi sul piano sincronico. I casi più evidenti sono quello delle onomatopee, ossia delle parole che hanno un legame diretto con l’oggetto o l’azione significati perché ne riproducono il suono, oppure quello delle voci cosiddette “espressive” che evocano particolari sensazioni e movimenti mediante la ripetizione e l’opposizione di alcuni suoni. Parole del genere sono una sorta di “primitivi” del linguaggio, perché alla loro origine non c’è un’unità lessicale ma un suono o un’impressione sonora, e resistono perciò a qualsiasi analisi etimologica. Tuttavia, la loro evoluzione e progressiva integrazione nella grammatica di una lingua possono oscurarne l’originaria motivazione e rendere quindi necessario un accertamento in diacronia. All’etimologia spetta anche il compito di escludere un’origine onomatopeica o espressiva solo apparente. Comune è poi il caso in cui una parola mostra un legame diretto non con un suono, ma con un’altra parola in uso nella stessa lingua. Si pensi, ad esempio, a padreterno: ci si può limitare a un’analisi sincronica, perché la parola è evidentemente un composto risultato dall’univerbazione del sostantivo padre e dell’aggettivo eterno. La differenza tra padre e padreterno sta quindi nell’immediata evidenza (per usare un termine tecnico, trasparenza) dell’etimo di padreterno. Tra le parole che hanno un’etimologia trasparente c’è la gran parte dei composti e delle polirematiche, sebbene si diano anche in queste categorie non pochi casi di opacità. Di etimologia trasparente sono anche molti derivati per suffissazione e prefissazione, ad esempio i nomi di mestiere in –aio, i nomi astratti in –ezza, o gli aggettivi e i verbi prefissati in stra- . Tutte queste categorie di parole hanno una motivazione che possiamo definire «virtualmente percepibile», nel senso che è possibile attingervi in qualsiasi momento delle regole di composizione e derivazione sincronica di un determinato sistema linguistico. Poiché tali regole sono oggetto di specifiche discipline sincroniche come la morfologia e la lessicologia, l’etimologia in linea di principio non si occupa delle parole motivabili virtualmente, ma solo di quelle da motivare storicamente, ed è uno studio di carattere sostanzialmente diacronico.

Se dal piano teorico si passa a quello delle singole unità lessicali, ci si rende conto che non è sempre facile separare con nettezza l’asse della sincronia da quello della diacronia. Un caso piuttosto comune è quello di parole la cui motivazione è trasparente dal punto di vista della forma, ma parzialmente o del tutto opaca per quel che riguarda il significato, e ciò perché l’origine della parola risale a un periodo in cui uno dei suoi elementi costitutivi era impiegato in un’accezione oggi obsoleta. A questi casi vanno poi aggiunti quelli ancora più insidiosi in cui non c’è corrispondenza tra la motivazione avvertita in sincronia dai parlanti e la motivazione a cui si può risalire in diacronia. Ad esempio: interpretare meridionale come un aggettivo derivato da meridione è sbagliato. È stato il sostantivo ad essere ricavato dall’aggettivo, che è l’unico a rimontare a una base latina. Meridione è stato, per così dire, creato dal nulla quando il rapporto che legava meridionalis a meridies non è stato più avvertito secondo un processo che prende il nome di retroformazione. C’è poi il caso di unità lessicali come grattacielo che ha la propria motivazione in modelli forestieri (inglese skyscraper). Vi sono poi le etimologie popolari o paraetimologie che consistono nella motivazione di una parola dall’etimologia non più trasparente a un certo punto della sua evoluzione e sono quindi l’esempio più tipico di confusione tra il piano diacronico e quello sincronico. Malgrado dunque il carattere diacronico dell’etimologia, è assai difficile che una ricerca etimologica possa prescindere dalle relazioni che i parlanti istituiscono tra le parole in sincronia, laddove per sincronia s’intende non solo la lingua contemporanea, ma qualsiasi fase di lingua del passato osservata a prescindere dal suo divenire nel tempo. 1. 3L’ et i mol ogi aèunasci enza? Poiché si occupa di individuare rapporti nel tempo tra singole unità lessicali, l’etimologia rientra nell’ambito della linguistica e, in particolare, della linguistica storica. Tuttavia, all’etimologia viene in genere negato in genere negato lo statuto di disciplina autonoma, che è invece pienamente riconosciuto alla fonologia, alla morfologia e alla sintassi. La ragione fondamentale è che la ricerca etimologica per la natura stessa del suo oggetto, cioè la storia di singole parole, ha un carattere frammentario e prevalentemente empirico e quindi non perviene, se non in parte, a una sistematizzazione teorica del materiale indagato: per questo, secondo Ferdinand de Saussure, l’etimologia non costituirebbe un ramo autonomo della linguistica, ma sarebbe piuttosto «una applicazione speciale dei principi relativi ai fatti sincronici e diacronici».

Il carattere asistematico dell’etimologia si riflette inoltre nell’assenza di un suo specifico metodo di ricerca dal momento che, come osservava Wagner, «ogni problema etimologico richiede un metodo proprio». Va infine tenuta presente la vocazione fortemente interdisciplinare dell’etimologia, le cui indagini si discostano spesso dal campo della linguistica per sconfinare in quello della storia e dello studio delle tradizioni popolari. C’è una priorità cronologica dell’etimologia rispetto alla linguistica il che conferisce alla prima un certo margine di autonomia. L’etimologia è sì un’applicazione dei principi della linguistica storica, però tali principi non esisterebbero se non fossero stati ricavati proprio dall’applicazione empirica. Ancora più controversa è la questione se l’etimologia sia da considerarsi a pieno a titolo una scienza. La proposta di un etimo, infatti, non può muovere se non da un’intuizione dell’etimologo, che riconduce una determinata parola a una sola delle unità lessicali, virtualmente infinite, di una fase linguistica precedente. Spesso, nel campo della ricerca etimologica, si è attribuita un’eccessiva importanza all’intuizione, alla scoperta dell’etimo. Oggi questo fondamento sembra sbagliato in quanto la parte centrale della ricerca etimologica non viene più identificata nella “scoperta” dell’etimo, bensì nell’argomentazione della sua plausibilità, che procede invece in maniera deduttiva ed è tanto più persuasiva quanto più valide e numerose sono le prove addotte. Possiamo allora concludere che l’etimologia, pur avendo carattere asistematico, empirico e probabilistico, ha ben poco di “artistico” e (dagli inizi dell’Ottocento) viene considerata una scienza. Ciò è confermato dal principio dell’unicità della soluzione etimologica secondo il quale, di due o più ipotesi relative all’etimologia di una stessa parola soltanto una può essere ritenuta come vera, il che ovviamente comporta che tutte le altre vadano scartate. Non importa il metodo con il quale si perviene alla soluzione, che sarà diverso da caso a caso, quello che conta è solo quanto la ricostruzione finale si avvicini alla verità. Proprio la ricerca di una verità assoluta e non dipendente dalla teoria di riferimento contraddistingue l’indagine etimologica da altri studi linguistici, in cui invece uno stesso dato può essere interpretato in maniere diverse. È questo il motivo della relativa sfortuna dell’etimologia nella linguistica odierna, ma anche del resistere degli studi etimologici all’usura del tempo. Capi t ol o2–Unpo’dis t or i a

Fin dall’antichità, l’uomo si è interrogato sull’origine delle parole e ha messo a punto delle tecniche per risalire a etimi veri o presunti. Ripercorreremo la storia della ricerca etimologica, dall’antichità al Medioevo all’età moderna, fino agli ultimi due secoli di studi, che occupano un posto di particolare rilievo: è infatti a partire dall’Ottocento che l’etimologia perde i tratti d’interpretazione arbitraria che l’avevano contraddistinta fino ad allora e assume quelli di ricerca scientifica. 2. 1 Ant i chi t àeMedi oevo  L’interesse per l’etimologia è caratteristico già dall’antica cultura ebraica, che riteneva che nel nome, fosse possibile leggere la volontà divina e quindi l’origine o il destino di chi lo portava.  Nel mondo occidentale, l’etimologia occupa un posto centrale nel pensiero linguistico dei Greci, a cui si deve il nome stesso etymología, ossia ‘discorso (logos) intorno al vero (étymon)’: i Greci infatti concepivano la ricerca etimologica come strumento di conoscenza non solo linguistica, ma anche filosofica, perché ritenevano che risalire all’origine di un nome permettesse di conoscere la vera natura dell’oggetto da esso indicato. Questa posizione è propria in particolare degli stoici, a cui sembra sia da attribuirsi la coniazione di etymología in età ellenistica. Prima di allora questioni etimologiche erano già state toccate da Eraclito e dai sofisti. Il primo riteneva che i nomi erano derivati direttamente dalle cose, mentre i secondi che i nomi non avevano nessun rapporto con la realtà extralinguistica ed erano puramente convenzionali.  Attraverso gli stoici e i grammatici alessandrini, grazie ai quali l’etimologia diventa «parte integrante della grammatica», la riflessione etimologica passa dal mondo greco a Roma, dove il suo massimo esponente è Varrone, che riprende la teoria dei verba primigenia, ossia dell’esistenza di primitivi del linguaggio non riconducibili ad altre parole. Inoltre, egli distingue tra vocaboli nostra, cioè del lessico latino autoctono, e aliena, vale a dire i grecismi, contemplando la possibilità per una lingua di acquisire parole da altre lingue.  Il Medioevo europeo raccoglie l’eredità greco-latina e la inserisce con la concezione mistico-divinatoria dell’etimologia propria delle Scritture. L’etimologia diventa il presupposto stesso di ogni forma di conoscenza: lo dimostra il fatto che la maggior opera enciclopedica, che si deve al vescovo spagnolo Isidoro di Siviglia, prende il nome di Etymologiae, perché per Isidoro è l’etimologia la prima e fondamentale conoscenza delle cose, quella che permette di cogliere attraverso l’interpretazione la forza intrinseca di una parola o di un nome. Isidoro distingue

tra nomi secundum naturam (le parole primordiali) e nomi secundum placitum (le parole di origine convenzionale derivate da altre parole). Nel Medioevo l’etimologia veniva ascritta alla retorica: l’interpretazione ingegnosa di un vocabolo, in particolare di un nome proprio, poteva infatti contribuire a metterne in luce le presunte qualità. Questa “etimologia retorica” resiste ancora ai giorni nostri nell’opinione comune. 2. 2 Dal l ’ Umanesi moal l ’ I l l umi ni smo Se l’etimologia medievale era stata fondamentalmente sincronica, nel senso che il rapporto di filiazione delle lingue romanze dal latino era stato ignorato o persino frainteso, la nuova sensibilità filologica degli umanisti e la conseguente riscoperta delle lingue classiche porta progressivamente fra Trecento e Quattrocento a un corretto inquadramento dei rapporti genetici tra le lingue. L’etimologia, almeno per quel che riguarda le lingue romanze, viene finalmente concepita come uno studio storico. L’affinità dei significati, però, continua a essere la guida nella ricerca degli etimi, mentre la forma delle parole resta nettamente in secondo piano. Si comincia ad avere una maggiore consapevolezza della derivazione dell’italiano e delle altre lingue moderne da quelle antiche. Si comincia a parlare della teoria delle “quattro specie” di mutamenti, in base alla quale nella trasformazione di una parola si poteva avere:  L’aggiunta di un suono o di una sillaba  additio  La sottrazione di un suono o una sillaba  demptio  Lo spostamento di un suono o una sillaba  traiectio  La sostituzione di un suono o una sillaba  commutatio Il massimo rappresentante di questa tradizione è Gilles Ménage che variava geniali intuizioni a etimologie fantasiose. L’estrema disinvoltura delle ricostruzioni etimologiche della tradizione francese porta in molti ambienti a un generale scetticismo nei confronti dell’etimologia, avvertita come un’interpretazione arbitraria della storia delle parole in cui, più che risalire alla propria origine, conta per l’etimologo dar prova del proprio estro. Nel periodo dell’Illuminismo celebre è il giudizio attribuito a Voltaire, che qualifica sarcasticamente l’etimologia come «quella scienza in cui le vocali non contano niente e le consonanti molto poco». Ma alla sfiducia nei confronti della pratica etimologica si accompagna anche il tentativo di rifondare questo genere di studi su basi più solide, limitando l’inventario dei mutamenti possibili e al contempo prendendo in maggior considerazione la documentazione storica. In Italia questi criteri vengono applicati da Ludovico Antonio Muratori.

Oltre al modo di fare etimologia, cambia nel corso del Settecento anche la maniera in cui la ricerca etimologica è concepita e gli scopi che le si attribuiscono. Ciò è evidente già in Giambattista Vico che perviene a un’originale concezione storicosociale dell’etimologia in ambito indoeuropeo, identificando la ricerca etimologica con lo studio della genesi del linguaggio e sostenendo che le lingue rifle...


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