decollo industriale Giolitti PDF

Title decollo industriale Giolitti
Course storia
Institution Liceo delle Scienze Umane Secco Suardo
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decollo industriale Giolitti sindacato. e altri argomenti...


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DECOLLO INDUSTRIALE E CONFLITTI SOCIALI Il decollo industriale. Tra Ottocento e Novecento con il decollo industriale l’Italia si evolve: - tra il 1887 e il 1911 il reddito nazionale aumenta del 50% - con la tariffa protezionistica del 1887 crebbero i settori: tessile, agricolo, alimentare, soprattutto nell’industria saccarifera, meccanico che aumentò produzione di: 1. materiale ferroviario 2. macchinari pesanti 3. utensili di precisione 4. macchine da cucire per ani 5. macchine da scrivere (Fondazione Olivetti 1908) - settore delle automobili grazie a Giovanni Agnelli che nel 1899 fonda la FIAT (fabbrica italiana automobili torino). Tra i settori strategici abbiamo il decollo della - industria siderurgica, ristrutturata grazie alla protezione doganale e alle commesse pubbliche - industria idroelettrica Il settore agricolo. Seppur inferiore alla crescita industriale, aumenta la sua produzione di cereali e del patrimonio zootecnico (allevamento di ovini, bovini; produzione latte, burro e formaggio). Sono le aziende della Pianura padana, per la maggior parte, a effettuare investimenti ingenti; mentre la situazione resta stazionaria nel Mezzogiorno, dove comunque la difficoltà di sbocco dei prodotti verso mercati come la Francia, fu compensata dai trattati commerciali stipulati con Austria, Svizzera e Germania. Come fu finanziata l’industrializzazione. Così come la Russia, l’Italia presenta una situazione di industrializzazione tardiva. Decisivi per il decollo dell’Italia furono: protezionismo, commesse pubbliche, le entrate del turismo, le rimesse degli emigranti (i risparmi inviati in Italia da coloro che emigravano, all’epoca a ritmo di mezzo milione l’anno), e il sistema bancario. Nel 1893 fu creata la Banca di Italia, ovvero la banca centrale. Furono create banche sul modello della banca mista: Banca commerciale italiana e il Credito italiano, che assicurarono i capitali necessari a finanziare investimenti costosi (es: centrali idroelettriche). La forbice dello sviluppo. Sullo sviluppo italiano, però, pesò un dualismo economico tra Nord/Sud. L’agricoltura settentrionale era più sviluppata e capace di rinnovarsi tecnicamente, mentre quella meridionale non si rinnovò, anche a causa della tariffa doganale che le faceva da “culla”. Inoltre, il tessuto industriale non si formò in modo omogeneo: abbiamo infatti il cosiddetto triangolo industriale del nord (dove sta Katrin, Genova e Torino). Zone più sviluppate sul piano industriale per via degli investimenti, vicinanza con i mercati europei, borghesia industriale. Dunque, l’Italia è divisa a forbice: alla crescita del nord, si contrappone il ritardo del sud. Nasce così la questione meridionale, un nodo che tutt’oggi non è stato ancora risolto. La questione sociale, ovvero la condizione di vita delle masse popolari e contadine, fu un altro problema collegato a quello prima citato. L’enorme sviluppo del fenomeno migratorio divenne un vero e proprio esodo (emigrazione volontaria di una comunità). Gli emigranti aumentarono di gran lunga nel 1901-1913; la maggior parte si dirigeva in America e proveniva dal sud, per sfuggire appunto a condizioni di vita pessime. I CONFLITTI SOCIALI E LA CRISI DI FINE SECOLO Il nuovo proletariato industriale. Nasce il proletariato industriale, le cui condizioni di vita erano simili a quelle che cinquant’anni prima conoscono gli operai nei paesi di prima industrializzazione: nessuna garanzia del posto di lavoro e del salario stesso (tra l’altro bassissimo), multe, punizioni, larga diffusione del lavoro minorile, controlli asfissianti sul lavoro e sulla vita privata dell’operaio.

La sindacalizzazione operaia. Dall’associazionismo delle società di mutuo soccorso si passa al sindacalismo organizzato di ispirazione socialista. Sorsero in molte città le camere del lavoro. Gli scioperi aumentarono con obiettivi come aumento del salario, riduzione della giornata lavorativa, assistenza in caso di malattia, suffragio universale, diritto di sciopero, riconoscimento legale del sindacato. Nel 1906 nacque la Confederazione generale del lavoro (di stampo socialista). Anarchismo. Negli anni successivi all’Unità, il movimento operaio italiano vede prevalere l’anarchismo, che rifiuta la partecipazione alla vita politica dello stato, prediligendo rivoluzioni. La sua influenza viene fermata quando inizia a diffondersi il socialismo di ispirazione Marxista. La nascita del Partito socialista. Nel 1892, nasce a Genova il primo partito moderno di massa, dotato di un’organizzazione, sedi, strutture, organi di stampa come il quotidiano “Avanti”: il Partito socialista italiano, che si diffonde più nella zona settentrionale che meridionale. Differente dagli anarchici perché prediligevano metodi legali di lotta sindacale e politica; infatti prevalse, anche a causa dell’influenza dell’avvocato Turati, un orientamento riformista e non rivoluzionario. Eccidio di Bava Beccaris. Tra il 1898 e il 1900 l’Italia vive la crisi di fine secolo. Nella primavera del 1898, a causa di un’annata di cattivi raccolti, esplosero in tutto il paese moti spontanei, non organizzati dai socialisti, contro il rincaro del pane: il popolo affamato prese d’assalto i forni, i mulini, i municipi. Le rivolete furono soprattutto contro i dazi del grano. La reazione del governo (comandato da Di Rudinì) fu durissima: episodio più grave fu a Milano dove il generale Bava Beccaris cannoneggiò la folla. Fu proclamato lo stato di assedio a Milano, Livorno, Firenze, Napoli. Il governo fece arrestare dirigenti, deputati repubblicani e socialisti, chiuse giornali di opposizione, limitò la libertà di stampa e di associazione. Tentativi autoritari e reazione democratica nel giugno 1898 fu nominato presidente del consiglio Luigi Pelloux, che propose in votazione alla Camera leggi che rendevano stabili tali provvedimenti. Scelta autoritaria bloccata sia dall’opposizione dei socialisti che dalla divisione della maggioranza, nella quale erano in conflitto una tendenza liberale conservatrice (leader Polleux) e una liberale progressista (leader Giovanni Giolitti e Giuseppe Zanardelli). Nelle elezioni del giugno 1900 le opposizioni (socialisti, radicali, repubblicani) unite compirono progressi: il governo fu affidato a Saracco, mantenuto fino al febbraio del 1901. In questo governo di transizione, un grave attentato terroristico stravolse il paese: 29 luglio 1900, il re Umberto I fu ucciso a Monza dall’anarchico Bresci, che voleva vendicare le vittime di Milano. Il nuovo sovrano Vittorio Emanuele III, re d’Italia dal 1900 al 1946, affidò il governo a Zanardelli....


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