Riassunto Organizzazione Industriale (Economia Industriale) PDF

Title Riassunto Organizzazione Industriale (Economia Industriale)
Author Carla Simone
Course Economia industriale
Institution Università degli Studi di Catania
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Organizzazione IndustrialeCapitolo 1: Una panoramica dell’organizzazione industrialeL’organizzazione industriale è la disciplina economica che studia la struttura delle imprese e dei mercati e le loro modalità di interazione. Per affrontare lo studio dell’organizzazione industriale esistono due appr...


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Organizzazione Industriale Capitolo 1: Una panoramica dell’organizzazione industriale L’organizzazione industriale è la disciplina economica che studia la struttura delle imprese e dei mercati e le loro modalità di interazione. Per affrontare lo studio dell’organizzazione industriale esistono due approcci: 1. La struttura – comportamento - risultato (SCR o anche struttura – comportamento – performance), è un approccio descrittivo, finalizzato a dare una visione di sintesi dell’organizzazione industriale. Questo approccio prevede che i risultati economici di un’industria dipendono dal comportamento delle imprese, che a sua volta è funzione della struttura, che a sua volta ancora dipende da fattori di base, come tecnologia e domanda. Un elemento che accomuna fattori di base, struttura, comportamento e il risultato sono le politiche pubbliche. 2. La teoria della formazione dei prezzi è un approccio che spiega il comportamento delle imprese e la struttura del mercato avvalendosi dei modelli microeconomici. Di conseguenza, i modelli che si basano su questa teoria spiegano i fenomeni di mercato mediante l’analisi degli incentivi economici che si trovano di fronte i singoli individui e singole imprese. Nel corso degli ultimi anni notevole consenso è stato raccolto da tre sviluppi teorici microeconomici: a. L’analisi microeconomica dei costi delle transazioni , cioè delle spese che si devono sostenere per effettuare uno scambio, parte dalla differenza esistente in tali costi per spiegare la diversa SCR nelle diverse industrie. Ronald H. Coase, nel 1937, ha affermato che l’impresa e il mercato rappresentano due mezzi diversi per organizzare l’attività economica. Oliver Williamson, nel 1975, ha sostenuto che alla base dell’analisi dei costi di transazioni vi siano quattro principi: 1) i mercati e le imprese sono due mezzi diversi per compiere una serie di transazioni correlate; 2) il costo relativo del ricorso al mercato rispetto all’uso delle risorse interne determina il tipo di scelta; 3) i costi di transazione relativi alla stesura ed alla garanzia dell’osservanza di contratti variano a seconda delle caratteristiche dei soggetti responsabili e delle caratteristiche oggettive del mercato; 4) l’insieme dei fattori umani ed ambientali influenza i costi delle transazioni. Questo approccio mira ad individuare i fattori ambientali (incertezza e numero di imprese operanti nel medesimo mercato) ed umani (razionalità limitata e comportamento opportunistico) che spiegano l’organizzazione interna delle imprese e dei mercati. Il ricorso al mercato comporta elevati costi di transazione, qualora l’incertezza e la razionalità limitata si combinano, oppure quando ci sono poche imprese operanti nel mercato ed essere si comportano in modo opportunistico. b. La teoria dei giochi è stata ideata, nel 1944, da Von Neumann e Morgenstern e si può applicare nei contesti caratterizzati da un numero limitato di imprese. Questa teoria si avvale di modelli formali per analizzare i fenomeni di conflitto e di cooperazione tra imprese ed individui. La teoria dei giochi considera la concorrenza come un gioco di strategie, cioè come l’interazione tra diversi piani di azione formulate dalle singole imprese. Questa teoria spiega i criteri in base ai quali le imprese decidono le proprie strategie e le modalità secondo cui tali strategie determinano i profitti di ciascuna impresa.

c. L’analisi dei mercati contendibili, cioè quei mercati nei quali si può entrare ed uscire in modo facile e rapido. Baumol, Panzar e Wilig ritengono che le imprese sono riluttanti ad entrare in dei mercati quando uscirne comporta costi elevati. Nel caso di un numero limitato di imprese il mercato contendibile ha le stesse caratteristiche del mercato concorrenziale, in cui il prezzo è uguale al costo marginale (p = MC) e l’analisi del comportamento strategico è irrilevante.

Capitolo 2: Impresa e costi L’impresa è un’organizzazione produttiva che trasforma gli input in output. Il profitto di un’impresa è dato dalla differenza tra i ricavi derivanti dalla vendita dei beni prodotti e dai costi relativi all’acquisto delle risorse utilizzate per la produzione e la vendita. La maggior parte delle imprese ha come finalità la massimizzazione dei profitti (sono denominate imprese a scopo di lucro), di conseguenza deve essere capace di produrre al minor costo possibile, in base alla tecnologia disponibile ed al prezzo degli input. Paragrafo 2.1: “L’impresa ed i suoi obiettivi”. L’obiettivo di molte imprese è quello di fare profitti, di conseguenza esse vengono denominate imprese a scopo di lucro (for – profit firms); tuttavia, esistono anche organizzazioni che operano a fini caritatevoli o senza scopo di lucro (non – profit firms). L’ipotesi sottostante alla maggioranza dei modelli economici è che l’obiettivo primario dei dirigenti di un’impresa consista nella massimizzazione dei profitti dell’impresa stessa. A tal fine i dirigenti devono far sì che l’impresa venda la quantità ottima di prodotto e realizzi l’efficienza produttiva, ciò significa che, partendo dall’impiego di una certa quantità di fattori di produzione, si ottenga la massima produzione possibile avvalendosi della tecnologia disponibile. Tuttavia, potrebbe accadere che i dirigenti puntino alla massimizzazione di altri interessi, di conseguenza esistono fattori, come ad esempio la proprietà di azioni o forme di compensi legate ai risultati aziendali, che riducono l’incentivo dei dirigenti a tenere comportamenti non inerenti con la finalità dell’impresa. La proprietà di un’impresa e il controllo sulle attività da essa svolte possono assumere forme diverse. •

Le forme proprietarie, più comuni USA sono: l’impresa individuale; la società di persone e la Società per azioni. In Italia, invece, ne esistono, invece, diverse: ditta individuale; società di persone (ss, snc, sas); società di capitali (srl, spa, sapa). Per le ditte individuali e per le snc i soci rispondono illimitatamente dei risultati aziendali, di conseguenza sarà in rischio non solo il patrimonio dell’impresa, ma anche il patrimonio personale, al contrario nelle sas il patrimonio personale sarà messo in rischio solo per i soci accomandatari, mentre gli accomandati rispondono, come nelle società di capitali, solo per il capitale da loro sottoscritto. Le società di persone presentano un problema derivante dal fatto che in caso di abbandono da parte di un socio, la società si dissolve automaticamente; in Italia questo vale solo per le società di persone costituite da due soci. Il capitale delle S.p.A. è ripartito in azioni, le quali sono possedute dai soci, i quali hanno una responsabilità limitata rispetto ai debiti aziendali, di conseguenza qualora la società fallisca, essi non sono tenuti a pagare i debiti della stessa ricorrendo al proprio patrimonio personale, ma sarà utilizzato solo il capitale sottoscritto. L’aumento dell’importanza delle SpA e la corrispondente espansione dei mercati azionari sono fenomeni recenti. Una S.p.A. può reperire fondi sia mediante la vendita delle proprie quote azionarie, sia con l’emissione di obbligazioni; gli azionisti eleggono un Consiglio di Amministrazione (Cda) a cui affidano la direzione della società. Gli azionisti possono ottenere una remunerazione in diversi modi, ad esempio: tramite la cessione delle proprie azioni (qualora il valore sia superiore a quello d’acquisto), oppure tramite l’eventuale distribuzione dei

dividendi. Gli obbligazionisti sono pagati prima rispetto agli azionisti, di conseguenza è più prudente acquistare le obbligazioni, tuttavia a fronte di un minore rischio il rendimento di quest’ultime sarà minore rispetto a quello ottenuto con il possesso di azioni, poiché sennò si avrebbe un disincentivo ad acquistarle. Quando un’impresa aumenta il proprio indebitamento, varia il rapporto tra obbligazioni ed azioni, infatti, a seguito di un maggior rischio, i rendimenti attesi degli azionisti lieviteranno. •

Separazione tra proprietà e controllo. Il rapido aumento dell’importanza delle S.p.A. suscitò, intorno agli anni ’30, un acceso dibattito circa l’efficienza di tale forma organizzativa. L’elemento che scatenò il dibattito fu il libro di Berle e Means del 1932 (The Modern Corporation and Private Propriety), poiché secondo gli autori la S.p.A. è la causa della separazione tra la proprietà e il controllo, così facendo è possibile che i dirigenti potranno non coincidere con gli azionisti, inoltre potrebbe accadere che questi soggetti abbiano interessi e obiettivi che siano alternativi a quelli degli azionisti. Nonostante questa possibilità, spesso nelle S.p.A. l’azionista non controlla, personalmente, l’operato dei dirigenti, poiché viene eletto un Cda, finalizzato a tutelare gli interessi degli azionisti e a controllare l’efficiente gestione della società. Il lavoro del Cda è oggetto di controllo da parte degli azionisti, i quali potrebbero negare la possibile rielezione di un consigliere, minando così la credibilità di cui godeva, tuttavia, secondo Berle e Means, questo controllo non dà garanzia di un comportamento idoneo da parte dei dirigenti. Oltre al conflitto di obiettivi tra dirigenti ed azionisti, potrebbe esserci un secondo tipo di conflitto, ossia tra obbligazionisti ed azionisti. Gli obbligazionisti sono coscienti della divergenza esistente tra i propri interessi e quelli degli azionisti, quindi insistono per la stipulazione di patti obbligazionari che comportano restrizioni sulle decisioni della società in materia di progetti di investimento e di ulteriori finanziamenti.



Dimensioni dell’impresa. L’impresa può seguire due modi diversi per procurarsi beni e servizi, cioè fare ricorso: al mercato o alla produzione interna (scelta che si favorirà quando si sostengono elevati costi di interazione e contrattazione con altre imprese). Un fattore che limita il processo di espansione della produzione interna è il costo da sostenere necessariamente per controllare in modo diretto e costante che tutta l’azienda opera secondo criteri di efficienza e di redditività. La maggior parte delle imprese statunitense è di piccole dimensioni, nonostante siano quelle di grandi dimensioni a partecipare al maggior parte delle vendite ed a dare maggiori posti di lavoro. Tuttavia, recentemente a seguito della maggiore produttività dei manufatti, la quota percentuale della forza lavoro occupata dall’industria manifatturiera si è ridotta dal 34% al 13%, questo ha fatto si che l’occupazione si spostasse verso il settore dei servizi, costituito da aziende di dimensioni ridotte.

Paragrafo 2.2: “Fusioni ed acquisizioni”. Un’impresa può espandersi mediante l’investimento oppure mediante fusioni o acquisizioni, cioè operazioni che permettono di combinare i capitali e le attività di diverse imprese esistenti, al fine di crearne una nuova. In merito alle fusioni, si può distinguere: 

Le fusioni verticali, in cui un’impresa si unisce con un suo fornitore;



Le fusioni orizzontali, in cui vi è l’unione di due imprese concorrenti;



Le fusioni conglomerali, in cui l’operazione riguarda imprese operanti in settori non correlati.

Le motivazioni che portano ad effettuare operazioni di fusione o di acquisizione sono: l’aumento della profittabilità e il miglioramento del grado di efficienza economica complessiva. Le fusioni non sempre soddisfano le motivazioni per cui vengono effettuate, infatti si hanno:  Le fusioni che aumentano il livello di efficienza sono molto desiderabili per le società e si possono raggiungere in diversi modi: 

Aumento della dimensione ottimale, così si riducono le ridondanze e si sfruttano i vantaggi derivanti dall’aumento della dimensione(es.tagliare i costi di gestione affidando la gestione ad un unico gruppo);



Creazione di sinergie, così facendo si sfruttano i vantaggi propri delle economie di scopo;



Miglioramento del management, acquistare un’impresa mal gestita e inserire un management migliore è una fonte di profitto, tuttavia potrebbe accadere che i dirigenti di un’impresa non curino gli interessi degli azionisti, di conseguenza ostacoleranno l’acquisizione per conservare la propria posizione. Se nonostante l’azione difensiva da parte dei dirigenti, l’acquisizione si effettuasse lo stesso, si parlerà di acquisizione ostile. I dirigenti si potrebbero convincere che i profitti aumenterebbero solo se il Cda acconsentisse di licenziare un certo numero di dipendenti e di vendere alcune parti dell’impresa, tuttavia questi cambiamenti, solitamente, non sono accettati né dagli azionisti né dal Cda, così da indurre i dirigenti stessi a rilevare l’impresa mediante un’operazione di acquisizione (management buyout), in modo tale da non avere più azionisti esterni a cui rendere conto. Spesso i dirigenti non hanno le risorse finanziarie per acquistare le quote azionarie necessarie, di conseguenza possono fare ricorso ad operazioni di leveraged buyout (LBO), cioè vendono obbligazioni garantite (junk bond) dal valore dell’attivo contabile dell’impresa. Le junk bond, sono anche denominate obbligazioni spazzatura, dato l’elevato rischio ed il conseguente rendimento elevato; tuttavia è meglio avere delle junk bond, che delle azioni, poiché qualsiasi obbligazione è pagata sempre prima dell’azione.

 Le fusioni che riducono il livello di efficienza possono, in alcuni casi, far trarre dei profitti ai proprietari. Di conseguenza, esse possono avvenire per una serie di ragioni: 

Per ragioni fiscali;



Per motivi di sfruttamento, poiché si vogliono ottenere guadagni immediati, anche sapendo di andare incontro a perdite future;



Per potere di mercato o di influenza politica, poiché si avrebbe una minore concorrenza e si potrebbe stabilire un prezzo superiore al prezzo concorrenziale. In Italia e negli USA le leggi antitrust proibiscono questo genere di fusioni.

Benché i giornali considerano che il periodo attuale è l’epoca d’oro delle fusioni, in passato questo tipo di operazioni ha avuto un’importanza anche maggiore; tuttavia si hanno notevoli difficoltà nel raccogliere dati, inoltre venivano ignorate le fusioni tra piccole aziende. Le maggiori ondate di fusioni ed acquisizioni sembrano coincidere con le fasi di boom del mercato azionario. Analizzando l’evoluzioni storica delle fusioni e delle acquisizioni, si possono individuare 5 periodi caratterizzati da una grande intensità del fenomeno:

1. I primi anni del ‘900 è un periodo denominato da George Stilger “movimento delle fusioni verso il monopolio”. In questi anni l’economia statunitense era in fase di mutamento dopo lo sviluppo delle ferrovie e delle comunicazioni, inoltre da un lato, il mercato azionario stava aumentando la sua importanza; dall’altro lato, si stava assistendo alla creazione di imprese di grandi dimensioni. La fine dell’ondata delle fusioni coincise con il rallentamento dell’economia e con il verdetto emesso dalla Corte Suprema, nel 1904, nel quale si affermava che talune fusioni orizzontali violavano le leggi antitrust. 2. La fine degli anni ‘20 è un periodo denominato da George Stilger “movimento delle fusioni verso l’oligopolio”. 3. La fine degli anni ’60 è un periodo denominato da George Stilger “movimento delle fusioni conglomerali”, dato che molte fusioni concluse in questo periodo diedero vita alle imprese conglomerali,ovvero (holding) capaci di controllare imprese operanti in settori diversi. 4.

Gli anni ’80 vedono la diffusione di una serie di acquisizioni ostili.

5. Gli anni ’90 è un periodo denominato “ondata delle fusioni da deregolamentazione”, dato che molte fusioni interessavano settori oggetto di deregolamentazione, come il settore aereo e il settore delle telecomunicazioni. I mass media sostengono che le fusioni degli anni ’80 e degli anni ’90 hanno avuto un’intensità superiore rispetto al passato. Quest’affermazione, tuttavia, è vera guardando solo il numero delle operazioni, infatti l’economia di oggi è di dimensioni notevolmente maggiori, rispetto al passato, quindi rapportando il numero delle fusioni alle dimensioni dell’economia (quindi il PIL reale, cioè corretto in base al tasso d’inflazione), si otterrebbe che il fenomeno ha raggiunto il punto massimo all’inizio del 1900. Tradizionalmente le fusioni in Europa, rispetto negli USA, sono meno comuni. Uno degli argomenti più controversi delle economie di transizioni dell’Europa centrale e dell’Europa orientale è stato la ristrutturazione delle imprese statali. Alcuni Paesi dell’Europa orientale hanno privatizzato le imprese statali, mentre altri Paesi appartenenti al medesimo contesto geografico, hanno cercato di trasformare le imprese, prima di procedere alla vendita. La questione circa gli effetti economici dell’ondata di fusioni e acquisizioni è stata al centro di un dibattito, poiché se da un lato le fusioni che aumentano l’efficienza sono altamente gradite, dall’altro lato sono problematiche le fusioni finalizzate a ottenere guadagni di breve periodo per un piccolo gruppo di speculatori disinteressati al buon andamento dell’impresa nel lungo periodo. Le fusioni, inoltre, hanno la problematica di voler ottenere un aumento del potere di mercato, con la conseguenza di far aumentare i prezzi oltre al livello concorrenziale, causando così un danno ai consumatori. Dagli studi sulle fusioni e sulle acquisizioni, emerge che:  Profitti per l’impresa acquisita. Gli azionisti di un’impresa acquisita ricevono una somma che va dal 16% al 25% superiore al prezzo di mercato delle azioni vigenti nel periodo pre – acquisizione. L’incremento del prezzo delle azioni, avviene nel momento immediatamente precedente al pubblico annuncio della transazione. La percentuale incassata dagli azionisti è aumentata in seguito al Williams Act, che ha imposto di pubblicizzare i progetti di acquisizione, inoltre i profitti degli azionisti sono incrementati nel tempo.  Effetti degli ostacoli alle acquisizioni. Le tattiche adottate dal management al fine di impedire le acquisizioni riducono la probabilità di riuscita dell’acquisizione stessa, ma al contempo aumentano il prezzo dell’acquisizione se essa si concretizzerà. Esistono diverse misure difensive sui prezzi delle azioni, che possono essere attuate, ad esempio:



L’impresa può ricorrere alla maggioranza qualificata, secondo la quale i dirigenti proprietari di una certa quantità di quote azionarie, potrebbero tentare di far approvare una clausola, in base alla quale chiunque sia intenzionato ad ottenere il controllo dell’impresa deve avere l’approvazione della maggioranza qualificata (superiore al 50%). Questa clausola provoca una riduzione del prezzo delle azioni.



L’impresa può ricorrere alla clausola greenmail, secondo la quale l’impresa riacquista le azioni in possesso dell’investitore che sta tentando l’acquisizione pagando un premio aggiuntivo rispetto al prezzo di mercato. Quest’azione influenza negativamente il prezzo delle azioni.



L’impresa può ricorrere alla clausola poison - pills, secondo le quali la società acquisita deve offrire le proprie azioni agli azionisti originari ad un prezzo molto conveniente, riducendo il valore della quota azionaria controllata dal nuovo proprietario. Questa clausola porta ad una riduzione notevole del prezzo delle azioni.

 Profitti per l’impresa acquisitrice. Gli azionisti di un’impresa acquisitrice non hanno profitti sostanzialmente superiori alla media in seguito all’esito positivo di un’acquisizione. Gli azionisti avranno una situazione migliore, a seguito di un’acquisizione ostile, rispetto a quella che avrebbero in caso di fusione amichevole. Il rendimento per l’impresa acquisitrice dipende dalla modalità di finanziamento dell’acquisizione, poiché è superiore qualora il pagamento avvenga a mezzo liquido. I dirigenti di un’impresa, dinanzi al tentativo di acquisizione ostile, possono ricercare un acquirente alternativo (white knight) che vorrà assumere il controllo dell’impresa mantenendo l’attuale management.  Effetti per la società nel suo complesso. Il valore complessivo delle azioni delle imprese coinvolte in una...


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