D.immigrazione manuale PDF

Title D.immigrazione manuale
Author Erika De Marchis
Course Diritto delle migrazioni
Institution Università degli Studi di Trento
Pages 17
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Summary

IL DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONEI comportamenti e atti discriminatoriL’art. 43 del T.U. qualifica come DISCRIMINAZIONE ogni comportamento che direttamente o indirettamente comporti una DISTINZIONE, ESCLUSIONE, RESTRIZIONE O PREFERENZA basato sulla razza, religione e che abbia lo scopo di distruggere o d...


Description

IL DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE I comportamenti e atti discriminatori L’art. 43 del T.U.I. qualifica come DISCRIMINAZIONE ogni comportamento che direttamente o indirettamente comporti una DISTINZIONE, ESCLUSIONE, RESTRIZIONE O PREFERENZA basato sulla razza, religione e che abbia lo scopo di distruggere o di compromettere il riconoscimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali. La disposizione precisa che compie atto discriminatorio: 1) Il p.u. o il p.s. che nelle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che a causa della sua condizione di straniero, lo discriminano ingiustamente. 2) Chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero a causa della sua condizione. 3) Chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso all’occupazione, alloggio, istruzione, formazione, servizi socio-assistenziali regolarmente in Italia a causa della sua condizione 4) Chiunque impedisca l’esercizio di un’attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente presente in italia. 5) Il datore di lavoro e i suoi preposti i quali compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza. Costituisce poi discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza ecc. Tale disciplina antidiscriminatoria si applica non solo nei confronti degli stranieri, ma anche verso cittadini italiani e cittadini appartenenti ad altri stati membri dell’unione europea presenti sul territorio italiano, nonché trae riferimento dalla convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Le controversie in materia di condotte discriminatorie sono disciplinate dall’art. 44 del D.lgs. n.286\1998 che al 1 comma dispone: ‘’ Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice può, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.’’ Alle predette controversie si applica l’art. 28 del D.lgs n.150\2011 che stabilisce che le controversie in materia di discriminazione sono regolate dal rito sommario di cognizione. È competente il tribunale del luogo in cui il ricorrente ha domicilio. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto dai quali si può presumere l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto provare l’insussistenza della discriminazione. Con l’ordinanza che definisce il giudizio, il giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento adottando anche nei confronti della pubblica amministrazione ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Al fine di impedire la ripetizione della discriminazione il giudice può adottare un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nei casi di comportamento discriminatorio collettivo, il piano è adottato sentito l’ente collettivo ricorrente. Quando accoglie la domanda, il giudice può ordinare la pubblicazione del provvedimento per una sola volta e a spese del convenuto su un quotidiano nazionale.

L’art 28 non disciplina soltanto le azioni civili contro ogni discriminazione fondata su motivi razziali, etnici, religiosi, ma regola anche le azioni civili contro ogni discriminazione a causa della razza, nell’accesso alla formazione, istruzione ecc. Altresì regola le azioni civili contro ogni discriminazione attuata in pregiudizio delle persone disabili ed infine disciplina le azioni civili contro le discriminazioni per ragioni di sesso nell’accesso a beni e servizi. Il comma 10: ‘’Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso puo' essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentativi a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.’’ Il comma 11 dispone una particolare sanzione accessoria nel caso in cui: ‘’ Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell'articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefici ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, e' immediatamente comunicato dal pretore, secondo le modalita' previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni o enti revocano il beneficio e, nei casi piu' gravi, dispongono l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.’’ Infine, il comma 12 dell’art.44 prevede che le regioni con la collaborazione di province, comuni ed associazioni di immigrati e del volontariato sociale, predispongono centri di osservazione, informazione e assistenza legale per gli stranieri, vittime di discriminazioni. Le norme sono estese anche ai cittadini italiani, agli apolidi e ai cittadini degli stati membri ue. Il D.lgs 215\2003 recepisce la direttiva UE che attua il principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica. L’art 2 del D.lgs precisa che per principio di parità si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell’origine etnica. È definita discriminazione DIRETTA quando, per la razza o l’origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia o sarebbe stata trattata in una situazione analoga. Mentre, la discriminazione INDIRETTA si verifica quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone. Sono ritenute come atti discriminatori sia le molestie intese a porre in essere comportamenti indesiderati per motivi di razza o origine etnica, aventi la finalità di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, sia l’ordine di discriminare persone a causa della razza o dell’origine etnica. NON costituiscono atti di discriminazione quelle differenze di trattamento dovute a caratteristiche relative alla razza o all’origine etnica di una persona qualora si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività. NON costituiscono atti di discriminazione quelle differenze di trattamento che pur essendo discriminatorie, siano giustificate oggettivamente da finalità legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari. Il presente decreto legislativo per la parità di trattamento può trovare correlazione con l’art. 14 della convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il godimento dei diritti e delle libertà senza nessuna discriminazione. In tal senso, la corte di Strasburgo ha precisato che l’art.14 vieta di trattare in modo diverso

persone poste in situazioni comparabili (sent. Observer & Guardian) e vieta anche un trattamento discriminatorio che abbia per base o per motivo una caratteristica personale attraverso la quale persone o gruppi di persone si distinguono le une dalle altre. La corte europea dei diritti dell’uomo ha evidenziato il fatto che sebbene l’art 14 offre una protezione contro una discriminazione, ma occorre provare che persone poste in situazioni analoghe o comparabili in materia godono di un trattamento preferenziale e che tale differenza non ha giustificazioni oggettive e ragionevoli. Anche l’art. 21 della carta dei diritti fondamentali dell’ue vieta qualsiasi forma di discriminazione. L’efficace attuazione del principio di parità richiede un’adeguata protezione giuridica in difesa delle vittime. Nel tempo varie sono state le pronunce rese dai giudici italiani in materia di azione civile contro la discriminazione. Il tribunale di milano (ord. 11 febbraio 2008) ha ritenuto discriminatorio il comportamento dell’autorità comunale attuato mediante emanazione di una circolare che subordinava l’iscrizione del minore extracomunitario alla scuola dell’infanzia previo avvenuto ottenimento da parte della famiglia del permesso di soggiorno. L’ordinanza del tribunale di Bologna ha riconosciuto la condotta discriminatoria dell’istituto universitario che aveva applicato condizione più svantaggiose alla studentessa extracomunitaria. Per quanto riguarda le controversie relative all’accesso al lavoro vi sono stati provvedimenti decisori che hanno censurato il trattamento discriminatorio operato da aziende ospedaliere che hanno escluso cittadini comunitari dalla partecipazione a procedure di stabilizzazione nell’ambito sanitario. Altresì bisogna segnalare un particolare decreto reso il 4 luglio 2002 dal tribunale di trento che riteneva discriminatorio l’accesso al credito con modalità diverse e con condizioni più svantaggiose nei confronti dei cittadini extracomunitari. La corte costituzionale con sent. 166 20 giugno 2018 ha ritenuto irragionevole il requisito della residenza lunga rispetto agli affitti in favore degli extracomunitari. L’art.7 del D.lgs n.251\2003 ha istituito presso la presidenza del consiglio dei ministri dipartimento per le pari opportunità un ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni. L’ufficio rappresenta una funzione di presidio e garanzia finalizzata a fornire assistenza alle vittime, a svolgere inchieste ecc. Capitolo II I diritti e i doveri degli stranieri L’art. 2 del T.U. recita: ‘’Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. 2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione.’’ La disposizione trova un punto di riferimento negli art 2 e 10 della costituzione della repubblica italiana, oltre che nelle fonti internazionali. Invece, il comma 4 dell’art.2 nel consentire allo straniero regolarmente soggiornante la partecipazione alla vita pubblica locale, si raccorda con il successivo art.42 che dispone misure di integrazione sociale finalizzate a favorire il positivo inserimento degli stranieri nella società italiana, coinvolgendo autonomie locali e organizzazione statale nell’attuazione di attività intraprese per gli extracomunitari nell’organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una società multiculturale.

Il comma 5 dell’art. 2 ‘’ Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge.’’ In conseguenza di ciò questa norma garantisce anche allo straniero un giusto procedimento e un giusto processo. Dinanzi al riconoscimento nei confronti degli stranieri dei relativi diritti fondamentali, si contrappone l’osservanza da parte degli stessi degli obblighi previsti dalla stessa normativa, in quanto è essenziale l’obbligo dell’immigrato al rispetto dei principi posti a garanzia della società ospitante. La legislazione in materia di immigrazione individua le varie categorie di soggetti beneficiari dell’assistenza sanitaria. L’art. 34 del T.U. stabilisce l’obbligo e le modalità d’iscrizione al servizio sanitario nazionale per i seguenti soggetti: a) stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento. b) stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno per lavoro subordinato, autonomo, motivi familiari, asilo politico ecc. b-bis) i minori stranieri non accompagnati a seguito delle segnalazioni di legge dopo il ritrovamento nel territorio nazionale. In questa categoria di stranieri obbligatoriamente iscritti al servizio sanitario nazionale rientrano nel punto b) anche coloro che hanno ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno o abbiano ottenuto lo stesso. L’assistenza sanitaria si estende ai familiari a carico regolarmente soggiornanti e viene garantita fin dalla nascita ai minori figli di stranieri. Il regolamento di attuazione con l’art. 42 dispone che lo straniero in possesso del permesso di soggiorno è iscritto negli elenchi dell’asl nel cui territorio ha residenza o in assenza nel luogo in cui ha dimora. L’art. prevede anche l’iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale per gli stranieri regolarmente soggiornanti, ma che non rientrano tra coloro che sono obbligatoriamente iscritti al s.s.n. Tale iscrizione volontaria è concessa ai cittadini stranieri con permesso di soggiorno superiore a 3 mesi, salvo lo studente che può chiederne anche per periodi inferiori. Non è consentita l’iscrizione al S.S.N. ai cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di cura e per motivi turistici. L’art. 35 nel disciplinare l’assistenza sanitaria per gli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale, ma non iscritti obbligatoriamente o volontariamente al S.S.N., assicura agli stessi le prestazioni ospedaliere urgenti e le prestazioni sanitarie di elezione, mentre per gli stranieri presenti sul territorio italiano irregolarmente, la legge garantisce cure ambulatoriale o ospedaliere urgenti ed essenziali, tutela della maternità, della gravidanza, della salute del minore ecc. In questo ultimo caso (stranieri irregolari) il diritto all’assistenza sanitaria è conforme all’art. 32 cost. In materia di assistenza sociale l’art 40 T.U. riconosce agli stranieri titolari della carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano un’attività lavorativa subordinata o autonoma hanno diritto di accedere , in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale, ma per godere di tali diritti è necessario il collegamento con la comunità italiana, individuato nel possesso della carta di soggiorno o nel possesso del permesso di soggiorno almeno biennale e nell’esercizio di attività lavorativa autonoma o subordinata.

Le regioni predispongono centri di accoglienza intesi come strutture alloggiative finalizzate ad ospitare stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere in modo autonomo alle proprie esigenze, favorendone l’inserimento sociale. L’art. 41 prevede che gli stranieri con permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni di assistenza sociale. Nel tempo la corte costituzionale con varie sentenze ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di diverse disposizioni legislative che nell’ambito dell’erogazione di strumenti di assistenza sociale ed economica avevano introdotto un regime discriminatorio nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello stato. Con la decisione n.306 del 30 luglio 2008 la corte costituzionale ha ritenuto irragionevole subordinare l’attribuzione di una prestazione sanitaria quale l’indennità di accompagnamento al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in italia che richiede per il suo rilascio, la titolarità di un reddito. Tale irragionevolezza incide sul diritto alla salute, ne consegue il contrario delle disposizioni censurate con l’art. 3 cost., ma anche con gli art. 32 e 38 cost. La normativa censurata viola l’art. 10 della costituzione poiché tra le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute rientrano quelle che vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello stato. Al legislatore italiano è consentito dettare norme e subordinare l’erogazione di determinate prestazioni al requisito della legittimazione dello straniero nel territorio, una volta però che il diritto a soggiornare non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona. In conseguenza di ciò tale sentenza d’illegittimità costituzionale riconosce il diritto all’indennità di accompagnamento nelle ipotesi di totale idoneità al lavoro a pari condizioni con i cittadini italiani. Tali motivazioni sussistono anche nella successiva sentenza della corte costituzionale 23 gennaio 2009 n.11 che a riguardo anche della pensione di inabilità ha ritenuto l’intrinseca irragionevolezza del complesso normativo in esame e la disparità di trattamento tra cittadini e stranieri. La pensione di inabilità è preclusa dalla titolarità di un reddito superiore ad una misura fissata dalla legge, la subordinazione dell’attribuzione di tale prestazione al possesso da parte dello straniero di un titolo di soggiorno il cui rilascio presuppone il godimento di un reddito rende ancora più evidente l’irragionevolezza. Mentre la sentenza n.22 del 27 febbraio 2015 dischiarava l’illegittimità costituzionale delle disposizioni relative al bilancio dello stato nella parte in cui subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione ai cittadini extracomunitari legalmente soggiornanti delle norme in materia di assistenza economica agli invalidi civili ecc. La legislazione in materia di immigrazione prevede ulteriori misure di integrazione sociale in favore degli stranieri regolari, tant’è vero che la corte costituzionale con sentenza n.119 del 25 giugno 2015 ha censurato l’esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilità di prestare il servizio civile nazionale. In tema di diritto allo studio assume importanza l’art. 38 T.U. ‘’ i minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico.’’ L’obbligo si riferisce ai minori stranieri presenti sul territorio nazionale in modo regolare o irregolare. I minori privi di documentazione anagrafica sono iscritti con riserva. Lo stato, le regioni e gli enti locali garantiscono l’effettività del diritto allo studio anche mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana. Il diritto all’istruzione, secondo l’art.2 del protocollo n.1 addizionale alla cedu, non può essere rifiutato a nessuno, nel senso che non sono permesse esclusioni dalla fruizione del servizio scolastico. Per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti, le istituzioni scolastiche promuovono l’attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie, corsi di lingua italiana e di formazione finalizzati al conseguimento del titolo della scuola dell’obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore. L’art. 39 del T.U. regola l’accesso degli studenti stranieri all’università italiana. il comma 1 assicura la parit...


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