Domande esame Linguistica Generale PDF

Title Domande esame Linguistica Generale
Author Martina Pianese
Course Linguistica generale
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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Summary

Si tratta di un file contenente le risposte alle domande più comuni fatte agli esami di Linguistica Generale (io ho seguito il corso della professoressa Anna Riccio ed ho sostentuto l'esame con il professore Antonio Perri)....


Description

COPPIA MINIMA

In fonologia, una coppia minima è una coppia di parole di una stessa lingua, in cui la differenza di un solo suono è sufficiente a individuare significati diversi. I due suoni diversi prendono in tal caso il nome di fonemi di quella lingua. Una coppia minima è una coppia di parole della stessa lingua, tale che queste due parole si distinguono per un solo suono: per esempio, le parole italiane [dɛtto] e [tɛtto] si distinguono per il primo suono, che è [d] nel primo caso e [t] nel secondo. I due suoni (foni) diversi nelle due parole che formano la coppia minima costituiscono due fonemi separati (nell'esempio, i due fonemi sono /d/ e /t/). Per poter individuare i fonemi è necessario quindi osservare il lessico della lingua, sfruttando le trascrizioni del parlato naturale. Anche se i parlanti usano un numero assai grande di foni, una lingua opera le sue distinzioni con un numero abbastanza ridotto di fonemi. Infatti un fonema di una lingua può essere realizzato foneticamente dai parlanti in molti modi. Queste diverse realizzazioni fonetiche di un fonema si chiamano allofoni quando la loro distribuzione è governata da un preciso contesto fonetico in cui possono trovarsi, o varianti libere quando l'uso di una o l'altra realizzazione non è decisa da un particolare contesto fonetico ma dalle caratteristiche particolari del parlante o di altri fattori extralinguistici. A volte il metodo delle coppie minime non è sufficiente per trovare tutti i fonemi e si ricorre ad altri metodi. PAROLE COMPOSTE La composizione in linguistica è il processo per cui una nuova parola si genera a partire dall'unione di due o più parole o radici. Una parola ottenuta per composizione si definisce composta. Vi sono lingue in cui i composti sono rari, altre in cui sono particolarmente frequenti (per esempio il sanscrito o il tedesco) e in cui sono diffusi anche composti con numerosi elementi. I composti possono formarsi a partire da basi diverse, cioè da parole provenienti da diverse categorie grammaticali. SEMANTICA DEI PROTOTIPI La teoria del prototipo è un sistema di categorizzazione graduata nell'ambito delle scienze cognitive, in base al quale alcuni membri di una categoria semantica occupano una posizione più centrale di altri. Per citare un caso pratico, quando viene richiesto di dare un esempio del concetto mobile, la sedia è nominata più frequentemente di sgabello. La teoria del prototipo è stata applicata anche nella linguistica, come parte del sistema di associazione tra elementi fonologici e semantici. Come espresso durante gli anni settanta da Eleanor Rosch e altri studiosi, la Teoria del Prototipo segnò un distacco radicale dalle tradizionali condizioni necessarie e sufficienti della logica Aristoteliana, il che condusse ad approcci di natura semantica estensionale od intensionale basati sulla teoria degli insiemi. Così, piuttosto che un modello basato sulla definizione, secondo il quale ad esempio un uccello può essere definito come un elemento con piume + becco + abilità di volare, la teoria del

prototipo considera una categoria come quella degli uccelli come formata da diversi elementi che occupano diverse posizioni al suo interno, vale a dire che un passerotto è un elemento più prototipico, e quindi con una posizione più centrale, rispetto ad un pinguino. Tale approccio porta ad una rappresentazione divisa per gradi del concetto di categoria, elemento centrale in molti modelli di scienza cognitiva e semantica cognitiva, di cui troviamo esempi nel lavoro di George Lakoff [1] e di Ronald Langacker [2]. Il termine prototipo è stato scelto da Eleanor Rosch nel suo studio “Natural Categories”[3] e fu definito inizialmente come stimolo, ovvero un elemento che occupa una posizione saliente nella formazione di una categoria in quanto rappresenta il primo stimolo da associare con essa. In seguito, Rosch lo definirà come il membro più centrale di una categoria. SEGNI Il segno è la singola unità che fa da supporto alla comunicazione, ed è dunque considerato la sua unità fondamentale. Esistono diversi tipi di segni: abbiamo gli indici, motivati naturalmente e non intenzionali basati sul rapporto causa ed effetto; poi ci sono i segnali, motivati naturalmente ed usati intenzionalmente; ci sono le icone, motivate analogicamente ed intenzionali, basate sulla similarità di forma o struttura, ovvero riproducono le proprietà dell’oggetto designato; i simboli sono motivati culturalmente ed intenzionali; infine abbiamo i segni, non motivati ed intenzionali. Gli indici, in quanto fatti di natura, sono di valore universale, mentre i simboli ed i segni dipendono da ogni tradizione culturale. Nella comunicazione c’è sempre un emittente produce intenzionalmente un segno per il ricevente. Noi riusciamo a capire questo segno perché esso appartiene ad un codice, ovvero un insieme di conoscenze che permette di attribuire un significato a ciò che succede. Per codice si intende l’insieme di corrispondenze fra qualcosa e qualcos’altro che fornisce le regole di interpretazione dei segni. Tutti i sistemi di comunicazione sono dei codici. In semiotica, il segno è definito "qualcosa che sta per qualcos'altro, a qualcuno in qualche modo". È considerato un'unità discreta di significato. un sistema, composto da un segnale, una referenza e un referente , che rinvia ad un contenuto. La semiotica studia la capacità del segno di dare la possibilità a chi interpreta di comprenderne il contenuto. Secondo Saussure, il segno è l'unione di significante e significato. Il modello classico del segno prende le basi dalle ricerche di Platone e di Aristotele. Questo modello consta di tre elementi: un referente (ciò di cui si parla), che viene espresso da un segno attraverso un concetto (o idea). Graficamente, il modello è un triangolo che collega segno-concetto-referente, senza poter passare direttamente dal segno al referente. Il punto debole di questo schema è l'assenza di una finalità di questa interpretazione. Il problema non è stato superato da Charles Peirce, padre della moderna semiotica, che ha riproposto uno schema simile a quello classico, ma più complesso. In questo caso, i tre elementi sono tutti direttamente collegati fra loro: il representamen (ossia ciò che rappresenta l'oggetto), l'interpretante (ovvero come si interpreta l'oggetto) e l'oggetto stesso. L'oggetto considerato all'interno di questo schema è definito immediato, cioè il risultato dell'interpretazione stessa. Ad esso si oppone quello dinamico, che non può essere all'interno del triangolo perché è l'oggetto al di là di ogni interpretazione, che deve comunque tendere a raggiungerlo. Questo avvicinamento all'oggetto dinamico è detto semiosi: secondo la teoria della

semiosi illimitata, un representamen viene interpretato come oggetto immediato, che a sua volta diviene representamen per un'altra interpretazione che tenderà a raggiungere l'oggetto dinamico. Il modello più noto del segno linguistico è quello delineato da Ferdinand de Saussure (1857-1913), padre della linguistica generale. Esso si basa sul dualismo tra significante e significato. Il significante è la parte fisicamente percepibile del segno linguistico: l'insieme degli elementi fonetici e grafici che vengono associati ad un significato (che invece è un concetto mentale), che rimanda all'oggetto (il referente, ciò di cui si parla, un elemento extralinguistico). Saussure, in una elaborazione raffinata, arriva a concepire il significante come entità rigorosamente mentale: se si riduce il significante a un'entità materiale, allora esso non può entrare in campo se non al momento in cui la messa in atto di un sistema di manifestazione traduce un racconto in immagini, suoni, azioni svolte dal vivo, in qualcosa insomma che si manifesti ai nostri sensi; ciò è controfattuale, poiché chiunque può percepire che una storia, o semplicemente un segno, disegnano nella propria mente una struttura espressiva portatrice di definiti significati, disegnano un significante che la mente può osservare e che può dunque veramente essere oggetto di una teoria della narrazione. Significante e significato sono stati interpretati come due facce di una medaglia: sono inscindibili e si rinviano continuamente a vicenda. Il legame tra significante e significato nelle lingue storico-naturali è normalmente arbitrario, anche se talora vi sono elementi di iconicità, per esempio nelle onomatopee e in altri casi di fonosimbolismo. Fu sant'Agostino il primo a classificare due tipi di segni. I primi sarebbero i segni naturali, cioè tutti quei segni che non sono stati creati per significare qualcosa, ma che rimandano ad altri oggetti per l'esperienza. Ad esempio, una nuvola rimanda all'idea di pioggia non perché è stata creata per comunicare questa azione. Poi vi sarebbero i segni artificiali, cioè creati proprio per la comunicazione. Sono detti anche segni intenzionali proprio perché alle spalle c'è l'intenzione di voler trasmettere un concetto.

SINTAGMI Un sintagma è definibile come la minima combinazione di parole che funzioni come un’unità della struttura frasale. I sintagmi sono costruiti attorno ad una testa da cui prendono il nome. La testa è la classe di parole che rappresenta il minimo elemento che da solo possa costituire sintagma e funzionare come sintagma. Esistono due tipi di sintagmi: - Un sintagma nominale è un sintagma costruito intorno ad un nome - Un sintagma verbale è un sintagma costruito intorno ad un verbo - Un sintagma aggettivale è un sintagma costruito attorno ad un aggettivo - Un sintagma avverbiale è un sintagma costruito intorno ad un avverbio ANALISI IN COSTITUENTI La sintassi si occupa della struttura delle frasi, ovvero come si combinano tra loro le parole per dar luogo alle frasi. La frase è l’unità di misura della sintassi, e costituisce

un messaggio autosufficiente nel discorso. Essa può contenere una predicazione, ovvero l’attribuzione di una qualità o di un predicato ad un soggetto, oppure può essere una frase senza verbo che viene detta frase nominale. Per analizzare le frasi si ricorre all’analisi in costituenti immediati, che consiste nello scomporre la frase in pezzi via via più piccoli chiamati costituenti. Per rappresentare i costituenti scomposti è possibile utilizzare il metodo grafico ad albero, detto ad alberi etichettati, che consiste in una serie di grafi costituiti da nodi da cui si dipartono rami; ogni nodo rappresenta un sottolivello di analisi della sintassi, e reca il simbolo della categoria a cui appartiene il sostituente di quel sottolivello. Un albero è in sostanza l’indicatore sintagmatico della frase. SCHLEICHER E LA TEORIA DELL’ALBERO GENEALOGICO La teoria dell'albero genealogico (tedesco Stammbaumtheorie) è una teoria formulata da August Schleicher, secondo cui un'unità linguistica originaria si differenzia in unità minori, a loro volta origine di nuove differenziazioni, secondo l'immagine delle sempre più complesse ramificazioni che si staccano dal tronco di un albero. Questo comporta che per risalire dalle attuali lingue indeuropee all'originaria lingua madre bisogna passare attraverso una serie di unità linguistiche intermedie o protolingue TIPOLOGIA STRUTTURALE E MORFOLOGICA La tipologia linguistica è una branca della linguistica che studia le diverse lingue del mondo alla ricerca di fenomeni strutturali comuni oppure diversi tra le lingue. La tipologia è inoltre strettamente connessa con lo studio degli universali linguistici, ovvero le proprietà ricorrenti nella struttura delle lingue. Un modo di individuare tipi linguistici diversi e di classificare tipologicamente le lingue è basato sulla morfologia, o più precisamente sulla struttura della parola. Esistono 4 tipi: 1. Tipo isolante, ovvero le lingue in cui la struttura della parola è la più semplice: il rapporto numero di morfemi e parole è generalmente 1:1. Nelle lingue isolanti, come il cinese, il vietnamita o il thailandese, le parole sono spesso monosillabiche. 2. Tipo agglutinante, ovvero le lingue in cui le parole hanno una struttura complessa e sono formate da più morfemi. Sono lingue agglutinanti il turco, l’ungherese, il giapponese ecc. In una lingua agglutinante le parole possono essere anche molto lunghe e sono costituite da una radice lessicale a cui sono attaccati più affissi. 3. Tipo flessivo-fusivo, ovvero le lingue in cui le parole sono internamente abbastanza complesse, costituite in genere da una radice lessicale e da uno o più affissi flessionali, che spesso sono morfemi cumulativi. Per quanto riguarda il tipo flessivo, sono lingue che presentano parole in forma fissa che modulano la radice lessicale. Sono flessive le lingue indoeuropee, che comprendono anche quelle romanze, e quindi l'italiano. Per quanto riguarda il tipo fusivo, sono lingue che hanno la caratteristica di riunire più significati in un solo morfema flessionale e di fondere insieme i morfemi rendendo spesso poco trasparente la struttura interna della

parola. 4. Tipo polisintetico o incorporante, ovvero le lingue in cui la struttura della parola è molto complessa, ovvero parole formate da più morfemi attaccati insieme. Inoltre in una stessa parola possono comparire due o più radici lessicali. Per quanto riguarda la tipologia sintattica, si basa sull’ordine basico. I costituenti sintattici fondamentali presi in considerazione sono il soggetto, il verbo ed il complemento oggetto. In ordine di frequenza abbiamo: SOV, SVO e VSO. I primi due ordini sono predominanti perché il soggetto coincide con il tema che, nell’ordine naturale dei costituenti formativi, sta in prima posizione. Inoltre, ci sono altri due principi: quello della precedenza, per cui il soggetto deve precedere l’oggetto, e quello di adiacenza, per cui oggetto e verbo devono sempre essere uniti. FONOLOGIA Ogni suono rappresenta un suono del linguaggio chiamato fono, che non è dotato di valore distintivo ed è considerato l’unità minima in fonetica. Se i foni hanno valore distintivo, e si oppongono dunque ad altri foni nel distinguere le parole, funzionano da fonemi, che sono le unità minime in fonologia. La fonologia studia l’organizzazione ed il funzionamento dei suoni nel sistema linguistico. Il fonema è l'unità minima di seconda articolazione del sistema linguistico, dotata di valore distintivo. Invece, foni diversi tra loro che costituiscono realizzazioni fonetiche diverse, ma prive di valore distintivo, sono dette allofoni. La N velare e la N dentale sono due allofoni che possono essere messi nella stessa posizione senza dar luogo a parole diverse. Una coppia di parole uguali in tutto, tranne che per la presenza di un fonema al posto di un altro in una certa posizione, forma una coppia minima. Per dimostrare che un fono è fonema in una data lingua, bisogna trovare delle coppie minime che lo oppongano ad un altro fonema; questa è chiamata “prova di commutazione”. I fonemi sono le unità minime di seconda generazione, e sono sono quindi scomponibili. Inoltre non sono segni, poiché sono privi di significato. Per analizzarli si considerano le loro caratteristiche articolatorie: i tratti distintivi. Possiamo ulteriormente definire un fonema come costituito da un fascio di tratti distintivi simultanei. LE PROPRIETÀ’ DEL LINGUAGGIO Con linguaggio verbale umano si indicano le lingue storico-naturali ed è uno degli strumenti e dei modi di comunicazione a disposizione dell’uomo. Le proprietà del linguaggio sono: 1. La biplanarità, ovvero il fatto che ci siano in un segno due facce: un significato ed un significante. Il significante è l’espressione, la parte percepibile dei nostri sensi; il significato è il contenuto, l’informazione veicolata dal segno, il concetto che si vuole trasmettere. Un codice si può definire come un insieme di corrispondenze tra significati e significanti e tutti i segni sono costituiti da questi due elementi;

2. L’arbitrarietà, che consiste nel fatto che non ci sia alcun legame motivato tra il significante ed il significato di un segno. I legami vengono posti per convenzione, e sono in questo senso arbitrari. Se i segni linguistici non fossero arbitrari, le cose dovrebbero chiamarsi nello stesso modo in tutte le lingue, e le parole simili nelle diverse lingue dovrebbero designare cose oppure concetti simili. E’ possibile distinguere quattro diversi tipi di arbitrarietà: è arbitrario il rapporto tra segno e referente (non c’è legame concreto e naturale tra un oggetto ed il segno a cui esso è associato), è arbitrario il rapporto tra significante e significato (una parola come sequenza di lettere e suoni non ha nulla a che vedere con il suo significato), è arbitrario il rapporto tra forma e sostanza (ogni lingua ritaglia un certo spazio e significato, dando una data forma ad una data sostanza), è arbitrario il rapporto tra forma, ovvero la struttura, e sostanza, ovvero gli spazi concettuali, del significante (ogni lingua organizza in modo autonomo la scelta dei suoni pertinenti. Alcune eccezioni sono le onomatopee ed alcune parole che indicano il verso degli animali, quindi le parole che imitano dei suoni) 3. La doppia articolazione, che consiste nel fatto che il significante di un segno linguistico è articolato a due livelli diversi, ovvero la prima e la seconda articolazione. - Primo livello: il significante è scomponibile in unità portatrici di un significato e che vengono riutilizzate per formare altri segni chiamati morfemi, che sono le unità minime di prima articolazione - Secondo livello: i morfemi sono ulteriormente scomponibili in unità più piccole prive di significato, che combinandosi insieme danno vita ai morfemi. Questi elementi non sono più segni poiché sono privi di significato autonomo e si chiamano fonemi, che rappresentano le unità minime di seconda articolazione. Non esiste nessun altro codice di comunicazione naturale che possieda una doppia articolazione totale come la lingua. Essa permette di costruire un grande numero di unità con significato partendo da un numero limitato di fonemi, questo è un altro principio della lingua chiamato “combinatorietà”, ovvero la lingua funziona combinando unità minori per formare un numero di unità maggiori, dette segni. 4. Trasponibilità di mezzo: il significante può essere trasmesso sia attraverso il canale fonico acustico, sotto forma di sequenza di suoni, sia attraverso il canale visivo o grafico, sotto forma di segni. A tale proprietà si dà il nome di trasponibilità di mezzo. Oggi il carattere orale è prioritario rispetto a quello visivo per tre motivazioni: - Priorità antropologica: tutte le lingue scritte sono state parlate, ma non vice versa - Priorità ontogenetica: è relativa ad un singolo individuo, poiché ogni individuo umano impara prima a parlare e poi a scrivere - Priorità filogenetica: è relativa alla specie umana, poiché la scrittura nasce molto dopo la lingua parlata Il canale fonico acustico presenta inoltre dei vantaggi rispetto al canale visivo;

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nella società moderna lo scritto ha una proprietà sociale: ha maggiore importanza, prestigio ed utilità sociale e culturale. La scrittura è lo strumento di fissazione e trascrizione del sapere scientifico e della tradizione culturale letteraria: esso è rappresentazione del parlato. Tuttavia parlato e scritto non sono la traduzione esatta l’uno dell’altro: non tutto ciò che fa parte del parlato, come il tono della voce, può essere reso e corrisposto nello scritto, così come non tutto ciò che fa parte dello scritto, come l’uso delle maiuscole, può essere reso e corrisposto nel parlato. Linearità e discretezza: Per linearità del segno si intende che il significante si realizza e si sviluppa in successione nel tempo e nello spazio: non possiamo capire completamente il messaggio se non dopo che siano stati analizzati uno dopo l’altro tutti gli elementi che lo costituiscono. Per discretezza del segno si intende invece il fatto che la differenza fra le unità della lingua è assoluta; c’è un confine preciso fra un elemento ed un altro, le classi di suono sono ben separate. Onnipotenza semantica: con la lingua è possibile dare espressione a qualsiasi contenuto, si può parlare di tutto, anche della lingua stessa, tramite il metalinguismo, oppure riflessività. Produttività: con la lingua è sempre possibile creare nuovi messaggi mai prodotti prima, parlare di cose ed esperienze nuove, ma anche parlar...


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