Eneide - Riassunto Énéide PDF

Title Eneide - Riassunto Énéide
Author Marco Pollonio
Course Letteratura latina
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Summary

Riassunto per capitolo...


Description

LIBRO 1 1. Riassunto generale Dopo il Proemio, in cui introduce il soggetto del poema, Virgilio invoca la Musa affinché spieghi le cause dell’ira di Giunone, la quale ostacola Enea nella sua missione. Dopo sette anni dalla distruzione di Troia, l’eroe e i suoi compagni vagano ancora per mare. Non appena essi giungono alle coste della Sicilia, Giunone convince Eolo, re dei venti, a scatenare una tempesta terrificante. Aiutato da Nettuno, Enea si salva e con sette delle sue venti navi approda nelle coste della Libia. Intanto Venere, madre di Enea, preoccupata per le sorti del figlio, sale all’Olimpo presso Giove. Il re degli dei promette alla dea che l’eroe giungerà in Italia e darà vita ad una discendenza destinata a governare il mondo. Il giorno dopo, Venere appare al figlio nei panni di una cacciatrice, e gli rivela che le altre navi sono scampate alla tempesta. Inoltre, gli rivela che si trova a Cartagine e lo esorta a chiedere ospitalità alla regina Didone. Enea allora, con l’amico Acate, va verso la città, della quale ammira i lavori di costruzione e il tempio di Giunone. Giunto alla reggia, incontra i compagni ai quali la regina ha offerto ospitalità; manda allora Acate alla nave, per prendere doni da offrire alla regina e portare al palazzo il figlio Ascanio. Venere sostituisce Ascanio con Cupido, in modo che Didone si innamori di Enea. Alla fine di uno splendido banchetto, la regina, che sente crescere la passione verso Enea, prega l’eroe di raccontare le sue sventure e la distruzione di Troia. 2. Analisi Proemio. Il proemio riprende la struttura dei proemi omerici. Sono distinte la propositio, che enuncia la materia trattata, e l’invocatio, l’invocazione alla Musa (Calliope). Virgilio però, al contrario di Omero, pone la propositio prima dell’invocatio; questa particolarità verrà ripresa da Ariosto e Tasso nel Rinascimento. L’incipit “Arma virumque cano” condensa in due parole l’argomento del poema: le guerre e le fatiche di un uomo, per volere del Fato. Il proemio enuncia i grandi temi che si toccheranno nel corso del poema: la concezione dolorosa della vita e della storia, l’avversione per la guerra, la predestinazione del potere di Roma sul mondo. Giunone ostacola Enea scatenando una tempesta. Giunone si reca da Eolo e gli chiede di liberare i venti che egli tiene in una caverna, in modo da travolgere le navi troiane. In cambio Giunone offre ad Eolo la più bella delle ninfe, Deiopea, ed Eolo accetta lo scambio. Il poema inizia in medias res, con una scena epica e drammatica: la tempesta è uno dei primi labores di Enea, ed è metafora delle difficoltà della vita. L’episodio è fondamentale per comprendere la dinamica del poema: mette in risalto infatti la pietas di Enea e la sua capacità di superare gli ostacoli. Inoltre, il naufragio serve a giustificare l’arrivo di Enea a Cartagine e l’incontro con Didone. La scena inizia con immagini apocalittiche, per poi giungere a scene idilliache una volta approdati sulle coste africane: è la tecnica del contrasto che Virgilio utilizza spesso nel corso del poema. Colloquio tra Giove e Venere. Venere, preoccupata per il figlio, si reca da Giove e chiede perché Enea è perseguitato, visto che è un uomo pio e devoto agli dei. Gli altri Troiani sono giunti nelle terre loro destinate, mentre Enea è vittima dell’ira di Giunone. Giove rassicura la figlia e le promette che un destino di gloria attende suo figlio e i suoi discendenti. Il colloquio tra Giove e Venere sottolinea che Enea è uno strumento del Fato, e che è destinato a dare vita alla stirpe che governerà il mondo. Segue così la celebrazione di Roma e della gens Iulia, affidata alle parole di Giove che assumono la forma di “profezia post eventum”: l’impero universale predetto da Giove ai tempi di Virgilio è, infatt,i una realtà.

Incontro tra Venere ed Enea. Giove manda Mercurio a Cartagine in modo che gli abitanti e la regina Didone accolgano in modo benevolo Enea e i suoi compagni. Enea intanto, con l’amico Acate, esplora il territorio; Venere gli si presenta sotto le sembianze di una cacciatrice e gli fornisce informazioni su Didone e Cartagine. Questa scena riprende il topos epico della divinità che appare all’eroe, sotto sembianze umane, per aiutarlo. L’episodio ha lo scopo di introdurre la figura di Didone e la sua triste storia, speculare a quella dell’eroe: anche ella è stata esule e perseguitata, ma ha saputo reagire al dolore. Venere descrive Didone come un personaggio di grande spessore, una donna che ha saputo governare il suo popolo, nonostante la sofferenza per l’uccisione del marito Sicheo da parte del fratello Pigmalione. Il tempio di Giunone a Cartagine. Rassicurato dalle parole della dea, la quale ha garantito che i compagni sono salvi nella reggia di Cartagine, Enea prosegue il cammino con Acate. Vede la città di Cartagine in costruzione, osserva i bassorilievi del tempio di Giunone, in cui sono rappresentate scene della distruzione di Troia. Infine vede la regina che si siede sul trono del tempio. Nella costruzione di Cartagine Enea osserva come un giorno dovrà costruire la nuova patria, ed invidia i Tirii che già si sono stabiliti. Cartagine dunque rappresenta il futuro, mentre i bassorilievi del tempio di Giunone raffigurano il doloroso passato, ma indicano anche la fama che i Troiani hanno acquisito in tutto il mondo, in virtù della quale Didone offrirà ospitalità. Nella reggia di Cartagine. Didone accoglie Enea e i suoi compagni nel palazzo, e l’eroe invia Acate ed altri compagni alle navi affinché portino alla reggia gli altri naufraghi, il figlio di Enea Ascanio e doni per la regina. Venere addormenta Ascanio/Iulio e lo sostituisce con Cupido, in modo da far innamorare Didone dell’eroe. La regina offre un sontuoso banchetto agli ospiti, allietato dal canto di Iopa, e invita Enea a raccontare l’ultimo giorno della città di Troia. Il banchetto in onore degli ospiti è un topos frequente nell’Odissea, e, come Odisseo alla reggia di Alcinoo narra le sue peripezie, così Enea inizia a narrare le sue sventure. Il libro I inizia con una tempesta e si conclude con un’atmosfera serena. Di nuovo notiamo il gioco di contrasti caro a Virgilio: al destino glorioso di Enea, che ora trova pace e riposo nella reggia, si contrappone il futuro dolore di Didone, che dopo l’incontro con l’eroe comincia a riscoprire i suoi sentimenti di donna.

LIBRO 2 1. Riassunto generale Enea narra la caduta di Troia. Dopo dieci anni d’assedio, gli Achei lasciano sulla spiaggia un gigantesco cavallo di legno, al cui interno sono nascosti uomini armati, e fanno finta di abbandonare Troia. Il mattino seguente i Troiani festeggiano attorno al cavallo, ma Laocoonte, sacerdote di Apollo, ordina la distruzione del simulacro, sostenendo che è sicuramente un inganno. Il sacerdote non viene creduto. I Troiani vengono persuasi dal falso prigioniero greco Sinone e dall’uccisione, da parte di due serpenti marini, di Laocoonte e dei suoi figli, e portano il cavallo in città. Durante la notte Sinone fa uscire i guerrieri dal cavallo e inizia la strage. Enea intanto vede in sogno l’ombra di Ettore, che lo invita ad abbandonare la città. L’eroe si sveglia e, prese le armi, insieme ad altri guerrieri combatte l’ultima battaglia. Assiste alla morte di Priamo, ucciso dal figlio di Achille. Appare Venere, che rivela all’eroe che gli dei sono scesi in campo contro Troia, dunque la città sarà distrutta; invita allora il figlio a seguire il proprio destino, e a mettere in salvo il padre Anchise, il figlio Ascanio e i Penati. Enea riesce a portare in salvo Anchise ed Ascanio, ma non la moglie Creusa, la quale scompare durante la fuga. Enea torna indietro per cercarla, ma appare l’ombra della donna che lo convince a rassegnarsi al dolore e ad accettare il volere degli dei: deve intraprendere un lungo viaggio per fondare una nuova patria in Italia.

2. Analisi L’inganno del cavallo. Enea racconta ai convitati com’è avvenuta la distruzione della sua patria, sottolineando che ciò è stato voluto dagli dèi e dal Fato. Il modello della narrazione è quello, in flashback, di Odisseo ai Feaci nell’Odissea: Virgilio interrompe la narrazione degli eventi per far raccontare il passato da un narratore interno, Enea. Le notizie riguardanti la caduta di Troia provengono dai miti del ciclo troiano, in particolare dal poema Iliupersis, che narra proprio la distruzione della città dall’inganno del cavallo. Nell’Eneide però l’episodio è raccontato da un vinto, e il tono epico e solenne dell’Iliupersis, poema narrato dai vincitori, diviene qui drammatico e triste. La strage notturna. Mentre tutti dormono dopo i festeggiamenti, Sinone fa uscire gli Achei dal cavallo: Tessandro, Stenelo, Odisseo, Neottolemo (figlio di Achille), Macaone, Menelao, ed Epeo, che ha costruito il simulacro. I guerrieri uccidono le sentinelle e spalancano le porte, irrompono nella città seminando strage e appiccando fuoco. Enea intanto vede in sogno l’ombra di Ettore, che gli ordina di mettersi in salvo e portare con sé i Penati, i numi tutelari di Troia: l’eroe dovrà guidare i Troiani verso una nuova patria, e dovrà preservare il culto degli dèi patri e del sacro fuoco di Vesta. Enea dapprima tenta una resistenza con alcuni eroi; questo episodio tende a sottolineare la crudeltà e l’empietà degli Achei, che non esitano ad uccidere innocenti e a violare templi. La guerra non è, come nei poemi omerici, manifestazione della gloria dell’eroe, ma è fonte di sofferenza e di offesa nei confronti della dignità umana. Emblema della crudeltà achea è Neottolemo. Enea scappa da Troia. Enea assiste pieno di orrore all’uccisione di Priamo, sulla tomba di Achille, da parte di Neottolemo. Pensa allora alla sorte dei suoi cari, e guardandosi intorno vede che i suoi compagni sono morti. Scorge poi Elena, causa di tutti quei lutti, e cova dentro di sé il desiderio di vendetta. Ma appare Venere, che lo esorta a fuggire perché ormai non c’è più niente da fare. Venere, Ettore e Creusa liberano l’eroe dalle responsabilità future e lo proiettano verso la sua missione futura. Tre sono dunque le figure che conferiscono un senso all’azione di Enea, e che rappresentano un punto di riferimento etico in ognuno dei tre momenti dell’episodio: - Ettore rappresenta la città guerriera, ed appare nel momento in cui gli Achei ingannatori riescono nel loro intento; - Venere, la madre divina, interviene alla fine della battaglia; - Creusa, la moglie, appare quando ormai la fuga è in atto. Enea non è più l’eroe guerriero per antonomasia, che non abbandonerebbe mai la sua città in difficoltà, ma è un eroe dal coraggio morale, che si piega al volere divino.

LIBRO 3 1. Riassunto generale

La prima tappa del viaggio di Enea è la Tracia, dove appare un terribile prodigio: i rami di mirto, che l’eroe strappa per ricoprire di fronde l’altare degli dèi, sanguinano. Questi sono i rami gemmati dalle frecce che hanno trafitto Polidoro, il giovane figlio di Priamo ucciso e depredato dal suo infido ospite, il re Polimestore. I Troiani lasciano allora la Tracia e si recano a Delo, dove consultano l’oracolo di Apollo. L’oracolo indica loro di cercare “l’antica madre”. Essi allora si recano a Creta, la terra natia del loro progenitore Teucro. Giunti nell’isola, iniziano a costruire la nuova città, ma un cattivo presagio (una pestilenza) e gli dei Penati apparsi in sogno ad Enea rivelano che non è Creta l’antica madre, ma l’Italia, la terra d’origine del loro capostipite Dardano. Ripreso il viaggio, i Troiani sono sospinti da una tempesta nelle isole Strofadi, dove vengono attaccati dalle Arpie, una delle quali, Celeno, profetizza loro un difficile futuro e una terribile fame. Dalle Strofadi gli esuli giungono ad Azio e poi nell’Epiro, dove incontrano Eleno, figlio di Priamo, e Andromaca, ora sua sposa. Eleno spiega ad Enea come arrivare in Italia evitando i Greci del sud Italia e Scilla e Cariddi. Gli predice inoltre che capirà di essere giunto a destinazione quando alla foce di un fiume vedrà una scrofa bianca con trenta porcellini. Enea riprende il viaggio e giunge in vista dell’Italia. Dopo una sosta in Calabria e lo sbarco nella terra dei ciclopi, dove accoglie con sé il vecchio Achemenide, abbandonato da Odisseo, si dirige verso Drepano, in Sicilia, terra del troiano Aceste. Qui muore Anchise. Con il racconto della tempesta e del naufragio termina la rievocazione dell’eroe. 2. Analisi La Tracia e Polidoro. Troia ormai è un cumulo di macerie, e sul monte Ida i pochi superstiti iniziano a costruire le navi per emigrare. Terminato l’allestimento, Anchise ordina di dispiegare le vele. Gli esuli giungono in Tracia, terra abitata da un popolo alleato. Enea inizia il rito di fondazione della città e prepara un sacrificio in onore degli dèi. Mentre strappa dei rami per ornare gli altari, dai rami recisi sgorga sangue. La Tracia è la prima tappa di un viaggio non voluto, ma subìto: Enea non ha la sete di conoscenza e lo spirito d’avventura di Odisseo, i suoi sono spostamenti intrapresi per obbedienza. Ogni luogo è vissuto con la speranza che questa sia la destinazione e con la paura per l’ignoto. La tappa in Tracia è macabra, poiché rievoca il sangue, la morte, il dolore. Nella rievocazione dell’uccisione di Polidoro, segue l’invettiva contro la brama dell’oro, che conduce all’assassinio. Enea, rappresentante di un mondo frugale, leale e devoto, viene contrapposto a Polimestore, che non esita ad uccidere per le ricchezze. Il poeta in questo passo interviene con un altro accostamento, quello delle vicende di Polidoro e di Didone, vittima anch’essa della cupidigia e dell’empietà umana. Creta e le Strofadi. Sbarcati a Creta, i Troiani credono di essere giunti a destinazione. Iniziano allora a costruire la nuova città, ma una pestilenza decima uomini e animali e rende sterili i campi. Anchise propone di tornare a Delo, ma i Penati compaiono in sogno ad Enea e svelano che la calamità è dovuta al fatto che l’antica madre non è Creta, ma l’Italia, la terra di Dardano. Enea si consulta con Anchise, il quale ricorda che Cassandra aveva profetizzato che i Teucri si sarebbero stanziati sulle “spiagge d’Esperia”. La flotta troiana salpa verso Occidente, e viene sospinta da una tempesta alle isole Strofadi, dove ci sono le Arpie, mostri metà donna e metà uccello.

Le Strofadi costituiscono la quarta tappa del viaggio di Enea, inquadrata in un’atmosfera di negatività, introdotta dalla tempesta e concretizzata nell’apparizione delle Arpie, mostri immondi che attaccano i Teucri in modo fisico e verbale. La profezia malefica di Celeno getta una luce sinistra sul futuro degli esuli, che sono

smarriti e percepiscono tutta la loro impotenza. L’unica ancora di salvezza è la pietas, questa volta incarnata da Anchise, che invoca gli dei in aiuto. Azio. Lasciate le Strofadi e superate le isole sotto di dominio di Ulisse (Itaca, Dulichio, Zacinto e Same), i Troiani arrivano sul promontorio di Azio, e si purificano nel tempio di Apollo. Offrono sacrifici in onore di Giove e celebrano i Ludi Iliaci per il quarto anniversario della caduta di Troia. Enea affigge sulle porte del tempio lo scudo di Abante, trofeo di guerra. Passato l’inverno, riprendono la navigazione e giungono in città greche su cui regnano troiani. A Butroto governano Andromaca ed Eleno. La sosta a Butroto segna la linea di demarcazione tra il passato e il futuro di Enea. Eleno e Andromaca rappresentano il passato, perché vivono di ricordi: Eleno, il figlio veggente di Priamo, ha costruito una piccola nuova Troia; Andromaca, ora sposa di Eleno, continua ancora a sentirsi sposa di Ettore e la madre infelice di Astianatte. Eleno però, essendo veggente, proietta l’eroe nel futuro, affidandogli il compito di rinnovare in Occidente la gloria troiana. Andromaca è una figura della memoria, vive degli affetti familiari, che ora manifesta con il culto dei morti. Concepisce la presenza di Enea come quella di un’ombra che giunge dal passato; attraverso la sua figura emergono i temi della memoria e del dolore, che non risparmia nemmeno i vincitori: anche Pirro Neottolemo, figlio di Achille, è stato trucidato. L’Italia. Salutati Eleno e Andromaca, Enea salpa da Butroto e fa rotta verso l’Italia. La meta, delineata piano piano attraverso profezie e apparizioni, adesso inizia a farsi intravedere. Il vagare dei Troiani non è terminato, poiché essi hanno altri labores da affrontare. Il vagare dei troiani è segnato da entusiasmi, paure, speranze, dolore, come quello di Odisseo. Le tappe di Enea e Odisseo sono simili, ma nel viaggio di Enea manca la dimensione epica ed eroica dell’avventura. La differenza è evidenziata dalla diversità dei paesaggi: Odisseo viaggia verso luoghi sconosciuti, Enea compie un percorso religioso in luoghi che gli sono stati predetti e recano le tracce della cultura degli uomini. Sicilia. Compiuti i riti per propiziarsi Giunone, i Troiani lasciano l’Italia meridionale, oltrepassano indenni Scilla e Cariddi, e si dirigono verso la terra dei Ciclopi, alle falde dell’Etna. Enea sbarca nello stesso posto in cui era sbarcato poco tempo prima Odisseo, episodio di cui Enea viene a conoscenza attraverso il greco Achemenide, abbandonato lì da Odisseo. Il racconto dell’accecamento di Polifemo da parte di Odisseo viene qui narrato dal punto di vista di un narratore interno. Il Polifemo descritto da Achemenide è più macabro di quello dell’Odissea: egli perde in violenza e potenza, ma è più feroce e truculento. Alla fine del racconto il Ciclope è un vinto, che si trascina verso il mare col suo bastone, e suscita una certa compassione. L’episodio sviluppa il tema del meraviglioso, reso realistico dalla grandiosa eruzione dell’Etna.

LIBRO 4 1. Riassunto generale

Didone trascorre una notte insonne, combattuta tra la passione per Enea e la fedeltà verso il defunto marito Sicheo. Il mattino seguente confida tutto alla sorella Anna, che la incoraggia nei sentimenti verso Enea, il quale potrebbe essere un valido aiuto nel governo e nella difesa di Cartagine. Da questo momento la regina lascia che la passione per l’eroe la pervada completamente. Intanto Giunone e Venere, spinte da motivazioni diverse, si accordano per favorire le nozze. Durante una battuta di caccia Giunone scatena un furioso temporale, e Didone ed Enea sono costretti a rifugiarsi in una grotta, dove celebrano le loro nozze. La notizia viene diffusa dalla Fama. Iarba, figlio di Giove, essendo stato respinto da Didone, si lamenta col padre. Giove manda allora Mercurio a Cartagine, per invitare Enea a partire. L’eroe si piega alla volontà divina. L’ultimo colloquio tra i due è drammatico: alle motivazioni di Enea, Didone risponde con disperazione e velate minacce. Mentre i Troiani si preparano a partire, Didone cova dentro di sé un immenso dolore. Si finge rasserenata, e chiede alla sorella Anna di aiutarla a preparare una pira per bruciare le vesti e le armi di Enea, e il letto nuziale. Questo sortilegio può scioglierla dalla passione per Enea. In realtà, la regina medita il suicidio, e quando le navi troiane salpano, Didone sale sulla pira, lancia maledizioni contro Enea e i suoi discendenti, e si conficca nel petto la spada dell’eroe. 2. Analisi La passione di Didone. Dopo che Enea conclude il suo racconto, tutti si ritirano nelle proprie stanze. Didone passa una notte insonne: le gesta dell’eroe e la gloria della sua stirpe hanno suscitato in lei prima ammirazione, poi passione: combattuta tra la fedeltà a Sicheo e la passione verso l’ospite, si confida con la sorella, che la spinge a lasciarsi andare. Il libro IV, dal punto di vista narrativo, corrisponde a una pausa: Enea interrompe il suo vagare e, dimenticando la sua missione, si ferma a Cartagine. Dal punto di vista invece della ricerca eziologica, il libro spiega l’origine mitica della rivalità tra Roma e Cartagine. Il libro ha la struttura e il ritmo della tragedia. La confessione di Didone ad Anna corrisponde al Prologo della tragedia, in cui viene introdotta la situazione e che contiene tutti gli elementi del dramma. Il tema principale della parte iniziale del libro è il durus amor lucreziano: ansia, bruciore, fuoco che divampa, ferita, follia che fa perdere l’autocontrollo. Didone è esposta ad una passione distruttiva, in contrasto con la lucida razionalità della sorella, che la spinge alle nozze con l’eroe per le ragioni di stato. La caccia e le nozze. ...


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