Eneide riassunto capitolo 2 PDF

Title Eneide riassunto capitolo 2
Author claudio 46
Course Educação Física
Institution Centro Universitário Estácio de Brasília
Pages 2
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Summary

2 libro eneide...


Description

Eneide riassunto capitolo 2 Enea, accolto insieme ai suoi compagni dalla regina Didone, reprimendo il dolore che lo angoscia, comincia a narrare delle ultime vicende di Troia, ormai caduta da 7 anni. I greci, esausti a causa della guerra che ormai proseguiva da 10 anni, costruiscono un cavallo di legno di abete, ideato da Ulisse per ispirazione divina della dea Minerva, al cui interno si nascondono alcuni dei soldati greci più valorosi, estratti a sorte, e lo lasciano sulla spiaggia facendo credere ai Troiani che stanno tornando in patria. Smontato l'accampamento, però si dirigono con la flotta dietro Tenedo, un'isola di fronte a Troia. I Troiani alla vista dei Greci in fuga gioiscono e aprono le porte della città. Tutti gli abitanti si recano sulla spiaggia dove era posto l'accampamento greco e vedono l'enorme cavallo di legno abbandonato. I Troiani si dividono tra chi vuole portare dentro il cavallo e chi invece vuole distruggerlo, con le fiamme o gettandolo in mare. Timete, fratello di Priamo, esorta i Troiani a portare l'enorme cavallo dentro le mura. Come fa capire Enea, Timete si era accordato con i greci per vendicarsi del fratello, perché Priamo gli aveva fatto uccidere il figlio il giorno della nascita di Paride. Un oracolo infatti aveva predetto che un bambino di sangue reale nato quel giorno avrebbe causato la distruzione di Troia. Capi, invece, uno dei compagni di Enea, vuole distruggere il cavallo o esplorarne le cavità. Per ultimo accorre Laocoonte, sacerdote di Apollo, gridando ai Troiani di non fidarsi di quel cavallo, poiché non era un dono, bensì contiene un’insidia dei Greci al suo interno, per cui deve essere distrutto. Per dimostrare ciò, scaglia un’asta contro il ventre del cavallo, facendone risuonare le cavità. I Troiani però, avendo la mente offuscata dal pensiero della fine della guerra, non si accorgono dell'inganno. Intanto sopraggiunge una folla di pastori: conducono al cospetto del re un prigioniero greco di nome Sinone, sfuggito a Odisseo (che lo odiava) e a Calcante. Questi, infatti, lo volevano sacrificare agli dei per propiziare il ritorno in patria dei Greci. Priamo, convinto e impietosito dalle sue menzogne, lo risparmia, ma gli chiede informazioni sul cavallo. Sinone dice che il cavallo è stato costruito per placare l’ira di Minerva, offesa dal ratto del Palladio a opera di Odisseo e Diomede, ed è di proporzioni gigantesche affinché non possa essere introdotto in città. Infatti se ciò dovesse succedere, Troia sarebbe per sempre protetta e imprendibile. A conferma delle parole di Sinone, per opera di Minerva, due serpenti, usciti dal mare, s’avventano sui due figli di Laocoonte e li divorano; poi avvinghiano il padre accorso in loro aiuto e lo soffocano. Fatto ciò, i due serpenti si dirigono al tempio di Minerva e si acquattano ai piedi della statua. A tale vista i Troiani sono terrifcati, ma ritengono che la punizione sia giusta, poichè colpendo il cavallo Laocoonte aveva compiuto un atto empio. I Troiani, allora, aprono una breccia nelle mura e introducono il cavallo nella città, nonostante per quattro volte abbiano sentito rumori di armi provenire dal suo interno e nonostante le predizioni funeste di Cassandra, figlia di Ecuba e di Priamo, condannata da Apollo a non essere mai ascoltata. I Troiani festeggiano per il cavallo e per la fine della guerra. Dopo i festeggiamenti, mentre tutti dormono, Sinone dà il segnale alla flotta greca, tornata da Tenedo, che attende appostata sulla riva del mare di fronte a Troia. Successivamente Sinone fa uscire i guerrieri dal cavallo: Tessandro, Stenelo, Odisseo, Neottolemo (figlio di Achille), Macaone, Menelao ed Epeo. Questi uccidono le sentinelle e spalancano le porte, così i Greci irrompono nella città seminando strage e appiccando il fuoco. Enea nel frattempo sta dormendo a casa sua, che si trova nella parte alta della città. In sogno gli appare Ettore in lacrime, coperto di polvere e di sangue, com’era quando Achille lo trascinò col suo carro, e gli annuncia l’inevitabile caduta di Troia. Lo incita a lasciare la città ormai perduta, portando con sé i Penati e i sacri arredi, per far rivivere la patria in una nuova terra. Detto ciò Ettore prende dal sacrario le bende, il simulacro della dea Vesta e il fuoco che

deve ardere eterno. Enea si risveglia di colpo e, una volta salito sul tetto di casa sua, vede che la città è già in fiamme, allora, dopo aver raccolto un drappello di coraggiosi compagni, afferra le armi e si getta per le strade. Enea viene richiamato verso il palazzo di Priamo dalle urla: i Greci, guidati da Pirro Neottolemo e dai due Atridi, occupano tutte le sale e uccidono brutalmente tutti i Troiani che incontrano. Mentre Ecuba e le figlie trovano riparo presso gli altari, Priamo prende le sue armi per combattere i nemici, sebbene non riesca a sopportare il peso di queste a causa della sua vecchiaia. Pirro però cattura il figlio di Priamo, Polite, che era riuscito a sopravvivere alla strage, e lo assassina davanti agli occhi del padre. Priamo, disgustato da un atto talmente irrispettoso, dice a Pirro che neanche suo padre Achille avrebbe commesso un atto così empio, poiché quando Ettore fu ucciso gli restitui il corpo. Detto ciò Priamo gli scaglia un'asta contro, senza ferirlo. Allora Pirro ribatte dicendogli che lo avrebbe potuto raccontare direttamente al padre Achille, che era morto; infatti subito dopo lo trafigge con una spada nel fianco. Enea comprende che tutto è perduto e la scena della morte di Priamo gli ricorda il padre Anchise, la moglie Creusa e il piccolo Ascanio, dunque corre subito a cercarli....


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