Esclamazioni corrette PDF

Title Esclamazioni corrette
Course Lingua e letteratura latina i 
Institution Università degli Studi di Salerno
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esclamazioni antiche...


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LE ESCLAMAZIONI ARCAICHE Le esclamazioni più frequenti in commedia sono HERCLE o MEHERCLE, EDEPOL o POL, ECASTOR. Si tratta di esclamazioni più diffuse nella lingua arcaica che consentono un approfondimento di carattere socio linguistico, in quanto tali esclamazioni sono in parte divise per genere, ovvero in latino uomini e donne non esclamano allo stesso modo. Tale distinzione di genere si traduce anche in una ripercussione di comportamenti e del modo di parlare che riflettono oltre che una realtà di genere anche una realtà diastratica, caratterizzata da diversi livelli di cultura e alfabetizzazione. Sul linguaggio della commedia pesa fortemente il giudizio di Willamowitz, secondo cui non ci sarebbero distinzioni che caratterizzano padroni e servi, in quanto la lingua dei personaggi plautini è comunque lingua d’uso delle persone colte; anche Frenkel riteneva che il linguaggio plautino fosse ammirevole per la sua uniformità. Tali giudizi appaiono come frutto di un’errata valutazione della commedia plautina, considerata a lungo come poesia in traduzione. Elio Donato ci dice che Terenzio era superiore ai suoi originali greci nel differenziare la lingua dei vari personaggi, quella che a noi sembra uniformità ha delle marche distintive che possono segnalare che a parlare sia uno schiavo piuttosto che un vecchio o una matrona. Nella mentalità antica le donne erano considerate detentrici di una purezza linguistica che tendenzialmente gli uomini perdevano. Presupposto presente in 2 testi: -

Nel “Cratilo” di Platone, secondo Socrate le donne hanno un modo di parlare arcaizzante rispetto agli uomini, ovvero il modo di articolazione presenta l’antica pronuncia;

-

la medesima opinione è espressa nel “De oratore” da Lucio Licinio Crasso in 3, 44-45: “quando ascolto mia suocera Levia,- più facilmente le donne infatti conservano l’antichità incorrotta, poiché non venendo a contatto con la lingua di molti, conservano sempre ciò che hanno imparato da giovani- la sento in modo tale che mi sembra di ascoltare Plauto o Nevio”. La conservatività del linguaggio di cui parla Cicerone può essere considerata solo in relazione alle matrone, donne di alto livello sociale.

Infatti il linguaggio è uno dei rivelatori fondamentali del livello sociale, tanto che gli studi di socio linguistica anglosassone, come quelli di Lachoff, hanno riscontrato che donne della stessa età e classe sociale, tendono ad avere un modo di parlare più rigoroso e vicino allo standard rispetto ai loro maschi. Lo stesso ragionamento vale per i personaggi plautini, in quanto tale fenomeno dipenderebbe da (piuttosto da realismo/mimetismo di Terenzio) un gioco di ruoli per il quale il senex è sempre un personaggio comico che interloquisce con gli schiavi, a differenza delle matrone, le quali nello schema drammatico si contrappongono ad esso. I personaggi della commedia plautina non sono generalmente distinguibili su base linguistica in virtù del loro rango, nell’Amphitruo ciò è piuttosto visibile, in quanto abbiamo dei burloni come Mercurio e Sosia che parlano come Iuppiter e Amfitruo. Vi sono altri aspetti che caratterizzano il linguaggio femminile, notati da Adams, egli voleva che forme di attenuazione degli imperativi (parce, quaeso) siano presenti in percentuali maggiori nel linguaggio delle

donne, anche se tali forme non sono interdette agli uomini, in quanto questi tendono a formulare un comando in maniera più recisa, diretta. Le esclamazioni e le invocazioni alle divinità, non usate in latino come interiezioni , Mehercle ed Ecastor, sono settoriali, ovvero sono esclamazioni destinate rispettivamente agli uomini e alle donne, per Polluce è un esclamazione promiscua. Sono esclamazioni arcaiche. Risalgono ad un età arcaica infatti si ritiene che formule di invocazione delle divinità derivino sia in greco che in latino da forme di giuramento. Nel latino arcaico le esclamazioni sono poche e sono per semidivinità (Castore, Polluce). Nel mondo greco sono invocate molte divinità e non minori (Artemide, Ecate, Ermes, Demetra e Persefone, Poseidone etc..) (vedi fotocopia) Gellio nelle Noctes Atticae 11,6-1-6, riflette sulla lingua degli scrittori più antichi “negli scritti antichi nè le donne romane giurano per Ercole, nè gli uomini per Castore, ma perché esse non abbiano giurato per Ercole non è misterioso dal momento che si astengono per il sacrificio per Ercole, perché tuttavia i maschi, giurando non abbiano invocato Castore non è facile a dirsi, da nessuna parte è possibile trovare scritto certamente presso gli scrittori canonici, o che una donna dica mehercle, o che un uomo dica mecastor; per Polluce, invece che è il giuramento per Polluce è comune sia all’uomo che alla donna, ma Marco Varrone, afferma che in età più antica né gli uomini erano soliti giurare nè per Castore nè per polluce, ma che quel giuramento era stato soltanto alle donne come lascito dei misteri eleusini, a poco a poco per ignoranza dell’antichità gli uomini avevano cominciato a dire “edepol” ed era diventato un modo di dire, mentre “mecastor” non è detto da uomo in nessun scritto antico. Gellio ci tramanda un frammento di Varrone. Entrambi hanno chiaro che le formule erano formule religiose vincolate ai due generi distinti nei culti. Il culto di Eracle è prevalentemente maschile, i misteri eleusini sono prevalentemente femminili. A complemento del passo di Gellio c’è un passo di Carisio (grammatico importante), in cui parla di altre invocazioni orientate da un punto di vista del genere: Eiuno (per Giunone), Ecastor, mehercle/ercle, edeivepol. Il giurameno per Ercole è maschile. Per le femmine conferma edepol, ecastor ed eiuno (giuno lucina è la divinità dei parti). Strano che metta edepol come esclamazioni femminili. Titinio nella Setina (atellana), c’è un uomo effeminato, Molliculum, che parla come le donne, viene ripreso da un maestro che dice “forse perché tu dici pol oppure edepol” Elio Donato nel commento all’Andria, 486 “per castore, per polluce sono delle espressioni di giuramento adatte alle femmine”. A parte varrone sembra che si sia obliterato il fatto che edepol sia una esclamazione promiscua, non è casuale.

L’uso plautino è apertamente in contrasto con le affermazioni di Carisio e Donato perché Edepol in 367 volte è detto da uomini, solo 23 volte è detto da donne. Pol rispetta un po’ di più la proporzione (150 M- 82 F), mecastor (12-12) Il numero di battute di HERCLE è stato corretto in quanto esclusivamente maschile in tutti i casi meno della Cistellaria 52 (12,8) in cui è una donna a parlare, gli editori giustificano l’eccezione alla norma con lo status sociale della donna, in quanto a parlare è una etèra (prostituta). Caso questo non isolato perché nell’ Apolokyntosys, Cloto che è una delle tre parche che esclama MEHERCULES, ma in quanto parca questo personaggio rispetto all’etera poteva curarsi meno di parlare come una donna in quanto divinità. Che un’etera potesse esprimersi esclamando come un uomo può essere ulteriormente plausibile a motivo del fatto che vestisse la toga (anche per questo possiamo immaginare una maggiore affinità anche linguistica con gli uomini). L’interdizione maschile a Castor e l’uso promiscuo di Pol/Edepol è meno facile da spiegare: Adams nota che il numero di esclamazioni di questo tipo, in particolare di Pol/ edepol (45 F- 10 M) in Terenzio vada specializzandosi come esclamazioni femminili, è probabile che l’uso in Terenzio segni l’evoluzione nell’uso della lingua, cioè che Pol si stesse rispecializzando come esclamazione femminile in sostituzione di ecastor/ e mecastor  si và verso una bipolarizzazione che vede ercole come esclamazione Maschile e Polluce come esclamazione femminile.. Secondo Adams tale fenomeno dipenderebbe da un’ipercaratterizzazione del linguaggio femminile in Terenzio, che però si accorda con il progressivo abbandono di Ecastor che riflette un un’evoluzione del linguaggio. Edepol in Plauto è piuttosto maschile, in Terezio piuttosto femminile, ma non sono dati assoluti. 1) In Terenzio edepol ha ceduto definitivamente il passo a Pol e che Terenzio avesse usato edepol solo in omaggio alla tradizione; 2) Oppure edepol era obsoleto, ma sopravviveva nel linguaggio femminile come tratto arcaizzante e tipico del genere al tempo di Terenzio. 3) Oppure Plauto e Terenzio interpretano diversamente la medesima realtà, entrando nel campo delle scelte stilistiche e non nella mimesi della lingua. Se fosse corretta la genesi di Varrone (esclamazione originariamente femminile per entrambi che poi si è progessivamente distinta) Terenzio sarebbe stato filologicamente più attento rispetto a Plauto, questo dato non si può dimostrare, in quanto il dato in Terenzio è una tendenza; in ogni caso, secondo Adams, la prospettiva varroniana sarebbe corretta, e che gli uomini avrebbero cominciato a usare edepol quando si sarebbe perso il senso di relazione con il personaggio Polluce e di conseguenza la ragione dell’ interdizione. Secondo Adams la prospettiva di Varrone è corretta e si sarebbe cominciato a usare Edepol (da parte maschile) quando si era perduta la consapevolezza della connessione tra Edepol e Polluce, mentre Pol avrebbe continuato ad essere collegato al dioscuro. Edepol è quasi esclusivamente maschile in Plauto: 1 su 100 battute femminili, 1 su 55 battute maschili, la proporzione è 1:2, dunque Edepol è promiscuo, in

Terenzio Edepol è poco frequente ed è molto più femminile. Se fosse vero che si è persa la femminilità dell’allocuzione femminile il dato non tornerebbe con il dato di Terenzio. Diverso è Pol che sia in Plauto che in Terenzio è prevalentemente femminile. È vero che in Terenzio l’invocazione per Polluce è più femminile ma non abbiamo l’assolutezza del dato, come nel caso di Castore e Polluce. 13 volte Edepol 13 attestazioni di Edepol che corrisponde a un Edepol ogni 415.8, ciò vuol dire che il numero complessivo delle battute degli uomini in Terenzio è 415,8 per 13, e per le donne 67 per 10, 13 su 4500  0.5 %, 10 su 670 8%. Secondo Varrone e Adams si era persa la connessione tra Edepol e Polluce, che si era conservato in Castor ed Ecastor in cui è trasparente il legame. Edepol è già un fossile in Plauto, una parola che ha perso un po’ di senso, una sorta di connettivo espressivo. Un passo di Cicerone sembra coerente con quanto afferma Adams. Nell’ Excursus de ridiculis affronta il tema degli inserti comici nei discorsi degli oratori, pertanto leggiamo: “è anche bello quel tipo di comicità nel quale colui che ha detto qualche cosa viene deriso in quello stesso genere che ha utilizzato nel suo parlare, come quando l’ex console Quinto Opimio, che quando era ragazzo aveva avuto una cattiva reputazione, disse a Egilio, uomo spiritoso che sembrava essere un po’ effeminato, senza esserlo. “E tu, Egilia mia, quando vieni da me con la tua e la lana?” “Per Polluce io non ho il coraggio, infatti mia madre mi ha vietato di andare dalle donne di cattiva reputazione”. Nella risposta “da femmina” di Egidio il Pol segna la marca femminile, il dato di Cicerone segue quello di Terenzio: Pol prevalentemente femminile, e anche con quanto detto da Carisio Pol compare ancora in uno dei carmina priapea contenuto nell’appendix vergiliano: in uno scambio di battute di cui una è detta dal viator, non abbiamo la marca di genere, chi parla è un maschio, inoltre è prevalentemente attestato in commedia e si trova in Novio in un solo caso, in Cecilio un caso, in Afranio un caso, 4 casi in Titinio, 3 casi in Pomponio, in Orazio compaiono due casi nelle epistole: I, 7, 92; II, 2, 138, sempre in bocca ad uomini. Modifica leggermente questo quadro un caso di Pol attestato nel frammento 25 ribec delle tragedie di Livio Andronico, le esclamazioni in tragedia, anche greca, sono molto rare, infine c’è un caso 94 scuch negli Annales di Ennio. L’interdizione dal genere aulico non è assoluta almeno per quanto riguarda Pol. Ercle, al di fuori di Plauto e Terenzio, si trova 2 volte in Nevio comico, 2 in Cecilio, 2 in Turpilio, 3 in Titinio, un caso nelle satire di Ennio, uno in Lucilio, uno in Laberio (dunque nel mimo), uno in Fedro, nella forma Mehercules (forma successiva presente anche in Cicerone), l’unica eccezione è in Massimiano, autore elegiaco del VI secolo dove ercle non ha valore linguistico. Ecastor resta in un frammento di Titinio e in uno di Laberio Edepol compare oltre che in Plauto e in Terenzio, in altri autori comici: in Nevio (commedia); 2 casi in Cecilio Stazio, 3 in Turpilio, 2 in Afranio e 2 in Titinio, in Novio quindi nell’atellana, nelle Menipee di Varrone e in Cicerone

Per Adams Varrone ha ragione nel dimostrare che le esclamazioni per entrambi i dioscuri erano soltanto femminili e che con la perdita della consapevolezza di ciò comunque tornano ad essere progressivamente femminili (sia nel caso di Castor che di Polluce), come riflesso di una progressiva consunzione della esclamazione (femminile in origine, diventa promiscua, ritorna femminile per quanto riguarda Polluce). Adams, tuttavia, non spiega la ragione, cosa che fa Varrone, secondo cui le esclamazioni dei dioscuri sono femminili perché vengono dall’ambito dei misteri eleusini. Anche in greco le esclamazioni per Demetra e Persefone sono esclusivamente femminili, questa non può essere pronunciata dagli uomini, esiste poi un’esclamazione “nai to siò” “per i due dei” tipicamente dorica, utilizzata indistintamente da maschi e femmine spartane per evocare Castore e Polluce, come coppia. C’è una coppia di dei nel Peloponneso promiscua, ovvero Castore e Polluce evocati indifferentemente da maschi e femmine. Il dato greco non è coerente con il dato latino dato da Varrone. Gagner è uno svedese (autore di una tesi nel 1920 in Germania dedicata ad Ercle e alle altre particelle di quel tipo della poesia latina scenica arcaica), il quale osserva che Varrone si sbaglia (Varrone ha detto che i dioscuri provengono dal culto dei misteri eleusini), perché, in realtà, l’esclamazione dei dioscuri non è esclusivamente femminile. Ma solo quella per le due dee dei misteri eleusini, quindi Varrone avrebbe sovrapposto all’uso dell’esclamazione per le due dee l’identificazione dei due dei, attribuendo la femminilità a Castore e Polluce che non ci sarebbe perchè in commedia l’esclamazione per i dioscuri sarebbe promiscua. Secondo Gagner ci fu una fase in cui i Dioscuri ebbero culti separati e Castore entrò prima di Polluce a Roma come dimostra il fatto che nel foro esisteva un tempio dedicato a Castore, (che in seguito diventò il tempio dei Castores), non c’è mai stato il tempio di Castore e Polluce, promesso a Castore dopo la battaglia di Lago regillo, grazie all’intervento di Castore a sostegno della cavalleria romana. Nel Peloponneso i gemelli erano venerati in coppia, il culto gemellare entrò più tardi a Roma come dimostra il tempio vicino alla zona del circo flaminio: i due templi rifletterebbero 2 stadi diversi del culto: uno in cui entra solo Castore, a cui poi si associa il fratello, pur mantenendo il nome dei “due Castori”, l’altro in cui ci sono i Dioscuri. Il primo culto di Castore fu precoce (cosa che spiega perché si trovi all’interno del pomerium pur non essendo una divinità romana), la formula di giuramento per Castore sia esclusivamente femminile, essendo divnità soteriche, esse non rivolgono la loro attenzione esclusivamente alle donne, ed in greco nai to castor, noi to siò sono promiscue, per cui ciò esclude che l’esclamazione potesse essere inizialmente solo femminile. Ma le formule latine non evocano la coppia, ma i due dioscuri separatamente per cui l’errore di sovrapposizione che che secondo Gagner Varrone commette è praticamente impossibile da ammettere a meno che non riconosciamo una completa ignoranza di Varrone, cosa difficile. Inoltre nelle fonti letterarie ed iconografiche è attestata l’iscrizione sia dei Dioscuri, sia di Eracle ai misteri di eleusi (Senofonte, Plutarco) come dimostra il cratere di Pourtalès....


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