Formule di resistenza PDF

Title Formule di resistenza
Author Ilenia Maio
Course Idraulica e Costruzioni Idrauliche
Institution Università degli Studi di Salerno
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTÀ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA CIVILE

IDRAULICA I Prof. Vittorio Bovolin

APPUNTI INTEGRATIVI SU

FORMULE DI RESISTENZA

Laurea 1 livello - Corso di Laurea in Ingegneria Civile – IDRA 1 Formule di resistenza.doc

IDRAULICA I - prof. Vittorio Bovolin

Quando fu chiesto ad Isaac Newton di spiegare il modo in cui aveva raggiunto i propri risultati egli rispose che “ se egli era riuscito a vedere al di là di quanto avessero fatti gli altri prima di lui è perché si era appoggiato sulle spalle di giganti”. Newton intendeva evidenziare che le conquiste umane sono il risultato del lavoro e degli sforzi dei molti che ci hanno preceduto a cui bisogna riconoscere di avere contribuito al raggiungimento del risultato finale e senza i quali tale risultato non sarebbe stato mai raggiunto. Tale affermazione appare certamente applicabile al caso dello studio del moto di una corrente idrica in una condotta in pressione o lungo un corso d’acqua. Il patrimonio di conoscenze di cui attualmente disponiamo è il risultato del lavoro e della dedizione di numerosi ricercatori che si sono appassionati a questo problema e che hanno contributo alla comprensione di tale fenomeno. Lo studio della meccanica, inclusa la meccanica dei fluidI, iniziò, come molte materie scientifiche nel mondo greco ed in particolare nella Magna Grecia. Da questo punto di vista il contributo più importante giunto a noi è quello di Archimede di Siracusa che oltre a realizzare la ben nota vite formulò il celeberrimo principio dell’idrostatica. Non vi sono evidenze storiche che in quel periodo venne affrontato il problema più generale del moto delle correnti. Successivamente nel mondo romano la realizzazione di grandi acquedotti raggiunse il punto più elevato nell’antichità. Le principali testimonianze dello stato delle conoscenze dell’epoca sono affidate alle opere di Frontino e Vitruvio. Frontino, uno degli artefici della realizzazione e gestione dei grandi acquedotti a servizio della città di Roma, era consapevole che l’acqua scorre da monte verso valle e che per una data sezione, maggiore è la pendenza, maggiore la quantità d’acqua che può essere trasportata. Egli scrisse che “numerosi acquedotti arrivano in città a quote differenti. Da cui alcuni consegnano l’acqua a quote elevate mentre altri sono incapaci di raggiungere le quote più elevate”. D’altro canto è accettato che il concetto di portata e l’equazione di continuità erano sconosciuti ai romani e non vi è evidenza che essi progettassero un acquedotto con un’assegnata pendenza al fine di trasportare una data quantità d’acqua. La dimensioni dei vari acquedotti sembrano più il risultato di esigenze strutturali che di calcoli di tipo idraulico. Leonardo da Vinci (1452-1519) si interessò tanto al problema del moto dell’acqua nei fiumi che vi dedico un trattato di nove capitoli. Sebbene con l’occhio moderno il trattato contiene numerosi errori vi sono anche numerose osservazioni assai accurate: La corrente in fiumi rettilinei risulta, a causa della resistenza, più veloce nelle zone distanti dalle pareti …. L’acqua presenta una velocità maggiore sulla superficie che sul fondo. Questo avviene perché la superficie libera a contatto con l’aria incontra una resistenza minore a causa della leggerezza dell’aria (errore) mentre l’acqua del fondo è a contatto con la terra in quanto più pesante (errore) dell’acqua ed impone una maggiore resistenza. Aprile 2011 - Ver. 1.0 Redatto da Vittorio Bovolin

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Ne consegue che la parte più distante dal fondo offre la resistenza minore Leonardo ha correttamente intuito l’effetto che la resistenza sul fondo ha sul profilo di velocità lungo la verticale. Egli intuì inoltre il concetto di equazione di continuità sebbene lo stesso concetto sia stato formalizzato in maniera indiscutibile dall’abate Castelli. “un tratto di un corso d’acqua consente ad una stessa quantità d’acqua indipendentemente dalla larghezza, altezza, pendenza scabrezza e sinuosità …” Leonardo appare consapevole che la portata di un fiume è una funzione del prodotto della velocità per la sezione e che un aumento di sezione comporta una diminuzione della velocità e viceversa. Sebbene l’Italia sia la terra dove lo sviluppo delle Costruzioni Idrauliche raggiunge nel Rinascimento il massimo sviluppo è la Francia che, nel 17° secolo, prende la guida nella ricerca Idraulica. Mariotte - 1686 Edmé Mariotte (1620-1684) fu uno dei maggiori sperimentatori sul moto delle correnti a superficie libera e pubblicò il proprio lavoro nel “Trattato di Idrostatica” nel quale considerò anche il moto dell’acqua e di altri fluidi. Egli riconobbe che il profilo di corrente lungo la verticale non è costante e che, in particolare, la velocità di una corrente sul fondo risulta ritardata dalla presenza di pietre, vegetazione ed altre scabrezze. Per studiare il profilo di velocità egli aveva condotto esperimenti misurando il tempo impiegato da un galleggiante a percorrere una distanza fissa. Egli descrisse i propri esperimenti nel modo seguente: Dobbiamo immergere nella corrente una palla di cera appesantita in maniera tale da non sporgere dall’acqua così da trascurare l’effetto del vento. Misuriamo una distanza di 15 o 20 piedi e per mezzo di un pendolo misuriamo il tempo impiegato dalla palla di cera trasportata dalla corrente a percorrere la prefissata distanza. Moltiplichiamo quindi la larghezza della sezione per l’altezza d’acqua e quindi per la lunghezza del tratto considerato Quest’ultimo prodotto rappresenta il volume d’acqua passato nella sezione durante il tempo di osservazione. Per compiere correttamente questa misura è necessario che la superficie libera sia parallela al fondo e che la velocità dell’acqua sia la stessa in superficie e sulle sponde. L’ultima osservazione lascerebbe intendere che Mariotte riteneva che la velocità fosse costante lungo la verticale, in effetti in un passaggio successivo egli assunse una velocità media pari a 2/3 della velocità in superficie, sebbene Mariotte non forni alcuna espressione del profilo di velocità è ovvio che egli non riteneva tale legge né costante né lineare.

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Alla fine del 17° secolo era ormai noto che la portata di un corso d’acqua era funzione della pendenza, della forma del canale e della scabrezza delle sponde. La relazione che legava tra di loro queste grandezze non era tuttavia nota e la determinazione della portata era basata su misure approssimate della velocità superficiale. Nel 18° secolo si palesa la necessità di costruire nuovi canali la cui progettazione spinge alla ricerca di formule utili per il loro dimensionamento. La prima di queste formule risale al 1770 quanto all’ingegnere Antoine Chezy fu dato incarico di aumentare la quantità di acqua fornita alla città di Parigi. Chézy - 1776 Chézy (1718-1798) consegui il titolo di ingegnere all’Ecole des Ponts et Chaussées e lavorò con Perronnet, il primo direttore della scuola. Egli svolse un’intensa attività professionale tra cui la costruzione di strade e ponti a Parigi. A Perronnet e Chezy fu affidato l’incarico di stabilire la quantità di acqua che poteva essere addotta a Parigi dal fiume Yvette. I due vollero calcolare la portata sulla base di una procedura analitica piuttosto che sulla base della sola esperienza e/o di risultati su modelli a grande scala. Chezy realizzò un modello idraulico sul quale condusse una serie di esperimenti al fine di evidenziare i fattori che influenzano le condizioni di deflusso all’interno di un corso d’acqua. Egli condusse gli esperimenti in una canaletta lunga circa 200 m con una larghezza di 1.3 m ed una profondità di 0.52 m. Contemporaneamente agli esperimenti di Chezy un altro sperimentatore francese Pierre Louis Du Buat stava conducendo a propria volta una serie di esperimenti che ebbero un effetto più grande e di maggiore durata rispetto a quelli di Chezy, nonostante ciò il nome di Chezy ha ottenuto una maggiore fortuna mentre quello di DuBuat è noto solo agli storici dell’idraulica Chezy inizio i propri studi con le seguenti osservazioni: Dopo avere progettato la canaletta e dopo aver regolato la pendenza è necessario sapere se il canale sarà sufficiente a contenere la portata destinata a transitarvi. A tal fine è necessario conoscere la velocità con cui si muove la corrente all’interno del canale stesso nel quale si è assunta una pendenze uniforme Quale che sia la velocità iniziale essa aumenterà o diminuirà in maniera tale da ricondursi ad un valore uniforme e costante il cui valore dipende dalla pendenza del canale e dalla gravità il cui effetto è bilanciato dall’azione resistente contro i contorni del canale La velocità indotta dalla gravità che agisce continuamente … è uniforme solo quando non vi è più accelerazione e la gravità cessa di accelerare quando la sua azione sull’acqua è pari alla resistenza esercitata dalle pareti del canale: ma la resistenza è proporzionale al quadrato della velocità a causa del numero e della forza degli scontri delle particelle che accadano nell’unità di tempo ed inoltre del perimetro della sezione in cui la corrente è in contatto con le pareti del canale

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Chézy concluse quindi che il rapporto tra la forza motrice e la forza resistente di due corsi d’acqua (il primo indicato in maiuscolo ed il secondo in miniscolo) risulta: VVP vvp  C AH ah

Dal punto di vista applicativo, le maiuscole si riferivano ad un corso d’acqua di caratteristiche note, mentre le minuscole erano del canale da progettare. Siccome i due rapporti devono essere uguali ponendo entrambi pari ad una costante C si ottiene la formula di Chezy nella forma oggi nota: V  C Ri J

dove Ri = a/p è il raggio idraulico, ed J è la pendenza del canale. Chezy era consapevole del fatto che la costante C non era una costante universale, ma che essa andava determinate caso per caso. Tuttavia sulla base dei propri esperimenti egli determinò che C è compreso tra 31 e 44. In tale ipotesi la formula di Chezy si esprime come: A J P

V  35

o in termini moderni: V  35 Ri J

In ogni caso è chiaro che la velocità media di una corrente varia con la radice quadrata del raggio idraulico e con la radice quadrata della pendenza. Weisbach 1845 Nel 1845, Julius Weisbach (1806-1871) scrisse un libro che, per la prima volta, introdusse l’insegnamento della meccanica dei fluidi nei corsi di ingegneria. Egli credeva nell’utilità di utilizzare coefficienti non dimensionali e l’equazione che egli propose è: V 

A

 LD

2g

oppure V  2g

Ri J



dove  è un coefficiente che dipendeva dalla velocità stessa. Saint Venant - 1851 Aprile 2011 - Ver. 1.0 Redatto da Vittorio Bovolin

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Il grande Barre de Saint Venant (1797-1886) propose un’espressione approssimata nel sistema metrico: Ri J  (4.012  10 4 )V 21 / 11

nella quale resta confermato che la velocità della corrente risulta approssimativamente una funzione della radice quadrata del prodotto del raggio idraulico per la pendenza. Darcy e Bazin - 1857 e 1865 Henri P. G. Darcy (1803-1858) e Henri E. Bazin (1829-1917) condussero negli anni 1857-59 un gran numero di esperienze su tubazioni in pressione. Nel 1857, Darcy propose la seguente formula> DJ  (b 

c 2 )V D

dove D = diametro della tubazione. Darcy morì prematuramente prima di completare la ricerca, ma il suo lavoro fu continuato dall’allievo Bazin che portò a conclusione il programma sperimentale. Così nel 1865 Bazin propose un’equazione simile a quella di Darcy's, ma questa volta per correnti a superficie libera. DJ  (b 

c 2 )V Ri

dove il raggio idraulico Ri sostituisce il diametro D della tubazione. Bazin riconobbe che i due coefficienti b e c non sono completamente indipendenti dalla pendenza, ma che la variabilità è molto minore rispetto a quanto indicato dalla formula binomia di Prony. Gauckler - 1868 Nel 1868, Philipe Gaspard Gauckler (1826-1905), rivedendo i dati di Humphreys ed Abbot sul fiume Mississipi e di altri dati sperimentali giunse alla conclusione che una singola equazione non era in grado di modellare correnti defluenti in corsi d’acqua caratterizzati da significative differenze di pendenza. Egli pertanto sviluppò 2 equazioni: una prima per pendenze inferiori a 0.0007 ed una seconda per pendenze superiori a 0007. Le equazioni erano: V  C1R 4 / 3 J per pendenze < 0.0007 e V  C 2 R2 / 3 J1/ 2 per pendenze > 0.0007

La seconda verrà successivamente attribuita a Manning, ma è stata in effetti determinata da Gauckler circa 30 anni prima. Il coefficiente C2 di Gauckler era differente da quello di Manning.

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Ganguillet e Kutter - 1869 Nel 1869, la prima equazione nella quale è fatta esplicita menzione alla scabrezza fu proposta da 2 ingegneri svizzeri Emile Oscar Ganguillet (1818-1894) e da Wilhelm Ruldoph Kutter (1818-1888). Ganguillet era l’Ingegnere Capo dell’Ufficio dei Lavori Pubblici di Berna e Kutter era un suo dipendente. I loro studi era stati stimolati dal rapporto di Humphreys e Abbot sul fiume Mississipi. Cercando di applicare l’equazione americana ai corsi d’acqua della Svizzera essi verificarono che l’equazione non era in grado di riprodurre la velocità o la portata di questi corsi d’acqua. Ne conclusero che l’equazione americana era valida solo per pendenze modeste a svilupparono una complessa equazione che per la prima volta includeva un termine relativo alla scabrezza del fondo:     a  b  m    n J   V    Ri J m   n    1  R  a  J     i  

dove il fattore di scabrezza n di Kutter varia tra 0.01 e 0.035. Per il campo usuale dei valori di S, n, e R, i valori del coefficiente C, di Kutter da utilizzare con la formula di Chezy varia tra 22 e 220. Per valori della pendenza S > 0.0005, il termine m/J può essere ignorato semplificando in qualche modo la formula. Manning – 1851-1889 Robert Manning (1816-1897) scrisse il primo articolo di argomento idraulico nel 1851 e l’ultimo nel 1895. Durante questo periodo egli spese uno sforzo considerevole nel tentativo di sviluppare una formula, per il calcolo di correnti a superficie libera semplice e dimensionalmente corretta L’articolo "On the Flow of Water in Open Channels and Pipes," pubblicato Transactions of the Institution of Civil Engineers of Ireland (Manning 1891), divenne il primo riferimento del suo lavoro e la principale fonte della nota formula monomia. Nato in Normandia Manning e sua madre , dopo la morte del padre,si trasferirono nel 1826 a Waterford, in Irlanda. Egli lavorò come ragioniere per suo zio e nel 1846, a seguito di un’espansione dell’Ufficio per i Lavori Pubblici, entrò a farne parte. Lavorò inizialmente come ragioniere e disegnatore finché fu nominato assistente dell’ingegnere Samuel Roberts. Dopo il trasferimento di Roberts, Manning fu nominato Ingegnere Distrettuale posizione che tenne fino al 1855. Dal 1855 al 1869 Manning passò alle dipendenze del marchese del Downshire, per il quale condusse il rilievo di proprietà immobiliari in Irlanda, supervisionò la costruzione del porto della baia di Dundrum e progetto il sistema di approvvigionamento idrico delle città di Belfast. Dopo la morte del marchese Manning non fu riconfermato nell’incarico e nel 1869 ritorno all’Ufficio dei Lavori Pubblici come assistente all’Ingegnere Capo, infine nel 1874 fu nominato Ingegnere Capo e mantenne la posizione fino alla pensione. Manning non aveva ricevuto alcun specifica istruzione in meccanica dei fluidi od in ingegneria, nel 1895 egli descrive come, appena nominato Ingegnere Distrettuale, egli aveva “divorato” il Traite d'Hydraulique di d'Aubisson des Voisons al fine di Aprile 2011 - Ver. 1.0 Redatto da Vittorio Bovolin

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imparare i rudimenti dell’idraulica. La formula di D'Aubisson nel sistema anglosassone era: V  94.74 Ri J  0.11

e fu talvolta aggiustata come: V  100 Ri J

Basandosi sulla forma di equazione proposta da Prony-Eytelwein Manning nel 1851 semplificò la formula di d'Aubisson's come: V  55 2 Ri J

dove J = pendenza del canale in ft/mile ed il raggio idraulico in piedi. Nel 1889 all’età di 72 anni Manning riprese in mano l’argomento andando ad analizzare nuovamente tutti i dati sperimentali disponibili con lo scopo di verificare la possibilità di derivare una nuova formula che avesse una maggiore precisione rispetto a quelle disponibili. Egli presentò i risultati dei suoi sforzi in un articolo presentato all’Institution of Civil Engineers of Ireland in 1889, cui fece seguito un ulteriore approfondimento nel 1895 L’idea di Manning era quella di prendere in considerazione le formule più diffuse all’epoca per il calcolo della velocità delle correnti a superficie libera e di interpolare i valori medi ottenuti dall’applicazione di tali formule. Manning scelse sette formule: Du Buat (1786), Eytelwein (1814), Weisbach (1845), St. Venant (1851), Neville (1860), Darcy e Bazin (1865), e Ganguillet e Kutter (1869). Manning calcolò la velocità ottenuta dall’applicazione di ciascuna formula per una data pendenza e per valori del raggio idraulico variabile da 0.25 a 30 m. Egli assunse il valore medio delle sette velocità come il valore di riferimento. Egli determinò e discusse molte equazioni che potevano interpolare i risultati ottenuti. La prima nel sistema SI è: V  32 Ri J (1 Ri1 / 3 )

Egli riconobbe che l’equazione era di origine completamente empirica e che questo ne rappresentava un limite. Basandosi su un successivo approccio ottenne sempre nel sistema SI la formula: V  46 Ri 4 / 7J1 / 2

Manning determinò questa seconda formula mantenendo costante la potenza ½ cui è elevata la pendenza e cercando il migliore esponente per il raggio idraulico ed il migliore valore della costante C. Manning era consapevole che anche altre formule avrebbero interpretato i dati sperimentali con uguale approssimazione, ma egli amava quella particolare forma di equazione in quanto era simile alle altre utilizzate nel Aprile 2011 - Ver. 1.0 Redatto da Vittorio Bovolin

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passato. D’altro canto l’esponente 4/7 cui era elevato il raggio idraulico non risultava completamente convincente così riprese i dati di Bazin, che giudicava i più attendibili, e cercò l’esponente che meglio gli consentisse di riprodurre i risultati sperimentali. Per una prima serie di esperimenti determinò un campo compreso tra 0.6351 e 0.6778, per una seconda s...


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