Resilienza e resistenza PDF

Title Resilienza e resistenza
Author camilla gan
Course Psicologia sociale
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Summary

materie trattate in maniera sintetica, psicologia, storia, inglese, arte...


Description

RESILIENZA E RESISTENZA, SCEGLIERE LA VITA

MAPPA CONCETTUALE:

ITALIANO: Testimonianza Liliana Segre

ARTE: Vita e opere di Frida Khalo

RESLIE NZA/R

PEDAGOGIA: Freire e “La pedagogia degli oppressi”

INGELSE: Vita Charles Dickens

INDICE:

 INTRODUZIONE: Motivazione personale e significato dei termini…………… p: 3-4

 ITALIANO: La testimonianza di Liliana Segre...............p: 5-7  INGLESE: Vita di Charles Dickens……………p: 8-9

 ARTE: Vita e opere di Frida Kahlo……………p: 10-15

 PEDAGOGIA: La pedagogia degli oppressi di Paulo Freire...............p: 16-19

 CONCLUSIONI……………p: 20

 SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA……………p: 21

Introduzione: Gli argomenti principali della mia tesina sono RESILIENZA e RESISTENZA. Questi concetti mi hanno sempre affascinato, quindi ho ritenuto interessante approfondirli. Personalmente ritengo che la resilienza sia una qualità che si acquisisce con il tempo attraverso la rete di rapporti in cui il soggetto vive e da cui ricava quell’energia che gli permette di trovare la forza di risollevarsi, riscattarsi e scegliere la vita. Nel corso dei miei anni ho conosciuto una persona tenace e forte, mia madre, che mi ha permesso di osservare e riconoscere davvero cosa significhi resilienza attraverso le sue continue rifioriture da situazioni negative, quindi ho riflettuto riguardo a questa qualità che mi ha permesso di sviluppare la mia tesina. ORIGINE DEI TERMINI RESISTENZA E RESILIENZA

 RESISTENZA = il termine deriva dal latino: resistentia, composto della particella stha- o sta- che esprime l'idea di essere o rendere fermo, saldo , preceduta dal prefisso re- indietro, che rafforza l'idea di fermezza nella propria posizione. Con il termine resistenza si intende un’azione tendente a impedire l'efficacia di un'azione contraria. Ad esempio in psicanalisi resistenza significa ogni forma di opposizione da parte del paziente alla libera manifestazione di sé, quindi ogni ostacolo che il paziente mette in atto nel trattamento psicanalitico come difesa contro l’emergere di contenuti inconsci vissuti come angosciosi o inaccettabili.



RESILIENZA= Il termine deriva dal latino: resilire, composto dal prefisso re-, indietro, e dal verbo salire- “saltare, fare balzi, rimbalzare, percuotersi”, ma anche “ritirarsi, restringersi, contrarsi.” Con il termine resilienza si intende la capacità di affrontare le avversità e superare i problemi, ad esempio in psicologia una persona resiliente è un individuo capace di affrontare gli eventi traumatici in modo positivo, riprendere in mano la propria vita senza farsi annientare dal dolore e senza alienare la propria identità.

LA VITA INTERROTTA DI UNA BAMBINA NELLA SHOAH

Liliana Segre è un'antifascista Italiana . Dal 19 gennaio 2018 è senatrice a vita. Reduce dell'Olocausto, è sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti ed è testimone di essi. VITA E TESTIMONIANZA: Liliana nacque da una famiglia ebraica agnostica a Milano nel 1930. Visse in una bella casa con il padre Alberto e i nonni paterni Olga e Pippo. Sua madre morì poco dopo la sua nascita ma nonostante ciò, afferma di essere stata una bambina molto amata e viziata. La sua vita fu serena fino alla sera del 18 settembre 1938, quando furono emanate le leggi razziali fasciste che non le permisero di

continuare il percorso scolastico. Il padre, con un sorriso commosso, cercò di spiegarle il motivo per cui non sarebbe più potuta andare a scuola ma lei non riuscì a comprendere questa esclusione, si sentiva uguale a tutte le altre bambine di otto anni e da quel giorno, ricorda come cambiò radicalmente la sua vita. Molte cose furono proibite agli uomini di religione ebraica e tutto ciò venne accettato in silenzio. Questo oblìo colpevole, agli occhi di Liliana, fu la cosa più grave di tutte. Nel 1942 iniziarono i bombardamenti su Milano, così la famiglia Segre si rifugiò in una villetta con giardino in Brianza, dove Liliana cominciò ad occuparsi di suo nonno molto malato di Parkinson. Arrivò così l’anno 1943. I nazisti divennero padroni dell’Italia del nord e alle leggi razziali fasciste si sovrapposero le leggi di Norimberga. La famiglia di Liliana cambiò identità per proteggersi. Il padre, per i suoi anziani genitori, riuscì ad ottenere dalla questura di Como un permesso di permanenza nella casa in Brianza, sotto custodia di gente cattolica perché impossibilitati a nuocere il grande Reich Tedesco. Questo accordo non fu rispettato perché nel mese di maggio i due anziani furono arrestati, deportati e uccisi. Il 7 dicembre 1943 Liliana e il padre tentarono la fuga verso la Svizzera, dove ci sarebbe stata la libertà. All’alba oltrepassarono il confine, ma la sentinella che li prese in custodia li accompagnò al comando di polizia, presso il Canton Ticino, dove li ricevette un ufficiale svizzero e con disprezzo, definendoli ebrei impostori, li rimandò indietro. Liliana e il padre tentarono di tornare in Italia, ma furono arrestati dalle camice nere. Liliana fu messa in carcere prima a Varese, poi a Como ed infine nel carcere di Milano, San Vittore. Furono giorni di tristezza e lacrime amare per lei e suo padre. Successivamente venne deportata insieme ad altre 605 persone; le SS con calci e pugni li fecero salire su un vagone ammassati e senza spazio vitale. Il viaggio durò una settimana e Liliana disse di aver vissuto 3 diverse fasi: la fase del pianto, la fase surreale, in cui gli uomini pregavano e lodavano Dio ed infine la terza fase quella del silenzio, quella di massima tensione, si trattava di persone coscienti che andavano a morire, non c’era bisogno di parlare perché gli occhi comunicavano tutto il dolore e la rassegnazione. Arrivarono a Birkenau-Auschwitz, dove le donne furono divise dagli uomini e quella fu l’ultima volta che Liliana vide suo padre. Gli assassini, così Liliana chiama le SS, fecero l’atroce selezione e decisero che sarebbero rimaste circa 30 donne e 60 uomini, gli altri furono caricati su dei camion e andarono direttamente alle camere a gas. Liliana entrò nella sezione femminile di Birkenau ad Auschwitz ed arrivò nella

prima baracca insieme ad altre donne, dove venne denudata, e i soldati che passavano la guardavano come una schiava di cui prendersi gioco, venne rasata e le venne tatuato un numero: 75190. Poi entrò nella seconda baracca dove delle ragazze francesi le spiegarono dove era arrivata, le dissero dei forni e dei gas e che per poter sopravvivere doveva imparare il suo numero in tedesco il più in fretta possibile. Con il passare del tempo il corpo era diventato scheletro, le forze erano calate, ma Liliana per poter sopravvivere a questi orrori decise di estraniarsi, il suo corpo era nel campo, ma il suo spirito no, si rendeva invisibile; teneva sempre gli occhi bassi, non guardava mai i suoi assassini. Liliana era stata scelta per diventare operaia, schiava in una fabbrica dove si costruivano munizioni. In totale vi erano 700 ragazze di nazionalità diverse che lavoravano tutto il giorno senza alcuna sosta. Liliana passò 3 volte la selezione nell’anno che trascorse ad Auschwitz. Le Kapò portavano le ragazze a gruppi nelle docce, e lì tutte nude, dovevano attraversare la sala e uscire attraverso un’uscita obbligatoria, dove un piccolo tribunale di tre persone le guardava e le giudicava e se erano ancora abili al lavoro con un piccolo gesto gelido dicevano di andare via. Liliana ad ogni selezione si ripeteva di non voler morire, non aveva il coraggio di guardare in faccia i “giudici”, si atteggiava con indifferenza e, quando usciva, provava una felicità immensa, era viva. Alla fine del 1945 Liliana e tutti i prigionieri furono obbligati ad abbandonare Auschwitz e cominciare quella marcia detta della morte, il cervello comandava le gambe e i prigionieri facevano un enorme fatica a camminare. Dopo diversi giorni arrivarono nel campo Malchow, nel nord della Germania, dove finalmente le prigioniere avevano la possibilità di osservare ciò che gli stava attorno, vedevano prati, fiori. Le deportate e Liliana erano ormai delle larve, ragazze svuotate e senza più sentimenti. Alla fine del mese di aprile del 1945 aprirono il cancello, le SS liberarono i cani e buttarono via la divisa che aveva terrorizzato miliardi di persone. Arrivarono gli americani e dalla loro jeep bianca lanciarono viveri, lanciarono il gusto della libertà. Liliana ricevette un’albicocca e la mangiò, da lì lei associa il giorno della liberazione al sapore dell’albicocca. “Ognuno di noi è un mondo e se si impegna può fare della sua vita un capolavoro.” Cit: LILIANA SEGRE.

UN UOMO RESILIENTE

Charles Dickens is an and resistant person in

example of a resilient English literature.

His discomfort comes the school and the and the mean to reach resistance is the study.

from abandonment of work at the factory the resilience and

He is considered one of the most important novelists of all time and one of the most popular. He was born in Portsmouth in 1812, he experienced early an experience of humiliation, misery and abandonment, in fact he had an unhappy childhood. His father was imprisoned for debts, and his wife and children, with the exception of Charles, who was put to work in a factory, joined him in the Marshalsea Prison. He described this period of his life in David Copperfield, a novel written between 1849 and 1850 in which David Copperfield’s life was a veiled image of the author’s life. In fact this novel is considered the most autobiographical of the books he has written.

The work is also considered an “industrial novel”, because it reflects the misery experienced during the Industrial Revolution when exploitation of women and children widespread in factories. Despite the abandonment of the school, he didn't lose himself and made a turning point in his life and despite his lack of formal education, he edited a weekly journal for 20 years, wrote 15 novels, 5 novellas, hundreds of short stories and non-fiction articles; he was an indefatigable letter writer and he fought campaigned vigorously for children’s rights, education, and other social reforms. The reason of his great success were: his hard life and his will to improve his life conditions. So I think it is important to mention, as a conclusion, one of the most beautiful lyrics written by the Beatles “Take these broken wings and learn to fly”.

PIEDI, PERCHÉ LI VOGLIO SE HO ALI PER VOLARE? (Cit. Frida Kahlo)

Frida Kahlo è una pittrice messicana, la cui vita è stata costellata da sofferenze ed eventi traumatici, la sua è la storia di una persona capace di trasformare il dolore in arte e le difficoltà in gioia di vivere. Frida Kahlo nasce a Coyoacan, una delegazione di Città del Messico nel 1907 ma scelse di utilizzare come data di nascita il 1910, anno della rivoluzione messicana, di cui si sentiva profondamente figlia. Il padre era un fotografo tedesco, la madre una messicana benestante di origini spagnole e amerinde. Già alla nascita compaiono le prime criticità: Frida è affetta da spina bifida, una patologia sconosciuta che verrà curata come poliomielite. La sua malattia non la bloccò anzi sembrò forgiarne il carattere. Fin dall’adolescenza manifestò una personalità molto forte, unita a un singolare talento artistico, aveva uno spirito indipendente e passionale, riluttante verso ogni convenzione sociale.

Studiò inizialmente al Colegio Alemán, una scuola tedesca, e nel 1922 s'iscrisse alla Escuela Nacional preparatoria. A 18 anni, il 17 settembre 1925, Frida subì un incidente terribile che segnò per sempre la sua vita: l’autobus sul quale viaggiava si scontrò con un tram. Le conseguenze dell'incidente furono gravissime per Frida: la colonna vertebrale le si spezzò in tre punti nella regione lombare, si frantumò il collo del femore e le costole, la gamba sinistra riportò 11 fratture, il piede destro rimase slogato e schiacciato, la spalla sinistra restò lussata e l'osso pelvico spezzato in tre punti, un corrimano dell'autobus le entrò nel fianco e le uscì dalla vagina, impedendole per sempre di diventare madre. Una volta dimessa dall’ospedale fu costretta ad anni di riposo nel letto di casa, col busto ingessato. Il suo primo lavoro fu un autoritratto e per questo i suoi genitori decisero di regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi, e dei colori per dipingere. Frida così, costretta per anni in un letto, inizia a dare vita alla sua serie di autoritratti: “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio":

“AUTORITRATTO CON SCIMMIA”- 1940

“AUTORITRATTO CON COLLANA DI SPINE E COLIBRì” - 1940



Per contribuire finanziariamente alla sua famiglia, Frida decise di sottoporre i suoi dipinti a Diego Rivera, illustre pittore dell'epoca, del quale si innamorò. Nel 1929 lo sposò, pur sapendo dei continui tradimenti a cui sarebbe andata incontro. In quegli anni Frida si accorse di essere rimasta incinta, per poi avere un aborto spontaneo a causa dell'inadeguatezza del suo fisico e ciò la scosse molto. Nel 1939 divorziarono a causa del tradimento del marito con Cristina Kahlo, la sorella di Frida. Diego tornò da Frida un anno dopo: malgrado i tradimenti non aveva smesso di amarla e si risposarono nel 1940 a San Francisco. La sua appassionata storia d'amore con Rivera è raccontata in un suo diario. Pochi anni prima della sua morte le venne amputata la gamba destra, ormai in cancrena. Morì di embolia polmonare a 47 anni nel 1954. Fu cremata e le sue ceneri sono conservate nella sua Casa Azul, oggi sede del Museo “Frida Kahlo”.

La sua vita fu caratterizzata da diversi eventi potenzialmente traumatici che raffigurò nei suoi ritratti: l’incidente con l’autobus, il tradimento del marito Diego con la sorella,

l’impossibilità di diventare madre a causa dei diversi aborti spontanei, il continuo e martellante dolore fisico che l’ha accompagnò per tutta la vita, fino all’amputazione della gamba destra prima di morire di polmonite.

“LA COLONNA ROTTA” - 1944

“OSPEDALE HENRY FORD”- 1932

Il quadro che ritengo più rappresentativo è “Le due Frida” nel quale viene rappresentata la Frida messicana, amata dal marito Diego, che tiene in mano un medaglione con la foto di Diego da bambino e quella abbigliata all’europea, che non è più oggetto d’amore. Le due Frida si tengono per mano, si fanno coraggio a vicenda, i loro cuori sono collegati da una vena il cui flusso è fermato con una pinza dalla Frida europea, a voler simbolicamente bloccare il dolore. Il quadro è particolarmente significativo perché rappresenta le due anime della donna: una rifiutata, l’altra amata. Una non cancella l’altra ma si tengono per mano e l’ambivalenza tra la vita e la morte si integra nella vita di una donna che non ha mai rifiutato ciò che ha incontrato ma ha sempre messo in atto quel processo attivo di resistenza, di autoriparazione e di crescita in risposta alla crisi e alle difficoltà della vita, che si chiama resilienza.

La resilienza e la resistenza implicano infatti molto di più di una semplice capacità di sopravvivere, anzi la persona resistente/resiliente deve intraprendere una dura battaglia, deve percepire nel contempo dolore e coraggio, affrontando in modo competente le difficoltà sia a livello personale che interpersonale arrivando ad integrare l’esperienza di crisi nella propria identità.

“LE DUE FRIDA “- 1939

LIBERAZIONE, UN FENOMENO UMANO

Paulo Freire è stato un pedagogista Brasiliano e un importante teorico dell'educazione. Nacque a Recife (Brasile) il 19 settembre del 1921.Conobbe la povertà e la fame durante la Grande depressione del 1929, questa esperienza fu determinante per le sue teorie sulla povertà e ciò lo aiutò a costruire la sua particolare visione educativa. Nel 1968 scrisse la sua opera più famosa la “Pedagogia degli oppressi” che nel 1970 venne pubblicata in inglese e in spagnolo; in Brasile venne pubblicata nel 1974 a causa delle ostilità da parte delle dittature militari brasiliane verso Freire e i suoi ideali. Nella “Pedagogia degli oppressi” Freire utilizza come punto di partenza per le sue riflessioni il soggetto, le sue condizioni di vita e le cause che le hanno determinate. Freire si concentra particolarmente sulle persone in difficoltà e con situazioni socioculturali negative, definendoli “oppressi”; questi sono sotto il controllo degli

“oppressori” ossia coloro che applicano uno “scetticismo reazionario”, volto al mantenimento dello “status quo”. Gli oppressi utilizzano, invece, una volta presa coscienza di tale condizione, il cosiddetto “radicalismo rivoluzionario” volto al cambiamento dello stato sociale. Nella dinamica oppressori/oppressi, basata su un rapporto di forza che di fatto privilegia l'oppressore, Freire individua due tipi di processi:  Disumanizzazione: violazione dei diritti, l'ingiustizia sociale, la fame e la negazione di accesso alla conoscenza.  Prescrizione: processo particolare d'interiorizzazione dei valori degli oppressori, dove la percezione di cambiamento è intesa nello svoltare da oppresso in oppressore. Freire introduce il processo di “inserzione critica”, vale a dire il procedimento che contrasta la Disumanizzazione e la Prescrizione. L’inserzione Critica comprende tre sotto-processi:  “Presa di Coscienza”: consapevolezza della condizione di uomo come tale e non come cosa o strumento.  “L’educazione Depositaria”: praticata dagli oppressori, in cui gli educandi ricevono le nozioni della cultura degli oppressori mentre l’educatore rappresenta il depositario dei contenuti. Gli educandi sono visti come dei vasi da riempire di nozioni. Gli uomini sono visti come esseri destinati ad adattarsi, uomini spettatori e non ricreatori del mondo. Non esiste creatività, trasformazione, non esiste sapere. L’oppressore pratica questo tipo di educazione per fare in modo che ci sia “l’assolutizzazione dell’ignoranza”, che costituisce il trionfo dell’ignoranza. L’educatore, alienato dall’ignoranza, si mantiene in posizioni fisse, invariabili e irremovibili, sarà sempre colui che sa, mentre gli educandi saranno sempre

coloro che non sanno. La rigidità di queste posizioni nega l’educazione, la conoscenza come processo di ricerca e la vocazione ontologica di “essere di più”. In questo tipo di educazione non è possibile il superamento della contraddizione educatore/educando, oppressore/oppresso perché questa si basa su un tipo di rapporti verticali. 

“L’educazione Problematizzante” comporta il superamento della contraddizione educatore/educando o oppressore/oppresso e porta all’umanizzazione e alla liberazione di entrambi; senza questo superamento non è possibile il rapporto dialogico, indispensabile alla conoscibilità dei soggetti. Questa educazione rappresenta esistenzialmente la vera comunicazione, si tratta infatti di un atto di coscienza. Attraverso il dialogo l’educatore, mentre educa, è educato con l’educando, il quale a sua volta, mentre è educato, anche educa. I soggetti all’interno di questa educazione sono sempre coscienti, e gli educandi, invece che essere recipienti di depositi, sono ricercatori critici, in dialogo con l’educatore, che è anche lui parimenti un ricercatore critico. Il compito dell’educatore è offrire le condizioni in cui si verifica il superamento della conoscenza a livello doxa 1, per mezzo della vera conoscenza che si verifica a livello logos 2. Questa educazione si sforza di far emergere le coscienze, da cui risulta la loro “inserzione critica” nella realtà.

In conclusione Freire afferma che la liberazione degli oppressi è possibile solamente tramite il dialogo, il quale è un fondamento dell’educazione problematizzante. Il dialogo è un’esigenza esistenziale, è l’incontro di uomini, attraverso la mediazione del mondo e non si esaurisce nel rapporto io/tu. La conquista del mondo viene realizzata per la liberazione dell’uomo. Il dialogo è composto da quattro fondamenti che l’educatore deve mettere in pratica:

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