Riassunto Pedagogia hip-hop. Gioco, esperienza, resistenza PDF

Title Riassunto Pedagogia hip-hop. Gioco, esperienza, resistenza
Author Giulia Guzzetti
Course Pedagogia del gioco
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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PEDAGOGIA HIP HOP L’hip hop viene proposto in quanto linguaggio, non unicamente strumento comunicativo ed espressivo ma visione culturale della vita e della società. L’hip hop non è figlio del disagio ma è costruire nuove condizioni, nuovi dialoghi e discorsi, nuove forme dell’educare. Una hip hop based education consiste nel pensare l’educazione come pratica di riscrittura di frammenti e materiali culturali che possono produrre nuove visioni e significati. Le forme artistiche hip-hop abitano, segnano il territorio e vivono in comunità reinventate. Nel linguaggio e nella cultura hip-hop ricorre il termine flow che nello slang indica la modalità con cui il rapper dispensa le proprie rime sul ritmo. Flow è l’esperienza ottimale intesa dal punto di vista emotivo e fisico. Essa è Erlebnis (esperienza frammentata) stato nel quale azione ed attenzione si sovrappongono, è espressione di energia e prestazione di successo. L’hip hop è andato a incidere sulla dimensione della comunicazione, dell’identità, della rivendicazione sociale e politica, del rapporto con il territorio urbano. In Italia i primi a rendersi conto che qualcosa di importante fosse nell’aria sono stati gli educatori, gli operatori sociali che in pima linea nei centri di aggregazione giovanile, nelle scuole, nelle carceri hanno colto come l’hip hop poteva con naturalezza inserirsi nel lavoro quotidiano.

LA CULTURA HIP-HOP IL CONTESTO L’hip hop nasce nel Bronx, quartiere di New York, negli anni 70. Il Bronx era segnato dal degrado, era luogo di bruttezza e disfacimento, di tensioni sociali ed etniche amplificate dalle conseguenze dell’indebolimento delle politiche statali a favore del potere delle multinazionali, della riduzione del welfare e dall’aumento della disoccupazione e del lavoro precario. Nel 1979 il gruppo Surgarhill Gang incide quello che universalmente viene considerato il primo disco hiphop.

HIP-HOP: QUATTRO ELEMENTI, QUATTRO GIOCHI Ogni nuova generazione, per potersi individuare, deve seguire un percorso culturale originale. L’hip-hop si è rilevato afflato di resistenza, occasione per ritrovare identità, senso personale e generazionale, per individui la cui condizione di oppressione era elevata. Giocare si è imposto come strumento per prendersi cura di sé e della propria comunità deturpata dalla violenza, dalle droghe, dal razzismo, per crescere e porti come agenti di cambiamento. Sono 4 i giochi principali che si svilupparono nel Bronx: - breaking: gli adolescenti cominciarono a portare i loro impianti stereo in strada, nelle sale comunitarie, nei campi da basket tra cattedrali di mattoni rossi e cemento di edilizia popolare, per organizzare block party, feste di quartiere. Break dance: i ballerini giravano sulla schiena e sulla testa, imitavano le movenze di robot futuristici, ostentavano acrobazie oltre i limiti della forza di gravità, entravano a turno nel cerchio esibendo le proprie moves (passi) e invitando provocatoriamente gli altri b-boy a fare meglio - djing: il dj era il centro dei parties di strada: era la selezione musicale che avrebbe determinato l’atmosfera, la “vibrazione” della serata, ed era la potenza in decibel del suo impianto di diffusione a determinare la fama e il conseguente successo in termini di partecipazione - MCing: i MC sono i maestri di cerimonia, giovani armati di microfono il cui compito era esaltare la qualità ai piatti, e incitare i partecipanti alle festa e alla danza. Gli MC, i rapper si proponevano quindi come nuovi griots, cantastorie, narratori della quotidianità con i suoi eroismi, le sue bassezze e le sue contraddizioni - writing: i writers erano giovanissimi che cominciarono ad imporre la propria presenza scrivendo il proprio street-name, “nome di strada”, ovunque sui muri del quartiere. Le prime tag erano piuttosto leggibili, presto però, i writers cominciarono a intrecciare le lettere e deformarle fino a rendere molto difficile la loro lettura, lasciando solo allo stile caratterizzante il collegamento con l’autore. Le lettere cominciarono a mutare, a gonfiarsi e ad esplodere, nacque quello che venne definito wild style, lo stile delle lettere piegate, deformate, incastrate. Le origini di questo termine non sono certe: alcuni affermano che l’hip-hop indica un concentrato di intelligenza e movimento. Per altri proveniva dall’abitudine dei primi rapper di giocare con queste sillabe per improvvisare rime.

OLTRE I QUATTRO ELEMENTI Il block party I block parties sono feste organizzate nelle sale ricreative alla quale partecipano persone comuni di età diversa. In genere gli organizzatori erano i dj, insieme alla propria squadra, la crew, con la quale si occupavano dell’aspetto tecnico, della promozione e del servizio d’ordine. Durante l’evento i dj si alternavano ai piatti, gli MC al microfono, i breakers ballavano. I parties di strada si rivelarono un’esperienza profonda, esistenziale e politica, ludica e di resistenza, uno spazio all’interno del ghetto in cui le relazioni tra le persone riconducevano a una società diversa.

Gli street-names Lo street-name è la possibilità di crearsi una nuova identità. Un altro gioco dei nomi è l’AKA (“also known as” - “anche conosciuto come”) ossia di secondi, terzi, quarti nomi, attraverso i quali in alcune situazioni gli hiphoppers si riferiscono a se stessi. Questi ulteriori appellativi vengono scelti spesso per sottolineare alcuni aspetti di sé, fino talvolta a creare veri e propri alter ego.

Posse e crew

I b-boy non sono artisti solitari ma si raggruppano in “squadre”, definite crews o posse. Si tratta di formazioni, gruppi di affinità, in cui si riuniscono per sfidarsi nelle 4 discipline, ma anche “tribù”, luoghi in cui soddisfare i propri bisogni affettivi, di protezione e apparenza, spazi di apprendimento, atomi sociali fondanti la comunità. I componenti più esperti non solo hanno la responsabilità di insegnare le arti hip hop, ma divengono per i giovani riferimento a 360°, dispensatori della cosiddetta street-knowledge, l’insieme delle competenze fondamentali alla sopravvivenza in strada.

La street fashion La street fashion hip hop nasce nel ghetto in controtendenza con le mode mainstream del momento, sorge dall’esigenza di definire identità e appartenenza. Semplici tute e scarpe da ginnastica. Si impone l’abitudine di indossare capi di taglie molto maggiori rispetto a quelle adeguate.

Lo street-language Nel contesto hip hop si è evoluto, a partire dal gergo di strada, un arcipelago di vocaboli e locuzioni che ha generato un patrimonio linguistico specifico, ricco e complesso, spesso non comprensibile all’esterno dai non iniziati.

Giocare con la tecnologia Gli hiphoppers si pongono con atteggiamento attivo, portatori di un’attitudine “sfrontata” volta a piegare ogni nuovo “giocattolo” ai propri scopi. Possiamo parlare dei b-boys come hackers, individui dotati di grande curiosità che si approcciano alle macchine con spirito iconoclasta e creativo. Il contributo più importante alle pratiche di hacking dell’hip hop è il campionatore. Si tratta di uno strumento in grado di gestire frammenti di musica preregistrata al fine di utilizzarli all’interno di composizioni musicali.

DA AFRIKA BAMBAATAA ALLA PROSPETTIVA GLOBALE Fu Afrika Bambaataa, ex leader di una delle più temute gang di New York, a intuire il valore educativo insito nella cultura hip hop. Fondò un’organizzazione denominata Universal Zulu Nation al fine di coinvolgere e sostenere nel loro percorso artistico giovani e giovanissimi interessati alle 4 discipline, ai quali proponeva inoltre un più ampio cammino di crescita personale. La lista di regole che definissero l’identità dell’organizzazione: - la Zulu Nation non è un’organizzazione di individui in cerca di successo, pace, conoscenza, saggezza, comprensione e giusta forma di vita - i membri devono cercare i modi di sopravvivere positivamente in questa società - le azioni negative sono azioni che appartengono agli ingiusti; gli Zulu devono essere civilizzati. Bambaataa non esigeva dai suoi adepti la conversione a un particolare credo religioso, ma riteneva che fosse fondamentale che ogni b-boy trovasse la propria dimensione spirituale per elevarsi dal materialismo della cultura dominante. Una delle attività principali della Zulu Nation era l’organizzazione di feste di strada, zulu parties, eventi ai quali potevano partecipare ragazzi di qualsiasi gang, di ogni quartiere, a patto di non provocare disordini.

Il rap diventa un fenomeno di massa. Una delle ragioni che ha sostenuto questo processo è il fatto che ragazzi di tutto il mondo ritrovano nelle 4 discipline elementi premoderni. Attraverso i canali espressivo hip hop si ritualizzano riti e forme d’arte tradizionali. Oggi sono sorte crews che attraverso l’hip hop riscoprono il valore dei propri dialetti, rigenerano l’arte e le tradizioni del passato per reagire creativamente a vissuti comuni di frustrazione, rabbia e desiderio di rivalsa, ricerca di identità, tensione ad apprendere di sé e del mondo, costruire significati in contesti sempre più complessi e frammentati.

PEDAGOGIA HIP-HOP TRACCE DI PEDAGOGIA HIP-HOP Nella cultura hip hop i giovani hanno modo di abitare un mondo alternativo in cui poter essere altro da sé; ciò avviene grazie alla sperimentazione delle 4 discipline artistiche intese come luogo di espressione di sé e insieme spazio di confronto e di gara in un contesto sociale protetto. Gli hiphoppers sono posti all’interno di un setting protettivo, uno spazio in cui esplorare nuove possibilità e potenzialità. Ogni adepto è chiamato a porsi in gara con i pari, sollecitato a migliorare le proprie prestazione nelle diverse discipline: l’improvvisazione rap, la danza nel cerchio, la manipolazione dei vinili, l’evoluzione delle lettere sui muri. Il breaking è danza “spezzata” fatta di fusione di gesti provenienti da stimoli e immaginari differenti che insieme trovano la propria unità nel ritmo. Nel writing le lettere si destrutturano e ristrutturano ritrovando armonia nell’incastro dei propri componenti. Il dj costruisce i propri set lavorando con brevi segmenti musicali. Grazie all’hip hop e alle specifiche caratteristiche delle sue forme espressive molti giovani hanno la possibilità di produrre apprendimento significativo: - remixare: rielaborare frammenti sonori di diversa natura - narrare: la composizione dei testi rap ha ricondotto molti giovani alla pratica della scrittura. Il testo rap nasce per essere recitato, ripetuto più volte in situazioni e momenti differenti; questo permette al ragazzo di entrare in contatto con il proprio vissuto permettendo una rielaborazione differente - forme nuove dall’individuo alla città: nelle arti del breaking e del writing l’approccio cognitivo della scrittura del testo rap lascia spazio alla dimensione preverbale e la danza permette di modellare il corpo. L’hip hop è lo strumento per stimolare un approccio critico alla realtà. Il valore pedagogico è quindi l’esplorazione volto all’emersione di domande e ipotetiche risposte.

HIP-HOP: UN GIOCO PER CRESCERE Ogni gioco è un luogo in cui “non si vive la vita ordinaria, vera, ma ce ne si allontana per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità propria”. Chi è coinvolto nell’hip hop è chiamato a fronteggiare continue situazioni di gara, e allo stesso tempo a popolare un mondo magico in cui si è altro da sé, ponendo una linea di demarcazione tra il vissuto della realtà quotidiana e il contesto. Nel contesto del gioco è conferita la licenza di “essere altro”, di esplorare territori inediti, di camminare su strade ritenute impraticabili. Acquisendo uno street-name nella cultura hip-hop si attraversa una soglia, sancisce un cambiamento, l’ingresso in un capitolo nuovo della propria vita. Un gioco per essere tale deve incorporare insieme la dimensione della libertà e quella della regola. Il potere trasformativo dell’hip hop è assicurato dal fatto che la realtà non si risolve in uno spazio di evasione dove tutto è lecito ma si concretizza come territorio di messa alla prova, un dispositivo dove ai partecipanti è richiesto di giocare sempre al meglio le proprie risorse. L’adolescente che si avvicina all’hip hop si ritrova in un contesto di sperimentazione, uno spazio transizionale in cui mettersi in gioco. Tecnica, originalità, stile sono parole fondamentali per gli hiphoppers. Affinché si possa verificare il flow è necessario che siano soddisfatte alcune condizioni: - gli obiettivi dell’azione devono essere percepiti come a portata dell’individuo - tali obiettivi devono essere posti dall’individuo in autonomia - la motivazione dell’azione deve essere intrinseca e risiedere nell’azione in sé.

L’hip hop è esperienza non imposta, vi si partecipa per scelta, comprende una varietà di possibilità di coinvolgimento che permettono al giovane di applicarsi nel campo in cui si percepisce maggiormente predisposto.

RACCONTARSI IN RIMA I testi carichi di valore sociale vengono considerati “positivi” mentre ai ragazzi che scrivono in modo troppo “esplicito” viene chiesto di parlare di altri argomenti e di essere maggiormente “costruttivi”. Si diffuse la tendenza a comporre e incidere canzoni che si mostravano come veri e propri spleen del ghetto: accompagnati da basi lente ricche di melodia malinconica, tali poesie di strada raccontavano la difficoltà della vita nel quartiere, l’infanzia difficile, la sensazione di impotenza, il dolore per gli amici scomparsi nelle guerre fra gang, ma anche l’effetto nei confronti di chi era stato loro vicino alimentando la forza per andare avanti. Molti ragazzi scrivono in rime originali per raccontare in prima persona squarci della propria vita; è concesso utilizzare il proprio lessico quotidiano, parlare di argomenti scabrosi, insultare il padre che è andato via, rendere esplicita la rabbia verso l’insegnante che “non mi capisce”. Scrivere di sé può rivelarsi un efficace strumento di mediazione tra il soggetto e il mondo e tra il soggetto e sè stesso. Scrivere significa rivivere l’esperienza conferendole una nuova forma, ri-costruirsi producendo una nuova percezione di sé e del contesto. La narrazione si rivela uno strumento per imporre un passo indietro rispetto al proprio vissuto diretto, si fa specchio per divenire spettatori di sé oltre che attori, per prendere coscienza della direzione verso la quale ci si sta muovendo ponendola in relazione dialettica con quella desiderata. Il testo rap è scrittura in versi; cimentarsi nella sua composizione significa rispettare delle regole. È necessario rispettare la metrica affinché il pezzo possa “fluire” sul beat, la base. Il testo rap nasce per essere recitato oralmente. Un altro aspetto da tenere in considerazione è il fatto che lo stesso testo di reincarna in diverse situazioni; viene riproposto più volte, in prova e nella performance, in tempi e luoghi differenti. Ogni volta che il testo viene recitato l’artista rinnova il confronto con i primi vissuti, “fa esperienza dell’esperienza”, attiva un processo che potenzialmente può generare apprendimento significativo.

REMIXING THE WORLD

Le fondamenta dell’hip hop si trovano nella figura e nella pratica del dj. Ogni produttore, realizzando i propri beats (basi strumentali), può avere l’opportunità di entrare in contatto con le proprie radici e quelle della propria comunità. Il sampling ha forti ripercussioni nei processi di costruzione delle identità individuali. La produzione musicale diventa uno specchio nel quale vedersi e contenersi senza dover operare forzate scelte a priori. Rielaborando e riposizionando elementi sonori, il produttore hip hop ripercorre la propria identità e quella del gruppo sociale di appartenenza. Sebbene sia evidente una certa insofferenza degli hiphoppers verso l’autorità, e che la stessa musica rap sia un elemento di rottura rispetto alle generazioni precedenti, essa in seguito può riaccompagnarli a porsi in relazione in modo inedito nei confronti delle proprie origini. Saper “campionare e miscelare contenuti mediali dando loro significato” è la competenza che Jenkins definisce “appropriazione”. Sostiene che reimmaginando e connettendo parti di prodotti culturali è possibile giungere a comprendere questi oggetti in modo più profondo, in quanto tale pratica ha bisogno di un attento lavoro di analisi. La pratica del sampling obbliga a porre una particolare attenzione al materiale con cui si entra in relazione, alle sue parti, a dirigere energie e attenzione su particolari specifici, lasciare fluire l’istinto e la ragione a partire da ciò che gli stimoli e le forme esperite possono evocare.

GIARDINIERI DELLA NOTTE Nel writing la firma è il dipinto, il nome è l’illustrazione; c’è una perfetta coincidenza tra il soggetto e il significante che indica l’identità del suo autore. Alcuni psicoterapeuti hanno visto nella tag un atto compulsivo, azione guidata da sterilità e impotenza, atto trasgressivo votato a un’escalation di distruttività. Se per tagging intendiamo l’azione di scrivere ripetutamente il proprio nome sul muro, possiamo immaginare che per alcuni individui tale pratica possa essersi radicata come sintomo di un qualche disturbo psicologico; considerando invece l’atto in questione inserito nel più ampio contesto della cultura hip hop, è possibile pensare che esso possa essere “scintilla” per l’attivazione di processi evolutivi, di apprendimento.

Nel caso dei graffististi lo scopo non è distruggere, imbrattate, sporcate, ma acquisire gradualmente un’identità. Il nome disegnato deve mantenere una propria qualità estetica, ma non si tratta della bellezza standardizzata, nel writing il parametro fondante non è l’armonia classica, ma una dimensione nella quale si accetta la frammentarietà, la non-chiarezza. La lettera si fa simbolo. I writers agiscono di notte, territorio di Eros e Tanathos, stabiliscono una relazione di intimità con la città. Se ideare le opere a bomboletta è occasione di imparare di sé, invadere gli spazi urbani per dipingere è la possibilità per imparare dalla propria città, dal proprio territorio. In tutto ciò non lo si può dimenticare l’azione illegale.

CORPI E STRADE Il ballo hip hop è un’attività fisica che connette l’abilità tecnica, la forza muscolare del ginnasta e la sua tensione agonistica, con l’espressività della danza, il tutto condensato in coreografie, simili alle scritte elaborate dai writers, destrutturate e sinuose allo stesso tempo. La danza hip hop non si risolve unicamente in una serie di figure e passi; essa rimette il corpo al centro. I colpi del corpo a corpo delle risse si trasformano nei movimenti dei danzatori, che talvolta ne mimano esplicitamente il gesto, e si pongono come strumenti di mediazione tra l’individuo e la carica di aggressività accumulata crescendo in quello specifico contesto sociale. Le moves, i passi, sono movimento consapevole, sono ricerca della forma generata da ore e ore di allenamento in strada, un lavoro approfondito di mediazione tra il sentire e il gesto, finalizzato a dare forma al proprio vissuto emotivo, a costruire un tessuto narrativo attraverso i movimenti. Nei breaking lo scontro è vero, la sfida è parte delle regole del gioco; evidenzia riti di iniziazione. Il rito si consuma nel cerchio dei b-boy, luogo delimitato dagli stessi ballerini e dal pubblico, testimoni e membri attivi della celebrazione. Le grida e gli applausi di approvazione del cerchio fanno sì che il breaker si senta accolto nel gruppo e nella comunità.

CONSCIOUS HIP-HOP L’hip hop nasce in un contesto segnato da razzismo, violenza, difficoltà economiche in totale assenza di tutela da parte delle istituzioni. Accanto al rap allegro e in opposizione al gangsta rap e al cosiddetto bling-bling, è presente una corrente in cui le dimensioni dell’oppressione e dell’ingiustizia vengono problematizzate nei testi. Runnel afferma che l’hip hop non può essere utilizzato in contesti educativi senza prima capire il ruolo che l’oppressione gioca nel suo sviluppo. La vita nel ghetto rappresenta un esempio di disumanizzazione intesa come la mancanza della serenità economica che supporta il poter fare. La cultura hip hop sorge in questo panorama, e si pone quale elemento di resistenza attraverso il proprio agire ludico. Nella cultu...


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