Pedagogia generale riassunto completo cambi PDF

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Course Pedagogia generale e sociale
Institution Università degli Studi Internazionali di Roma
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PEDAGOGIA GENERALE Identità, percorsi, funzione - F. Cambi, M. Giosi, A. Mariani, D. Sarsini

PARTE PRIMA – L’IDENTITA’ POST-MODERNA DELLA PEDAGOGIA GENERALE CAP 1 – Una frontiera sotto inchiesta: ma da tutelare e rilanciare Se in passato parlare di pedagogia generale significava includere tutta la pedagogia, oggi non è più così, il quadro della disciplina – in tutte le sue branche – è profondamente cambiato ed è stato proprio il ‘900 a portare a questo, collegando la pedagogia ad altre discipline e quindi all’interpretazione dei dati derivanti da esse. Ciò ha portato ad un cambiamento anche dell’immagine e della funzione della pedagogia generale: c’è chi pensa sia solo un preambolo delle altre scienze dell’educazione, o una sintesi di queste, o uno spazio in cui definire i problemi educativi da sottoporre a ricerca scientifica, o ancora un “dispositivo” che attraversa i settori educativi per affrontare appunto tale argomento ecc. Tutte queste posizioni hanno del vero e la pedagogia (generale) diventa una riflessione generale (libera e aperta) su tali questioni, per questo si pone come l’ambito principale della pedagogia, sia per il suo stile cognitivo che per la sua funzione. Si può dire che la pedagogia generale diventi un punto di riferimento attraverso il suo stile critico e riflessivo, infatti la sua funzione è di unire tutti gli aspetti pedagogici fra di loro e a tutto ciò che può provenire da altre discipline o dal contesto esterno. Perciò si può parlare di un ruolo sia generativo che regolativo della disciplina, che accompagna i saperi che stanno al suo interno senza prevaricarli. Quindi la pedagogia generale: -

ha una funzione generativa e regolativa

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ha un’identità critica (che si lega alla filosofia come discussione dei fondamenti dei saperi)

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si pone come esercizio critico rispetto alle questioni che tratta (principalmente educazione/formazione)

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deve permanere al centro della pedagogia in quanto assume il ruolo critico di sintesi, legittimazione e focalizzazione

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è il settore chiave della pedagogia che ne racchiude il senso (rispetto al passato), ma che porta anche a un continuo ripensamento della disciplina (dati i dibattiti verso il futuro)

Tuttavia, nella dimensione attuale di un sistema socio-economico improntato sull’efficienza/funzionalità, la pedagogia generale viene emarginata: si è aperto un dibattito per cui essa viene considerata superflua, segno delle concezioni passate da superare. Quindi essa viene vista come un ostacolo all’avvento di un’educazione “razionalizzata” (in termini weberiani) in cui si mira appunto a funzionalità ed efficienza. Però il negare o meno la pedagogia – nella sua identità riflessiva – dipende sempre dall’interpretazione dell’epoca (del presente e del futuro), quindi a orientare la decisione è ancora la filosofia e il senso critico. Allora la pedagogia generale va legittimata, potenziata e definita.

CAP 2 – problemi, teorie, modelli e … dibattiti: le frontiere della pedagogia generale La pedagogia generale nella sua riflessività si articola attorno a tre nuclei (problemi, teorie, modelli) e lo fa attraverso un dibattito sempre più complesso. si può partire dai problemi che emergono nel contesto educativo/formativo e che hanno bisogno di essere analizzati/interpretati: dai più tradizionali (relazione educativa fra genitori e figli) ai più attuali

(multiculturalità); ma si tratta sempre di problemi che derivano dalla pratica e si collegano a dati di discipline specializzate (quali antropologia culturale o sociologia), ma che tuttavia hanno bisogno di essere sottoposti a un dibattito aperto, critico e riflessivo che solo la pedagogia può generare. Basta considerare l’esempio della relazione educativa: esso si nutre delle scoperte delle altre discipline, i cui risultati si dirigono verso l’ambito educativo; perciò il tutto veicola fra le scienze e la riflessività/intenzionalità pedagogica, grazie a cui si aprono molti orizzonti. Perciò la pedagogia generale diventa una “tutrice” del senso e dell’obiettivo dell’educazione e anche un esercizio di riflessività aperta, un modo di pensare/organizzare l’educazione. Un altro esempio è quello dell’intercultura, i cui dati derivano da discipline “specializzate” in tale ambito, ma la discussione, riflessione ed elaborazione di obiettivi/soluzioni deriva dalla pedagogia generale. Questa attua il dibattito e al tempo stesso ne definisce le modalità. A questo punto si potrebbe pensare l’ambito/modalità della pedagogia (generale) come confuso o poco utile, ma non è così: sia perché oggi è quasi impossibile trovare una disciplina i cui confini sono netti, sia perché la pedagogia fa del dibattito e dell’intreccio dei suoi argomenti una risorsa, non un limite, un modo per pensare i problemi oltre che per affrontarli. Quindi la pedagogia generale verte su problemi, teorie, modelli; i problemi possono essere tradizionali o meno, ma in ogni caso devono essere affrontati attraverso una riflessività aperta, poiché la pedagogia ha proprio il compito di tenere viva l’intenzionalità pedagogica in ogni suo ambito (e lo fa attraverso il dibattito critico), coltivando il “senso” del pedagogico.

CAP 3 – Ottica della formazione e “soggetto postmoderno” Quindi si è visto che la pedagogia generale si lega alle scienze dell’educazione da un lato e alla riflessione sull’educativo dall’altro. Per quello che riguarda le scienze dell’educazione essa ha un ruolo di interpretazione e coordinamento, poiché rappresenta/tratta l’oggetto specifico dell’ambito pedagogico. Oggi la questione è diventata ancora più complessa poiché il concetto di educazione è stato revisionato: in passato essa serviva alla costruzione di un soggetto secondo regole sociali e guidato da inculturazione, apprendimento e conformazione, oggi il fulcro della pedagogia diventa la formazione (che ha qualcosa in più dell’educazione). Quindi bisogna chiarire cos’è la formazione, porla al centro della pedagogia generale e poi di un contesto più ampio che ha portato a una nuova concezione del soggetto (come più libero, autonomo, ma anche problematico). -

Cos’è la formazione? E’ il processo di crescita, sviluppo, orientamento che fa del soggetto ciò che è e verte soprattutto sulla vita interiore di questo che porta al superamento della materialità per finire verso la spiritualità, lo sviluppo dell’io e della personalità. Perciò si può dire che la formazione sia lo sviluppo del soggetto nella sua umanità, il quale cresce nella costante mediazione tra coscienza individuale e oggettività culturale. Questa concezione risulta valida nella riflessione pedagogica da Socrate in poi, forse anche prima: ogni uomo deve risvegliare la propria interiorità, conoscersi. Tale nozione era al centro della paideia classica e cristiana (pedagogia greco-romano-cristiana), fu poi rilanciata nell’Umanesimo e Rinascimento (Europa e Italia) e trascritta in tedesco con la nozione di Bildung a fine ‘700, cosa che si è protratta fino ad oggi. E’ stata proprio la Germania, con il concetto di Bildung (e il contributo della filosofia), il contesto in

cui si è definito il concetto di formazione, come qualcosa che accompagna tutta la vita dell’uomo, contrassegnato da scienza e cultura. -

In che rapporto sta con l’educazione? La formazione, come “vita spirituale” implica inculturazione, apprendimento e socializzazione e infatti è grazie a questi processi che la cultura arriva all’individuo; allora l’educazione, come unione delle tre componenti, sta alla base della formazione, però quest’ultima va oltre, spostandosi sul piano personale, interiore, spirituale. Si può dire che l’educazione trasmette e conforma il soggetto, la formazione lo coltiva nella sua individualità (di essere singolo e creativo). Perciò fra educazione e formazione c’è un rapporto di continuità e discontinuità, di integrazione e opposizione: c’è un rapporto dialettico.

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Quale mutamento socio-antropologico ha alle spalle? Sullo sfondo del “rilancio” moderno del concetto di formazione ovviamente ci sono questioni socioeconomico-culturali: nel presente ogni soggetto si deve mostrate responsabile e attivo di fronte al cambiamento, deve farsi “individuo” nel senso di saper guidare se stesso.

Coltivare l’umanità – Martha Nussbaum Per coltivare l’umanità nel mondo attuale sono essenziali tre capacità. 1.

La capacità di giudicare criticamente sé stessi e le proprie tradizioni: non accettare verità date per vere dalla tradizione o dall’abitudine, mettere in gioco le credenze e accettare solo quelle che resistono a coerenza e razionalità. Per fare questo è necessario saper ragionare in modo critico e sfidare la tradizione. Questo fece Socrate quando, accusato di corruzione verso i giovani ateniesi, cercava di risvegliare la democrazia per renderla più saggia e razionale. Ed è questo che ci serve oggi: superare il ragionamento avventato e disattento, preferire il dibattito e realizzare il fine della democrazia.

2. I cittadini devono concepire sé stessi non solo come membri di una nazione o di un gruppo, ma anche come esseri umani legati al altri esseri umani da interessi comuni e dalla necessità di un reciproco riconoscimento. Tutti ci pensiamo come parte di un gruppo o categoria, solo dopo ci riconosciamo come esseri umani e per questo trascuriamo bisogni o capacità che ci legano a cittadini che vivono lontano da noi, precludendoci possibilità di comunicazione, amicizia, ma soprattutto ignorando responsabilità. 3. Il terzo requisito potrebbe essere inteso come “immaginazione narrativa”, ossia la capacità di mettersi nei panni di un’altra persona e di capire la sua storia (emozioni ecc) e questo non significa mettere da parte il proprio senso critico, perché comunque nel fare ciò si mantengono la propria identità e giudizi. Ma alla base del giudizio (giusto, responsabile e razionale) c’è la conoscenza, e per questo è necessario comprendere l’altro attraverso l’immaginazione. Tuttavia per essere cittadini “intelligenti” bisogna far entrare in gioco molti altri fattori, ma soprattutto non bisogna dimenticare il debito che deriva dal passato e non solo dalla propria tradizione (si commetterebbe un errore pensando solo a questa), ma da molte. Perciò dato che il mondo in cui viviamo è complesso, bisogna cercare di comprenderlo nel miglior modo possibile e ciò avviene attraverso i nostri sforzi e speranze.

CAP 4 – La costruzione di teorie di riferimento Anche in pedagogia è fondamentale la costruzione di teorie, cioè quadri generali o modelli in grado di orientare la comprensione dell’oggetto di studio, cioè l’educazione/formazione. Esse interpretano settori o momenti dell’argomento trattato e si offrono come via per dominare e orientarsi nell’ambito di ricerca. E’ importante quindi sottolineare la loro centralità nell’indagine scientifica.

Anche in pedagogia, come nella scienza, le teorie guidano le varie procedure anche se qui hanno origine speculativa/ideologica o mediano fra ambiti di ricerca scientifica e l’educazione. Quindi avviene un incontro – e di conseguenza scontro – fra le diverse teorie pedagogico, un confronto sempre attivo, già con Socrate e Platone. Da sempre la pedagogia produce teorie, però oggi è bene che queste non rimangano più valide solo a livello astratto, ma che venga dato loro rigore scientifico, perché possano diventare criteri formali veri e propri e quindi ipotesi. Perciò le teorie guidano il lavoro pedagogico e oltre al dibattito che deriva dal loro confronto, bisogna tenere conto della complessità dovuta al pluralismo che c’è già a livello di modelli teorici (fra scienza, filosofia ecc).

CAP 5 – Paradigmi-guida per le teorie attuali: complessità, differenza, ecologia ecc. Le teorie che animano attualmente la pedagogia generale hanno avuto successo sia in campo scientifico che filosofico, ponendosi come produttive sia a livello dei saperi che per la vita sociale di oggi. Le teorie-guida di cui si parla sono quelle connesse alla complessità, alla differenza, all’ecologia ed esse assumono un ruolo preciso del definire il “pedagogico” nella società attuale, imponendo un confronto continuo con le scienze. -

Le teorie della complessità sono interdisciplinari ed emergono dalla riflessione scientifica, epistemologica, filosofica, ma agiscono da tempo sul fronte pedagogico. La complessità mette in luce la varietà del linguaggio e dei temi della pedagogia, così come degli ideali ed essa si è inserita anche nel modo di pensare la formazione, che va vista come un processo dinamico, aperto e plurale. Questo perché è cambiata anche l’ida di soggetto (non è più unico e

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lineare) e di cittadinanza (si pensi alla globalizzazione). Allora bisogna “formare alla complessità”. Le teorie della differenza sono esplose nella cultura del ‘900 proprio attraverso le scienze umane, ma anche attraverso la filosofia, il femminismo ecc. La differenza si è posta come misura per pensare l’educazione e la formazione, attraverso modelli che valorizzino pluralismo e disomogeneità.

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Le teorie dell’ecologia vedono come l’ecologia, da scienza legata allo studio ambientale, si sia fatta strada fra i vari ambiti della conoscenza e dell’esperienza, diventando parte della formazione che è al centro della cultura non solo per un collegamento con l’ambiente, ma anche con la mente. L’ecologia quindi diventa un modello e un valore che deve essere messo a fuoco per pensare l’io, la mente e la relazione fra soggetti. Ma c’è ancora molto lavoro da compiere.

Accanto a questi tre paradigmi guida ce ne sono altri, legati alle teorie della tecnica o del soggetto; in ogni caso bisogna sottolineare che la pedagogia generale, come aspetto trasversale (fra le discipline) è collegata alla filosofia.

Percorsi di lettura Oggi (e non solo) ci sono teorie-chiave a livello pedagogico che devono essere comprese e discusse, le principali sono quelle relative alla complessità, differenza ed ecologia. -

Il paradigma della complessità (E. Morin) Complessità deriva da “complexus” e indica un insieme di costituenti eterogenei associati (pone così il paradosso dell’uno e del molteplice), ma indica anche il tessuto di fatti/azioni che costituiscono l’esperienze e quindi si presenta come ambiguità, disordine e incertezza. C’è la necessità di mettere ordine quindi, ma ciò non va attuato diventando “ciechi” al diverso, per questo oggi la complessità è tornata alla scienze e chiede di essere affrontata senza occultamenti. La difficoltà sta quindi nel dover affrontare l’incertezza e la contraddizione. Bisogna diventare più sensibili alle carenze del pensiero attuale e alle sue patologie, poiché siamo

ancora intrappolati nella “preistoria della mente umana” e l’unica cosa che permette di evadere da

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ciò è il pensiero complesso. Itinerari di pedagogia della differenza (F. Cambi) Il modello di pedagogia “della differenza” (come pluralismo e alterità) si è costruito in varie aree linguistico-culturali assumendo connotati sensibilmente diversi; questo paradigma si è sviluppato notevolmente in Francia e da qui è giunto in Italia (sulla scia di vari filosofi e studiosi) come pedagogia critica e utopica che si è posta come sfida al modo di fare pedagogia del passato e del presente. Vuole rivendicare l’autonomia e la “creatività” della pedagogia. In Italia però tutto questo si è presentato in modo diverso rispetto alla Francia poiché (a) il tutto è stato meno al centro del dibattito pedagogico, (b) c’è stato uno schieramento meno compatto, anche a livello politico e infine (c) è mancato un punto di aggregazione teorica e “politica” che permettesse la diffusione e il confronto di tale pedagogia con gli emergenti tecnicismi e altre teorie scientifiche/psicologiche. Quindi accusata di essere irrealistica e “sognatrice” questa pedagogia è stata messa da parte, ma

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la sua dignità è ancora intatta e ha bisogno di essere riscoperta. Ecologia e educazione (E. Bardulla) Gli aspetti educativi dell’ecologia fanno riferimento in primo luogo alla denuncia della degradazione dell’ambiente e alle conseguenti preoccupazioni riguardo il futuro della specie/vita umana: in questo senso si articola quindi una campagna pedagogica di sensibilizzazione, favorita dalla neutralità e universalità del problema. Ci si concentra quindi sull’urgenza di diffondere tali messaggi, per cui vengono coinvolti anche i mass media e la scuola o associazioni/organizzazioni del tempo libero. Per quanto riguarda la scuola si pone il problema di come inserire nei curricoli tali tematiche (si pensa di affrontare la cosa in modo sempre più generale dalla scuola primaria all’università, quindi da parte di programma di più discipline il tema ecologico entra a far parte di discipline a sé); se invece ci si orienta verso un approccio romantico di apertura e sensibilizzazione alla natura allora si passa la responsabilità ai gruppi che operano nel tempo libero. Quindi si crea una distinzione fra insegnamento dell’ecologia ed educazione ambientale, ma in entrambi i casi l’obiettivo è la consapevolezza.

CAP 6 – Lo stile “saggistico” della pedagogia generale Come si articola il discorso pedagogico? Esso ha caratteri riflessivi e generali da una parte e critici/problematici dall’altra. Per questo si può arrivare a dire che si tratti di un discorso filosofico, se si intende la filosofia come riflessività critica e problematizzante, che tiene sempre aperte le sue tematiche. Così la pedagogia generale discute in modo aperto i suoi problemi, partendo da più punti di vista e proseguendo con il confronto. Sono molti i tipi di discorso filosofico a cui si può fare riferimento, ma il principale è quello saggistico. Il saggio è un discorso critico e aperto, che punta ad argomentare più che a dimostrare; da Montaigne a Nietzsche, da Kierkegaard a Schopenhauer il saggismo è cresciuto fino al ‘900 per arrivare ad oggi. Perciò si offrono orientamenti, non soluzioni alle questioni e il saggismo diventa riflessività allo “stato puro”.

CAP 7 – Il modello educativo/formativo del e per il nostro tempo Abbiamo visto che la pedagogia ha sì un compito riflessivo, saggistico ecc, ma la sua funzione più importante è quella di mettere a punto il modello educativo maggiormente adeguato e per farlo deve essere in linea, dialogare con il tempo storico in corso, ma può essere anche in opposizione ad esso, talvolta. Si vede che la società moderna è definita dal Postmodernismo, dal Disincanto, dal Cambiamento, ma anche dal nihilismo, inteso come liberazione, possibilità, rinnovamento, scoperta, come attivo e positivo quindi.

Si richiede perciò che il soggetto sia libero, autonomo, creativo, aperto, dinamico, responsabile e per questo l’educazione richiede/reclama la formazione. Il compito che si ha verso i giovani è quello di far crescere la loro interiorità. Il mondo attuale, definito da una società della partecipazione e dell’agire responsabile, richiede soggetti forti nella loro iniziativa e libertà. Questo modello ovviamente ha interpretazioni diverse: chi ne coglie il positivo (libertà e innovazione), chi il negativo (incertezza, scetticismo, relativismo); ma in ogni caso si vuole rispondere allo stesso problema e le prospettive diverse diventano semplicemente uno stimolo per il dibattito e la ricerca.

CAP 8 – Costruire la “forza del carattere” Se quindi il soggetto si deve formare in questo modo per questo tipo di società, deve essere dotato di una buona “forza del carattere”, ma un carattere inteso in modo “soft”, come identità disponibile a stare con gli altri e in grado di orientare se stesso. Il carattere è coscienza di sé, volontà di essere sé stessi e di agire nel mondo, ma è anche sensibilità intrapersonale e interpersonale e a questo deve puntare la pedagogia. Ciò può avvenire risvegliando i giovani alla cura di sé e alla coltivazione del carattere verso l’unicità personale: tale risveglio è sì etico, ma anche estetico, in qualità di “darsi-forma” e di crescita continua. Si tratta di un esercizio che dura tutta la vita, c...


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