Giorgio Vasari - Barbara Agosti PDF

Title Giorgio Vasari - Barbara Agosti
Author francesca infanti
Course Storia della critica d'arte
Institution Università degli Studi di Firenze
Pages 10
File Size 256.1 KB
File Type PDF
Total Downloads 87
Total Views 131

Summary

riassunto di Luoghi e tempi delle vite...


Description

GIORGIO VASARI LUOGHI E TEMPI DELLE VITE Barbara Agosti

Nel 1550, dallo stampatore ducale di Firenze Lorenzo Torrentino, venne stampata e pubblicata la prima edizione delle Vite vasariane. L’opera storiografica di Vasari segna una rottura radicale, e propriamente fonda la moderna storia dell’arte. Preceduto da tre introduzioni (le cosiddette “Teoriche”) intitolate alle tre arti e a volte a fornire modelli per le pratiche operative degli artisti, il racconto storico delle Vite si articola in tre età progressive, ciascuna delle quali è inaugurata da un proemio che ne mette in luce le peculiarità. I.

Individua nella pittura non più bizantina ma “romanza” di Cimabue l’inizio del nuovo modo di dipingere, e con ciò si apre la prima sezione delle biografie. Facendo perno sul pilastro costruito dalla Vita di Giotto, si conclude con la pasticciatissima biografia intitolata al pittore fiorentino Lorenzo Bicci, scomparso nel 1427. II. La grandiosa arcata della seconda età comincia con Jacopo della Quercia, per arrivare a chiudersi con la figura di Perugino, pur essendo coetano di Leonardo e Raffaello.→ Vasari lo schiaccia entro i confini della seconda età appunto dal suo stile caratterizzato dai limiti di meccanica, perciò ancora estraneo alle conquiste della “maniera moderna”. III. La terza età giunge alla piena espressione della buona “maniera moderna”, aprendosi con la personalità di Leonardo. La maniera moderna comprende una successione di biografie riservate solo ad artisti già morti alla data di pubblicazione dell’opera, con l’unica eccezione della Vita di Michelangelo, qualificato con l’appellativo di “divino” che gli era stato applicato da Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso.

1. SULLA GIOVINEZZA DI VASARI Da Arezzo a Firenze Il trattato iniziale della formazione di Vasari e della sua educazione alla pittura si svolge tra Arezzo e un soggiorno fiorentino avvenuto nella sua adolescenza. (Il padre Antonio era un vasaio). Le prime lettere le aveva apprese grazie a due maestri, Antonio da Saccone e Giovanni Lappoli detto “il Pollastra”, e ovviamente dalla figura di Pietro Aretino.

A Roma, con Ippolito de’ Medici Il suo più antico dipinto noto è conservato in casa Vasari ad Arezzo ed è la tavola con Il Trasporto di Cristo Morto (fig.2), creata con lo scopo di donarla a Ippolito. Il personagio ben individualizzato che spunta sulla destra con il cappello rosso è con ogni probabilità un ritratto di Lorenzo Cybo, figura dentro la cerchia medicea. Nel primo periodo romano, Giorgio intesse una rete di relazioni con un gruppo di artisti e letterati, che resteranno per lui dei punti di riferimento sia per lo sviluppo del suo percorso di artista, sia per l’elaborazione del progetto delle Vite. Ad esempio incontra il lombardo Paolo Giovio, a quel tempo a servizio di Clemente VII in qualità di medico papale. Giovio aveva attraversato dal vivo le grandiose novità della maniera moderna, sperimentando in diretta il salto della civiltà figurativa italiana dall’arcaica monotonia di Perugino ai “tre astri” di Leonardo, Michelangelo e Raffaello, capaci di rappresentare “con stupenda varietà in ogni genere di soggetti le nude membra di figure maestose e le prementi forze della natura”. Giovio aveva scritto pagine latine di profonda suggestione su questo. Nel periodo trascorso accanto a Leone X lo storico lombardo aveva messo mano ai più grandi progetti della sua vita: i libri di storia contemporanea universale e la celebre collezione di ritratti di personaggi illustri del passato e del presente raccolti nella sua villa di Como, umanisticamente intitolata Musaeum. Nel giro romano di Ippolito de’ Medici Vasari incontra pure un altro futuro revisore del testo della prima edizione delle Vite, Annibal Caro, giovane letterato marchigiano e figura di punta all’interno della cosiddetta Accademia delle Virtù. Il fulcro di questo circolo era allora l’influente monsignore fiorentino Giovanni Gaddi.

A Firenze, con Alessandro de’ Medici Nell’estate del 1532 Vasari rientra a Firenze e passa al servizio di Alessandro Medici, il dispotico cugino di Ippolito, con il quale il pittore aretino vive la sua prima esperienza in un’orbita di corte che si concluderà nel 1537 con l’assasionio del duca.

Quì Giorgio ambisce a confrontarsi con esemplari consacrati della ritrattistica e dell’iconografia familiare come il Cosimo il Vecchio di Pontormo (oggi agli Uffizi). Infatti per le difficoltà che gli pone la traduzione in pittura delle superfici lustranti della corazza, Vasari si rivolge proprio a Pontormo, stringendo presto amicizia con l’allievo più caro di Jacopo, Agnolo Bronzino. Pontormo è sempre stato agli occhi di Giorgio una figura molto autorevole. Il ritratto di Alessandro è una delle prime esplicite manifestazione di Vasari in veste di iconologo di corte. Nell’autobiografia Vasari spiega di aver potuto studiare le figure delle tombe medicee “così come erano in terra” durante l’assenza di Michelangelo da Firenze del 1533, ed eseguì dei disegni che mandò all’Aretino. Nel 1548 Giorgio pensa di dedicare il libro delle Vite a Cosimo I. Il duca Alessandro si adoperò personalmente affinchè a Vasari toccasse la commissione per la pala d’altare di S.Domenico ad Arezzo (fig.5), che venne messa in lavorazione solo dopo che Giorgio nella primavere ebbe coordinato gli spettacolari apparati per le nozze del duca con Margherita d’Austria, concomitanti all’arrivo dell’imperatore in città. Nella Deposizione per Arezzo (fig.5), nonostante il confronto più stringente sia ancora con la pala del Rosso e la sua aria tenebrosa, la figura siglata del giovane centurione sulla sinistra è tratta dagli studi di Perino per l’affresco con il Martirio dei diecimila progettato nel 1522 per la chiesa camaldolese di S.Salvatore a Firenze, e di cui restava un celebre cartone che Vasari giudicherà secondo quello di Michelangelo per la Battaglia di Cascina. Questo cartone rimane nelle mani di un orefice, detto il Piloto, dopo di che se ne persero le tracce, è verosimilmente prima di questa data che Giorgio potè ricavarne una copia (fig.4).

2. LA CRISI DEL 1537 E LE PRIME TRASFERTE Il gelo di Cosimo de’ Medici Lo spavento per i sanguinosi rivolgimenti della storia politica di Firenze, tra cui la scomparsa di Ippolito (1535) e la fine del duca Alessandro (1537), causa una violenta crisi di fiducia per Vasari nel sistema delle corti, raccontandolo a caldo allo zio Antonio. Quella determinazione, pur provvisoria, a non voler più seguitare la fortuna delle corti, ma l’arte sola, corrisponde ai termini della polemica aretiana di quel momento. Ma successivamente Giorgio trovò una speranza per la nuova servitù da stringere con Cosimo de’ Medici. Ma Vasari fu completamente escluso dagli apparati per le nozze di Cosimo con Eleonora di Toledo (1539), e ci vollero più di quindici anni per far assorbire la differenza con il vecchio ducato. Grazie ai contatti creati dal Pollastra iniziò i molti lavori, condotti a stagioni alterne, per i padri dell’eremo di Camaldoli, tra il 1537-1540. In questo periodo recuperò le forze, ed èpossibile che proprio lì abbia cominciato ad affiorare l’istanza di trovare un rifugio più certo nell’impiego letterario, lasciando maturare le inclinazioni di scrittura. L’accordo raggiunto con i padri camaldolesi prevede che come prima cosa il pittore esegua una delle pale destinate agli altari minori della chiesa, per poi provvedere via via al resto della decorazione con altre tavole ed affreschi. Finisce per prima la Madonna con il Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Girolamo (fig.7), dove Vasari sembra cercare appoggio nelle invenzioni elaborate da Perino.

Il secondo soggiorno romano Con l’avvento dei primi rigori invernali il cantiere di Camaldoli viene interrotto. Da Febbraio e Giugno del 1538 Vasari è a Roma. Sono mesi di studi accaniti sulle antichità e sulle moderne “cose di Roma”, ma anche di rinnovate frequentazioni con la cerchia dei letterati e degli artisti legati all’Accademia delle Virtù, dove veniva portata con passaione la ricerca sull’architettura antica e sul trattato di Vitruvio. Oltre ad Annibal Caro e Paolo Giovio, conosce altri importanti fautori dell’impresa delle Vite: il Tolomei, amico stretto di Michelangelo; Gandolfo Porrino e il Molza, letterati vicinissimi a Sebastiano del Piombo. Frequentando questo giro viene a conoscenza della lettera-memoriale scritta da Raffaello e da Baldassarre Castiglione a Leone X per rivendicare l’importanza di salvaguardare i resti antichi, che era posseduta da Angelo Calocci. E’ questa la fonte da cui Vasari riprende la periodizzazione dell’architettura antica,medioevale e moderna esposta nell’introduzione all’architettura e nel Proemio delle Vite. Credo che la biografia di Raffaello sia stata impiantata proprio sulla base delle cose viste, delle impressioni e degli appunti legati al soggiorno romano nel 1538, sottoposti poi a una progressiva rielaborazione. Non esistono manoscritti delle Vite, ma la maturazione del testo per stadi compositivi successivi e diversi, connessi alla esperienza e agli studi compiuti, ed è evidente nel modo in cui vi si intrecciano impostazioni biografiche e criterio geografico. Poco prima di tornare a Camaldoli, nel 1538 Vasari sosta a Firenze ospite di Ottaviano de’ Medici, e da lì scrive a Pietro Aretino per ringraziarlo di aver incluso il suo nome tra i destinatari delle missive nel primo libro delle Lettere, offrendo nelle righe successive una riprova di una sua ambizione letteraria.

Ricordi e letture di Vasari Sulle osservazioni registrate dal vero si innestarono le principali fonti e letture messe a frutto nella Torrentiniana. Le più celebri pagine di interesse artistico delle tre corone per Vasari sono: a. Dante, Petrarca (nella Vita di Simone Martini) e Boccaccio (nelle Vite di Giotto e Buffalmacco) b. Una versione dei Commentari del Ghiberti c. La Vita del Brunelleschi di Antonio manetti come base per la biografia dell’architetto d. I “dimolti libri” di argomento geometrico comosti da Piero della Francesca e. Le guide di Firenze e di Roma di Francesco Albertini (1510) f. Alcuni scritti di Raffaello, tra cui la lettera di Leone X, indicati nella conclusione della Torrentiniana g. Il primo volgarizzamento a stampa del De Architectura h. L’Orlando Furioso nell’edizione del 1532 i. Poesie del Berni e di Michelangelo (conosciute forse tramite Benedetto Varchi) j. Volumi a stampa delle lettere di Pietro Aretino Alcune testimonianze che per lui erano disponibili, oggi per noi non lo sono più. Per quanto riguarda le lettere dell’Aretino sono risultate molto utili anche per la Vita di Giulio Romano, combinandola agli appunti del soggiorno mantovano; da quì risale l’immagine dell’allievo di Raffaello che trasfigura Mantova in un’altra Roma grazie alla sua maniera “anticamente moderna e modernamente antica”. Borghini, esperto precocissimo di antiquaria e di testi classici trecenteschi, ordinato sacerdote dal vescovo di Arezzo, dai primi anni ‘40 frequentò assidiamente la badia arentina, quindi si presuppone che la relazione con Giorgio iniziò allora, in una fase germinale del progetto delle Vite. Borghini è in assoluto il candidato più celebre per avergli suggerito modelli e prospettive storiografiche su cui impalcare la ricostruzione della storia dell’arte da Cimabue in avanti. Proprio da Vincenzo Borghini deve essere stata trasmessa a Vasari l’esigenza di controlalre i dati sui documenti, come accade per esempio nella Vita di Brunelleschi, dove furono utilizzate informazioni tratte dalle ricevute di pagamento dell’Opera del Duomo, e che non dipendono dal racconto di Manetti. Dopo il trasferimento di Vasari alla corte di Cosimo (1554) il rapporto tra loro andrà sempre più consolidandosi, e il dotto benedettino assumerà scopertamente una parte di primo piano nella rielaborazione giuntina del libro.

3. LA STAGIONE DEI VIAGGI E L’ORIGINE DELLE VITE Il periodo bolognese Il primo importante impegno extratoscano di Vasari avviene nel refettorio degli olivetani di S.Michele in Bosco a Bologna (1539-1540). a procurargli la commissione è don Miniato Pitti e nel Febbraio del ‘39 viene stipulato un contratto che prevede l’esecuzione di tre tavole principali con fregi e una scadenza fissata per la fine di Marzo dell’anno dopo. Dopo il cantiere di Camaldoli,q uesta commissione rappresenta anche una prima impegnativa circostanza in cui Vasari si mette alla prova come capobottega. Si fa raggiungere da Cristoforo Gherardi, detto il Doceno, indiscutibilmente il più valido e autonomo dei collaboratori di Vasari; si erano conosciuti quando Giorgio, da ragazzo, per incontrare Rosso era andato a Borgo Sansepolcro, e lì aveva fatto amicizia con Raffaellino del Colle, con cui il Gherardi stava facendo l’apprendistato. Entrambi poi erano stati convocati a Firenze nel 1536 dal pittore aretino qaundo si preparavno gli allestimenti per l’ingresso di Carlo V. Il Gherardi e il Cungi lo avrebbero raggiunto anche a Venezia. Tra gli aiutanti dell’impresa bolognese venne chiamato anche Stefano Veltroni, cugino di Giorgio, già impiegato nei lavori di Camaldoli. 1. Nella Cena di S.Gregorio (fig.13) Vasari reinterpreta in chiave più monumentale una sua composizione di poco precedente. In quest’opera racconta diaver creato una galleria di ritratti, tra cui menziona “alcuni frati miei domestici di quel convento” (gruppo dei tre olivetani sulla sx). La decisione di dare a Gregorio Magno la faccia di Clemente VII e, in generale, di conferire una marcata intonazione filomedicea incorporando anche un ritratto del defunto duca Alessandro, fu concordata con l’abate. 2. Abramo nella valle di Mambre, seconda opera sparita dopo essere stata traslata a Milano durante l’800. Fu nota da alcuni disegni preparatori e dalla descrizione contenuta nell’autobiografia. 3. L’ultima delle tre tavole è Cristo in casa di Marta (fig.15). Su questo stesso soggiorno insiste il nucleo di biografie dedicate agli artisti bolognesi. Ma Bologna significa per Vasari riprendere e sviluppare il filo dei pensieri su Parmigianino, vedendo vari dipinti che ancora non conosceva, studiando i suoi disegni (fig. 10-11), e acquisendo alcuni foglio di una Madonna incompiuta.

Diversi indizi suggeriscono inoltre che la visita a Faenza, di cui è tracciata nella Torrentiniana, sia avvenuta durante i mesi di permanenza a Bologna e non in concomitanza con il periodo romagnolo del 1547-1548. Stando alle ricordanze, Giorgo torna da Bolgona a Firenze alla fine di Maggio 1540, nel Giugno si sposta a Camaldoli per portare a compimento la grande pala della Deposizione e lì rimane, salvo qualche escursione fiorentina, fino alla fine dell’estate. Tra Settembre e Ottobre ci fu un soggiorno a Ferrara prima di rientrare a Firenze entro la fine del mese, da lì scrive e Francesco Lioni, già meditando la spedizione a Venezia, che prenderà corpo però solo l’anno dopo.

Ritorno a Camaldoli La Deposizione per l’altar maggiore ella chiesa di Camaldoli (fig.18), rispetto alla pala aretina con lo stesso soggetto realizzata qualche anno prima (fig.5), testimonia di quanto sono mutati in breve gli orizzonti del pittore sul nucleo robusto delle derivazioni raffaellesche, su cui si stampano le impronte di Cecchino. Per la decorazione perduta della facciata della cappella della chiesa di Camaldoli, Vasari dichiara di aver sprimentato l’unione del colore a olio con l’affresco. Tra i boschi di Camaldoli si approvvigionava di legname per la costruzione della basilica di S.Pietro, ed è quì che entra in rapporti con Bindo Altoviti, potente banchiere filorepubblicano destinato a diventare uno dei suoi principali protettori. Grazie a lui, poco dopo Vasari esegue il suo primo dipinto pubblico fiorentino, la cupa allegoria dell’Immacolata Concezione (fig.19) nella chiesa di S.Apostoli. L’indiscutibile successo riscosso da questa prova, replicata in più occasioni e in diversi formati, consente a Vasari un primo aggangio per la committenza della corte fiorentina per il battesimo di Francesco I nel 1541, riuscendo a ottenere la commissione di una grande tela dipinta “a guazzo di chiaro-scuro” con il Battesimo di Cristo, per la decorazione del Battistero di S.Giovanni (tela perduta). Nel 1540 termina i lavori per Camaldoli, e aveva preso contatto con Pietro Aretino e con il banchiere fiorentino Francesco Lioni, che qualche anno dopo sarà arrestato da Cosimo. Per il Lioni dipingerà uno dei pezzi più significativi, cioè la Sacra famiglia con S.Francesco (fig.21), vero manifesto delle novità formali centroitaliane divulgate dai demoni etruschi in laguna. In quest’opera racconta anche gli effetti dell’immersione di Vasari nella pittura padana e veneziana. Nelle Tentazioni di S.Girolamo (fig.20), capostipite di una serie di repliche, realizzato per Ottaviano de’ Medici nel 1541, ricorrono analoghi motivi di repertorio, quali il tronco avvolto dall’edera, ma con una luce più brillante e vera in cui si immergono gli elementi.

Verso Venezia Il viaggio verso Venezia, iniziato ad Ottobre del 1541, implica una nuova fermata a Bologna, Modena e Parma per scoprire il Correggio, a Mantova per conoscere Giulio Romano e a Verona per scoprire le antichità. Sarà nella seconda edizione che Vasari espliciterà tempi e modi del suo incontro mantovano con Giulio, mentre nella prima vi allude soltanto. L’episodio è narrato nella Vita di Andrea del Sarto, quando nella copia del ritratto di Raffaello di Leone X, eseguita da Andrea per essere inviata in dono a Federico Gonzaga da parte di Clemente VII, in presenza di Vasari, venne scambiata da Giulio stesso per l’originale.

Il soggiorno veneziano Pietro Aretino aveva invitato l’amico a collaborare nell’allestimento della propria commedia, La Talanta. Giorgio arriva in laguna il primo dicembre del 1541, e in poc tempo concepisce il programma per le scene e per l’apparato decorativo della sala del palazzo di Cannareggio dove si sarebbe tenuto lo spettacolo. Nell’elaborazione di questi “mirabili superbi apparati”, Vasari potè attingere alle proprie memorie fiorentine di qualche anno prima, quando nel 1536 aveva coordinato i festeggiamenti per le nozze del duca Alessandro, che avevano compreso anche la rappresentazione di una commedia di Lorenzino de’ Medici, l’Aridosio. La decorazione della sala era dedicata alla celebrazione allegorica della Serenissima e del suo buon governo, mentre l’ambientazione era nell’antica Roma, con la rappresentazione di quattro momenti del giorno con le rispettive ore. Vasari ottiene in primavera la commissione per la decorazione del soffitto della sala del palazzo di Giovanni Corner sul Canal Grande, creando un sistema di tavole (fig.25-26) inserite entro un’incorniciatura lignea, con i quali sono stati indicati punti di contatto con la sala di Psiche di Palazzo te, ma senza interderne davvero il senso di sfondamento dello spazio. La committenza veneziana recepisce con favore la novità della formula vasariana e incaricano Giorgio di tre grandi tavole per il soffitto della chiesa del convento di S.Spirito in Isola. Prima di lasciare Venezia, richiamato dalle aspettative della Roma farnesiana, fa in tempo a preparare solo alcuni disegni per queste tre storie, che verranno poi affidate a Tiziano. Pietro Aretino, nel 1545, raccontava di essere ancora in collera con Giorgio perchè, secondo quanto gli era stato riferito, era andato in giro a dire di essere andato a Venezia perchè aveva trovato lavoro senza faticare. Sarà invece la versione dei fatti confezionata per la Giuntina, dove si racconta che Vasari lasciò Venezia in seguito alle istanze con Gherardi, che gli aveva detto che non era bene fermarsi a Venezia perchè non tenevano conto del valore dei pittori e dei disegni.

Fin dal 1535 Vasari teneva a far sapere a Tiziano, tramite l’Aretino, quanto lo adorava, tanto da dedicarli un grande elogio nella sua opera. Ma ciò cambia dalla prima alla seconda versione delle Vite, perchè nella rievocazione del soggiorno romano di Tiziano, si dice che Vasari stesso aveva avuto la fortuna di accompagnarlo in giro per la città. Se nella prima si nota il commovente stupore del “mirabile Tiziano”, nella Giuntina la presenza del maestro nella Roma farnesiana verrà antipaticamete accennata.

Sull’impianto critico e la periodizzazione delle Vite La s...


Similar Free PDFs