Giorgio Morandi 2 doc PDF

Title Giorgio Morandi 2 doc
Author Giorgio Baldoni
Course storia dell'arte moderna
Institution Nuova Accademia di Belle Arti
Pages 9
File Size 137.7 KB
File Type PDF
Total Downloads 2
Total Views 145

Summary

Riassunto vita e opere di Giorgio Morandi ...


Description

GIORGIO MORANDI Giorgio Morandi nasce a Bologna il 20 luglio 1890 da Andrea, titolare di una ditta di commercio, e da Maria Maccaferri, che hanno in totale 5 figli: Giorgio, Giuseppe, Anna, Dina, Maria Teresa, di famiglia borghese e benestante, cresce in un villino nella periferia di Bologna. Alla morte del padre, la famiglia si trasferìsce in un modesto appartamento al centro di Bologna, dove Giorgio rimane per il resto della sua vita. Nonostante condizioni economiche più umili, la madre riesce a far studiare Giorgio e le sue sorelle, che diventano maestre elementari, e, insegnano anche nelle scuole italiane di Alessandria d’Egitto. Famiglia molto unita quella di Morandi, che non si è mai sposato ma che , ha vissuto fino alla morte con le sorelle anch’esse nubili, mantenendo sempre uno stile di vita riservato e umile, anche qundo Morandi raggiunge una certa fama che gli avrebbe consentito maggiori agi. Fino alla costruzione della casa estiva di Grizzana nel 1960, Morandi non ha mai avuto uno studio privato ma lavora, dipinge e addirittura esegue le incisioni ad acquaforte nella sua camera da letto, luogo divenuto poi di culto e sede dei suoi modelli per le varie nature morte eseguite (vasi, scatole, bottiglie ecc.) nelle tele e nelle incisioni. Morandi frequenta gli studi a Bologna (scuole elementari e scuola commerciale), subito manifestando una passione per il disegno e la pittura. Dopo un breve impiego nella ditta del padre, nel 1907 si iscrive all’Accademia di belle arti di Bologna, dove si diploma in pittura nel 1913. La sua carriera di studente si può dividere nettamente in due parti: ottiene ottimi risultati nel primo anno di corso preparatorio (tutti 10 tranne che in storia), e viene ammesso direttamente al secondo anno del corso comune, dove consegue i migliori voti tra tutti gli studenti del corso e vince la medaglia nella prova di ornato. Nel 1910, supera l’esame finale del corso comune e si iscrive al corso specialistico di pittura. Ne 1911, alla fine del primo anno, il suo profitto subisce un brusco calo, dovuto da un forte conflitto nei confronti del metodo e dei valori dell’insegnamento accademico. I suoi professori all'epoca hanno un orientamento che tende verso il simbolismo e il neo-rinascimento, ma il contatto con la pittura moderna francese, avvenuto prima attraverso gli scritti di Ardengo Soffici su La Voce e il libro Gl’impressionisti francesi di Vittorio Pica del 1908, poi attraverso le opere ammirate in Italia: alla Biennale di Venezia del 1910 con le mostre retrospettive di Gustave Courbet e di Auguste Renoir; alla prima mostra italiana dell’impressionismo che si è tenuta a Firenze nel 1910; al padiglione francese della Mostra internazionale di Roma del 1911. Così Morandi inizia subito a manifestare una predilezione per il paesaggio e per la natura morta con qualche eccezione nel ritratto e negli studi di nudo, tenendo sempre come riferimento Paul Cézanne. Nel 1912, alla fine del secondo anno di specialistica, si iscrive al terzo anno supplementare, necessario per poter accedere al concorso nazionale per insegnanti di disegno alle scuole elementari. Nel 1913 ottiene il diploma pur se con voti non eccellenti, ma grazie alla media dei voti degli anni precedenti. Nell’estate dello stesso anno la famiglia inizia a prediligere Grizzana, sull’Appennino fuori Bologna, precedentemente casa di villeggiatura estiva. Negli anni dell’accademia Morandi si lega agli artisti suoi coetanei dell’ala modernista di Bologna: Osvaldo Licini, Severo Pozzati e Giacomo Vespignani, che nel 1910 gli fa conoscere il musicista Francesco Balilla Pratella, che fece della sua casa di Lugo, frequentata dallo stesso Morandi, il centro nevralgico del futurismo emiliano. Morandi partecipa alle serate futuriste di Modena e Firenze (1913), ed è presente alla rappresentazione bolognese di Elettricità futurista di Filippo Tommaso Marinetti il 19 gennaio 1914. Il suo interesse per il futurismo nasce soprattutto come

protesta antiaccademica e modernista, e poi come attrazione verso la rivoluzione pittorica di Umberto Boccioni e di Carlo Carrà, egli però non percorre il rinnovamento dei soggetti voluto dai futuristi, ma sfrutta le novità linguistiche delle loro opere per risalire alla pittura francese derivante da Cézanne e dal cubismo. Verso la fine del 1913 frequenta intensamente i fratelli Mario (poeta e pittore) e Riccardo (letterato e collaboratore della Voce) Bacchelli. Il loro padre, sindaco di Bologna, fa esporre per la prima volta Morandi, insieme a Licini, Pozzati, Vespignani e Mario Bacchelli, alcuni quadri del 1913 e del 1914 in una mostra durata di 24 ore (20-21 marzo 1914) tenuta nella hall dell'Hotel Baglioni, lì suscitando molte perplessità dovute allo spirito «futurista» dei dipinti ma anche alcuni apprezzamenti sulla carta stampata. Nello stesso anno, grazie a Francesco Pratella, espone tre quadri di natura morta e un disegno all'Esposizione Libera Futurista Internazionale presso la galleria Sprovieri di Roma (Morandi fu citato da Marinetti nella conferenza di apertura e su Lacerba del 1° giugno). Un Paesaggio viene esposto nella seconda edizione della Secessione romana (marzo 1914). Nella stessa primavera, Morandi sostiene a Roma con successo l’esame di Stato che lo abilita all’insegnamento del disegno. Nel 1977 Lamberto Vitali cataloga l'opera pittorica di Morandi, partendo da due Paesaggi del 1911 di esplicito, e per l’Italia inatteso, stilismo cézanniano. È molto difficile ricostruire la produzione pittorica di Morandi dagli esordi fino al 1918 poiché il pittore stesso ha eliminato varie opere di tale periodo da un lato perché insoddisfatto, e dall'altro perché trattandosi di quadri eseguiti con radicale modernismo, non avevano mercato in quanto non incontravano il gusto dei contemporanei bolognesi. Le opere dal 1911 al 1913 comprendenti nature morte, paesaggi, fiori e un ritratto della sorella, mostrano una ormai matura assimilazione del linguaggio di Cézanne, ma anche un chiaro rimando allo stile di Henri Rousseau, indicata dall’idolo Ardengo Soffici quale alternativa ai richiami dell’internazionalismo accademico. Si nota anche una certa attenzione alle geometrie del primo cubismo, che Morandi conosce tramite alcune illustrazioni in bianco e nero comparse in un articolo di Henri des Prureaux su La Voce del 1912. Chiamato alle armi nel 1915, viene congedato per motivi di salute, e durante gli anni della guerra sviluppa la sua ricerca anche grazie all'influenza delle avanguardie. Infatti nel 1916 conosce presso studio di Pozzati il giovane Filippo de Pisis, che lo introduce a Tristan Tzara. Nel 1917, tramite Riccardo Bacchelli conosce il letterato Giuseppe Raimondi che lo mette in contatto con Emilio Cecchi, che lo riporta nei suoi Taccuini e nelle lettere alla fidanzata. Inoltre, Raimondi riproduce una sua incisione con bottiglie e brocca nella rivista bolognese La Raccolta. In tale rivista Morandi apprezza le opere metafisiche di Giorgio De Chirico e Carlo Carrà. I quadri dipinti tra il 1915 e il 1918 e le nature morte del 1916, sono realizzati con un linguaggio unico nella pittura italiana del tempo. Morandi ha indagato sulla sintesi formale degli oggetti che si stagliano dallo sfondo seguendo un sofisticato processo di astrazione dell'oggetto stesso, superando in maniera autonoma la poetica di Rousseau (nella sospensione della visione), di Henri Matisse (nei colori eterei che passano dall'argento al grigio al rosa e al bianco), del cubismo picassiano e della metafisica di De Chirico (periodo metafisico di Morandi: manichini, squadre, figure geometriche ecc. composte tramite una tecnica pittorica con stesure uniformi).

Nel 1919 Carrà segnala il nome di Morandi al direttore e titolare della società di promozione artistica Valori Pastici, Mario Broglio, che inizia ad acquistare delle opere insieme ad altri

finanziatori: Flaminio Martellotti e Mario Girardon, e dedicando varie pubblicazioni di sue opere sulla rivista. Inoltre nel 1921 invia alcune sue opere alla mostra itinerante della giovane arte italiana in Germania e nel 1922 alla mostra della Primaverile fiorentina, dove Morandi viene introdotto in catalogo da uno scritto di De Chirico che lo accosta al movimento di riscoperta della «metafisica degli oggetti più comuni...» Nel 1918/1919, si sviluppa un approccio metafisico dove le nature morte tendono verso provocazioni prospettiche che rimandano ad alcune rappresentazioni Picassiane e soprattutto Cézanniane e dove la pittura diventa spessa e compatta. Dalla prima Natura morta del 1920 in poi, Morandi svela una nuova attenzione ai richiami naturali tramite l'uso di una materia chiara e opaca. Nel 1920, durante la XII Biennale di Venezia, l'artista visita una mostra retrospettiva di Cézanne che lo influenza ad andare verso una pittura più naturalista: abbandonati i complicati teoremi spaziali della metafisica, Morandi inizia a dipingere nature morte caratterizzate da gamme cromatiche più ricche e da un chiaroscuro più intenso. La chiusura, nel 1922, della rivista Valori plastici, il crescente disinteresse, a partire dalla fine del 1923, nei confronti della sua produzione da parte di Broglio e dei suoi cofinanziatori e, infine, l’imporsi in Italia, con la Biennale del 1924, di una pittura di figura ambiziosamente classicista portarono Morandi ad un isolamento dal mondo artistico italiano. Questo isolamento lo porta ad una crisi economica. In quegli anni difficili Morandi si dedica con crescente passione all’incisione ad acquaforte, da lui praticata fin dal 1912, di fatto rivoluzionando la stagnante tradizione italiana della stampa di invenzione: il recupero della tecnica a tratto incrociato dei fratelli Carracci, insieme alle ricerche chiaroscurali usate per avvicinare le incisioni agli stessi toni della sua pittura. L’incisione viene da lui sviluppata come momento precedente alla pittura, grazie all'uso di alcune soluzioni di controluce e di sovraesposizione luminosa correlate alle incisioni già eseguite. Durante il periodo fascista le sue incisioni sono pubblicate sul periodico Il Selvaggio diretto da Mino Maccari che apre una galleria a Firenze nella cui mostra inaugurale (febbraio 1927) la Stanza del Selvaggio, Morandi conosce Giuseppe Bottai, che gli compra due incisioni. Il successo di Morandi in qualità di incisore viene sancito con l’invito a presentare una serie di acqueforti alla XVI Biennale di Venezia (1928) e in quella occasione le stampe vengono vendute anche all’élite culturale e politica del fascismo e ad alcune istituzioni museali (le Gallerie di Roma, Piacenza e Vienna). A partire dal 1926, per un anno, grazie all’interessamento di Leo Longanesi e Camillo Pellizzi, e con la probabile mediazione, presso il ministero della Pubblica Istruzione, di Ernesto Codignola, Morandi viene nominato ispettore locale per il disegno nelle scuole elementari delle provincie di Modena e Reggio Emilia. Nell’anno scolastico 1929-1930 sostituisce, per l’insegnamento di pittura di figura, il professor Giovanni Romagnoli presso il liceo artistico di Bologna. Il fronte creato tra Maccari, Longanesi e il segretario del sindacato degli artisti fascisti, il romano Cipriano Efisio Oppo, consente, con l’aiuto di Bottai, di far ottenere a Morandi la cattedra di incisione, grazie alla fama acquisita nel gennaio del 1930. Questa nomina fu accolta come una vittoria di Strapaese, che aveva imposto un nome e i valori del più puro fascismo delle origini contro le resistenze del mondo accademico. L'opera di Morandi pittore, sulla scena artistica nazionale si amplifica con tre opere (una Natura morta, un Paesaggio e un Autoritratto) alla I Mostra del Novecento italiano, organiazzata da

Margherita Sarfatti, a Milano del gennaio 1926. L’acquisto della Natura morta da parte di Mussolini ebbe il significato di affermare il valore ideologico di un fascismo originario e rurale. I quadri di Morandi esposti a Milano risvegliarono un certo interesse intorno al suo nome e nello stesso anno l’editore Giovanni Scheiwiller mette in contatto l’artista con il direttore della Galleria d’arte moderna di Zurigo per la cessione di un’incisione e nel 1929, con il direttore della Galleria d’arte moderna di Mosca, cui fece da tramite nel 1930 per la vendita di una Natura morta. Nel 1929 una Natura morta viene esposta alla II Mostra del Novecento italiano e comprata dal primo collezionista privato milanese, il sarto Alberto Faccincani. Alla Biennale di Venezia del 1930, la prima in cui Morandi viene invitato come pittore, una Natura morta viene acquistata, per il tramite di Carrà, dalla Galleria d’arte moderna di Milano. Nel 1935 le sue opere vengono acquistate dalla Galleria comunale d’arte moderna di Roma; nel 1939 dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e dalla Galleria civica d’arte moderna di Torino. Alla I Quadriennale di Roma del 1931, la prima esposizione nella quale fu presente con un incarico ufficiale (era membro della giuria di accettazione delle opere), Morandi invia tre nature morte caratterizzate da una ardita regia compositiva e da contrasti luminosi estremi, che vengono contestate aspramente da parte dell’ambiente artistico di Bologna e il pittore e critico di riferimento della città, Nino Bertocchi, ne denuncia la «grassa, oleosa, pasticciata materia pittorica» e gli squilibri tonali. Due di esse, però, vengono comprate al prezzo unitario di 3500 lire da Ardengo Soffici, con un gesto che legittimò presso un pubblico dai gusti più tradizionali la grandezza di una pittura dai connotati stilistici visionari ed espressionistici. Nel 1928 Morandi consegna alla rivista di fascismo bolognese L’Assalto, una breve biografia con cenni sulla sua poetica. Rende omaggio al fascismo come rinnovatore dell’atmosfera artistica italiana, e indica Firenze quale luogo prediletto per la presenza di una tradizione pittorica di severa costruzione plastica (Giotto e Masaccio) e di un dibattito intellettuale cui si sentiva legato. I testi critici su Morandi che seguono questa dichiarazione di poetica sembrarono non prestarvi attenzione: ma si esalta la semplicità provinciale, specificamente bolognese e si considera Morandi come esempio di continuazione della grande tradizione italiana. Negli anni Venti oltre alle nature morte, il pittore dipinge paesaggi, quadri di fiori e, alcuni, ritratti e autoritratti. Il ritorno a questi generi già prediletti negli anni giovanili porta la possibilità di sperimentare nuove cifre stilistiche: le inquadrature spaziali si fanno più sfumate, le percezioni più instabili e dal rigore della regia spaziale l’attenzione viene spostata sul tono, sulla gamma coloristica, sul tocco della pennellata. Tale decennio rappresenta per Morandi una svolta importante in termini di riferimenti visivi. Per il paesaggio egli scopre, alla III Biennale romana, la pittura di Corot con cui inizia a confrontarsi. Nei quadri di fiori recupera il ricordo dei raffinati impasti della pittura di Renoir. Nelle nature morte affianca la lezione di Cézanne, per poi sostituirla, con quella di Chardin: esse assomigliano sempre più a costruzioni architettoniche di oggetti stabili, dipinte però con una pittura di carattere contrario, caratterizzata dal trepidante tocco di pennello e dal soffuso chiaroscuro. Con la fine degli anni Venti le nature morte diventano quadri volutamente dimessi nei contenuti ma ricchi di materia. Gli anni Trenta sono per Morandi un periodo stabilità: insegna incisione all’Accademia di Bologna, trasloca dalla casa di via Fondazza, in un appartamento più grande, con uso di giardino privato; tiene un’intensa attività espositiva, con i quadri e le incisioni che toccano importanti sedi internazionali, in manifestazioni ufficiali del governo italiano (la mostra del Jeu de Paume a Parigi nel 1935; la Golden Gate International Exposition di San Francisco nel 1939) e in tre edizioni del

premio Carnegie a Pittsburgh (1929, 1933 e 1936, grazie all’intercessione del veneziano Ilario Neri, uno dei suoi primi collezionisti). Il pittore Giuseppe Cesetti inizia ad acquistare, nei primi anni Trenta, quadri di Morandi che diventano il nucleo collezionistico del gallerista Carlo Cardazzo, il quale riusce a imporre il nome dell’artista a Venezia. Negli stessi anni iniziano a interessarsi a Morandi l'agiato mercante di spezie e raffinato critico militante, Lamberto Vitali (che diventa suo amico) e un collezionista bresciano, l’avvocato Pietro Feroldi, che acquista una ventina di quadri ceduti poi nel 1949 a Gianni Mattioli. Al 1934 risalgono i primi contatti tra Morandi e la galleria del Milione, di proprietà dei fratelli Ghiringhelli, che organizzano una personale milanese dell’artista di cui non è rimasta documentazione. Nei secondi anni Trenta il gallerista Vittorio Barbaroux, gli avvocati Rino Valdameri e Adriano Pallini, l’industriale del caffè Emilio Jesi, l’ingegnere Antonio Boschi, il principe Alfonso Orombelli acquistano importanti selezioni di quadri morandiani, mossi da una spinta che univa da un lato il riconoscimento della qualità del pittore e dall’altro la speculazione mercantile su un nome il cui valore sembrava destinato ad aumentare col tempo. Ai milanesi si affiancano il genovese Alberto Della Ragione, i romani Anna Letizia Pecci Blunt, proprietaria della galleria della Cometa (che, nel 1936, lancia il nome di Morandi negli Stati Uniti con la succursale di New York della sua galleria), Pietro Rollino, la principessa Margherita Caetani di Sermoneta. A dare una scossa ai prezzi fu il rientro sul mercato dei quadri della Società Valori plastici che erano stati di Broglio e di Martellotti, subito presi da Valdameri, Barbaroux, Della Ragione e rivenduti rapidamente con valutazioni che toccano diverse decine di migliaia di lire, mentre Morandi continua a vendere le sue tele a meno di 1000 lire l’una. La seconda circostanza fu la nuova stagione di fortuna critica di Morandi. Essa inizia quando, nell’anno accademico 1934-1935 dell’Università di Bologna, quando Roberto Longhi conclude l’importante rassegna dedicata a sei secoli di arte bolognese osservando come Morandi, «uno dei migliori pittori viventi d’Italia», si fosse inserito nella tradizione più alta del locale naturalismo (da Vitale da Bologna ad Annibale Carracci a Daniele Crespi) «con una lentezza meditata, con una affettuosa studiosità » tale da ricordare quella di un «nuovo incamminato ». L’eco giunge particolarmente inattesa nell’ambiente bolognese (dove il pittore era per lo più considerato una vittima delle mode moderniste) e colloca Morandi in prima fila nel dibattito culturale italiano. Il decennio si chiude con la decisiva analisi dedicata da Cesare Brandi a tre decenni di pittura e incisione morandiana, pubblicata nel 1939 per Le Arti. Brandi riconosce il ruolo decisivo della stagione metafisica di Morandi, con il suo «ritrovamento dell’oggetto» e la progressiva conquista, negli anni Venti e Trenta, del tono come «colore di posizione». In occasione della III Quadriennale di Roma del 1939 viene assegnata a Morandi, grazie all’interessamento di Longanesi e di Oppo, una sala intera per una retrospettiva:. Talea mostra (di 42 quadri, 12 acqueforti e due disegni che ripercorrevano la sua attività a partire dal 1913) ha un notevole successo e viene accompagnata da una forte discussione (con punte, anche, aspramente polemiche negli scritti di un rivale incisore come Luigi Bartolini e di un gerarca antimodernista come Roberto Farinacci) e fa vincere all’artista il secondo premio per la pittura. Morandi, il quale aveva fino ad allora rifiutato offerte di mostre personali, inizia a selezionare con estrema attenzione un percorso che si incentra sui capolavori del secondo decennio e riserva una particolare attenzione alla fase più romanticamente scomposta dei primi anni Venti, la meno nota al pubblico. La sala romana del 1939 di Morandi colpìsce specialmente i più giovani pittori italiani, che nei quadri del 1916-1919 riscoprono un pittore capace di misurarsi coraggiosamente con l’avanguardia

internazionale, da Derain a Rousseau a Picasso; inoltre la selezione di paesaggi e nature morte dai formati ridotti e dai soggetti insignificanti fatti da oggetti quotidiani, appare loro provocatoria anche da un punto di vista politico. Le nature morte degli anni Trenta si distinguono per una rinnovata monumentalità. Il pittore avvicina lo sguardo alla ribalta, annullando la lin...


Similar Free PDFs