Glottodidattica Risposte 6CFU PDF

Title Glottodidattica Risposte 6CFU
Author Luigi Fiore
Course Glottodidattica
Institution Università degli Studi Guglielmo Marconi
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Approccio formalistico e metodo a esso associato Nel ‘600 si sviluppa l’approccio formalistico e il metodo di insegnamento a esso associato è il metodo grammatico-traduttivo che si orienta in due direzioni: nella forma orale e nella forma scritta. Nella forma orale vengono spiegate le regole di pronuncia, leggendo testi che lo studente non capiva. Nella forma scritta vengono fatti tradurre testi stranieri. L’approccio formalistico indirizza l’apprendente verso l’apprendimento a memoria di schemi grammaticali, le regole sono stabili e immutabili e vengono condannate le varianti linguistiche, come quelle popolari. Il magister propone agli studenti lo studio di testi classici e sacri e in questo periodo nascono i primi centri di studi linguistici: Royal society, Port Royal e l’Accademia della Crusca. Troviamo anche i primi dizionari e le prime grammatiche che affiancano il magister nell’insegnamento della lingua. L’italiano e il francese sono lingue della comunicazione internazionale all’interno delle corti, il latino lingua del mondo ecclesiastico. L’approccio formalistico e il relativo metodo sono rimasti in voga nelle scuole italiane fino al 1980, anche se già dall’800 questo metodo viene messo in discussione negli Stati Uniti, in particolare da Ticknor che propose l’approccio naturale e il metodo induttivo (che tiene conto delle caratteristiche individuali dell’apprendente) e Berlitz, fondatore della prima scuola tedesca negli Stati Uniti, che introdusse il metodo diretto, secondo cui il docente, rigorosamente madrelingua, si concentra sulla capacità di lettura e comprensione del testo, anche se non di ogni parola. Chi è Berlitz e chi che contesto si inserisce Berlitz fu un insegnante e linguista tedesco, fondatore della prima scuola tedesca negli Stati Uniti. Il contesto in cui si inserisce è quello relativo all’approccio naturale (usato nelle scuole d’elite) proposto da Ticknor nell’800 per contrastare l’approccio formalistico che seguiva il metodo grammatico-traduttivo. Berlitz introdusse il metodo diretto, secondo cui il docente, rigorosamente madrelingua, si concentrava sulla capacità di lettura e comprensione del testo, anche se non di ogni singola parola. Alla base dell’approccio naturale abbiamo: la priorità dell’oralità sulla scrittura, della conversazione con lo studente e delle lezioni a carattere tematico, allo scopo di motivare lo studente e renderlo più autonomo e consapevole. Reading Method/ Esporre la teoria del Reading Method e contestualizzarlo storicamente L’800era stato un secolo di commercio e colonizzazioni, ma a partire dal primo conflitto mondiale cambia la società americana e quella europea: inizia un periodo di depressione economica dovuta al forte impoverimento delle popolazioni. Ciò portò alla chiusura delle frontiere per favorire il commercio interno ed evitare l’importazione a prezzi più bassi. Il risultato fu l’isolazionismo e l’assenza di interscambio. La situazione politico-sociale comportò un blocco dello studio delle lingue. I film stranieri vennero doppiati ( e questo spiega la scarsa propensione degli italiani alla conoscenza delle lingue straniere), la lingua parlata non ha più interesse in quanto la maggior parte degli affari si svolgono per lettera. Gli stranieri vengono visti come nemici. La grammatica torna a essere al centro degli studi di lingue e se la morfosintassi si avvicina a quella del latino e del greco viene percepita come pregiata e quindi degna di essere studiata. Per fare un esempio la lingua inglese è considerata strana, mentre quella francese e italiana no perché vicine alla morfologia dell’italiano, tedesco e russo vengono considerate lingue di prestigio perché possiedono le declinazioni come il latino. La lingua smette di essere un mezzo di comunicazione tra i popoli e la forma orale serve solamente per leggere testi letterari e commerciali provenienti da altri paesi. Le scuole che seguivano l’approccio naturale (proposto da Ticknor nell’800) vengono chiuse. Nasce un nuovo approccio scientifico alle lingue straniere, il Reading Method: l’insegnante non è più

necessario che sia madrelingua, il suo scopo è quello di aiutare lo studente quando si trova in difficoltà (come se fosse un vocabolario vivente) svolgendo il ruolo di facilitatore, lo studente è abbastanza autonomo, la lingua è limitata alla sola dimensione scritta e la cultura della popolazione non è di alcun interesse. L’ingresso dell’America nel secondo conflitto mondiale, l’isolazionismo e il Reading Method fecero si che nessuno capisse le lingue straniere coinvolte nel conflitto e questo risultava essere un problema serio una volta entrati in guerra nel 1941. Da quel momento furono attuate una serie di azioni: utilizzo della psicologia dell’apprendimento, formulazione di una teoria linguistica tassonomica con Bloomfild e Whitney, utilizzo di immigrati (professori tedeschi fuggiti alle leggi razziali) come campioni di lingue reali, uso del giradischi per registrare la giusta pronuncia. Alla fine della guerra il primato degli Stati Uniti porta l’inglese a sostituirsi al francese come lingua di comunicazione e col crollo dei regimi dell’Est nel 1989 l’inglese si espande e diventa lingua della globalizzazione. L’ipotesi dell’analisi contrastiva e l’approccio teorico a essa collegato Negli anni ’50 con Lado abbiamo la linguistica contrastiva che mise in comparazione la lingua madre di uno studente e la seconda lingua che studiava trovando le simmetrie e le dissimmetrie, queste ultime più difficili da trovare per lo studente. In base a questa costatazione Lado elaborò il modo per aiutare al meglio lo studente nell’apprendimento. Lado utilizza l’analisi contrastiva, cioè un rigoroso confronto tra le strutture di L1 e quelle di L2: le strutture sono apprese attraverso continue ripetizioni e secondo lo schema del comportamentismo di Skinner (stimolo-rispostaverifica). L’apprendimento di L1 consiste nella formazione di abitudini, mentre per L2 si sostituiscono le vecchie abitudini con le nuove. Le abitudini della L1 agiscono sull’apprendimento della L2, dando origine alle interferenze (termine introdotto da Weinreich, interferenza vista come deviazione a qualsiasi livello delle regole della lingua che l’apprendente sta imparando, come ad esempio la pronuncia di L2 con accento straniero). Il docente deve prevedere le difficoltà che un apprendente che parla una determinata L1 può incontrare nello studio di L2, focalizzando l’attenzione sulle asimmetrie. La linguistica contrastiva di Lado unita alla linguistica tassonomica di Bloomfield e Whitney, alla psicologia dell’apprendimento e ai pattern drill (esercizi strutturali) danno vita all’approccio strutturalistico. Lo studente deve compiere un percorso di memorizzazione forzata di strutture e di lessico, perché memorizzando alcuni meccanismi di base può poi generare alcune ipotesi corrette. La cultura del popolo in questo approccio non è rilevante, ciò che conta è l’introduzione degli esercizi da parte del docente e l’apprendimento meccanico e automatizzato dello studente. Questo approccio subisce un arresto nella seconda metà degli anni ’50 quando Chomsky attacca la psicologia comportamentali sta sostenendo che il bambino o lo studente non impara per imitazione, ma fa un’opera di tipo creativo. Approccio proto-comunicativo e metodo situazionale Negli anni ’60 avviene una svolta radicale negli studi di glottodidattica, perché cambia l’idea di cosa sia una lingua. La lingua serve per comunicare, compiendo atti sociali pratici (Austin e Searle). Tra gli anni ’60 e ’70 si diffonde l’approccio comunicativo che viene realizzato in diversi metodi didattici. L’approccio ha come teorie di riferimento la sociolinguistica, la pragmalinguistica, la comunicazione interculturale e nasce con l’idea che la lingua, e ciò che la contorna, è il modo di un popolo per comunicare non solo informazioni ma tutta la cultura. Per tale motivo viene data importanza ai gesti del corpo e al valore attribuito agli oggetti (es. in Italia i crisantemi non si regalano a persone in vita, al Sud Italia il parlante tocca e gesticola per dimostrare sintonia con l’interlocutore mentre nel Nord Europa questo atteggiamento è percepito come invadente). Nei

metodi didattici che fanno capo all’approccio comunicativo il docente gestisce l’imput e guida lo studente, la lingua è vista come uno strumento di azione sociale e la cultura del popolo di cui si studia la lingua è posta in interesse. Il metodo situazionale è il primo a utilizzare l’approccio comunicativo (anni ’60). Dell’approccio strutturalistico del decennio precedente vengono conservati i pattern drill (esercizi strutturali) che vengono contestualizzati in determinate situazioni: spazio-temporali (sera al bar), al ruolo dei partecipanti (amici, parenti), e ai loro scopi(prendere treno, offrire da bere). Nel metodo situazionale il manuale segue la logica delle tre P (presentazione, pratica e produzione). Al suo interno si trovano: paratesto (ovvero elementi di contorno al testo, quali immagini, didascalie, eccetera, che fanno da collegamento alla situazione sociale descritta), dialogo registrato (ovvero fare ascoltare in classe brani agli studenti), versione segmentata del dialogo (fatto ascoltare con pause lunghe per permettere allo studente di ripetere le parole con la giusta pronuncia e intonazione), pattern drill (esercizi strutturali, in particolare di di morfosintassi e fonetica), esercizi di trasformazione o di completamento di grammatica esplicita (volgi al plurale, volgi al passato), letture di civiltà (di tradizione del Reading Method, con domande di comprensione del testo). Il metodo situazionale è molto legato alla sociolinguistica e alla fonetica (ci sono molti esercizi a riguardo nel manuale). Pur seguendo l’approccio comunicativo resta legato ad alcuni aspetti di quello formalistico e strutturalistico, per esempio il docente non abbandona il metodo deduttivo e usa i pattern drill. Metodo nozional-funionale e relativo approccio Il metodo nozionale-funzionale è il secondo metodo che utilizza l’approccio comunicativo, diffusosi a partire dagli anni ’60, ma sviluppatosi maggiormente negli anni ’70. L’approccio comunicativo ha come teorie di riferimento la sociolinguistica, la pragmalinguistica, la comunicazione interculturale (quest’ultima di interesse del metodo situazionale, ma di scarso interesse per quello nozionale-funzionale) e nasce con l’idea che la lingua, e ciò che la contorna, è il modo di un popolo per comunicare non solo informazioni ma tutta la cultura. Per tale motivo viene data importanza ai gesti del corpo e al valore attribuito agli oggetti (es. in Italia i crisantemi non si regalano a persone in vita, al Sud Italia il parlante tocca e gesticola per dimostrare sintonia con l’interlocutore mentre nel Nord Europa questo atteggiamento è percepito come invadente). Nei metodi didattici che fanno capo all’approccio comunicativo il docente gestisce l’imput e guida lo studente, la lingua è vista come uno strumento di azione sociale e la cultura del popolo di cui si studia la lingua è posta in interesse. Il primo metodo che adoperò l’approccio comunicativo fu il metodo situazionale, il secondo fu il metodo nozionale-funzionale che rispetto al primo abbandonò completamente l’approccio grammaticale. Inizialmente l’approccio grammaticale viene un pochino mantenuto, i manuali seguono ancora l’impianto delle tre P (presentazione, pratica e produzione), ma rispetto al metodo situazionale la cultura del popolo della lingua studiata non è più oggetto di interesse. La traduzione scompare definitivamente, sia nelle fasi iniziali che nei livelli più avanzati, il che è un errore perché tradurre è strumento di riflessione linguistica. Il percorso dei manuali doveva essere induttivo, ma in realtà gli insegnanti usano ancora quello dedittivo perché i manuali ignorano troppo la grammatica. Il metodo naturale di Krashen Tra gli anni ’70 e ’80 in glottodidattica si sviluppa un interesse crescente per la dimensione psicologica, in particolare la psicologia umanistica si pone contro la tradizione che non prende in considerazione la dimensione emozionale dell’apprendente, fondamentale nella’apprendimento di

una lingua. Sulla base della psicologia umanistica e dell’approccio comunicativo nasce il metodo naturale di Krashen che parte basandosi sull’idea del LAD di Chomsky (tutti gli uomini hanno all’interno della mente una sorta di dispositivo innato che gli consente di imparare le lingue, sia quella madre che le altre). Partendo da questa teoria Krashen elabora lo SLAT e fa una distinzione tra acquisizione e apprendimento. La prima è un processo inconscio che sfrutta entrambi gli emisferi del cervello ed entra nella memoria a lungo termine. Il secondo si attiva lentamente e utilizza l’emisfero analitico e razionale. L’insegnante deve produrre nello studente acquisizione e non apprendimento e può farlo seguendo tre principi: -

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Input comprensibile che attiva il LAD e ottiene l’acquisizione: l’esposizione all’input è l’unico modo per imparare una lingua a qualsiasi età, ma l’esposizione da sola non basta, l’input deve essere comprensibile Seguire un ordine naturale di apprendimento: la grammatica di una lingua è acquisita in modo spontaneo seguendo un ordine naturale che va dalle strutture più semplici a quelle più complesse Evitare il filtro affettivo, ovvero un blocco che fa collocare ciò che si comprende nella memoria a breve termine. Non deve esserci affinché ci sia acquisizione. Il filtro affettivo si attiva in caso di stati d’ansia, di scarsa sintonia col docente, in situazioni che mettono a rischio l’immagine o danneggiano l’autostima, eccetera. Se il filtro è basso avviene il passaggio dell’input che diventa intake e la memorizzazione. Si spiega cosi perché uno studente possa apprendere diversamente con diversi professori e in diversi contesti.

Fondamentale per ottenere buoni risultati sono l’interazione tra studente-docente (quest’ultimo deve motivare lo studente) e tra studente-studenti. Il metodo didattico è induttivo, l’aspetto formale trascurato e lo studente deve imparare a comunicare. I metodi clinici Tra gli anni ’70 e ’80 in glottodidattica si sviluppa un interesse crescente per la dimensione psicologica, in particolare la psicologia umanistica si pone contro la tradizione che non prende in considerazione la dimensione emozionale dell’apprendente, fondamentale nella’apprendimento di una lingua. Sulla base della psicologia umanistica e dell’approccio comunicativo (ha come teorie di riferimento la sociolinguistica, la pragmalinguistica, la comunicazione interculturale e nasce con l’idea che la lingua, e ciò che la contorna, è il modo di un popolo per comunicare non solo informazioni ma tutta la cultura. Per tale motivo viene data importanza ai gesti del corpo e al valore attribuito agli oggetti. Il docente gestisce l’imput e guida lo studente, la lingua è vista come uno strumento di azione sociale). I metodi clinici si rifanno all’approccio comunicativo e sono influenzati dalla psicologia umanistica. I metodi clinici più importanti sono quattro: -

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Metodo di Asher, in cui l’insegnante da ordini sempre più difficili agli studenti che pian piano iniziano a usare la lingua spontaneamente. Metodo di Curran, in cui l’insegnante consiglia e aiuta ma sta fuori dal lavoro di apprendimento. Questo metodo ha avuto scarso impatto in Italia. Metodo di Gattegno (Silent Way), in cui l’insegnante da un modello che gli studenti ripetono e utilizzano in situazioni specifiche. Se il docente deve fare qualche correzione la fa in silenzio a gesti. Suggestopedia di Lozanov, metodo simile a una psicoterapia di gruppo con training autogeno, musica di sottofondo, cartelloni alle pareti che rappresentano varie fasi della lingua.

Questi approcci si sono verificati efficaci anche se si occupano meno della lingua. Il percorso è fortemente induttivo, lo studente è visto nella sua parte emotiva e non soltanto razionale, il docente è una guida, quasi uno psicoterapeuta. I metodi clinici coniugano la dimensione psicologica e l’approccio comunicativo per portare lo studente verso l’acquisizione, questo perché presentano approcci efficaci che hanno sottolineato il ruolo emozionale nell’apprendimento. Primi studi della linguistica acquisizionale Spiega le fasi dell’apprendimento di L2 e LS, studiate dopo l’apprendimento di L1, in qualsiasi contesto. Inizialmente la linguistica acquisizionale nasce nel mondo anglosassone allo scopo cercare di conoscere i processi di apprendimento di una L2 per impostare meglio la didattica. La LA intrattiene stretti rapporti con altre discipline quali la linguistica applicata, la sociolinguistica, la linguistica generale, la tipologia linguistica, la psicologia cognitiva e sociale e la neurolinguistica. A partire dagli anni ’50 del ‘900 si comincia a studiare il modo in cui avviene l’apprendimento di L2 e così nascono i primi studi che sono alla base della disciplina: l’elaborazione del concetto di interferenza di Weinreich e l’analisi contrastiva di Lado. Weinreich si occupa principalmente di bilinguismo piuttosto che di L2 e parla di interferenza, ovvero deviazione a qualsiasi livello 8fonologico, morfosintattico, lessicale) delle regole della lingua che l’apprendente sta imparando. Questa deviazione è dovuta all’influsso che l’apprendente subisce da parte di un’altra lingua, nel caso di apprendimento di L2, da parte della L1 (es. si nota l’accento straniero nella pronuncia di L2). Lado utilizza l’analisi contrastiva, cioè un rigoroso confronto tra le strutture di L1 e quelle di L2: le strutture sono apprese attraverso continue ripetizioni e secondo lo schema del comportamentismo di Skinner (stimolo-risposta-verifica). L’apprendimento di L1 consiste nella formazione di abitudini, mentre per L2 si sostituiscono le vecchie abitudini con le nuove. Secondo Lado le abitudini dell’apprendimento di L1 agiscono su L2, dando origine alle interferenze. Il docente deve lavorare per evitarle prevedendo le difficoltà che l’apprendente può incontrare. Alla fine degli anni ’50 Chomsky, padre della linguistica generativa (generativismo), propone una nuova prospettiva sull’apprendimento di L1, in contrasto con il comportamentismo di Skinner: l’acquisizione linguistica non è imitativa come sostiene Skinner, ma creativa. Il bambino che impara L1 non lo fa semplicemente imitando gli adulti, tanto che crea parole ed enunciati mai sentiti prima, a volte corretti a volte no (dicete, petaloso, venghi), ma comunque rispondenti a precise regole. Il processo dunque non è imitativo ma creativo: il bambino rielabora l’input che gli viene dall’esterno in una grammatica con cui genera parole e frasi nuove (cognitivismo in ambito psicologico). Pit Corder, alla fine degli anni ’60, applica allo studio della L2 le intuizioni proprie del cognitivismo (processo creativo) e cosi l’interesse si concentra sulle varietà linguistiche dell’apprendente. Corder dimostra che solo una parte degli errori nell’apprendimento di L2 è causata dall’influsso di L1 e che la maggior parte degli errori sono simili a quelli del bambino che impara L1 (errori evolutivi).

Teorie di acquisizione L2, in particolare quelle innatiste Non esiste una teoria unitaria sull’apprendimento di L2, ma ci sono diverse tendenze. In particolare abbiamo: -

Modelli innatisti

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Modelli cognitivi e cognitivi funzionali Modelli ambientalisti Modelli integrati

I modelli innatisti sottolineano il ruolo della facoltà del linguaggio, componente innata e mentale nell’acquisizione di una lingua. Questa facoltà si attiva per la prima volta per l’acquisizione della lingua materna, poi delle altre. I due modelli innatisti più famosi sono quello di Chomsky e quello di Krashen. Chomsky sostiene che l’input esterno da solo da basta a spiegare le rappresentazioni mentali che un apprendente si costruisce, ne basterebbero l’imitazione e l’interazione con i nativi. Per questo motivo Chomsky parla di una grammatica universale innata per spiegare l’acquisizione della sintassi di una lingua (della L1, ma il principio si può applicare pure per L2). La grammatica universale guida l’apprendente nella formulazione di ipotesi ed è presente in tutte le lingue come insieme di principi e parametri innati. I...


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