Goffman La vita quotidiana come rappresentazione riassunto-1 PDF

Title Goffman La vita quotidiana come rappresentazione riassunto-1
Author Pitti GIGI
Course Sociologia della Comunicazione
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
Pages 20
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Summary

La vita come rappresentazione Introduzione reagisce in modo da esprimersi o meno intenzionalmente, e i presenti, a loro volta, riportano sul suo conto. La di fare impressioni su terzi, la sua sembra basarsi su due tipi di semantica radicalmente diversi: assunta intenzionalmente e quella lasciata Qua...


Description

La vita come rappresentazione Introduzione L’individuo reagisce in modo da esprimersi più o meno intenzionalmente, e i presenti, a loro volta, riportano un’impressione sul suo conto. La capacità dell’individuo di fare impressioni su terzi, la sua espressività sembra basarsi su due tipi di attività semantica radicalmente diversi: l’espressione assunta intenzionalmente e quella lasciata “trasparire”. Quando l’individuo compare alla presenza di altri, avrà generalmente qualche buon motivo per agire in modo da comunicare agli altri quell’impressione che è suo interesse dare. (le ragazze popolari che si fanno chiamare più volte) Quando un individuo compare di fronte ad altri, le sue azioni influenzano la definizione che questi danno della situazione. Fintanto che gli altri agiscono “come se” l’individuo avesse trasmesso una particolare impressione possiamo dire che l’individuo ha “realmente e efficacemente” proiettato una data definizione della situazione. Gli altri possono servirsi di quelli che vengono considerati gli aspetti non controllabili del comportamento espressivo dell’attore come mezzo per verificare la verità. (osservare l’osservatore senza che egli lo sappia) L’individuo può anche avvantaggiarsi dell’aspetto presumibilmente incontrollato della propria comunicazione. La simmetria e la asimmetria del processo comunicativo si avvicendano in un processo potenzialmente infinito. Anche gli altri proiettano un definizione della situazione in virtù della loro reazione dell’individuo. Ci si aspetta che ogni partecipante reprima i suoi sentimenti immediati, offrendo un’interpretazione della situazione almeno momentaneamente accettabile dagli altri. Inoltre ad ogni partecipante è permesso di istruire delle regole su argomenti che sono vitali per lui ma non di immediata importanza per gli altri, e cioè le razionalizzazione e le giustificazioni con le quali risponde della sua attività passata. In cambio di questo privilegio egli tace oppure non si impegna nei confronti di fatti importanti per gli altri, ma non d’immediato rilievo per quanto lo riguarda: si raggiunge così nell’interazione una specie di modus vivendi. Questo tipo di accordo viene indicato con il termine consenso operativo. Possiamo renderci conto dell’importanza delle prime impressioni. Sembra che un individuo sia più libero di scegliere il tipo di trattamento che egli intende chiedere ed offrire agli altri presenti al principio di un incontro, che non di cambiarlo una volta che l’interazione sia in atto. Nel dar rilievo al fatto che la definizione della situazione proiettata inizialmente da un individuo viene a fornire un programma per l’attività cooperativa che ne segue – nell’insistere cioè sull’importanza dell’elemento di azione – non dobbiamo trascurare il fatto basilare che una definizione proiettata possiede anche un preciso carattere morale. La società è organizzata sul principio che qualsiasi individuo che possieda certe caratteristiche sociali ha il diritto a pretender che gli altri lo valutino e lo trattino in modo appropriato. Esiste un secondo principio connesso a La vita come rappresentazione Intro

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questo, è cioè che un individuo il quale implicitamente o esplicitamente dichiara di avere certe caratteristiche sociali dovrebbe in effetti essere ciò che pretende di essere. Quando un individuo si serve di tattiche e strategie per proteggere la propria definizione della situazione, possiamo parlare di “tecniche di difesa”; quando un partecipante se ne serve per salvare la definizione della situazione proiettata da un altro, parliamo di “tecniche proiettive” o “di tatto”. Le azioni difensive e proiettive comprendono quelle tecniche che l’individuo, trovandosi in presenza di altri adopera per salvaguardare le impressioni da lui incoraggiate negli altri. Al centro dell’interesse di questo lavoro sono i problemi drammaturgici incontrati da un attore nel presentare la sua attività di fronte ad altri. Terminologia: Interazione faccia a faccia – l’influenza reciproca che individui che si trovano nell’immediata presenza altrui esercitano gli uni sulle azioni degli altri. Rappresentazione – tutta quell’attività svolta da un partecipante in una determinata occasione e volta in qualche modo ad influenzare uno qualsiasi degli altri partecipanti. Parte o routine – il modello di azione prestabilito che si sviluppa durante una rappresentazione e che può essere presentato o rappresentato in altre occasioni. Ruolo sociale – il complesso di diritti e doveri con una determinata posizione sociale; possiamo dire che un ruolo sociale coinvolge una o più parti e che ciascuna di queste diverse parti può essere presentata dall’attore in un serie di occasioni allo stesso tipo di pubblico o a uno composto dalle stesse persone. Rappresentazioni Rappresentazioni in buona fede e rappresentazioni in mala fede Quando l’individuo interpreta una parte implicitamente richiede gli astanti di prendere sul serio quanto vedranno accadere. È opportuno esaminare la rappresentazione considerando la fiducia che l’individuo stesso ripone nell’impressione della realtà che egli tenta di sollecitare in quanti gli sono intorno. Quando l’individuo crede nell’impressione comunicata con la propria azione possiamo definirlo sincero, quando invece non è convinto e non è interessato all’opinione del pubblico possiamo definirlo cinico. Ciò non significa che il cinico voglia ingannare il pubblico per interesse o per vantaggio personale, può anche comportarsi in una certa maniera pensando di agire nell’interesse degli altri. Ognuno di questi estremi fornisce all’attore una posizione che ha delle garanzie e difese proprie perciò egli tenderà ad adeguarvisi completamente. Park: Entriamo nel mondo come individui, acquistiamo un carattere e diventiamo persone (maschere nel significato originale della parola). Le persone possono oscillare tra la fiducia nella propria parte e il cinismo, che usano spesso per proteggere se stessi, per isolare la parte più intima di se stessi. Un esempio di commistione tra cinismo e sincerità è lo sciamanesimo. La facciata Rappresentazione è tutta quel’attività di un individuo che si svolge durante un periodo caratterizzato dalla sua continua presenza dinanzi a un particolare gruppo di osservatori e tale da avere una certa influenza su di essi. La vita come rappresentazione Intro

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Facciata è quella parte della rappresentazione che di regola funziona in maniera fissa e generalizzata allo scopo di definire la situazione per quanti lo stanno osservando. La facciata costituisce quindi l’equipaggio espressivo di tipo standardizzato che l’individuo impiega intenzionalmente e involontariamente durante la propria rappresentazione. Le facciate di solito sono scelte e non create. Le parti tipiche della facciata L’ambientazione che comprende il mobilio, gli ornamenti, l’equipaggiamento fisico, insomma tutti quei dettagli di sfondo che forniscono lo scenario e gli arredi; sono le parti sceniche di un equipaggiamento espressivo. La facciata personale sono gli elementi dell’equipaggiamento espressivo che identifichiamo strettamente con l’attore stesso e che naturalmente lo seguiranno ovunque. Fra gli elementi possiamo includere: i distintivi di rango o di carica, il vestiario, il sesso, l’età, la taglia e l’aspetto, il portamento, il modo di parlare , i gesti della persona etc. Alcuni di questi strumenti semantici sono fissi e non variano nel tempo, né da una situazione all’altra, altri invece sono relativamente mobili transitori – come le espressioni del viso. Talvolta conviene scindere in apparenza e maniera gli stimoli che formano la facciata personale. Apparenza – può indicare quelli stimoli che sugeriscono gli status dell’attore e ci informano sulla condizione rituale temporaneamente vissuta – l’individuo è impegnato in un’attività sociale, nel lavoro, in una semplice attività ricreativa. Maniera – indica invece quelli stimoli la cui funzione in uno dato momento è quella di avvisarci del ruolo interattivo che l’attore pensa di svolgere nella situazione (maniera altezzosa, agressiva)

Qualità teatrali della rappresentazione Quando è in presenza di terzi l’individuo puntualizza tipicamente la propria attività con segni che accentuino in modo teatrale fatti che altrimenti potrebbero passare inosservati o apparire oscuri. (es. arbitro di baseball per apparire sicuro). In molti casi la resa teatrale del proprio lavoro costituisce effettivamente un problema. Il problema di valorizzare la propria attività è più complesso di quanto non sia il far soltanto figurare costi che non appaiono. Il lavoro che deve essere svolto da coloro che detengono certi status è spesso tanto poco adatto all’espressione del significato desiderato, che il detentore, se vuole valorizzare il carattere del proprio ruolo, deve dedicare buona parte delle proprie energie solo a questo fine. Quest’attività rivolta a scopi di comunicazione richiederà spesso attributi diversi da quelli che si vuole valorizzare. Come dice Sartre: “L’allievo attento che vuoi essere attento, l’occhio fisso sui maestro, le orecchie bene aperte in ascolto, si esaurisce a tal punto rappresentando la parte dell’attento, che finisce per non ascoltare nulla”. Ed è così che spesso gli individui finiscono per trovarsi di fronte al dilemma: espressione o azione. Coloro che hanno il tempo e le capacità per svolgere bene un compito, proprio per questo possono non aver il tempo e la capacità di render visibile il fatto che lo stanno facendo. È da osservare che alcune organizzazioni risolvono questo dilemma delegando ufficialmente la funzione drammaturgica a uno specialista che si occuperà soltanto di esprimere il significato di un dato compito, senza perder tempo a doverlo effettivamente svolgere. Idealizzazione La vita come rappresentazione Intro

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È stato detto in pecedenza che la rappresentazione di una routine presenta al pubblico, attraverso la propria facciata, delle pretese piuttosto astratte che con ogni probabilità sono simili a quelle avanzate nel corso della rappresentazione di altre routines. Ciò costituisce uno dei modi in cui una rappresentazione è socializzata, plasmata e modificata per adattarla alla comprensione e alle aspettative della società nella quale viene presentata. Un altro importante aspetto di questo processo di socializzazione è la tendenza che hanno gli attori a offire ai propri osservatori un’impressione che è idealizzata in molti modo diversi. “Se non tentassimo mai di mostrarci un poco migliori di quello che effettivamente siamo, come potremmo migliorarci o svilupparci interiormente traendo spunti dal mondo esterno?” Pertanto la rappresentazione dell’individuo tenderà a incorporare ed esemplificare i valori sociali già accreditati anche di più di quanto non comporti l’insieme del suo comportamento. Possiamo vedere la rappresentazione come una cerimonia – come un ringiovanimento espressivo e riaffermazione dei valori morali della comunità. Il mondo, in effetti, è una grande cerimonia nuziale. (es. mobilità sociale e status sociale) Consumo nascosto Se durante una rappresentazione un individuo deve esprimere norme ideali, sarà obbligato ad astenersi dal compiere un’azione che risulti incongruente con quelle norme, quanto meno apertamente. Ci si accorge spesso che in privato molti vi si abbandonano a questi comportamenti. (es. bramini)

Quattro oggetti da occultamento Ecco alcune altre cose che costituiscono oggetto di occultamento. In primo luogo, oltre ai piaceri segreti ed alle economie, l’attore può esser impegnato in una attività lucrativa che resta nascosta al suo pubblico e che è incompatibile con l’impressione che spera di dare della sua attività. In secondo luogo vediamo che sbagli ed errori spesso vengono corretti prima che abbia luogo la rappresentazione, mentre i segni che potrebbero svelare gli errori che sono stati fatti e poi corretti, vengono essi stessi occultati: in tal modo viene mantenuta quell’impressione d’infallibilità che è così importante in tante rappresentazioni. ~ famoso il detto che i medici seppelliscono i propri errori. Un altro esempio è offerto da un recente saggio sull’interazione sociale in tre uffici governativi, il quale mette in luce come i funzionari non gradiscano dettare i loro rapporti a una stenografa, in quanto preferiscono poter riguardare le loro relazioni e correggerne gli errori prima che la stenografa e naturalmente i superiori abbiano modo di vederle. In terzo luogo, in quelle interazioni in cui un individuo presenta un prodotto ad altri, egli avrà la tendenza a presentare soltanto l’opera finita, e il pubblico sarà indotto a giudicare il presentatore sulla base di qualcosa di completo, rifinito e ben presentato. In alcuni casi, si cercherà di nascondere il fatto che l’oggetto è costato pochissimo lavoro; in altri, resteranno nascoste le lunghe e tediose ore di lavoro solitario che sono state necessarie. A mo’ di esempio possiamo paragonare con profitto lo stile disinvolto e sereno proprio di certi saggi eruditi con le ore di lavoro febbrile che

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l’autore ha magari impiegato per completare tempestivamente l’indice, o con i bisticci avuti con l’editore per fargli aumentare la dimensione dell’iniziale del cognome sulla copertina del libro. Una quarta dissonanza fra le apparenze e la realtà globale è la seguente: molte rappresentazioni non potrebbero aver luogo se prima non fossero stati eseguiti dei lavori fisicamente poco puliti, semiillegali, crudeli e in qualche modo degradanti; eppure questi aspetti imbarazzanti vengono espressi raramente durante una rappresentazione. Come dice Hughes, cerchiamo di nascondere al nostro pubblico ogni traccia di “lavoro sporco”, sia che lo facciamo personalmente sia che lo affidiamo a un domestico, all’impersonalità del mercato, a uno specialista autorizzato oppure a uno illegittimo. Strettamente collegata al concetto di “lavoro a sporco” e anche una quinta incongruenza fra apparenza ed attività reale. Se l’attività di un individuo deve incarnare con successo standard ideali diversi, è probabile che alcuni di questi vengano sostenuti in pubblico, grazie al sacrificio compiuto in privato di alcuni degli altri. Spesso, naturalmente, l’attore sacrificherà quegli standard la cui violazione può essere occultabile, allo scopo di mantenere quelli il cui mancato rispetto risulterebbe subito evidente. Così, in periodi di razionamento, se un ristorante, una pizzicheria o una macelleria devono continuare a far sfoggio della loro usuale varietà di prodotti per mantenere la stima dei clienti, il ricorrere di nascosto al “mercato nero” potrà costituire una soluzione. Analogamente, se un’attività viene giudicata sulla base della rapidità e qualità del servizio, è probabile che per prima cosa verrà a mancare quest‘ultima, poiché una qualità scadente può esser occultata, ma non cosi un servizio troppo lento. Sarebbe un errore mostrarsi troppo cinici a questo proposito. Spesso vediamo che per poter realizzare i fini principali di un’organizzazione, è necessario trascurare momentaneamente altri ideali, pur mantenendo l’impressione che essi sono pur sempre rispettati. In questi casi il sacrificio di altre norme non vieti fatto per permettere l’affermazione degli ideali più facilmente controllabili, ma di quelli legittimamente più importanti.

Retorica dell’addestramento Vediamo spesso gli attori dare dare l’impressione di aver avuto motivi ideali per procurarsi il ruolo che stanno rappresentando, di aver tuttora le qualità ideali per svolgerlo etc. Così, uno studente scrive che i farmacisti ritengono il periodo di quattro anni di università, richiesto per ottenere la licenza positivo per la professione, ma alcuni ammettono che tre mesi di istruzione sarebbero più che sufficienti. Si può aggiungere che, durante la seconda guerra mondiale, l’esercito americano considerava tranquillamente solo da un punto di vista strumentale professioni come quella di farmacista e di orologiaio, addestrando efficienti professionisti in un periodo di cinque o sei settimane con grande scandalo dei membri ufficiali di queste professioni. Segregazione del pubblico Innanzitutto gli individui spesso incoraggiano l’impressione che la routine che stanno rappresentando al momento sia l’unica da essi rappresentata o almeno la più importante. Come già detto, il pubblico a sua volta spesso ritiene che il personaggio che viene loro mostrato esaurisca tutto ciò che esiste dell’individuo che lo sta impersonando. Com’è detto nel ben noto passo di William James: in pratica possiamo dire che egli ha tanti diversi “io sociali” quanti sono i gruppi di persone della cui opinione egli si preoccupa. Generalmente egli mostra un diverso aspetto di sé ad ognuno di questi gruppi diversi. Molti giovani che sono abbastanza riservati davanti a genitori o insegnanti, bestemmiano come turchi e fanno i duri con gli amici. Non ci mostriamo ai nostri figli come agli amici del circolo, ai nostri clienti come ai nostri dipendenti, ai nostri padroni e datori di lavoro come agli amici intimi”.

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Quale effetto e al tempo stesso causa principale di questo genere d’impegno nei confronti della parte rappresentata in un determinato momento, vediamo che si verifica una “segregazione del pubblico”. Per mezzo di questa l’individuo si assicura che coloro davanti ai quali egli rappresenta una delle sue parti, non saranno gli stessi davanti ai quali egli rappresenterà un’altra parte in un ambito diverso. Tratteremo in altra sede della segregazione del pubblico come accorgimento per proteggere le impressioni desiderate. Solamente, vorrei far notare sin d’ora che anche se gli attori tentassero di distruggere questa segregazione e l’inganno che ne deriva, spesso il pubblico impedirebbe loro di farlo. Il pubblico infatti si accorge che c’è gran risparmio di tempo ed energia emotiva nel trattare l’attore per quello che appare, come se, cioè, l’attore fosse solamente e veramente ciò che l’uniforme del momento lo fa sembrare. La vita urbana diventerebbe insopportabile per molti se ogni contatto fra due esseri comportasse un dover condividere fatiche, preoccupazioni e segreti. Così se un uomo vuoi consumare un pasto tranquillo può preferire di esser servito da una cameriera anziché dalla moglie. In secondo luogo, gli attori tendono a comunicare l’impressione che la rappresentazione in corso della loro routine ed il loro rapporto con l’attuale pubblico hanno qualcosa di unico e speciale. Il carattere abitudinario della rappresentazione viene sminuito (l’attore stesso è spesso inconsapevole di quanto sia in realtà frutto di abitudine la sua azione), mentre vengono accentuati gli aspetti spontanei della situazione. Il caso del medico ci offre un esempio ovvio. Come è stato scritto: egli deve far finta di ricordarsi tutto. Il paziente, cosciente dell’importanza unica dei fatti che si svolgono dentro di lui, ricorda ogni cosa e nella gioia di raccontare al medico si abbandona a una “rievocazione completa”. Il paziente non può capacitarsi che anche il medico non ricordi e il suo amor proprio viene profondamente ferito se questi gli fa capire che egli non ha perfettamente in mente che tipo di pastiglie ha prescritto durante la visita precedente, quante bisognava prenderne ed a che ora”. Analogamente, come riferisce un recente studio su alcuni medici di Chicago, un medico generico presenta uno specialista ad un paziente come il migliore nel suo campo, mentre in effetti lo specialista può esser stato scelto in parte per legami professionali, o per un accordo sulla divisione dell’onorario, o per qualche altro quid pro quo ben definito fra i due medici. Conservazione del controllo dell’espressione Il punto cruciale non consiste tanto nel fatto che la fugace definizione della situazione causata da un gesto involontario sia di per sé riprovevole, quanto piuttosto nel fatto che essa è diversa da quella ufficialmente proiettata. Questa differenza causa una notevole e imbarazzante discrepanza fra la realtà e la sua proiezione ufficiale, poiché è caratteristica essenziale di quest’ultima il fatto di esser l’unica possibile nella circostanza specifica. Per analizzare le rappresentazioni l’immagine artistica sarebbe più appropriata, poiché ci prepara al fatt...


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