I promessi sposi - riassunto completo libro e note PDF

Title I promessi sposi - riassunto completo libro e note
Author Claudia Razza
Course Letteratura italiana contemporanea
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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riassunto completo libro e note ...


Description

I promessi sposi Introduzione Manzoni “trova” il manoscritto, ne critica la scrittura ma pensa che una storia così bella non possa restar sconosciuta. Il capito si apre con una panoramica sul lago di Como. Era il 7 novembre 1628, don abbondio cammina solito per la sua via ma verrà fermato da due bravi. Don abbondio cerca di dissimulare la sua paura cercando invano una via di scampo. “lei ha intenzione di sposare Renzo Tramaglino e Lucia Mondella” (tramaglino: ricorda la rete da pesca e “risuona” il travaglio, mentre Mondella richiama le mondine e la mundita cioè la purezza che amplifica la Luce del nome. Nel fermo e lucia Fermo Spolino Manzoni dava un senso di fermezza la nome in contrasto con il movimento del cognome) la conversazione tra i bravi e il don si svolge sul piano del Lei appaiono quindi alla pari, ma i due bravi comunicano minacce, mentre il don dichiara apertamente la sua inferiorità. ( cosa comanda? Ubbidienza.) la descrizione di don abbondio è ricca di immagini concrete “cuor di leone, vaso di terra cotta che viaggia con vasi di ferro, bocconi amari,.. da una parte adatta la descrizione al modo del parlato del don e dall’altra sono elementi concreti di quanto manzoni fosse attento al linguaggio dell’epoca. Anche se le grida e le pene erano tante non facevano altro che attestare l’impotenza degli autori. L’impunità era organizzata, e aveva radici che le grida non toccavano, o non potevano smuovere. A quei tempi era portata al massimo la tendenza degli individui a stare collegati in classi. Lo sfondo della storia di renzo e a lucia è un mondo in cui si svolge il contrasto fra potenze del mondo feudale, ordini religiosi, coorporazioni cittadine e masse di diseredati. A manzoni infatti interessano le forze in atto nella società e nell’esistenza, con i loro condizionamenti e contrasti. Don abbondio se era costretto a prender parte tra due, stava con il più forte, in retroguardia però, e facendo vedere all’altro che non gli era volutamente nemico. La frase prediletta era “un galantuomo, il quale badi a sé, e stia nei suoi panni, non accadon mai brutti incontri. (comicità dell’autore in qnt don abbondio ha appena fatto un brutto incontro!) (Manzoni nomina qui i suoi 25 lettori)

La conversazione tra la serva autoritaria e il padrone imbelle è una scena tipica del teatro comico che presenta anche i gesti soliti della scena, il cielo è continuamente invocato ma è un cielo vuoto, disabitato da quel Dio che parla alla coscienza degli altri personaggi manzoniani. Cap 2 Don abbondio spese la sua notte in consulte angosce. Qurllo che parve meglio al don era tirare renzo per le lunghe, e ci sarebbero passati due mesi poiché il rito ambrosiano vietava di celebrare le nozze tra la seconda domenica di novembre e l epifania. Entra in scena Renzo, che è senza genitori, e deve provvedere a se stesso con il proprio lavoro. Il fidanzamento con lucia lo rende cauto risparmiatore, massaio così poteva definirsi, anche in quell anno di carestia, un uomo agiato. Vestito di tutto punto compare davanti al don. “… io penso a far le cose secondo il piacere altrui (don rodrigo) e trascuro il mio dovere; e poi mi toccan dei rimprveri, e peggio” (appunto ammette con dei giri di parole i fatti) Le risposte di don abbondio giocano con l’ambiguità inconfessabile di un parrocchiano. Don abbondio cerca di guadagnare giorni per arrivare alla domenica per raggiungere il periodo che precede l’avvento, Renzo cade nella trappola. Renzo incontra perpetua che senza voler dir nulla parla troppo e svela “ c’è bene a questo mondo de birboni, dei prepotenti, degli uomini senza timor di Dio…” Renzo torna da don abbondio e come fa un cavadenti estrae le parole dalla bocca d don abbondio. Renzo scopre ora il disordine morale del mondo. Da qui renzo da semplice filatore e pomesso sposo si trasforma nel personaggio da romanzo, eroe destinato ad attraversare un mondo infernale per arrivare al compimento della sua felicità. Don abbondio ritorna nel suo letto alla ricerca di un riparo. Mentre renzo si incammina verso casa fa pensieri torbidi, trama una vendetta. Ma l’immagine della pura lucia (fa da intermeduaria tra gli umani e il mondo celeste) e di dio che per la prima volta nel romanzo diventa pensiero interiore, mandano tutto in fumo, ma essa sapeva dell passione che don rodrigo provava per lei? Appare lucia vestita a nozze, viene avvicinata da renzo che gli dice che quel giorno le nozze non si faranno.

3 cap Nel capitolo terzo dei Promessi Sposi, ambientato nella giornata dell’8 novembre 1628, rivela il motivo per cui don Rodrigo ha impedito il matrimonio di Renzo e Lucia e spiega come il giovane, con quattro capponi, si recherà da un avvocato di Lecco per ottenere giustizia. La missione avrà esito assai infelice. Il capitolo terzo dei Promessi Sposi si apre con una confessione di Lucia. La giovane promessa sposa confida, tra le lacrime di vergogna, il tentativo di seduzione da parte di don Rodrigo avvenuto qualche giorno prima all’uscita dalla filanda dove la giovane lavora. Il racconto di Lucia mette in luce tra le righe l’arroganza e la volgarità di don Rodrigo, che impedisce il matrimonio di Renzo e Lucia solo per soddisfare un capriccio personale: il nobilotto ha infatti scommesso col cugino, il conte Attilio, che avrebbe sedotto la ragazza 1 . La protagonista, per pudore e per non inquietare la madre, ha confessato tutto soltanto a Fra Cristoforo, un frate cappuccino che ha avrà un ruolo rilevante nello sviluppo dell’intreccio. Le reazioni dei personaggi sono antitetiche: Renzo non trattiene l’ira ed esprime desideri di vendetta violenta nei confronti del nobile 2 , mentre Lucia, scoppiata a piangere, cerca di placare la rabbia del promesso sposo facendo affidamento sulla speranza nel futuro e nella provvidenza di Dio, che non può permettere che l’ingiustizia trionfi: “Ah! no, Renzo, per amor del cielo!” gridò Lucia. “No, no, per amor del cielo! Il Signore c'è anche per i poveri; e come volete che ci aiuti, se facciam del male?” [...] “Renzo,” disse Lucia, con un'aria di speranza e di risoluzione più tranquilla: “voi avete un mestiere, e io so lavorare: andiamo tanto lontano, che colui non senta più parlar di noi.” 3 . Interviene Agnese, la madre di Lucia, che con la sua saggezza popolare consiglia ai due di rivolgersi a “un uomo che abbia studiato”, a “una cima d’uomo” 4 come l’avvocato Azzecca-garbugli. Renzo dunque parte per Lecco, dove si trova l’uomo di legge, portando con sé quattro capponi, per propiziarsi i favori dell’uomo dell’uomo di legge. Si apre così la seconda parte del capitolo ambientato nello studio di Azzeccagarbugli, che Manzoni descrive così: Era questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una tavola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride, con tre o quattro seggiole all’intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli, con una spalliera alta e quadrata, terminata agli angoli da due ornamenti di legno, che s’alzavano a foggia di corna, coperta di vacchetta, con grosse borchie, alcune delle quali, cadute da gran tempo, lasciavano in libertà gli angoli della copertura, che s’accartocciava qua e là. 5 . L’avvocato invece viene ritratto in questo modo:

Il dottore era in veste da camera, cioè coperto d’una toga ormai consunta, che gli aveva servito, molt’anni addietro, per perorare, ne’ giorni d’apparato, quando andava a Milano, per qualche causa d’importanza 6 . Il narratore fa così chiaramente trasparire l’atmosfera di mediocrità e di decadenza del personaggio di Azzecca-garbugli, che è un buon simbolo per l’intero Seicento, che Manzoni, già dall’Introduzione, ha caratterizzato come periodo più attento all’ipocrita forma esteriore che alla sostanza delle cose. Il problema della giustizia viene però sviluppato qui attraverso un equivoco comico: Renzo, intimorito di fronte a quello che crede essere un “signor dottore”, domanda se minacciare un curato, affinché non celebri un matrimonio, sia un crimine. Però Azzecca-garbugli scambia Renzo per un bravo e, mostrandogli una “grida” inizia così a parlare nel linguaggio avvocatesco, aumentando la confusione di Renzo e mettendo in mostra la propria distorsione del concetto di giustizia, per cui “a saper ben maneggiare le grida” 7 non c’è distinzione tra colpevoli ed innocenti. Ma non appena il protagonista chiarisce come stanno in effetti le cose e fa il nome di don Rodrigo, il patetico Azzecca-garbugli lo scaccia in malo modo, non avendo alcuna intenzione di mettersi contro un potente. Agnese e Lucia, intanto, ricevono la visita di Fra Galdino, un cappuccino che gira per il paese per elemosinare delle noci (miracolo dlle noci). Lucia, sfruttando la situazione, dona al frate una cospicua quantità di noci, chiedendole di avvisare fra Cristoforo da parte sua. Renzo, deluso e amareggiato, torna nel frattempo in paese, combattuto tra i desideri di vendetta e i consigli dell’amata Lucia di confidare nella Provvidenza divina.

Cap 4 Nel quarto capitolo de I promessi sposi il narratore sposta la sua attenzione sul personaggio di Fra Cristoforo, che si sta recando da Agnese e Lucia. Il capitolo si sofferma così a ricostruire le vicende passate di questo personaggio e il motivo per cui si è fatto frate. Il tempo della storia è la mattina del 9 novembre 1628. Riassunto Dopo aver saputo della richiesta d’assistenza da parte di Lucia, che già si era confessata con lui dopo il tentativo di seduzione da parte di don Rodrigo, fra Cristoforo, uscito dal suo convento a Pescarenico, attraversa la campagna di Lecco. La serena descrizione della campagna autunnale 1 contrasta con quella delle misere figure popolari che il frate incontra nel suo percorso: La scena era lieta; ma ogni figura d’uomo che vi apparisse, rattristava lo sguardo e il pensiero. Ogni tanto, s’incontravano mendichi laceri e macilenti, o invecchiati nel mestiere, o spinti allora dalla necessità a tender la mano. [...] Questi spettacoli accrescevano, a ogni passo, la mestizia del frate, il quale camminava già col tristo presentimento in cuore, d'andar a sentire qualche sciagura” 2 .

L’anticipazione della drammatica carestia che sta sopraggiungendo e la preoccupazione del frate stuzzica l’interesse del narratore, che, in un lungo flashback che occupa tutto il capitolo IV, presenta la sua storai passata. Manzoni descrive inizialmente il suo aspetto e ripercorre la storia della sua giovinezza: i suoi tratti fisici evidenziano aspetti nascosti del suo carattere, come la sua irrequietezza e fierezza, celate dietro un’apparente calma e tranquillità. Il frate, il cui vero nome è Lodovico, è figlio di un ricco mercante ed è stato educato secondo i costumi della aristocrazia cavalleresca dell’epoca. A causa delle sue origini borghesi, tuttavia, viene rifiutato dai giovani aristocratici e per la sua “la sua indole, onesta insieme e violenta” si trova a “vivere co’ birboni, per amor della giustizia”, difendendo la povera gente dai nobili arroganti, sentendo “un orrore spontaneo e sincero per l’angherie e per i soprusi: orrore reso ancor più vivo in lui dalla qualità delle persone che più ne commettevano alla giornata; ch’erano appunto coloro coi quali aveva più di quella ruggine” 3 . È questo spirito combattivo e ribelle, che si rivolta alle ingiustizie del mondo anche per soddisfare una propria rabbia intima e repressa, che conduce Lodovico all’episodio che cambierà la sua vita. Infatti, durante un duello scoppiato per futili motivi, Cristoforo, uno dei servitori del giovane Lodovico, viene ucciso da un rivale, assassinato a sua volta da Lodovico. /sul sagrato del convento dove si è rifugiato sono presenti tutti gli ordini sociali. Questa storia è immobile in quanto gli uomini sono prigionieri di sistemi sociali preesisteti, dove la libertà umana è sottoposta all’arbitrio dei potenti, all’immobilismo dei ceti e delle corporazioni/ Il giovane, che è costretto a rifugiarsi in un convento di cappuccini per sfuggire alla vendetta dei parenti, cade in un profondo turbamento interiore.( la voce di dio parla agli uomini e possono udirla solo se smettono di resistere e ne conoscono la presenza dentro di loro) In seguito al suo pentimento e conversione, Lodovico prenderà gli ordini monacali, assumendo il nome del servitore ucciso. Con questa nuova identità Cristoforo (è il personaggio della rottura degli schemi, a cui è affidatat la missione etica del romanzo) si presenta nel palazzo del nobilee ucciso per domandare il perdono della famiglia. Inginocchiandosi di fronte al fratello e confessando la sua colpa, ottiene il perdone e in dono un piatto d’argento con il pane del perdono. (il sincero pentimento di fra cristoforo trasforma quello che doveva essere un rito feudale in una cerimonia del perdono, si passa dal voi al lei che indica parità. Il fratello dell ucciso e il parentado, si trovano pieni di gioia serena del perdono e di benevolenza. Il padre del perdono è uno dei protagonisti di questa storia, infatti fra cris lo custodirà e lo darà a renzo e lucia nel lazzaretto a Milano. Ma non sarà per loro, ma per i loro discendenti che vivranno in un mondo degradato e selvaggio come quello dei padri.) La sua indole focosa, seppur nascosta, rimane ancora accessa in lui e riemerge, ancora, di fronte alle ingiustizie perpetrate dai nobili nei confronti della povera gente, come Renzo e Lucia. La funzione di fra Cristoforo nel romanzo

Il personaggio di fra Cristoforo è una delle figure centrali del romanzo di Alessandro Manzoni, come dimostra l’attenzione e la cura con cui l’autore costruisce questo personaggio. È rilevante infatti l’analisi psicologica e sociale 4 con cui Manzoni presenta la figura del giovane Lodovico, figlio di una famiglia benestante che però sconta su di sé il pregiudizio (tipico della mentalità aristocratica) per cui l’attività mercantile è volgare e degradante. Il desiderio insoddisfatto di Lodovico di integrarsi nel mondo nobiliare viene frustrato, e ciò amareggia quel carattere condotto da “due cavalli bizzarri” 5 , cui, come già al padre, ricompare sempre di frotne agli occhi, come un’ossessione, l’origine delle proprie ricchezze6. La lunga introduzione concessa a Lodovico sviscera allora le ragioni profonde della sua avversione per il potere sprezzante di don Rodrigo ma anche il ruolo di “secondo padre” che egli svolge nei confrotni di Renzo; il giovane, infatti, ha ripetuto spesso nei primi capitoli del libro, la parola “vendetta”, proponendosi a parole di risolvere con la forza bruta la prepotenza del nobilotto spagnolo. Cristoforo, che ha conosciuto e scontato le conseguenze della violenza inutile e fine a se stessa, svolge allora un ruolo fondamentale non solo nell’esser un “aiutante” 7 per Lucia e Agnese (indirizzandole al convento della monaca di Monza) ma anche convincendo Renzo a riparare a Milano, in attesa che gli eventi migliorino. Con lui, compare sulla pagina una figura di religioso nettamente antitetica rispetto a quella, mediocre e timorosa, di don Abbondio.

Cap 5 Fra cris si sforza di trattenere la rabbia e lo sdegno di fronte alle ingiustizie del mondo, il corpo rivela il turbamento interiore, il frate è in continuo dissidio interiore, i suoi gesti manzoni li descrive accuratamente perché sono prolungamento della sua interiorità. Il frate decide di affrontare quel “diavolo in carne” come veniva chiamato nel Fermo. Il palazzotto di don rodrigo sorge isolato, sembra una bicocca, da qui domina i paesello di R e L. Le cose del quotidiano si mescolano ad armi e le genti sono una via di mezzo tra uomini e bestie. La casa di don rodrigo sfigurerà contro il castello dell’innominato. All’ingresso sono inchiodati due avvoltoi, abitudine del 600 nel lomb-veneto. Ma la scelta degli avvoltoi non è casuale poiché sono trofeo di caccia gratuito, insulso, sudicio. Anche due bravi, come due cani fedeli, sono all’uscio della casa del padrone. Nella casa di don rodrigo si sta tenendo un pranzo. Il podesta che si avvale dei suoi poteri non per amministrare la giustizia ma per stare in mezzo ai nobili con una certa sicurezza. C’è anche azzecca-garbugli rubicondo che fa smancerie al padrone di casa.

Si inizia a raccontare di un messaggero che è stato bastonato per aver portato messaggio di duello. Manzoni nella conversazione si prende gioco dell’ignoranza dei nobili, tra cui attilio che scambia feciali, membri della casta dei sacerdoti, cn ufficiali. Ciò rende ancora più ridicola e grottesca la scena. Viene messo in causa il giudizio di padre cris “ il mio debole parer è che non vi fossero sfide, né portatori, ne bastonate” L’utopia di pace di cris riesce a suscitare solo stupore agli occhi dei commensali. Una scena misera, soprattutto in contrasto con quella precedente del perdono di cris dove i modi del religioso erano riusciti ad ammansire l’orgoglio di casta di un’intera famiglia. Nella conversazione si parla di quella “leggendaria” per i ricchi carestia che pensano che il prezzo de aumenti per colpa dei commercianti borghesi che vogliono arricchirsi. Il capitolo si chiude con un vortice di voci e prese di posizione, dove edonismo dei piaceri, il vino è paragonato alla bevanda degli dei, e libido del potere violento (impiccateli!) tutto si fonde e sembra la musica stridente di una compagnia di cantambanchi Cap 6 Il capitolo si apre con le parole che Don Rodrigo rivolge ironicamente a Fra Cristoforo: “In che posso ubbidirla?” 1 . In questo capitolo viene presentato il confronto verbale tra il signorotto e il frate, giunto nel palazzotto di questo per ottenere giustizia e difendere Lucia e Renzo dalle prepotenze del nobile. Rodrigo fin dal primo scambio di battute si dimostra arrogante e sarcastico, prendendosi gioco di Fra Cristoforo. [le polarità del’orgoglio feudale e della carità cristiana continuano ad opporsi, senza un compromesso. Il nobile che riafferma la gloria terrena mentre il frate dichiara che si gli preme l’anima di una fanciulla ma non meno più di quella di don rodrigo. ] Il frate, tuttavia, mantenendo il controllo, risponde alle offese del nobile, fino all’ironica offerta di protezione di Lucia da parte di Don Rodrigo, che riferendosi alla giovane afferma: “la consigli di venire a mettersi sotto la mia protezione. Non le mancherà più nulla, e nessuno ardirà d’inquietarla”. A queste parole Fra Cristoforo, recuperando tutto il vigore giovanile, non trattiene più l’ira: [il corpo di don rodrigo diventa risonanza della parola. Il frate si trasforma nel messaggio etico di cui è portatore] La vostra protezione! È meglio che abbiate parlato così, che abbiate fatta a me una tale proposta. Avete colmata la misura; non vi temo più [...] Parlo come si parla a chi è abbandonato da Dio, e non può più far paura. [...] Voi avete creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua immagine, per darvi il piacere di tormentarla! Voi avete creduto che

Dio non saprebbe difenderla! Voi avete disprezzato il suo avviso! Vi siete giudicato 2 . Lucia [lampo di luce nelle tenebre. Cris passa anche dal lei al voi, il contrario di quello che successe con il fratello del morto ucciso] è sicura da voi …in quanto a voi… Verrà un giorno. Infine pronuncia un ammonimento finale che spaventa il signorotto, proprio perché gli predice qualcosa di sconosciuto, che don Rodrigo non sa identificare con precisione 3 . Il nobile caccia Fra Cristoforo dalla sua abitazione, ma il frate viene avvicinato da un servitore di Rodrigo[la benedizione del vecchio servo è un atto sacrale, è il riconoscimento del giusto che vive in una casa maledetta, e che per salvare la sua anima è disposto a tradire il padrone] , che si propone di osservare e riferire le mosse del padrone, che a quanto pare sta architettando qualcosa. Risollevato dall’offerta d’aiuto, il frate si incammina verso casa di Lucia, dove l’attendono i due giovani e Agnese. Il narratore sposta il suo punto di vista su tre personaggi che stanno pianificando, su iniziativa della madre della protagonista, un matrimonio alternativo.[ inizialmente manzoni nel fermo evidenzia l’ignoranza di Agnese chiamandolo matrimonio gran destino (clandestino) ma nei PS la povertà materiale e culturale dei piccoli è invece oggetto di rispetto. M non ha il coraggio di attaccare gli umili.] La pragmatica Agnese propone infatti di sorprendere n...


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