Riassunto promessi sposi capitoli 5 e 6 PDF

Title Riassunto promessi sposi capitoli 5 e 6
Author Giorgio Guagliardo
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Salerno
Pages 2
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Summary

temi salienti cap 5 e 6...


Description

Protagonista del capitolo è padre Cristoforo, la cui storia è stata narrata nel flashback del cap. IV e che ora vediamo direttamente in campo nel tentativo di aiutare i due promessi: il frate intende usare unicamente le armi della carità cristiana e delle fede, per cui rimprovera aspramente Renzo quando questi manifesta il proposito di reagire alla prepotenza subìta. È interessante il fatto che il cappuccino, esaminando le possibili soluzioni alla vicenda, scarti l'ipotesi di informare il cardinal Borromeo come già Perpetua aveva suggerito a don Abbondio, che ovviamente aveva rifiutato per motivi ben diversi. Compare finalmente in scena Don Rodrigo, il "malvagio" del romanzo che finora era stato solamente descritto o evocato da altri personaggi: la sua apparizione è in realtà assai deludente, poiché il signorotto si dimostra un malvagio mediocre e di mezza tacca, privo della grandezza solenne e della statura morale dell'innominato (lo dimostra il fatto che ama circondarsi di amici influenti, che cerca l'appoggio e la complicità degli uomini di legge, che non caccia subito padre Cristoforo per la sua "politica" di buone relazioni col convento dei cappuccini). È ridicolmente attaccato ai suoi privilegi di casta e alle regole cavalleresche (infatti vuole sedurre Lucia per una sciocca questione di puntiglio), mentre è decisamente volgare e inopportuno quando coinvolge il frate nella disputa sul portatore di sfida bastonato, dal momento che non ignora il passato di Cristoforo. La sua mediocrità emerge in maniera ancor più netta se si pensa al terrore con cui il suo nome è stato pronunciato nei capp. precedenti: quando i bravi minacciano don Abbondio (I), quando il curato confessa tutto a Renzo (II), quando il giovane lo nomina all'Azzecca-garbugli (III). Per approfondire: L. Russo, Don Rodrigo uomo senza originalità e grandezza. La guerra per la successione al ducato di Mantova si svolse nel periodo 1628-1631 e fu uno degli episodi della guerra dei Trent'anni: Vincenzo II Gonzaga, duca di Mantova e del Monferrato, morì senza eredi diretti e i suoi possessi vennero contesi tra Carlo Gonzaga di Nevers, sostenuto dalla Francia di Richelieu, e Ferrante Gonzaga duca di Guastalla, sostenuto dalla Spagna dell'Olivares; in seguito entrarono nel conflitto anche Carlo Emanuele I di Savoia e l'imperatore Ferdinando II d'Asburgo al fianco della Spagna, mentre Venezia e il papa Urbano VIII sostenevano la Francia. Le truppe spagnole cinsero d'assedio la fortezza di Casale e il successivo diretto intervento della Francia causò la discesa in Lombardia delle truppe del generale boemo Albrecht von Wallenstein, che si abbandonarono a saccheggi e portarono nel Milanese la peste. Il conflitto si concluse con un trattato di pace che riconobbe legittimo successore al ducato Carlo di Nevers, ovvero colui che, secondo il podestà, non avrebbe mai vinto a dispetto del conte-duca. Della guerra l'autore parla anche nel cap. XII, per spiegare le ragioni della carestia, nel XXVII, per spiegare i motivi dell'accanimento della giustizia milanese contro Renzo fuggito nel Bergamasco, nel XXVIII, prefigurando la calata in Lombardia dei lanzichenecchi che vi porteranno la peste (XXIX-XXX), e infine nel XXXII, spiegando il modo in cui il conflitto terminò. L'espressione "signor dottor delle cause perse", con cui Renzo indica sarcasticamente l'Azzecca-garbugli, è diventata proverbiale a designare un avvocato modesto e di scarso valore. Il "vecchio servitore" che accoglie padre Cristoforo al palazzo di don Rodrigo è lo stesso che in seguito (capp. VI, VIII) informerà il frate dei piani del suo padrone di rapire Lucia e avrà dunque una parte non secondaria nelle successive vicende del romanzo.

Il "pezzo forte" dal capitolo è ovviamente il confronto fra padre Cristoforo e don Rodrigo, in cui il frate tenta dapprima di convincere il nobile con le armi della diplomazia e della prudenza, poi, dopo la sua indecente proposta di offrire "protezione" a Lucia, prorompe in una violenta invettiva contro il signorotto, piena di enfasi predicatoria: il frate predice la punizione divina contro la casa dell'aristocratico, paragonata in tono sprezzante a "quattro pietre", e cita l'episodio biblico del Faraone che venne colpito dalle dieci piaghe d'Egitto per la sua ostinazione contro gli Ebrei. In tutto il colloquio fra Cristoforo ha evocato l'elemento del giudizio ultraterreno (anche visivamente, col rosario e il teschietto di legno che porta alla cintola, rappresentante un ammonimento alla brevità della vita umana) e ciò inquieta profondamente don Rodrigo, che infatti reagirà con stizza all'ultima profezia del cappuccino ("Verrà un giorno..."). Questa scena, in particolare il frate che punta il suo indice accusatorio contro il nobile, verrà rievocata nel sogno di don Rodrigo ammalato di peste, nel cap. XXXIII. Il "vecchio servitore" che rivela a padre Cristoforo di essere a conoscenza di certi disegni del suo padrone è lo stesso che lo aveva accolto al palazzo (cap. V) e aveva manifestato la sua sorpresa a vederlo in quella casa (qui dimostra di disapprovare la condotta di don Rodrigo e di volersi salvare l'anima). Sarà lui a rivelare al frate il piano per il rapimento di Lucia (cap. VIII), che peraltro andrà a monte per tutt'altro motivo. Lo stratagemma del "matrimonio a sorpresa" escogitato da Agnese corrisponde a una pratica assai diffusa nel XVII secolo e dovuta al fatto che spesso i due "promessi" dovevano superare l'ostacolo del divieto delle famiglie: il Concilio di Trento (1545-1563) aveva introdotto una clausola nel diritto canonico per cui il matrimonio era valido se i due fidanzati pronunciavano la loro volontà di fronte al parroco, mentre in seguito la Chiesa dichiarò nulle le nozze celebrate con questo espediente e minacciò pene severe a chi tentasse qualcosa di simile. La tavola a casa di Tonio fa da contrappunto a quella riccamente imbandita del banchetto di don Rodrigo (cap. V): qui i commensali dovranno accontentarsi di poca polenta di grano saraceno (scuro e di scarsa qualità, ma di poco prezzo), per cui i bambini di Tonio, affamati, sanno che non riusciranno a togliersi interamente la fame. La carestia, "bandita" dal palazzo del signorotto, si fa invece sentire sulla pelle dei contadini, anche se la famiglia di Tonio non esita a invitare Renzo a unirsi a loro (i poveri sono dunque solidali tra loro nonostante la penuria, al contrario dell'egoismo e della dissolutezza dimostrata dai nobili riuniti a convito). Renzo, parlando con Agnese, nomina Bortolo Castagneri, il cugino che vive nel Bergamasco e lo ospiterà in seguito alla sua fuga dal Milanese, dopo i fatti del giorno di San Martino (capp. XVII ss.)....


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