Il quadro Svedese PDF

Title Il quadro Svedese
Author Manuel Bosica
Course Organizzazione dello sport e sport individuali
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Summary

Descrizione dettagliata del grande attrezzo " Il quadro svdese"...


Description

 Cenni storici  Caratteristiche tecniche  Varietà e modalità di allestimento  Gli esercizi: didattica metodologia valore educativo

ILQUADRO SVEDESE

ALBERTO FORTI

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“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (Seneca)

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Premessa

Il 16 Ottobre 2010 si è svolto a Prato il XIV CONGRESSO NAZIONALE della S.I.E.F. (Società Italiana di Educazione Fisica) sul Quadro Svedese. E’ sulle ali dell’entusiasmo che mi deriva da questo evento che provo, in maniera sicuramente incompleta, limitata, e non scevra da errori, a strutturare un lavoro sul Quadro Svedese. Devo ringraziare il Presidente della S.I.E.F., dottoressa Cristina Baroni, e il Presidente della manifestazione, prof. Giovanni Lombisani, che mi hanno concesso l’onore di partecipare ai lavori congressuali. Ciò che mi appresto a scrivere e descrivere, non ha la pretesa di aggiungere qualcosa di nuovo al panorama della Ginnastica e dell’Educazione Fisica attuale, ma è stato pensato e concepito con il preciso intento di richiamare l’attenzione degli addetti ai lavori sul vecchio, su ciò che era e che è stato, in un tempo nel quale la Ginnastica godeva di grande considerazione, e gli attrezzi dell’ Educazione Fisica classica erano conosciuti ed insegnati nelle scuole dai professori, che erano professori, e ne capivano l’enorme valore educativo. Un tempo dove gli attrezzi venivano utilizzati nelle scuole dagli studenti, che erano studenti, per cui si recavano a scuola per imparare… Un tempo dove gli attrezzi dell’ Educazione Fisica classica, tradizionale, erano presenti e venivano descritti nei testi scolastici. Oggi questo tempo non esiste più.

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Oggi imperano lo sport ed il pressapochismo, l’ignoranza ed il menefreghismo, la corruzione ed il clientelismo. Oggi le palestre scolastiche sono prive dei grandi attrezzi, e laddove questi sono presenti in uno stato più o meno di degrado e di assoluta mancanza di manutenzione, non vengono più fatti usare, o addirittura incatenati perché ritenuti pericolosi (fig.1, palestra scolastica dell’Istituto Superiore Sismondi/Pacinotti di Pescia, anno scolastico 2009-2010).

Ragazzi che, in quinta superiore, e parlo per esperienza, non sanno indicare all’interno della palestra, quale sia la spalliera, a testimonianza del fatto che lo scempio vero è stato compiuto dagli “addetti ai lavori”. Figura 1

Oggi non c’è più gloria nell’impegnarsi nella prevenzione dei mali che affliggono la gente, eppure tutti parlano di prevenire questo o quei problemi, ma pochi poi conoscono o riconoscono ciò che davvero deve essere fatto. Chi fa il mio mestiere, ha il dovere morale di volgere lo sguardo alla grande storia della Ginnastica e dell’Educazione Fisica classica, perché è solo lì che si trova un tesoro immenso, una fortuna che appare alla vista solo di chi è disposto a cercare, a chi ancora è libero di distinguere, di scegliere ed alimentare il bene, nelle cose e nelle persone.

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Indice

Premessa

pag. 2

Cenni storici

pag. 5

Caratteristiche tecniche, varietà, e modalità di allestimento pag. 11 Introduzione

pag. 18

Definizioni ed elementi di terminologia

pag. 21

Esercizi

pag. 28

Conclusioni

pag. 146

Bibliografia

pag. 151

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Cenni storici Il Quadro Svedese è nato dalla mente geniale e dalla passione per l’Educazione Fisica di P.H.Ling. (fig.1). P.H.Ling (1776- 1839), è stato il creatore della ginnastica svedese. Pur avendo incontrato nella sua vita grandi Figura 1 ostacoli e molti oppositori, nel suo paese venne considerato un mito per essere riuscito a fare della Svezia uno dei popoli più progrediti in Europa nel campo dell’Educazione Fisica. Il grande prestigio nazionale di cui godeva gli valse nel 1835 la nomina di socio dell’Accademia Svedese, la quale allora contava solo 18 membri e a tutt’oggi, il suo busto è presente sotto la cupola d’onore del Museo Nazionale di Stoccolma, a fianco di quelli di altri grandi della Svezia come Limneo. A differenza però di quanto compare scritto su Wikipedia, enciclopedia di internet, P. Ling non era né un medico né un fisioterapista. Egli infatti fu prima di tutto un grandissimo erudito ed un poeta. Si sa che frequentò l’università di Lund e poi quella di Uppsala, dove si dedicò agli studi teologici e, successivamente, verso il 1799, quando si trovava a Copenaghen, studiò anche lingue e letterature moderne, specialmente la tedesca e la danese. Il suo interesse e la sua passione per l’Educazione Fisica, nacquero quindi solo in seguito. Si racconta infatti che, praticando l’esercizio del fioretto alla scuola di Scherma di Copenaghen, diretta dal cavaliere di Montrichard (dalla quale uscì col diploma di istruttore), fosse riuscito a guarire da una semiparalisi al braccio destro, forse di natura gottosa, di cui soffriva da tempo. Questa guarigione fece germinare in lui e poi in seguito rafforzò la convinzione che, l’esercizio fisico, se sorretto da solide basi scientifiche, avendo sicura conoscenza del corpo umano, delle sue funzioni e dell’effetto motorio che esso produce, fosse fondamentale non solo per un armonico sviluppo e per il mantenimento della salute, ma anche per prevenire incipienti malattie, deviazioni, e ricondurre alla normalità funzionale le parti del corpo che l’avessero perduta.

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Da questo momento in poi il percorso umano di Ling cambiò. Da una parte infatti continuò nella sua attività di erudito e poeta (scrisse persino due epopee ispirate alla mitologia scandinava di cui era un profondo conoscitore e cultore), dall’altra volle intraprendere studi che potessero dare un supporto razionale a quelle che per ora erano state solo intuizioni. Dopo aver insegnato scherma all’Università di Lund nel 1804, lo troviamo a Copenaghen per frequentare la Scuola per la formazione di insegnanti di Educazione Fisica istituita dal Nachtegall, colto trattatista e storico della materia e divulgatore della ginnastica in Danimarca. Nel 1813 fu nominato professore di scherma e di ginnastica a Uppsala, e nel Giugno dello stesso anno fu chiamato a Stoccolma per insegnare danza, equitazione, nuoto, all’Accademia Militare di Karlberg ed alla Scuola Superiore di Artiglieria di Marieberg. Proprio a Stoccolma iniziò a mettere in pratica degli esercizi che proponeva come rimedio per certe malattie e a sollecitare l’aiuto del governo per propagandare il suo sistema. L’aiuto venne negato dai ministri i quali lo liquidarono dicendo “esservi già molti saltimbanchi senza doverne prenderne altri a carico dello stato”. Ma il Ling non si scoraggiò e continuò così brillantemente a divulgare le proprie idee che riuscì a portare dalla sua parte medici, opinione pubblica ed alla fine anche i suoi oppositori. Nel 1815, per volontà del Re Carlo XIII, ottenne i sussidi necessari per la fondazione dell’Istituto Centrale Reale di Ginnastica di Stoccolma, vero organo propulsore di tutta la vita ginnica. Qui gente di ogni condizione ed età, i sani e gli infermi, furono avviati a seguire corsi di indirizzo medico e pedagogico. L’istituto era aperto a tutti, uomini e donne che desideravano studiare questo sistema, o per insegnarlo, o per semplice interesse personale. Nessuno però otteneva il diploma o l’autorizzazione all’insegnamento senza prima aver superato gli esami di anatomia, fisiologia e la corretta messa in pratica dei movimenti. Ling morì di tisi nel 1839 e lasciò alcune figlie e il figlio Hjalmar che, insieme a due allievi del padre, Liedbeck e Georji, cercarono di riordinare l’opera del genitore. Infatti Ling non ha lasciato un’esposizione integrale e ben programmata in immagini e descrizioni, ma è dai suoi successori che abbiamo testimonianze più particolareggiate.

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Di Ling si conoscono solo tre opere:

1) TRATTATO DELLA GINNASTICA SENZA ATTREZZI (1836) 2) TRATTATO SULLA SCHERMA ALLA BAIONETTA (1838) 3) TRATTATO SUI PRINCIPI DELLA GINNASTICA (stampato postumo). Alcuni studiosi hanno sostenuto che Ling non vedesse di buon occhio l’uso dei grandi attrezzi nel suo sistema; in realtà è vero che criticò in questo ad esempio la scuola tedesca che, secondo lui, ne faceva un uso spettacolare più che razionale, ma alla fine poi dedicò uno studio serio e focalizzato alla realizzazione di questi strumenti che, secondo lui, dovevano essere al servizio dei bisogni essenziali del corpo in vista del suo sviluppo. In questo contesto nacquero dalla sua mente, ad esempio la Spalliera nel 1813, e il Quadro Svedese. Le notizie che si hanno su come fosse fatto all’epoca, e come fosse posizionato, sono state ricavate dagli studiosi da disegni di antiche piantine di palestre svedesi e fotografie delle stesse.

In una tipica palestra svedese, generalmente il quadro era disposto lungo il muro, mentre le altre attrezzature, quando non servivano, stavano anche nelle cateratte sotto il pavimento. Questa disposizione vantaggiosa lasciava l’intera superficie della sala disponibile per l’esecuzione degli esercizi collettivi a corpo libero, per la marcia e per la corsa. Il Quadro di allora non presentava dei quadrati perfetti. Il lato relativo all’altezza misurava 48 cm, mentre quello di base cm. 45.

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Esistevano poi tre tipi di quadro:

IL QUADRO VERTICALE chiamato in lingua originale “lodstege”(fig.2), simile a quello “in uso” oggi, che veniva utilizzato principalmente per le traslocazioni ascendenti e discendenti, quindi “esercizi a file” eseguiti anche a coppie; questo primo quadro era in genere sorretto da robusti ganci murati al soffitto, ed era distanziato dalla parete posteriore e fissato al pavimento. IL QUADRO ORIZZONTALE o “vogstege” (fig.2), era praticamente invece un quadro montato al contrario, con i montanti orizzontali, anziché verticali ed era sorretto da un sistema di funi e carrucole che permettevano di variarne l’altezza; qui si eseguivano più che altro le traslocazioni orizzontali, e siccome la prima fila di quadrati non era a contatto col suolo ma ad una certa altezza, a volte veniva utilizzato come alternativa alla bomme e viceversa. IL TERZO TIPO DI QUADRO era disposto come quello orizzontale, ma alcuni riquadri erano ciechi oppure al centro presentavano un ulteriore piolo e quindi i passaggi delle traslocazione erano per così dire obbligati. Le esercitazioni erano sempre guidate dal maestro che dava precisi comandi verbali per distinguere i tempi dei movimenti, per permettere la simultaneità di esecuzione e sensibilizzare gli allievi al ritmo . Per quanto riguarda poi gli esercizi che vi venivano eseguiti, in uno studio di S.e.M. Malavenda , confrontando quelli originali (fig. 3,4) con quelli odierni, si può vedere che quelli inventati posteriormente non sono poi tantissimi, e che quindi il Ling ne conosceva già le ampie possibilità; questo conferma ancora la sua grande capacità mentale.

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In Italia è arrivato solo il primo tipo di quadro svedese, cioè quello verticale. Ancora fino a una decina di anni fa le scuole svedesi e molte scuole tedesche lo avevano mantenuto nella versione originale, ossia fissato al suolo, in Italia esiste nella variante oscillante ma non si sa quando sia diventato così.

Figura 2

Queste notizie di carattere storico, sono state gentilmente concesse e direttamente tratte dalla relazione della Prof.ssa Reitano Francesca, la quale è stata un autorevole ed illustre relatore, presente al XIV CONGRESSO NAZIONALE della S.I.E.F. sul Quadro Svedese che si è svolto a Prato, il giorno Sabato 16 Ottobre del 2010.

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Figura 3

Figura 4

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Caratteristiche tecniche, varietà e modalità di allestimento

Il Quadro Svedese è formato da un reticolato regolare di legni calibrati disposti verticalmente, definiti montanti o staggi, ed orizzontalmente, definiti correnti o gradi, che si intersecano tra di loro formando tanti quadrati. Esistono quadri svedesi di varie dimensioni: alcuni sono composti da 8 quadrati per 8 quadrati; altri 8 per 4 (fig. 1), altri da 6 quadrati per 6, altri da 6 per 4, altri ancora da 4 per 4, secondo l’altezza e l’ampiezza della palestra. Ognuno può farselo costruire come meglio crede a seconda delle esigenze richieste dall’ambiente in cui lavora. Anche le dimensioni dei quadrati variano: esistono quadri col lato di cm.50, ma anche di cm.60 (fig. 2, palestra del Prof. Giusti).

Figura 2

Figura 1

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Gli staggi sono robusti legni di sezione rettangolare, rinforzati all’ interno da un’anima di metallo di cm 8 x 4; devono avere gli angoli smussati per garantire l’incolumità degli allievi. Entro gli staggi si inseriscono i gradi: questi sono solidi legni di sezione circolare di cm 3,5, generalmente di faggio evaporato, ma possono essere anche di sezione ovale, di facile impugnatura. L’impianto dei quadri svedesi, nelle scuole o nelle palestre private, dove esso è presente non è uniforme.

Spesso è montato su robuste mensole di ferro affisse alla parete, sulle quali può scorrere, tramite delle carrucole in plastica, in fuori, per essere usato o rimesso aderente alla parete quando non serve (fig.3). Figura 3

Altre volte invece viene posta ed ancorata, con delle robuste mensole fissate al muro, una sbarra di ferro parallela alla parete stessa alla quale poi con dei ganci o delle catene viene appeso l’attrezzo. Esistono delle particolari mensole di sostegno, con un determinato congegno a snodo, che si ribaltano dalla parete all’esterno con un angolo di 45°. A uso attrezzo ultimato, è possibile far eseguire a tali mensole il movimento inverso. In tutti i casi citati il quadro svedese risulta sospeso, mobile ed oscillante. L’oscillazione del quadro è una caratteristica che accresce il livello di difficoltà degli esercizi. La distanza dal muro deve essere almeno di cm 150, per renderlo utilizzabile da entrambi i fronti. L’altezza dal pavimento dovrebbe essere almeno di cm.70, per ben utilizzare la prima riga di quadrati.

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Generalmente il quadro più usato e comune, è formato da un reticolato di sei per sei, 36 quadri, di cm. 50 di lato, ed è costruito in legno stagionato (fig. 4, palestra Amoros).

Figura 4

E’ possibile, per esigenze didattiche particolari, fissare il quadro al suolo con dei piedistalli gommati e regolabili, in modo che l’attrezzo non oscilli e risulti stabile (fig. 5, 6, Palestra Forti). Esistono quadri costruiti in ferro, ma sono pesanti e sgradevoli all’uso. Vengono costruiti anche con i gradi in plastica, ma questo materiale, a differenza del legno, non assorbe il sudore, per cui è facile che le prese o le impugnature risultino scivolose e poco sicure. Inoltre siccome la plastica è particolarmente flessibile e poco resistente, potrebbe rappresentare un vero pericolo su esercizi impegnativi.

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Figura 5

Figura 6

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Schema del quadro svedese

L’intersecarsi degli staggi con i gradi determina un reticolato di quadrati. I quadrati si numerano a partire dal basso, a sinistra di chi guarda. I quadrati devono essere considerati disposti su linee orizzontali adiacenti e parallele definite righe, e su linee verticali adiacenti e parallele definite file (fig. 7,8,9). Questa terminologia rappresenta un riferimento, e dà origine a delle vere coordinate spaziali. Essa deve essere conosciuta e rispettata dagli allievi, al fine di migliorare la comprensione dei comandi.

Figura 7

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Rappresentazione dello schema descritto su base reale (fig. 8,9)

Figura 8

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Figura 9

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Introduzione Il quadro svedese è un grande attrezzo dell'Educazione Fisica classica. I grandi attrezzi sono quegli attrezzi dove sono praticati gli esercizi nei quali il corpo viene impegnato in maniera globale e completa. Essi rappresentano un tesoro immenso che abbiamo ereditato dai grandi ginnasiarchi del passato, da un tempo nel quale l’educazione fisica godeva di grande prestigio, un tempo dove gli allievi erano allievi, ma sopratutto i maestri erano maestri. La società attuale ha bisogno oggi più che mai di maestri che possiedano l’arte di applicare la scienza Ginnastica, di insegnanti appassionati e coraggiosi che non rinneghino la propria storia e che sappiano affermare con orgoglio le tradizioni del passato, alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche. Il nuovo, il moderno, la moda imperante del momento, l’ultimo ritrovato del fitness (termine abusato che testimonia la scarsa conoscenza della storia), non avranno mai il fascino e l’utilità dei grandi attrezzi, e per quanto si stia cercando, nelle giovani generazioni, di farne perdere la memoria (non si trovano più testi scolastici con la descrizione della spalliera, del palco di salita, dell’asse di equilibrio Baumann ecc. con i relativi esercizi), e per quanto sia in corso il tentativo di metterli “fuori legge” con la scusa che sono pericolosi, e perciò di bandirli dalle palestre scolastiche, sono convinto che i grandi attrezzi saranno ancora costruiti ed usati e quindi sopravvivranno, almeno fino a che a sopravvivere saranno intelligenza, buon senso, saggezza e cultura. Il quadro svedese è uno strumento didattico indispensabile dotato di enormi potenzialità nel campo della Ginnastica e dell'Educazione Fisica.

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La varietà e molteplicità degli esercizi che vi si possono eseguire offrono all’insegnante la possibilità di poter far lavorare i ragazzi in maniera completa sulle capacità motorie (condizionali e coordinative). Ogni esercizio determina uno o più effetti motori. L’effetto motorio, come ben illustra e definisce nel suo libro Teoria dell’Esercizio Fisico, il prof. Marco Pecchioli, rappresenta la modificazione organica che si intende apportare al fisico mediante l’esercizio. Gli effetti motori e quelli sullo “spirito” che le esercitazioni al quadro producono possono riassumersi brevemente nell’elenco seguente:  Aumento della forza di presa della mano conseguente al potenziamento dei muscoli flessori della mano e dell’avambraccio.  Aumento della forza di tutti i muscoli impegnati nelle trazioni, e quindi potenziamento di tutti i muscoli dell’arto superiore, del cingolo scapoloomerale, dei muscoli pettorali, dorsali, lombari e soprattutto dei muscoli addominali che sono messi a dura prova con gli esercizi in torsione e con precedenza del bacino e delle gambe.  Aumento della forza resistente che si esplica nell’eseguire gli esercizi complessi secondo una sequenza definita.  Aumento della mobilità articolare e della flessibilità  Miglioramento dell’equilibrio, dell’orientamento nello spazio da posizioni inconsuete, della funzionalità dell’apparato vestibolare (attraverso gli esercizi in capovolta, in verticale, in capofitto, in picchiata), della coordinazione generale e segmentaria, della strutturazione della lateralità, dell’agilità.  Miglioramento della prontezza, dell'immediatezza delle reazioni, dell’abitudine della mente a riflettere per superare gli ostacoli, della capacità del sistema nervoso centrale di affinare il gesto, perfezionandolo sempre di più con la ripetizione.  Aumento del coraggio, e conseguentemente superamento delle paure inconsistenti e irrazionali, come la paura dell’altezza e del vuoto.

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 Diminuzione del senso di vertigine e della percezione del pericolo che si prova quando, sospesi ad una certa altezza e sottoposti all’oscillazione offerta dall’attrezzo, diventiamo consapevoli della sicurezza offerta dai reticoli dei quadri.  Aumento della consapevolezza delle proprie capacità e limiti, della forza di volontà e determinazione. Il quadro svedese costituisce perciò, in mano ad un "Maestro di Ginnastica", uno strumento eccezionale ed insostituibile per una vera Educazione Fisica dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. . Sappiamo bene infatti quanto ad essi manchino le possibilità e le opportunità per "muoversi" in modo na...


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