Immanuel Kant, Fondazione della metafisica dei costumi PDF

Title Immanuel Kant, Fondazione della metafisica dei costumi
Course Filosofia del Diritto 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Sintesi della Fondazione della metafisica dei costumi di Immanuel Kant...


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La Fondazione della metafisica dei costumi è un’opera preceduta dalla Critica d seguita dalla Metafisica dei costumi. Analizzando i termini giungiamo al significato di fondazione, il quale appartiene al primo tipo di indagine trascendentale e per trascendentale si intende non qualcosa da conoscere, ma il modo in cui noi conosciamo, quindi l'aspetto formale, la forma dell'intelletto, le strutture con cui noi conosciamo il reale. Per metafisica si intende un nuovo significato, ossia una dottrina che si costruisce senza far uso dell’esperienza, ma da principi a priori desunti da condizioni formali universali e costanti. E per costumi si intende le varie dottrine morali (dal termine tedesco “sitten”, ossia consuetudine). La metafisica dei costumi può essere anche detta metafisica morale o metafisica etica, ossia dottrina del comportamento che trae le sue prescrizioni dalla ragione naturale, non dalle autorità. Kant, però, non vuole riformare le dottrine morali, ma intende rintracciare, con metodo analitico, il principio comune che sta alla base di esse, a cui tutte le dottrine si appellano per avere una validità oggettiva e universale andando a rintracciare il loro senso del dovere. Egli propone una filosofia morale pura, staccata dalla parte empirica al fine di trovare il principio supremo della moralità. Essa si serve del metodo razionale che rinvia alla costruzione senza far ricorso all’esperienza e permette di accertare le condizioni trascendentali. Kant sostiene che inizialmente l'uomo è innocente, ma con la cultura e con la società viene a corrompersi. Di conseguenza, bisogna fondare la moralità non sugli istinti benevoli dell'uomo, ma su un principio razionale, rintracciare, cioè, il principio razionale già insito nelle varie morali, ma che dev'essere portato alla coscienza e, quindi, esplicitato. Il compito della fondazione della metafisica dei costumi è indagare i principi di una possibile volontà pura, fondarsi su una conoscenza di tipo razionale. Determinando il principio supremo delle varie moralità, che non è esterno alle moralità, ma a cui tutte le morali devono fare appello per avere oggettività e universalità. PREFAZIONE All'inizio della prefazione Kant riprende la suddivisione della filosofia in tre scienze (fisica, logica ed etica) ed opera una ulteriore suddivisione parlando di: •



conoscenze (razionali) materiali  quando si prende in considerazione un oggetto concreto e, quindi, alle leggi che regolano tali oggetti: leggi della natura e leggi della libertà, ossia capacità di autonomia dell'uomo. La fisica e l'etica sono conoscenze materiali; e conoscenze formali  quando si prende in considerazione la forma dell'intelletto e della ragione stessa nonché delle regole universali del pensare. La logica è una conoscenza formale.

La filosofia basata sull’esperienza può essere detta empirica, quella basata su principi a priori può essere detta pura. Nel caso in cui sia totalmente formale si chiama logica, in caso cin cui sia ristretta a determinati oggetti dell’intelletto si chiama metafisica. La logica è dunque formale, mentre la fisica e l'etica sono materiali. Tuttavia, è possibile vedere che l'etica e la fisica accanto alla parte empirica (da cui ne trae leggi) hanno anche una parte pura, ossia formale, parte che studia il suo oggetto senza far ricorso all'aspetto empirico. Nello specifico la parte formale dell'etica (dottrina dei costumi) sarà la cd "metafisica dei costumi", mentre la parte materiale (empirica, l’insieme delle leggi da seguire) sarà la cd "antropologia pratica". Secondo Kant è necessario elaborare una filosofia morale pura (metafisica dei costumi) che preceda la parte empirica (antropologia pratica). Il compito dell'opera è quello di ricercare e definire il supremo principio della moralità - come lo stesso filosofo spiega - accentuando la differenza tra legge morale (a priori) e regola pratica. Ciò che è moralmente buono deve avvenire per la legge morale, non basta che sia conforme ad essa. SEZIONE PRIMA Nel passaggio dalla conoscenza razionale comune della moralità alla conoscenza filosofica, Kant sostiene che la moralità dev'essere considerata non secondo il senso comune, ma tramite la conoscenza razionale, e quindi la filosofia. All'inizio di questa prima sezione prende in considerazione il concetto di "volontà buona" che è la cosa ritenuta buona senza limiti. Infatti, a nulla servirebbe possedere i talenti dello spirito o i doni della fortuna (quelli che Aristotele avrebbe chiamato beni esteriori), se si è privi della volontà buona. Anche se i beni esteriori potrebbero favorire la volontà buona, non sono buoni in senso assoluto; senza una volontà buona potrebbero diventare estremamente cattivi. In questa idea della volontà pura e semplice come valore assoluto in cui non entra in gioco l’utilità, viene messo in discussione il ruolo della ragione come guida della volontà. Identificando lo scopo della natura nella conservazione-benessere- felicità dell’uomo, l’istinto sarebbe certo più indicato della ragione per guidare la volontà verso la soddisfazione di tutti i nostri bisogni. La ragione di cui siamo dotati, che comunque influisce sulla volontà, è pertanto destinata a produrre un “volere che sia buono di per sé” non come mezzo in vista di altro. Questa volontà deve essere il bene supremo che condiziona tutti gli altri. Per comprendere il concetto di volontà buona fine a sé stessa, Kant delinea la corretta nozione di "dovere", in cui essa è contenuta: 1) non dobbiamo confondere l'autentica moralità con quei comportamenti in cui l'azione è conforme al dovere, alle proprie inclinazioni o a quando il soggetto è portato a compire quell'azione per un proprio vantaggio. Il valore morale si rivela quando l'azione è compiuta per dovere. Per es. conservare la vita è un dovere: quando la tua vita fa schifo, ma tu la vivi perché devi, compi un’azione morale; 2) un'azione compiuta per dovere, trae il suo valore morale non dallo scopo/finalità che possiede, ma dalla massima in base alla quale è stata decisa. La volontà di compiere

quell’azione si trova nel mezzo tra il suo principio a priori (volontà di fare il bene-formale) e il suo movente a posteriori (materiale); 3) "Il dovere è la necessità di un'azione che va compiuta per rispetto della legge". Solo la legge è oggetto di rispetto perché sovrasta tutte le inclinazioni. La pura conformità alla legge è il principio della volontà, non l’effetto atteso, dunque il rispetto della legge per sé stessa. Solo il dovere è condizione di una volontà buona. La legge è: “devo poter volere che la mia massima divenga una legge universale”. Un’azione è moralmente buona se supera il test di universalizzazione. Fare le cose per dovere, contiene già la legge; farle per la paura delle conseguenze no. Nasce così una dialettica naturale, una tendenza a raziocinare contro le severe leggi del dovere in modo da renderle più adattabili alle nostre inclinazioni, in modo da corrompere e sopprimere il loro valore. Vi è un’esigenza pratica che spinge la ragione umana a compiere un passo nel campo della filosofia pratica per trarne chiare istruzioni. SEZIONE SECONDA Analizzando il passaggio dalla filosofia morale popolare alla metafisica dei costumi si desume che in campo morale non possiamo in nessun modo rifarci all'esperienza che rende solo intuibile ciò che la regola pratica esprime. Quando si tratta di valore morale ciò che conta sono i principi interiori a priori (non le azioni), anche se è impossibile accertarci che siano questi a guidare le azioni. Perciò c'è la necessità di fondare una metafisica dei costumi che non abbia niente a che fare con l'antropologia pratica, con la teologia, con la fisica, di massima importanza per l’esecuzione dei precetti morali, basata sulla ragione e non sull’esperienza. Detto ciò, Kant introduce una riflessione fondamentale: solo l'essere razionale agisce in base alla rappresentazione della legge, cioè secondo dei princìpi e, quindi, con una volontà. Questo significa che solo l'essere razionale è dotato di volontà (ragione pratica), ossia della facoltà di scegliere ciò che la ragione riconosce come necessario e, quindi, buono. La determinazione della volontà pertanto dipende dal comando/costrizione della ragione, ossia dagli imperativi che indicano un dover-essere/regola pratica, ossia che compiere/omettere una determinata azione, sarebbe bene. Inoltre, gli imperativi esprimono il rapporto di leggi oggettive del volere con l’imperfezione della volontà soggettiva dell’essere razionale (volontà umana). Kant individua due tipi di imperativi: -

imperativo ipotetico  imperativo che comanda un'azione in vista di uno scopo, a prescindere da quale esso sia; imperativo categorico  rappresenta un'azione come in se stessa oggettivamente necessaria.

Solo gli imperativi categorici, perciò, sono la legge morale e non sono subordinati a nessuna condizione; gli altri, invece, sono più che altro consigli pratici. A questo punto Kant introduce le tre formule dell'imperativo categorico: 1) Agisci soltanto secondo quella massima che tu puoi volere che divenga una legge universale (forma)  quando trasgrediamo un dovere, riconosciamo la validità dell’imperativo categorico, ma facciamo un’eccezione a vantaggio della nostra inclinazione, la quale non vorremmo però che fosse universale;

2) Agisci in modo da trattare l'umanità nella tua persona come nella persona di un altro, sempre insieme come fine, mai come mezzo (materia-scopo)  considerare l’uomo in quanto scopo oggettivo/fine a sé stesso della volontà in accordo con la rappresentazione della legge universale; 3) Agisci considerando la volontà di ogni essere razionale come volontà universalmente legislatrice (determinazione propria)  la volontà viene sottoposta alla legge in modo da dover essere considerata “legislatrice” rispetto a sé stessa e solo per questo sottomessa alla legge. Pertanto non può essere legata ad essa da un interesse e la sottomissione alla legge morale non costituisce nessuna sublimità perché la persona è fonte della legge stessa. Il principio della moralità o principio dell’autonomia della volontà (in contrapposizione ai principi dell’eteronomia), non potevano essere legati ad altra legge se non a quella che sorge dalla volontà dell’uomo; altre leggi avrebbero dovuto servirsi di costrizioni per farlo aderire ad esse. L’essere razionale, universalmente legislatore di tutte le massime della sua volontà ci porta al concetto di “regno dei fini”, abitato da esseri razionali guidati da princìpi sovraesposti (leggi oggettive comuni), dotati comunque di dignità (valore incondizionato e incomparabile), la quale si fonda sull’autonomia....


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