Riassunto schematico - libro \"Fondazione della metafisica dei costumi\" - Immanuel Kant PDF

Title Riassunto schematico - libro \"Fondazione della metafisica dei costumi\" - Immanuel Kant
Course Filosofia Morale I Full Time
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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IMMANUEL KANT – FONDAZIONE DELLA METAFISICA DEI COSTUMI

- Prefazione La filosofia antica si suddivideva in: a) fisica b) etica c) logica fisica ed etica conoscono le cose materialmente, la logica le conosce formalmente, non poggiando, a differenza delle prime, sull’esperienza. La filosofia a sua volta può essere empirica o pura a seconda che si fondi empiricamente o su leggi a priori. Dalla filosofia pura si hanno la logica e la metafisica, che tratta di certi oggetti dell’intelletto. La metafisica a sua volta si divide in metafisica della natura o metafisica dei costumi. La fisica si divide in empirica o razionale; l’etica in antropologia pratica o nella morale. È necessaria una filosofia morale pura, scevra da ogni contaminazione empirica, per capire fino a che punto possa arrivare una ragione pura. Ogni legge morale in quanto tale, in quanto è obbligazione, deve essere necessaria e valida per ogni essere razionale. Il fondamento di tale legge deve essere a priori. Una metafisica dei costumi è necessaria non solo per dare principi a priori alla ragione pratica, ma per individuare il criterio alla base dei costumi che permetta di giudicarli. La metafisica dei costumi ricerca una volontà pura possibile, non le azioni del volere (di cui si occupa la psicologia). La fondazione della metafisica dei costumi è la ricerca del principio supremo della moralità.

Prima sezione. Passaggio dalla comune conoscenza morale di ragione alla conoscenza filosofica Tutto ciò che è buono è buona volontà. Essa è la condizione per ogni dignità di essere felici. Senza volontà buona ogni cosa può diventare il proprio contrario. Essa è buona per sé.

La ragione può essere causa di infelicità perché complica la vita. Siccome la ragione non è un buon mezzo per raggiungere gli scopi della natura umana (gli istinti lo farebbero meglio), allora la ragione ha come scopo vero quello di creare una volontà buona in sé, che è il sommo bene, non che condizione di ogni altro bene. Quali sono le condizioni della volontà buona? Per rischiarare tale concetto bisogna esaminare il concetto di dovere (I), che contiene la volontà buona. Il dovere non va comunque confuso con l’egoismo, il vantaggio personale, l’inclinazione, ecc. conservare la propria vita e felicità per dovere e non per inclinazione è un gesto morale. Solo all’interno del dovere si ha quindi volontà buona. Un’azione fatta per dovere è tale non per lo scopo ma per la massima morale (il principio), che la rende possibile (II). Dovere è necessità di un’azione rispetto alla legge (III). La legge è il principio oggettivo della volontà, la massima quello soggettivo. La legge è l’unico principiofondamento della volontà ed ogni essere razionale lo conosce. La legge che definisce la volontà buona è: comportarsi come se io potessi volere di elevare la mia massima a legge universale.

Seconda sezione. Passaggio dalla filosofia morale popolare alla metafisica dei costumi Il dovere deriva quindi dall’uso della ragione pratica, in cui l’intelletto si rifugia per cercare i principi morali, uscendo dalla ragione pura. La legge morale vale necessariamente e per tutti gli esseri razionali. Ogni esempio indipendente dalla ragione pura è impossibile. Tutto in natura opera secondo leggi. L’essere razionale che conosce e opera secondo queste leggi ha una volontà. La volontà è la ragione pratica. La volontà, essendo di derivazione razionale, è facoltà di scegliere solo ciò che è necessario, cioè buono. Se la volontà non si costituisce razionalmente, ciò che sarà oggettivamente buono e/o necessario sarà preso come costrizione. La formula della costrizione è l’imperativo (espresso con un dover essere).

Imperativo categorico  imperativo valido di per sé, indipendente da altri fini (si distingue perciò dall’imperativo ipotetico). ciò che è fine a priori in ogni uomo è la felicità. L’imperativo atto a essa è quello ipotetico. L’imperativo categorico è imperativo della moralità. Qual è il fondamento della necessità del comando? La sua sinteticità (fine in sé). Nessuno sa o può sapere cosa lo renderebbe felice e deve quindi agire secondo concetti empirici. La felicità non viene dalla ragione ma dall’immaginazione e non può perciò essere soggetta a imperativi. L’imperativo categorico afferma: agisci secondo quella massima che potresti volere come legge universale. Oppure: agisci come se la tua massima potesse elevarsi a legge di natura. I doveri sono: per sé per gli altri. Perfetti o imperfetti. Il fine è il fondamento della volontà, il mezzo ciò che contiene la possibilità dell’azione del fine. I principi pratici sono formali (se derivano dal soggetto) o materiali (se derivano dall’oggetto). Principio assoluto della morale  la natura razionale esiste come fine in sé. L’imperativo pratico è: tratta te e gli altri sempre come fine e mai come mezzo. Ogni dovere, essendo valido per tutti gli esseri razionali, è oggettivo. La volontà di ogni essere razionale è volontà universale. Gli imperativi sono la massima uniformità di azioni e leggi (come in un ordine naturale). Autonomia della volontà (la volontà è legge da se stessa) ≠ eteronomia (la legge viene da altro) Dall’autonomia della volontà segue il regno dei fini (unione degli esseri razionali con le leggi comuni). Nel regno dei fini ogni essere razionale tratta se stesso e gli altri come fine traendo la legge da loro stessi. La moralità è data dalla partecipazione alla legge universale. Dà dignità al regno dei fini e ai suoi membri.

La volontà buona è la volontà elevata universalmente che non si contraddice. Il rapporto delle azioni con questo tipo di volontà autonoma dà la moralità.

Terza sezione. Dalla metafisica dei costumi alla critica della ragione pura pratica È la libertà a rendere la volontà autonoma. La libertà si oppone alla necessità naturale, proprietà causale degli esseri non razionali. La libertà è causalità degli esseri razionali, secondo leggi. Quindi la libertà ha leggi. Volontà libera = volontà sotto leggi morali (perché la libertà è autonoma, è legge a se stessa sottoforma di imperativo categorico, principio morale). Ogni essere che agisce sotto l’idea di libertà è libero dal punto di vista pratico, come se lo fosse anche teoreticamente. La volontà di un essere razionale può essere propria solo sotto l’idea di libertà che quindi gli si deve attribuire a livello pratico. Per quanto universale e razionale, la morale deve sollevare un certo sentimento. Il mondo intellegibile contiene quello sensibile e in questo senso la volontà sottostà ad esso. Le leggi del mondo intellegibile sono imperativi per l’individuo e le azioni conformi all’imperativo, doveri. Io sono parte del mondo intellegibile perché ho l’idea di libertà. La libertà è una idea della ragione, che oggettivamente è però incerta. La ragione pratica essendo interna anch’essa a un mondo intellegibile, non lo oltrepassa. Libertà = indimostrabile nell’esperienza un’idea necessaria alla ragione come presupposto di pensarsi tale. Non si può dimostrare come la ragione pura sia pratica....


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