Io m\'aggio posto in core a Dio servire PDF

Title Io m\'aggio posto in core a Dio servire
Author Alessia Esposito
Course Letteratura italiana
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 2
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Summary

Riassunto Io m'aggio posto in core a Dio servire...


Description

“Io m’aggio posto in core a Dio servire” Si tratta di un sonetto in cui il poeta, Jacopo da Lentini, esprime con agile musicalità popolaresca immagini e sentimenti tipici della poesia cortese, ma con risultati originali. Egli si propone di amare e servire Dio per rendersi degno di andare in paradiso, ma insieme con la sua donna, perché senza di lei quel luogo perderebbe valore ed egli non potrebbe godere la gioia che vi regna. E la vorrebbe con sé non per amarla in modo carnale, peccaminoso, ma per provare la gioia tutta spirituale di contemplarla, così bella com’è, nella gloria dei cieli. In questo sonetto, come in altre p o e si e d e i p o et i d e l l a S c u o l a Siciliana, il personaggio fulcro è la donna. L’omaggio alla donna, tipico della tradizione cortese, qui si arricchisce d i re l i g i o s i t à e c u l m i n a ne l l a divinizzazione della donna: il poeta elogia caratteristiche fisiche e morali della donna (capelli biondi e sguardo luminoso, il bel viso, l’intensità dello sguardo) e la nobiltà d’animo/il decoro (il portamento) tipiche della cultura cortese. Il poeta mostra un atteggiamento di sudditanza e di fedeltà nei confronti della donna (senza di lei non può provare gioia), come dimostra la ripetizione del sintagma “mia donna” = “mia signora”. A differenza di q u anto avven iva n el la li ri c a proven z a l e, m anc a q ua ls ias i riferimento al desiderio erotico, alla v ol o nt à d i e spl orare anc h e la d i me ns io ne fi si c a e c ar na l e dell’amore. Siamo a ll’iniz io d el processo di spirit ualizzaz ione e divinizzazione della donna (donna angelo) che verrà portato a termine dallo Stilnovo. Se f ino ad e sso ab bi amo fatt o un’analisi del testo della poesia, ad esso c i spost iamo sull’analisi metrica: Sonetto. Endecasillabi ripartiti in 4 strofe: 2 quartine con rima alternata e 2 terzine con rima incatenata. Schema di rime: ABAB, ABAB, CDC, DCD. Rime sic iliane: servire (v.1), dire (v.3), gire (v.5), ga u d ere (v.7). N u m eros i i p r ov e nz a l i smi , l a t i n i sm i e d

Scuola siciliana. La scuola poetica siciliana, sorta attorno al 1230 negli ambienti che gravitavano attorno all'imperatore e re di Sicilia Federico II di Svevia, produsse la prima lirica in volgare italiano. La sua attività durò circa un trentennio e si concluse con la fine, nella battaglia di Benevento (1266), di Manfredi, figlio di Federico e quindi con lo sgretolamento dell'ambiente di raffinata cultura che era stato tanto propizio al sorgere della scuola stessa. Il quadro storico-culturale Durante la prima metà del sec. XIII il regno di Sicilia comprendeva tutta l'Italia meridionale e godeva di un periodo di particolare equilibrio politico-amministrativo e prosperità economica per merito di Federico II. Iniziative politiche e culturali significative furono la fondazione dell'università di Napoli (1224) e le Costituzioni Melfitane (1231), in cui veniva ribadita l'autorità del sovrano rispetto ai potentati feudali. Nella sua corte a Palermo si raccolsero le figure più rappresentative dell'epoca e si svilupparono numerosi interessi culturali: venne dato un notevole impulso alle conoscenze tecnico-scientifiche e agli studi di magia (per opera principalmente di Michele Scoto), alla letteratura filosofica araba, alla letteratura grecobizantina, alla poesia tedesca (soprattutto alla lirica cortese d'amore del Minnesang) e alla poesia provenzale in lingua d'oc. Proprio da questa tradizione ebbe origine la "scuola siciliana", come fu definita da Dante nel De vulgari eloquentia. Tematiche, forme poetiche e lingua Dominante in assoluto nei poeti siciliani la tematica d'amore sia dal punto di vista teorico (cos'è amore, come si manifesta, quali sono i suoi effetti), sia come omaggio "feudale" verso la donna amata, con la quale il poeta cerca di stabilire una comunicazione attraverso immagini e segnali che essa sola sa cogliere. Le forme tipiche di questa poesia sono la canzone, modellata sulla canso provenzale: essa è l'espressione "alta" della poesia siciliana ed è utilizzata soprattutto per composizioni di carattere teorico e dottrinale; la canzonetta, costituita da strofe di versi brevi, viene impiegata per testi più narrativi, come invocazioni d'amore, lamenti per l'amata lontana, manifestazioni della propria gioia e del proprio dolore; il sonetto è creazione autonoma e specifica della scuola ed è diventato il componimento lirico breve per eccellenza della poesia italiana.La produzione poetica della scuola siciliana è pervenuta attraverso codici del Quattrocento e del Cinquecento, i cui estensori diedero ai testi un'impronta toscaneggiante che ha alterato l'originaria impostazione linguistica siciliana; essa comunque non riproduceva la lingua popolare, ma si basava su un lessico che si ispira ai modelli latini e provenzali. Il poeta sicuramente più significativo fu Iacopo da Lentini (circa 1210 - circa 1260), riconosciuto da Dante (Purgatorio, canto XXIV) come fondatore della scuola siciliana e al quale è probabilmente attribuita l'invenzione del sonetto. Scrisse uno dei più cospicui canzonieri dell'epoca, composto da circa 30 poesie, in cui una consumata perizia retorica è al servizio di una fervida originalità inventiva. A lui si deve la prima definizione dell'amore nella letteratura italiana: "Amor è uno desio che ven da core / per abondanza di gran piacimento". I temi più frequenti della sua lirica sono la contemplazione della bellezza, la creazione nel cuore di un'immagine della donna, verso la quale si indirizza il suo amore, il dono di sé fatto dall'innamorato all’amata.

espressioni meridionali. Infine, per concludere l’analisi di questa poesia, scritta dal poeta Jacopo da Lentini, appartenete alla Scuola Siciliana, possiamo riassumere il suo contenuto: Il poeta dichiara di volersi mettere al servizio di Dio per conquistare il premio eterno, il Paradiso. Il poeta immagina il Paradiso come il più piacevole dei luoghi terreni, come una sorta di prolungamento terreno della gioia e dei piaceri della vita di corte. Egli non vuole commettere peccato, ma vedere la sua donna in Paradiso per conciliare l’amore profano per la sua amata con l’amore per Dio, l’amore sacro: la gioia che egli immagina di condividere con la sua signora (donna) scaturisce infatti dalla contemplazione della sua bell ez za nella gloria del paradiso....


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