5 maggio manzoni - nnnnnnnnnnnn PDF

Title 5 maggio manzoni - nnnnnnnnnnnn
Course Fisiologia
Institution Sapienza - Università di Roma
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skuola.net 5 maggio: Spiegazione e parafrasi della poesia di Manzoni Appunto di italiano con testo e spiegazione della poesia 5 maggio scritta in tre giorni da Alessandro Manzoni e dedicata a Napoleone Daniele di Daniele Blogger 27637 punti

poesia 5 maggio di Alessandro Manzoni Il 5 maggio è una delle poesie scritte dall'intellettuale italiano Alessandro Manzoni in data 1821 in memoria della figura del francese Napoleone Bonaparte, morto nel periodo passato in esilio nell'isola di Sant'Elena. Nella poesia Alessandro Manzoni ricorda le grandi battaglie vinte da Napoleone con l'esercito francese, mettendo in risalto gli aspetti principali del suo carattere e della sua personalità. Manzoni aveva conosciuto Napoleone Bonaparte, ma non aveva mai dato un suo giudizio sulla figura del condottiero francese. Nel momento in cui viene a conoscenza della morte del condottiero francese e della sua conversione cristiana in punto di morte, il poeta scrive di getto la lirica il 5 maggio, ricordando la figura del carismatico generale. Indice Cinque maggio - Versione alternativa 1

5 Maggio (1821) - prima parte - Alessandro Manzoni - Lezioni di letteratura dell'800 Cinque maggio, analisi - Versione alternativa 2 Cinque maggio, commento - Versione alternativa 3 Cinque maggio, parafrasi - Versione alternativa 4 Cinque maggio, sintesi - Versione alternativa 5 Cinque maggio, descrizione - Versione alternativa 6 Cinque maggio, spiegazione - Versione alternativa 7 Cinque maggio Ecco il testo de il 5 maggio di Manzoni Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita 5 la terra al nunzio sta,

muta pensando all'ultima ora dell'uom fatale; né sa quando una simile orma di pie' mortale 10 la sua cruenta polvere a calpestar verrà. Lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque; quando, con vece assidua, 15 cadde, risorse e giacque, di mille voci al sònito mista la sua non ha: vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, 20 sorge or commosso al sùbito sparir di tanto raggio; e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà. Dall'Alpi alle Piramidi, 25 dal Manzanarre al Reno,

di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar. 30 Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza: nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito 35 più vasta orma stampar. La procellosa e trepida gioia d'un gran disegno, l'ansia d'un cor che indocile serve, pensando al regno; 40 e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar; tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio,

la fuga e la vittoria, 45 la reggia e il tristo esiglio; due volte nella polvere, due volte sull'altar. Ei si nomò: due secoli, l'un contro l'altro armato, 50 sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; ei fe' silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor. E sparve, e i dì nell'ozio 55 chiuse in sì breve sponda, segno d'immensa invidia e di pietà profonda, d'inestinguibil odio e d'indomato amor. 60 Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa, l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, scorrea la vista a scernere 65 prode remote invan; tal su quell'alma il cumulo delle memorie scese. Oh quante volte ai posteri narrar se stesso imprese, 70 e sull'eterne pagine cadde la stanca man! Oh quante volte, al tacito morir d'un giorno inerte, chinati i rai fulminei, 75 le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l'assalse il sovvenir! E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, 80 e il lampo de' manipoli, e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio e il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio 85 cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo,

e in più spirabil aere pietosa il trasportò; 90 e l'avviò, pei floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desideri avanza, dov'è silenzio e tenebre 95 la gloria che passò. Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati; ché più superba altezza 100 al disonor del Gòlgota giammai non si chinò. Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, 105 che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò. Spiegazione : Il 5 maggio è un’ode in cui Manzoni vuole evidenziare la vicenda umana di Napoleone, non gli interessa il significato del suo ruolo storico. Manzoni non nomina mai Napoleone, ma usa sempre pronomi per indicarlo. Napoleone ha avuto tutto nella vita, come la gloria grazie a Dio che lo ha aiutato; quando è morto era da solo (è morto esiliato a Sant’Elena, un’isola sperduta nell’Oceano Atlantico). L’unica “persona” che non lo ha abbandonato sul letto di morte è stato Dio. Con questo Manzoni vuole intendere che davanti alla morte siamo tutti uguali. Manzoni ne il 5 maggio riflette sulla vita di Napoleone, immagina i suoi ultimi giorni e ne trae un messaggio religioso valido per tutta l’umanità. METRO: ode di diciotto strofe di sei settenari ciascuna. Spiegazione dei versi : Napoleone è morto. Come il suo corpo dopo l’ultimo respiro rimase immobile, privo di ricordi, privo di un’anima così grande, allo stesso modo la terra rimase stupefatta dalla notizia della sua morte, pensando in silenzio alla fine di quell’uomo mandato dal destino, da Dio: non sanno quando arriverà un altro uomo come lui che lascerà il segno.

Il mio spirito di poeta l’ha visto trionfante sul trono e non ha mai scritto niente su di lui (né un’ode né una poesia); quando con cambiamenti continui di sorte fu sconfitto, tornò al potere e poi fu di nuovo sconfitto, non ha voluto allearsi con nessuno, era da solo: il mio genio rimasto puro, che non si è lasciato corrompere per scrivere qualcosa su Napoleone e lodarlo, ma ora che è morto io mi commuovo perché era una persona molto grande; e gli dedico quest’ode che rimarrà immortale nel tempo. Dalle Alpi della campagna d’Italia alle Piramidi della spedizione in Egitto, dal Manzanarre (fiume spagnolo che bagna Madrid) al bacino del Reno (fiume dell’Europa centrale), ogni progetto di quell’uomo sicuro di sé veniva subito messo in atto; così quel fulmine di Napoleone scoppiò dallo stretto di Messina al fiume Don, da un mare a un altro mare. La vita di Napoleone fu vera gloria? Lasciamo la difficile risposta ai posteri: noi chiniamo la fronte davanti a Dio che lo ha scelto e lo ha fatto diventare un uomo importante. La tempestosa e timorosa gioia di un gran progetto, l’impazienza di un cuore che ubbidisce indocile perché pensa al potere; e lo raggiunge, e ottiene un premio che per altri sarebbe stato impossibile raggiungere; Napoleone provò tutto: la gloria che è maggiore se conseguita dopo un grande pericolo, la fuga e la vittoria, la reggia e il triste esilio: due volte venne sconfitto e due volte tornò ad essere venerato. Egli si proclamò imperatore: riuscì a conciliare due epoche contrastanti che si rivolsero a lui, sottomessi, per conoscere il proprio destino. Egli impose il silenzio e si sedette fra le due epoche come un arbitro. Poi sparì e fu costretto a trascorre i giorni nell’ozio in una piccola isola, oggetto di grandissima invidia ma anche di profonda pietà, di odio implacabile ma anche di amore fedelissimo. Come l’onda s’abbatte con tutta la sua forza sul capo di un naufrago, proprio la stessa onda sopra la quale, poco prima lo sguardo del misero riusciva a sollevarsi per cercare invano di scorgere rive lontane; così, sull’animo di Napoleone scesero i ricordi! Oh chissà quante volte incominciò a raccontare la propria vita ai posteri e sulle pagine che avrebbero dovuto ricordarlo per l’eternità, cadde la sua mano stanca! Oh quante volte, al finire silenzioso di un giorno trascorso senza far nulla, abbassati gli occhi che una volta comandavano, si fermò con le braccia conserte e fu assalito dalla tristezza dei ricordi dei giorni passati! E ripensò agli accampamenti mobili, alle trincee battute dell’artiglieria, al lampo delle armi dei manipoli di soldati, alle cariche dei cavalli, agli ordini decisi e pronti e all’ubbidienza immediata.

Ahi! Napoleone cadde nella disperazione; ma la mano di Dio interviene e con la morte lo toglie da una vita di sofferenze; e l’avvio verso il Paradiso, attraverso i fiorenti pensieri della speranza, verso il premio che supera ogni desiderio, dove la gloria terrena , ormai passata, no ha più alcun valore. Bella, immortale, benefica Fede abituata a trionfare sugli uomini! Registra quest’altro trionfo, rallegrati: perché nessuna autorità terrena così grande mai si chinò alla Croce. Tu, o Fede, allontana dalla salma di Napoleone ogni parola cattiva: il Dio che getta nella disperazione e che porta alla gioia, il Dio che distribuisce dolori e ti consola sempre, si fermò accanto a lui, sul letto abbandonato da tutti. Cinque maggio, analisi Dedicata a Napoleone. Scritta dal 17 al 19 luglio 1821, cioè subito dopo ch'era giunta a Milano la notizia della morte di Napoleone, avvenuta appunto il 5 maggio. 1. Il Manzoni non ha mai amato la dittatura di Napoleone, però considerava giuste le idee della Rivoluzione francese, che Napoleone voleva imporre con la forza a tutta Europa. 2. Il Manzoni qui non giudica Napoleone col metro morale, non si chiede cioè se il suo operato fu "vera gloria", in quanto lascia la sentenza ai posteri. Dice soltanto che anche in Napoleone, Dio ha compiuto i suoi disegni in modo misterioso, senza che neppure Napoleone se ne rendesse conto. 3. L'uomo-Napoleone appare al Manzoni migliore del dittatore, anche perché si diceva fosse morto cristianamente. Di conseguenza il vero soggetto dell'ode civile è Dio che redime gli uomini, e Napoleone non è che l'oggetto della provvidenza di Dio. L'ode è stata scritta da Manzoni in soli tre giorni (17-19 luglio 1821) subito dopo la notizia della morte di Napoleone, giunta a Milano il 16 luglio, che doveva provocare nel Poeta una notevole impressione che creò quello sgomento che sempre coglie gli uomini quando muoiono i Grandi che sembrano indistruttibili, una certa commozione che nel Manzoni si traduce nella meditazione sulla vita e sulla morte, sulla fragile transitorietà delle glorie umane e terrene, sulla dolorosità della solitudine, acuita dal ricordo delle grandezze passate e dall'ansietà di un desiderio, talvolta potente, di un aiuto che non arriva (Napoleone che scruta l'orizzonte lontano sul mare), e infine la pacificazione nella Benefica Fede, con una preghiera "a speredere ogni ria parola" superando la condizione umana contingente nell'attesa di raggiungere il premio / che i desideri avanza. Possiamo dividere l'ode manzoniana, composta da 18 sestine per complessivi versi 108, in due distinte parti simmetriche, comprendenti ciascuna 9 sestine: o la prima fino al verso 54, dominata dalla presenza dell'uomo di fronte a se stesso, alla sua storia terrena, alla sua gloria umana, al premio / ch'e follia sperar; domina Napoleone e la sua storia, per il quale Manzoni non si era prodigato in elogi negli anni in cui dominò l'Europa, e non aveva neanche pensato un codardo oltraggio quando il destino dell'uomo era ormai segnato solo dalla sconfitta; di fronte alla morte di Napoleone il Poeta e la terra tutta restano muti nella meraviglia un po'

dolorosa di una morte "incredibile". o la seconda dal v. 55 alla fine, dominata dall'incontro tra l'uomo e Dio, la benefica / Fede ai trionfi avvezza, che sola può dare quel premio / che i desideri avanza, / dov'è silenzio e tenebre / la gloria che passò. I verbi al passato remoto in questa seconda parte sono soltanto sei, le tre coppie sparve/chiuse, imprese/stette, ripensò/disperò ed esprimono una escalation verso una condizione di disperazione e di solitudine assoluta che può essere risolta solo attraverso l'intervento di una Forza esterna all'uomo. Per questo, finita l'escalation verso la disperazione, si impone una presenza diversa. Entrambe cominciano con la realtà presente della morte di Napoleone (Ei fu al v. 1, E sparve al v. 55), di un Napoleone che è solo uno dei due centri costitutivi dell'ode (l'altro è Dio). Ciò che colpisce l'immaginazione e la spiritualità del Manzoni non è la figura di Napoleone, dominatore degli eventi a cavallo fra il Settecento e l'Ottocento, o la storia dei fatti o delle idee di quegli anni, quanto il silenzio e la solitudine vissuti nell'isola di Sant'Elena, e la possibilità di un profondo pentimento maturato nella meditazione sulla sua vita passato e di un affidamento alla pietà di Dio all'avvicinarsi della fine dei propri giorni. Il poeta rimane muto ripensando agli ultimi attimi della vita di un uomo che il Fato aveva voluto arbitro della storia e di tanti destini umani, di un uomo che si era posto lui stesso come Fato/arbitro dei destini dei popoli e che racchiuse in sé le aspettative di un'epoca; e allora non può che ripensare a quando potrà esistere nuovamente un uomo altrettanto decisivi per i destini umani, che, calpestando la sanguinosa polvere del mondo e della vita, lascerà nella storia un'orma altrettanto grande. E quegli ultimi attimi sono fusi nell'ansietà di un naufrago, oppresso dalla solitudine e dal peso delle memorie e delle immagini che si affollano nella memoria; e da quel naufragio lo salverà solo la benefica Fede nel Dio che atterra e suscita / che affanna e che consola. Cinque maggio, commento L`ode esprime l`intensa commozione che l`improvvisa morte di Napoleone Bonaparte suscitò nel poeta e in tutti gli europei. Napoleone muore nell'isola di Sant'Elena,d ove si trova in esilio, il 5 maggio 1821, ma la notizia raggiunge Milano solo il 16 luglio e colpisce profondamente Manzoni che in soli tre giorni, dal 17 al 19 luglio, compone l`ode. La poesia non e` una celebrazione della figura del grande imperatore,per cui il poeta non ebbe mai simpatia,ma una riflessione morale e religiosa sul mistero della morte. La rievocazione storica fa da sfondo al dramma di un uomo che,dopo aver deciso i destini dell`Europa, si trova alla fine solo di fronte alla morte. Anche in quest`opera e` evidente il richiamo alla Provvidenza,che sola piu dare un senso a tutte le imprese umane e che quindi giustifica la presenza di Napoleone nel mondo. Cinque maggio, parafrasi Il cinque Maggio è un’ode civile (cioè carattere politico e storico) composta tra il 18 e il 20 luglio 1821 a Milano dopo che fu divulgata la notizia della morte di Napoleone, fu stampato nel 1823 per la prima volta. La struttura dell’ode si divide in tre momenti: • La prima sequenza parla di Napoleone morto e delle sue eroiche imprese; • La seconda presenta l’accavallarsi dei ricordi nella mente di Napoleone; • La terza celebra il trionfo di Dio su Napoleone.

Parafrasi: Morto. Così come il suo cadavere stette immobile dopo aver dato il suo respiro immemore di tutto e privato di una tale anima, così colpito e attonito rimase il mondo intero a quella inattesa notizia, la terra muta pensando all’ultima ora al quale possa essere stata fatale al destino. Ne sa quando un altro individuo altrettanto grande verrà a calpestare la polvere calpestata di sangue. Il mio genio poetico, vide in lui sfolgorante in trono e tacque; quando egli con alterne vicende fu sconfitto a Lipsia, risorse, e fu definitivamente sconfitto a Waterloo. Tuttavia non ha mai mescolato all’eco di chi lo adulava. Sorge ora commosso l’improvvisa scomparsa, di una così grande figura, davanti alle spoglie terrene di Napoleone e compare per la tomba una poesia che forse sarà mortale. Dall’Italia all’Egitto, dal Manzanarre al Reno era talmente veloce nell’equazione dei propri progetti, che l’idea non era ne ancora balenata, dallo stretto di Messina al fiume russo Don le sue vittorie vanno da un mare all’altro. E’ stata una vera gloria o fasulla? Noi qua, ci incliniamo alla volontà di Dio che volle stampare in lui una vastissima impronta. La pericolosa e trepida gioia di un gran disegno, l’ansia di un cuore che serve, ma non è docile pensando a quando ebbe avuto il suo regno e riceve un premio che sarebbe stato folle soltanto sperando. Egli provò ogni cosa, il massimo pericolo trovò la fuga perché fuggì in Russia, ma provò anche la vittoria,trovò la reggia e l’esilio. Due volte nella polvere fu idolatrato e posto come un Dio, Ma egli sommessamente lo guardarono, egli stabilì in silenzio, eliminò tutte le guerre e si impose come un arbitro fra due secoli. E sparì improvvisamente chiudendo nell’isola di Sant’Elena simbolo di smisurata invidia e di profonda pietà di inestinguibile odio e di amore indomato. Così come l’onda s’avvolge e pesa sulla testa del naufrago, l’onda sulla quale soltanto poco prima la vista del malcapitato scorrevano alti per cercare di vedere approdi lontani inutilmente così su quell’anima scese il peso delle memorie. Oh quante volte egli iniziò a scrivere le proprie memorie a quelli che sarebbero giunti dopo, e la mano cade stanca su quelle pagine che parlavano di eternità. Quante volte al tramonto di un giorno in cui non era accaduto nulla, chinati a terra gli occhi fulminei, chiuse al petto le braccia, rimase fermo e fu assalito dal ricordo delle sue imprese straordinarie. E ripensò agli accampamenti spostati in fretta, alle trincee nemiche bersagliate dai cannoni, il luccicare di spade, il galoppo dei cavalli, i comandi urlati sul campo di battaglia e l’ubbidienza. Forse il suo spirito affannato se piegò davanti allo strazio del ricordo e forse disperò ma sicuramente dal cielo giunse la mano di Dio che lo trasportò pietosamente in un’area più respirabile. Questa mano l’avviò per il sentiero della speranza alle regioni celesti, verso il premio che supera ogni desiderio, dove il silenzio e le tenebre sospirano nell’odio. Cinque maggio, sintesi Il componimento è composto di 18 strofe di sei settenari ciascuna. Manzoni lesse la notizia della morte di Napoleone sulla “Gazzetta di Milano” del 17 luglio e subito. compose di getto l’ode ultimandola nel giro di tre o quattro giorni. Lo presentò immediatamente alla censura austriaca, che però ne vietò la pubblicazione. Ma il componimento cominciò a circolare manoscritto e fu poi pubblicato, senza autorizzazione dell’autore, al di fuori del Lombardo-Veneto, divenendo molto popolare. Fu conosciuto anche all’estero, soprattutto grazie alla prestigiosa traduzione in tedesco di Goethe del 1822 e definita dal poeta “l’ode del secolo”, l’opera viene pubblicata anche in Piemonte nel 1823. Manzoni non nutriva simpatie politiche per l’uomo che aveva instaurato un potere personale

a autoritario ma la sua morte avvenuta il 5 maggio sull’isola di Sant’Elena e le notizie giornalistiche che parlavano della sua conversione cristiana indussero Manzoni a rivedere la vicenda napoleonica da una nuova prospettiva. L’ode è organizzata con una costruzione circolare: sia apre con “Ei fu” e termina con “posò”, due parole bisillabiche e accentate. Le quattro strofe iniziali: Nelle quattro strofe iniziali, Manzoni rappresenta l’emozione sua e dell’Europa alla notizia della morte di Napoleone. Strofe 1 - 2: immobilità del corpo di Napoleone, diventato una spoglia senza coscienza di quello che era, un uomo qualunque. La terra, in silenzio, si rende conto che è morto un grande uomo; a Manzoni non interessa se nel bene o nel male, per lui l’importante è non essere mediocre: Napoleone ha lasciato un’impronta di sé quindi è un grande uomo. “Uom fatal”: - uomo voluto dal destino; - uomo che aveva il potere di cambiare il destino del mondo. Nell’Eneide, Enea veniva chiamato “uomo fatale”. Strofe 3 - 4: atteggiamento che Manzoni ha avuto verso Napoleone. Manzoni non ha mai parlato di Napoleone in vita ma qui lo ammira. Manzoni dice che la sua ispirazione poetica è libera da ogni elogio servile, come aveva scritto nel carme “In morte di Carlo Imbonati”. Quindi ci sta dicendo che la sua lode non è mai stata né di insulto né di lode per Napoleone fino a quando era in vita. Manzoni, come Foscolo, pensa che la poesia abbia una funzione eternatrice perché è convinto che il suo canto non morirà ed eternerà le urne dei forti, dei veri uomini. Le dieci strofe centrali: Nelle dieci strofe centrali viene rievocata la vicenda terrena di Napoleone (cinque dedicate al condottiero, cinque all’esule). Strofa 5: con una fulminea esposizione di nomi vengono citate tutte le campagne di Napoleone, con una grande capacità di sintesi: le due campagne d’It...


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