La mimesi in Platone - Halliwell PDF

Title La mimesi in Platone - Halliwell
Author Stefania Galbiati
Course Teorie della rappresentazione e dell’immagine
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

L'estetica della mimesi - Halliweel, primo e secondo capitolo....


Description

La mimesis in Platone Rappresentazione e realtà Mimesis e Platone associazione fatidica, compie due passi importanti: 1. Solleva obiezioni sullo statuto della mimesis artistica 2. Proietta la mimesis tra i problemi della mente e la realtà Porta per cui la rappresentazione secondaria della mimesi (musica, poesia, immagini) nel quadro della rappresentazione primaria (pensiero umano, linguaggio). Non si può attraverso i dialoghi platonici giungere ad una unitaria e compatta definizione di mimesi. Il brano più importante sulla mimesi è il libro X, dove colloca la mimesi a due gradini di distanza dalla verità. Nell’ Apologia (opere del primo periodo di Platone, con l’Eutifrone e lo Ione, Socrate parla di poesia) Platone conclude che i poeti lavorano su ispirazione e che non vi è motivo per il quale questi debbano essere ritenuti delle autorità. Nello Ione, l’opera più completa sulla poesia si riconosce che i poeti possano produrre delle opere che accolgono verità preziose. Il primo dialogo in cui la mimesis comincia ad assumere il suo ruolo è il Cratilo: opera che molto studiosi riconoscono come trapasso dal primo Platone a quello di mezzo. Appare la mimesi, in brevi parti, la rapporta con il linguaggio e la realtà, applicandola ai segni visivi e al linguaggio parlato. È implicita nella mousiké (musica, poesia e voce) e nell’arte figurativa come la pittura. Queste arti hanno a che fare con le cose sensibili del mondo (suoni e parvenze) mentre il linguaggio, che nomina, ha a che fare con l’essenza delle cose. Grazie alla somiglianza si arriva a mostrare e significare un mondo percepibile con i sensi ma esse non indicano l’essenza autentica della realtà nel modo in cui invece il linguaggio sembra indicarla nell’atto di dare i nomi. La mimesi artistica (visiva o poetico musicale) pur raffigurando cose effettivamente riscontrabili nel mondo non ci dicono nulla della verità filosofica. La distinzione tra mimesis artistica e mimesis linguistica (ove la prima può essere corretta o incorretta ma la seconda anche vera o falsa, è provvisoria). Già al termine del Cratilo Socrate conclude che una verità che

risponde ai requisiti filosofici potrebbe essere ricavata solo dalle cose in sé e non dalle loro immagini linguistiche. Sia la mimesi primaria che secondaria risultano inadatte alla verità filosofica. Nel Libro III e Libro X della Repubblica, convergono problemi relativi all’educazione, cultura, politica, psicologia e metafisica. Mimesis trattata con approccio innovativo, la riflessione Platonica è dinamica. Nel Libro III è discussa nell’ultima parte, ove vi è il contributo dei racconti (mythoi) poetici, i miti. La poesia ha riserva di saggezza [sia chiaro che Platone apprezza la poesia], confluisce ed influenza la vita della polis e dei cittadini, formano le credenze degli ascoltatori, sono di grande valore e veicoli di logoi (affermazioni, argomenti, forme del discorso) impliciti (infatti li valuta per il loro valore normativo e non narrativo). I miti sono però per lo più fondati su finzione/falsità, Platone non ha netta distinzione tra le due. Socrate è deciso ad affermare che una persona può fare bene solo una cosa, non molte cose. I giovani Guardiani, influenzati dalle parole dei poeti e dai racconti, dovrebbero essere condizionati da personaggi virtuosi. La varietà immaginifica dei poeti potrebbe infatti mettere a repentaglio la stabilità dei ruoli sociali nella polis giusta. Il lettore è una sorta di esecutore mediante l’immedesimazione o l’assimilazione delle figure della poesia. Qui la mimesis funziona come un processo attraverso il quale il mondo della poesia diventa il mondo della mente. Vi è un’associazione tra la mimesis e l’attività di emulazione e imitazione. Quando la mimesis poetica incoraggia una stretta identificazione con le figure descritte l’esperienza della poesia opera come una prova teatrale della vita stessa. Perciò, detto questo, se le rappresentazioni fossero sempre virtuose sarebbe eccellente che i Guardiani fossero sempre mimetici. Nel Libro X Platone confessa l’amore ed il rispetto per Omero, capace di creare coinvolgimento emotivo. Platone critica la mimesis attraverso la teoria delle forme. Platone, Socrate nei dialoghi è quasi satirico, proponendo lo schema tripartito: forme, oggetti particolati e mimesis, attraverso oggetti come un tavolo o un letto. L’ironia appare evidente attraverso l’analogia dello specchio. Il gradino più alto dello schema è, naturalmente, la verità filosofica. La prima parte del Libro X, applicando alla mimesis il linguaggio de simulacri ( eidola) e delle parvenze (phantasmata) [ripropone le linee della Caverna] sottolinea che la verità e la realtà stanno al di là del sensibile. Analogia tra pittura e poesia. Il Libro X non suggerisce mai che la pittura sia limitata ad un rispecchiamento del mondo sensibile, egli mira ad una visione più ampia, secondo la quale la simulazione artistica della realtà non ha valore per sé stessa e non è indizio di conoscenza di verità da parte dell’artista: questa deve superare la verosimiglianza (tipica del naturalismo). Il verosimile non deve essere scambiato per realtà, nemmeno con la comprensione di quest’ultima. Se il Libro X inizia con un atteggiamento satirico, arriva poi al giudizio severo: la poesia ha potente presa psicologica “finanche sui migliori fra noi”: la capacità mimetica con cui le più grandi opere d’arte s’imprimono nelle menti di color che pure ne riconoscono (in qualche misura) la natura simulatoria. La poesia esprime e scatena emozioni: veicoli di valori etico-religiosi. L’uomo è particolarmente incline al dolore ed alla pietà. Platone riscontra nella tragedia un’emozione di massa. I testi hanno atteggiamento indagativi ed esplorativi piuttosto che affermativo e conclusivo. Nel Sofista (precisamente in una critica al sofista – impostore culturale ed intellettuale) Platone usa il concetto di mimesis. Differenzia due mimesis, di fabbricazione di immagini:

1. Tèchne eikastikè (ICASTICO) – immagini fedeli alle proporzioni e ai tratti superficiali 2. Tèchne phantastikè (FANTASTICO) – immagini le quali le proprietà rappresentative si riferiscono all’osservatore, rendono conto solo dell’angolatura percettiva di chi le guarda Per lo più colloca tutte le immagini pittoriche nella seconda: produzione di apparenze (nelle prime: produzioni di rassomiglianze, tridimensionali e bidimensionali potrebbero, forse, rientrare solo i dipinti di oggetti bidimensionali). Potrebbe suonare come condanna alla pittura poiché egli riconosce come validi solo le varietà del primo tipo. Non è una critica totalmente negativa, poiché come visto nel Cratilo le immagini mimetiche non hanno sempre bisogno di essere intese nei termini di una corrispondenza letterale o stretta. L’esame della mimesis comincia dalla classe, piuttosto ampia, del mimetico (Teeteo definisce mimetico: categoria vastissima che unifica tante cose diverse) e nella parte finale del dialogo la mimesi è presentata come una sorta di produzione ma non di cose reali, ma di simulacri. Il concetto di mimesi, come produzione di simulacri, copre ogni attività che riguardi o metta in essere prodotti classificabili come secondari, illusori o falsi in rapporto a certi punti di riferimento considerati primari, autentici o veri. Riproporsi di alternativa icastico/fantastico ove alcuni prodotti delle mimesis sono legittimati come immagini ( eikones) e dove l’icastico lascia spazio di accesso ad arte come la pittura, scultura, recitazione o mimica vocale. Il sofista non condanna quindi la mimesi ma propone una griglia filosofica su cui possano essere disposti vari tipi di rappresentazione umana, compresa l’arte mimetica (Il Sofista ricorda che non tratta mai l’arte mimetica direttamente). Anche nel tardo Platone, nelle Leggi, troviamo accenni alla mimesi. Tratta la rassomiglianza e l’assimilazione inerente all’arte mimetica, introduce criteri di piacere ed utilità. Si impegna ad esporre un’estetica etica e delinea tre criteri per apprezzare l’arte rappresentativa: 1. Correttezza: rapporto con il modello o con originale rappresentato 2. Utilità: per le anime dei fruitori. Questa serve anche per verificare l’accettabilità di un’opera. 3. Piacere: chiamato anche attrattiva si intende il piacere nell’esperienza dell’arte rappresentativa. È il criterio più importante e complesso, soggetto all’individuo è di natura instabile. Il piacere è individualmente mutevole presuppone un’interazione con il soggetto, sempre diverso. La mimesi icastica è presa in questo libro meno rigidamente che negli altri. Abbiamo invece una correlazione importante tra un criterio tecnico del valore artistico (la vicinanza alla rappresentazione fedele) e un valore etico (danno o utilità che l’esperienza può scatenare). Per giudicare intelligentemente un’opera bisognerà, secondo i tre criteri: 1. In primo luogo, riconoscere la cosa 2. Riconoscere quanto sia stata rappresentata correttamente (correttezza dell’intenzione) 3. Quanto bene sia stata resa ciascuna immagine (basi etiche ed estetiche) Utilità e correttezza incidono dunque sul giudizio, mentre il piacere passa in secondo piano. Vengono esaltati gli scopi rappresentativi: ciò che l’immagine intende essere. Valuta l’interno e l’esterno di un’opera mimetica, valutandola con criteri estrinseci, descrittivi e normativi. Indicando i tre criteri di un giudice intelligente, l’Ateniese intende chiarire cosa occorre per valutare la restituzione mimetica del bello e del buono. Il risultato è una concezione dell’arte mimetica che tiene conto dei due fattori della scelta rappresentativa e della tecnica a essa relativa (il compimento della correttezza) ma li subordina entrambi a una considerazione prevalentemente etica della forma e del significato.

In conclusione, il rapporto tra Platone e la mimesi procede a fluttuazioni complesse, nelle opere dell’ultimo Platone egli dichiara che . Il rapporto sopracitato ha due radici principali parzialmente collegate tra loro: 1. Attenzione critica di Platone verso l’azione e l’influenza delle forze culturali della società (specialmente delle arti della mousiké ma anche delle arti figurative) 2. Confronto tra pensiero umano e realtà Ed ha due sollecitazioni opposte: 1. La prima è una teologia negativa, quasi mistica: Platone crede che la realtà non possa essere convenientemente trasferita in un linguaggio, né possa essere descritta o modellata, ma possa soltanto essere sperimentata in una forma pura e immediata. In questo primo caso la mimesi è destinata a fallire, o al massimo di produrre una vaga ombra di verità. 2. La seconda sollecitazione spinge Platone a ritenere che tutto il pensiero umano sia il tentativo di trasferire la realtà in un linguaggio, di descriverla o di modellarla: il tentativo di produrre immagini, che siano visive, verbali o mentali, del reale. In questo secondo caso la mimesi, ovvero la rappresentazione, è tutto ciò che abbiamo, tutto ciò di cui siamo capaci.

In alcuni scritti del tardo Platone questa seconda ipotesi si allarga fino a concepire lo stesso mondo come una creazione mimetica, come l’opera di un artista divino che è visto proprio come un pittore. Se le cose stanno così, i filosofi non sono soltanto (come vuole Repubblica) pittori che lavorano con un diverso materiale espressivo, né sono soltanto (come suggerisce Leggi) gli scrittori della tragedia più vera. Essi sono anche gli interpreti di un’opera d’arte che coincide con l’intero universo.

Oltre le apparenze: guardando nello specchio di Platone

Il confronto estetico tra la pittura e la poesia precede la Poetica di Aristotele e precede anche Platone, alla fine del VI secolo a.C. il poeta Simonide definì a poesia una pittura parlante (dotata di voce) e la pittura una poesia silenziosa. Nel 1766 Lessing nella prefazione di Laocoonte affermò che entrambi le arti . Formula che riassume il significato essenziale del pensiero della mimesi di questo testo. Lessing sottolinea la funzione suggestiva ed espressiva dell’immaginazione. La tradizionale metafora della pittura o di un’altra opera d’arte come uno specchio della realtà potrebbe rivelarsi doppiamente infelice: mette in ombra sia la valenza interpretativa della rappresentazione sia la risposta dell’osservatore che interagisce con essa. Probabilmente un dipinto va guardato come qualcosa di più di un puro campo visivo o di una costruzione di mere apparenze.

Gli scultori producono una mimesis della persona umana con eccezione dell’anima ( De victu V secolo).

Il primo testo non platonico che tratta il rapporto tra le apparenze ed il significato di mimesis visiva è il passo dei Memorabili di Senofonte in cui Socrate invita il pittore Parrasio e lo scultore Clitone a riflettere sull’efficacia rappresentativa delle loro rispettive arti (siamo nel 350 a.C.). Socrate ai due chiede soprattutto come si trascorra o come si possa trascorrere dal disegno di un campo visivo (forme e colori) alla rappresentazione o all’espressione di proprietà non sensibili e forse immateriali. 

Rivolgendosi a Parrasio muove la premessa secondo cui la pittura è raffigurazione del mondo visibile. Il pittore, inizialmente dubita che la mimesis possa dipingere il carattere, l’ethos, ma Socrate osserva che la pittura ha la possibilità di mostrare in che modo il carattere si rivela: attraverso l’espressione fisica, soprattutto attraverso il volto (Socrate attribuisce all’arte figurativa la capacità di dipingere o di esprimere il carattere con uno specifico tramite visivo). Problema fondamentale: rapporto tra apparenze e pensiero umano. Oltre che l’arte questo problema investe anche la vita: indaga il modo in cui possiamo vedere o percepire un carattere in assoluto. Uso intransitivo del termine trasparire (traspare: si mostra attraverso), indica il legame tra i segni corporei esterni e l’ethos interno.



Rivolgendosi a Clitone stabilisce un altro collegamento tra la vita e l’arte, chiedendogli come quest’ultimo produce o realizza le apparenze della vita nelle figure. Si parla di simulazione della vita che un osservatore può sperimentare dentro un’immagine (qui la proprietà quasi vitalistica della mimesis), cioè il sentimento delle proprietà più vivide di un’immagine simile alla vita. L’immagine che è però un artefatto. La manifattura e l’ipotetica vita che si può sperimentare sono due tratti tenuti insieme dall’idea delle apparenze.

Queste conversazioni sono la prova di un crescente interesse filosofico per le immagini. In Senofonte è possibile cogliere tensione (attorno alla quale si sviluppa tutta l’eredità della mimesi secondo Halliwell) tra due differenti visioni dell’arte: 1. Arte come illusoria finzione, prodotto di un artificio ingannevole 2. Arte come riflessione sulla realtà o sul sentimento della vita e come coinvolgimento entro la realtà. Bisogna considerare che sia Platone che Aristotele si occupano delle arti figurative in diverse occasioni (anche dato il prestigio culturale dell’arte figurativa al loro tempo). Nessuno dei due dedica all’argomento un’attenzione sistematica, per lo più si tratta di riferimenti, metafore ed accenni occasionali. Ma le analogie, le metafore e gli accenni dei filosofi possono essere rivelatrici e spesso costitutivi del loro sistema di pensiero. Vi sono però delle differenze importanti: Aristotele menziona la pittura riconoscendone il posto considerevole entro le attività artistiche e con uno sguardo attento alle tecniche, Platone non si occupa dei procedimenti, non ha un interesse nei metodi di pittura come Aristotele ma i riferimenti Platonici alla pittura ed all’arte figurativa in generale tendono ad essere filosoficamente più ampi ed incisivi poiché diventano elementi centrali nel pensiero e la scrittura del filosofo. Aristotele apprezza le pratiche della pittura ma queste

rimangono sempre a margine del suo pensiero filosofico. Se la pittura non fosse esistita il pensiero Aristotelico non avrebbe risentito della mancanza, mentre quello Platonico sarebbe rimasto privo di una ricca, efficace e profondamente ambigua fonte di riflessione intorno ai tentativi umani di dare forma e senso alla realtà. Sin dal Cratilo Platone propone concetti e termini relativi alle immagini mimetiche e si interroga sulla natura delle stesse e si rapporti che esse stabilisco con i loro presunti originali o con i presunti modelli. Dialoghi platonici a riguardo sono presenti nei libri VI e VII della Repubblica, es analogia del Sole, della Linea e della Caverna, o ancora Timeo come mimesis cosmica (il mondo è tutta una mimesis). Il Libro X, analogia dello Specchio. Una definizione della mimesis pittorica è forse riscontrabile nel Cratilo, primo e più antico dialogo interessato al tema della mimesis artistica: la mimesis pittorica impiega un campo visivamente organizzato, fatto di forme e colori, per stabilire tra le cose una somiglianza. Questa somiglianza non è un rapporto solo con un oggetto o il suo modello limitandolo alla copia di cose particolari effettivamente presenti nel mondo (es. ritratti a persone) ma esistono anche immagini che rappresentano i membri di classi immaginarie come l’uomo o a donna. Cratilo smentisce quindi la credenza secondo cui Platone limiterebbe costantemente la mimesis figurativa al rispecchiamento della realtà visibile. Ci sono due aspetti di mimesis figurativa: il contenuto rappresentativo di un’immagine ha uno statuto semantico, cioè il suo rapporto con oggetti del mondo identificabili e d’altra parte le condizioni ottiche della mimesis visiva, cioè la natura della somiglianza tra le qualità percettive dell’immagine e quelle degli oggetti nel mondo. Socrate, nel Cratilo, tenta di elaborare una semantica del mondo visivo di significare. L’atteggiamento di Platone si mostra quindi esplorativo e fluido. Nelle leggi l’Ateniese esprime giudizi positivi sull’arte egizia, che non puntava al naturalismo (la stilizzazione ed il suo rifiuto alla fedeltà naturalistica potrebbero essere le aspirazioni della mimesi pittorica). Nel Sofista, come visto in precedenza si fa distinzione tra: 1. Arte icastica: immagine capace di mantenere una misurabile fedeltà ontologica alle proporzioni e ai tratti superficiali di ciò che ritrae (una misurabilità matematica). 2. Arte fantastica: immagine adattata al punto di vista percettivo da cui un osservatore la contempla. Quasi tutte le mimesis rientrano in questa categoria, questo confermerebbe l’idea che Platone non pensi che le immagini debbano sempre corrispondere letteralmente agli oggetti del mondo. Le strategie argomentative di Platone nei confronti della pittura non dipendono dal presupposto di mimesis=specchio, il rispecchiamento non appare il criterio per valutare le immagini. Non vi è un modello unico e unitario. L’immagine mimetica deve riuscire ad essere fedele all’oggetto originale ma allo stesso tempo l’arte, consapevole dell’inevitabile divergenza, manipola e riconfigura le apparenze. Si può avere una mimesis di qualcosa che non esiste in realtà, per esempio una bellezza che non si può scorgere in un uomo, ma che rende comunque apprezzabile l’immagine. I filosofi stessi sono come pittori che cercano di tradurre vividamente e concretamente gli ideali concepiti e costuditi nelle loro menti, producendo dei grandi dipinti verbali. L’ideale, il modello, l’esemplare (paradeigma) dei filosofi è immateriale, mentre quello dei pittori deve essere collegato al visibile. Come già visto, Platone ci presenta nelle Leggi i tre criteri per decretare a bellezza di un’opera:

1. In primo luogo, riconoscere la cosa 2. Riconoscere quanto sia stata rappresentata correttamente (correttezza dell’intenzione) 3. Quanto bene sia stata resa ciascuna immagine (basi etiche ed estetiche) Questi tre criteri; cosa, come e perché, ci autorizzano ad introdurre l’idea di un’etica della forma, passando dal piano tecnico al piano etico. La bellezza della forma riguarda non solo le semplici apparenze ma ciò che esse contengono e trasmettono come valore etico (comunica sentimenti e valori). La mimesis non si limita quindi a descrivere e registrale le apparenze ma contribuisce attivamente a costruirle, interpretarle e giudicarle. Per Platone la bellezza mimetica non è definibile unicamente sul piano ottico, ma è la forma espressiva di un valore etico. Halliwell contesta la Teoria dello sp...


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