l\'età vittoriana riassunto PDF

Title l\'età vittoriana riassunto
Author Giovanna Arena
Course Storia Contemporanea 
Institution Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
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Summary

l'età vittoriana riassunto...


Description

GLI

EVENTI

STORICI

E

SOCIO-CULTURALI

DELL'ETA'

VITTORIANA

Il 20 giugno 1837 Guglielmo IV morì senza figli legittimi e sua nipote, la principessa Vittoria, gli succedette. La nuova regina era quasi completamente sconosciuta ai suoi sudditi, anche ai circoli più ristretti degli uomini di stato e dei funzionari. Poche erano state le apparizioni pubbliche e la sua vita privata era stata simile a quella di una novizia in un convento. Suo padre Edoardo, duca di Kent, quarto figlio di Giorgio III e quindi fratello del precedente sovrano, era considerato il "meno peggiore" dei duchi reali, egli era morto da tempo e Vittoria era stata allevata severamente dalla madre, nata Sassonia-Coburgo. La nuova regina aveva 18 anni, la sua fisionomia non bella, ma attraente: capelli biondi, occhi azzurri un po' troppo sporgenti che, tuttavia, non imbruttivano del tutto un viso grazioso, di colorito pallido, che lasciava trasparire innocenza e giovinezza e, al tempo stesso, gravità e compostezza. Il suo contegno al primo consiglio della Corona riempì di meraviglia e di ammirazione tutta l'asssemblea e tutti furono completamente affascinati, la sua voce era forte e chiara, senza ombra di tremore e di incertezza. Una grande ondata di entusiasmo pervase i sudditi, il sentimento e le romanticherie erano di moda e lo spettacolo della piccola regina, innocente e modesta, che passava in carrozza per le strade della capitale, riempiva i cuori dei londinesi di entusiasmo e affettuosa fedeltà. Vittoria era cresciuta nel palazzo di Kensington ma, divenuta regina, scelse come sua dimora il palazzo di Buckingham, che era succeduto a quello di S. Giacomo come residenza londinese dei sovrani britannici. Intorno alla giovane regina la corte divenne se non brillante almeno elegante. A quel tempo, il primo ministro era lord Melbourne, già in carica da tre anni, il cui gabietto era sostenuto dal 1833 da una maggioranza del partito whig (più tardi chiamato liberale) e così sarebbe stato fino al 1841, quando venne sconfitto dal partitoTory (conservatore), capeggiato da Robert Peel. Lord Melbourne ebbe un ruolo fondamentale nella fase iniziale del regno di Vittoria. Il loro sodalizio lasciò tutti stupefatti. Lui un cinquattottenne scettico e beffardo, aristocratico fino alla punta dei capelli, liberale più nella forma che nella sostanza. Lei con la petulanza della giovane età, ingenua, entusiasta e straripante di desiderio di fare del bene. Il ministro e la regina divennero inseparabili ed egli continuò ad essere un valido riferimento per Vittoria, anche dopo la caduta del governo whig. Peraltro, nel corso del suo lungo regno, Vittoria ebbe la fortuna di godere dell'assistenza di validi ministri: Robert Peel, Lord Russel, Lord Palmerston, Benjamin Disraeli, William Gladstone and Lord Salisbury. Nella realizzazione delle riforme sociali ed economiche il loro ruolo fu senza alcun dubbio determinante. Tuttavia, il regno di Vittoria iniziò in una atmosfera di miseria sociale e fermenti politici. Le leggi a favore delle classi più umili, approvate negli anni precedenti, non erano state sufficienti a migliorare sensibilmente le condizioni dei lavoratori e molti dei cittadini inglesi vivevano ancora in condizioni di povertà. La prima espressione del malcontento della classe lavoratrice fu il movimento cartista. Nel 1836 l'Associazione dei lavoratori londinesi aveva redatto un documento (People's Charter), nel quale si chiedeva di estendere il diritto di voto a tutti i cittadini di sesso maschile, il pagamento dei membri del Parlamento e il voto segreto. Le

richieste non furono soddisfatte e il movimento fallì, ma ormai le richieste "cartiste" erano diventate parte della democrazia britannica. Il primo periodo del regno di Vittoria, che gli inglesi sogliono chiamare Early Victorian Period, va dal 1837 al 1851 e getta le basi dell' Età Vittoriana (Victorian Age). L'evento che chiude questo primo periodo di regno è la Grande Esposizone Universale di Londra. Il 1° maggio del 1851, nella gigantesca serra detta "palazzo di cristallo", eretta in mezzo ad Hyde Park, si svolse l'inaugurazione da parte della regina Vittoria e di suo marito il principe Alberto della prima esposizione universale che la storia ricordi. Erano presenti 30.000 persone, mentre altre 700.000 si ammassarono nei dintorni. Sotto le ghirlande e i lampadari, fra fiori e piante verdi, innumerevoli stands esponevano esemplari di tutte le produzioni britanniche e anche della maggior parte dei paesi stranieri. Fu il trionfo della macchina e dell'industria e ovviamente dell'Inghilterra che confermò il suo incontestabile primato nella rivoluzione industriale che stava sconvolgendo il volto dell' Europa. Senza alcuna rivoluzione politica, semplicemente per effetto di una industrializzazione accelerata, in questi anni l'Inghilterra cambiò faccia e, potremmo dire, anche anima. Tre anni dopo la sua salita al trono, nella vita di Vittoria vi fu un cambiamento radicale. Il 10 febbraio 1840, nella cappella del palazzo di St. James, fu celebrato il matrimonio tra la regina Vittoria e il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha. Fu un matrimonio di famiglia, Vittoria e Alberto erano cugini con solo tre mesi di differenza. La levatrice che aveva assistito ai loro parti era la stessa, essi condividevano anche la nonna materna la quale, già dalla loro nascita, aveva desiderato la loro unione. Vittoria si innamorò perdutamente di Alberto ed il suo amore si accompagnava ad una riconoscenza appassionata per tutto ciò che egli faceva per la famiglia e per la sua patria d'adozione. Il principe consorte, allevato in una piccola corte tedesca, era terribilmente serio e morale e Vittoria, che lo adorava, lo prese a modelllo. La coppia nei primi dieci anni di unione ebbe sette figli. Vi fu inoltre un grande cambiamento: la Corte divenne molto rigorista e assai meno brillante che in passato, al punto che il mondo elegante non la frequentò più molto ma, in compenso, si attirò la venerazione delle classi medie. Alberto purtroppo morì prematuramente, a soli 42 anni (1861). La morte del Principe Consorte segnò la svolta centrale nell'esistenza della regina Vittoria, sulla quale sembrò discendere quasi una sorta di velo. Questa morte improvvisa non fu soltanto causa di terribile turbamento personale per Vittoria, ma anche un avvenimento di importanza nazionale ed europea. Se Alberto non se ne fosse andato così presto, è verosimile pensare che tutto lo sviluppo della politica inglese avrebbe subito un cambiamento. Già al momento della morte egli occupava nella vita pubblica dell'Inghilterra una posizione unica e nei circoli più ristretti dei politici egli era accettato e riconosciuto come una parte utile e necessaria al meccanismo dello Stato. L'amore di Vittoria per il marito durò inalterato anche dopo la sua morte e molte furono le iniziative e le testimonianze da lei volute per ricordarlo e onorarlo. La morte del principe Alberto chiude un'epoca, essa rappresenta una sorta di spartiacque non solo nella la vita della regina, ma anche in quella di tutto il regno. E' interessante nonchè significativo il fatto che dal 1840 al 1861 il potere della Corona in Inghilterra andò progressivamente crescendo e dal 1861 al 1901 andò invece progressivamente declinando. Il primo processo era dovuto all'opera del Principe Consorte, il secondo a quello di una serie di grandi ministri. Non vi è dubbio che alla fine del suo regno la Corona fosse meno potente di quanto fosse stata in passato e tuttavia, paradossalmente, Vittoria ricevette la più alta lode per aver contibuito ad una evoluzione senza precedenti che portò l'Inghilterra ad essere padrona del mondo. Durante la seconda parte dell'era Vittoriana, l'imperialismo fu la fede dominante del paese, ed anche la fede di Vittoria. Per quanto la Corona fosse meno

potente, lo spirito imperialistico della nazione dava alla figura della Sovrana un nuovo significato, quasi mistico. Fu così che tutto il "misticismo" della costituzione inglese si concentrò sulla Corona, con la sua venerabile antichità, le sue sacre rimembranze, le sue cerimonie imponenti e spettacolari. L'imperialismo fu non soltanto una questione di affari, ma anche una questione di fede e, con il suo crescere, crebbe anche il lato mistico della vita pubblica inglese e, simultaneamente, una nuova importanza cominciò ad essere attribuita alla Corona. Il bisogno di un simbolo della potenza e del valore inglese, dello straordinario e misterioso destino dell'Inghilterra cominciò ad essere sentito più forte che mai. Quel simbolo era rappresentato dalla Corona, e la corona posava sul capo di Vittoria. Così avvenne che, mentre il potere della sovrana andava sensibilmente diminuendo, per contro il suo prestigio cresceva enormemente. Questo prestigio, tuttavia, non era soltanto il risultato di avvenimenti politici, ma dipendeva anche in modo profondo dalla personalità della sovrana stessa. Ella era considerata a un tempo la madre del suo popolo e il simbolo incarnato della grandezza imperiale britannica. Vittoria era certamente la regina d'Inghilterra, l'imperatrice delle Indie (dal 1876), nonchè il perno essenziale su cui ruotava tutta quella magnifica e poderosa macchina. E' indubbio che quest'epoca rivesta particolare interesse e importanza nella storia del costume. Non vi è campo in cui non vi furono significative trasformazioni. Trasformazione demografica Agli inizi del XIX secolo la Gran Bretagna contava 9 milioni di abitanti, nel corso del secolo arriverà a 22 milioni. Il fortissimo aumento è dovuto sia alla forte fecondità, sia alla diminuzione della mortalità infantile, sia alla ingente immigrazione di origine irlandese. Questo preoccupò economisti e uomini di stato che si chiedevano come potessero essere nutrite tante nuove bocche. Fu fortemente incoraggiata l'emigrazione verso i possedimenti britannici con spazi e clima più favorevoli. Senza alcun piano preventivo, si delineò quindi il quadro dei futuri Dominions (Domini). Trasformazione fisica Il carattere esenzialmente rurale della vecchia, felice Inghilterra (Old Merry England) tende a sparire. Certamente i pascoli, le terre coltivate, le lande, le recinzioni per il bestiame, i frutteti e i luppoleti continuano a coprire la maggior parte del suolo. I modesti villaggi, raccolti intorno alle loro chiese e i nobili castelli, ben visibili in mezzo ai loro parchi, con le siepi e i canali di irrigazione, costituiscono l'elemento essenziale del paesaggio Inglese. Ma le città diventano ogni giorno più grandi e si estendono sempre più verso le campagne circostanti. Londra ha più di 2 milioni di abitanti e Manchester, Liverpool e Glasgow ne hanno 250.000. A partire dal 1851 la popolazione dei distretti urbani prevale su quella dei distretti rurali. E' interessante sapere che in Francia tale fenomeno si verificherà solo a partire dal 1930. I pozzi delle miniere sconvolgono il suolo, il fischio delle locomotive turba la pace campestre, l'atmosfera è meno tersa per la mescolanza di nebbia marina e il fumo delle fabbriche, compare quindi il famoso "smog" londinese. Il verde, un tempo nota dominante, cede il posto al grigio, almeno nelle città. Trasformazione economica La rivoluzione industriale, iniziata alla fine del secolo precedente, produce ormai tutti i suoi effetti: la Gran Bretagna, per anni produttrice soprattutto di merci agricole, è ora in testa - e di molte lunghezze - alla produzione mondiale di prodotti tessili, minerari (nel 1850, 35 milioni di tonnellate estratte contro 5 milioni in

Francia) e di macchinari. In riferimento alle innovazioni tecnologiche, la prima fase della rivoluzione industriale in Inghilterra è contrassegnata dalla introduzione della macchina a vapore e dalla meccanizzazione dell'industria tessile; nella seconda fase si sviluppa l'industria siderurgica e meccanica, per l'impulso fondamentale della costruzione della rete ferroviaria e per la decisiva innovazione introdotta dal convertitore dell'inglese Bessemer (1861) che permette di produrre grandi quantità di acciaio. Il settore trainante dell'industrializzazione è, nel primo periodo, l'industria leggera (produzione di beni di consumo), nel secondo diventa l'industria pesante (fabbricazione di mezzi di produzione). L'Inghilterra si trasforma completamente entro la prima metà del secolo. In altri paesi, come la Francia, il decollo industriale inizia dagli anni Trenta, per altri ancora nella seconda metà del secolo, per l'Italia negli ultimi decenni. La marina mercantile britannica, i suoi cantieri navali sono al di sopra di qualsiasi concorrenza. Il commercio estero è in costante aumento. Nei primi anni del regno di Vittoria esso è ancora un po' frenato da alcune tasse sull'importazione di materie prime e sull'esportazione di prodotti fabbricati, ma tali tasse vengono abolite tra il 1842 e il 1845. Sopravvivono i pesanti dazi sul grano, ma, alla fine di una dura e lunga battaglia che impegna la nuova Inghilterra manifatturiera contro la vecchia Inghilterra rurale, tali dazi vengono aboliti nel 1846. Il regno, che si era aperto nel marasma economico, sicuramente provocato da una legislazione retrograda, si concluderà nella massima prosperità. Trasformazione sociale La maggiore beneficiaria dell'aumento del reddito nazionale è certamente la classe dei grossi commercianti e degli industriali. Forte della sua potenza finanziaria, essa divide sempre più il potere politico con la classe aristocratica, che per secoli era stata la sola classe dirigente. Il cambiamento era stato preparato dalla riforma del 1832 che aveva sostituito un sistema elettorale, immutato dal Medioevo e divenuto ora assurdo, con un sistema censitario. Possiamo dire che, da oligarchico che era, il regime politico della Gran Bretagna divenne plutocratico. Le masse polpolari si trovavano ancora sotto la classe aristocratica e ora anche sotto le classi degli industriali e dei ricchi commercianti. Quando Vittoria salì al trono, le condizioni degli operai, per quanto già un po' migliorate dall'inizio del secolo, erano ancora molto disagiate: salari molto bassi, case malsane, giornata di lavoro che arrivava anche a 15-16 ore, impiego improprio di donne e bambini. La dottrrina del "laisser-faire", diventata un dogma per gli economisti della scuola di Manchester, impediva allo stato di intervenire a favore del proletariato che versava ancora in condizioni pessime. L'unico rimedio alla povertà erano le workhouses (case di lavoro), luoghi sorti per dare ricovero ai più poveri, ma che sembravano vere e proprie carceri, dove regnava il massimo degrado. Cominciano però ad affermarsi le idee di riforma, già anticipate nel periodo pre-vittoriano. A partire dal 1843 una serie di leggi pone fine agli abusi più clamorosi nel mondo del lavoro e, dopo il 1848, la giornata di 10 ore diventa la regola nella maggior parte delle industrie. La Gran Bretagna è ormai in testa alle nazioni del continente anche in fatto di legislazione sociale. L'iniziativa di queste misure fu presa in Parlamento da un gruppo di liberali aristocratici, ma non sarebbero forse state votate se gli operai non avessero iniziato a protestare per gli abusi subiti. Dal 1824 i Trade Unions (sindacati) erano diventati legali e molti lavoratori, i più intraprendenti, si raccolsero in sindacati in difesa dei loro diritti, con questi ormai avrebbero dovuto fare i conti i datori di lavoro. Contemporaneamente e nello stesso ambiente, si sviluppò il movimento cartista, il cui obiettivo era però più politico che sociale. Le

violenze alle quali si abbandonaro i suoi sostenitori nocquero al movimento che andò via via ma aiutò a convincere le pubbliche autorità della necessità di riforme profonde.

estinguendosi,

In questo periodo la stampa era molto influente, la gran parte degli scrittori riteneva di avere una missione sociale da compiere e quindi denunciò con determinazione e minuziose descrizioni le condizioni di vita delle classi più povere. Ciò contribuì sicuramente a sensibilizzare l'opinione pubblica e, di conseguenza, ad accelerare l'evoluzione. Alla fine del 1851 tale evoluzione era quasi completa. Essa si svolse senza che la struttura sociale ne venisse sconvolta. La pubblicazione del " Manifesto del partito comunista" di Karl Marx, avvenuta a Londra nel 1848, non ebbe alcuna eco. Il quadro spaventoso che Engels, amico di Marx, aveva tracciato nel 1844 nel suo Le condizioni della classe operaia in Inghilterra non era già più rispondente alla realtà. La classe lavoratrice incominciava a beneficiare, almeno in parte, dell'aumento della ricchezza nazionale, la disoccupazione andava diminuendo, gli arbitrii padronali limitati, non si parlava più, come negli anni precedenti, di "padroni" e di "servi" ma di datori di lavoro e di lavoratori. Ma tutte le piaghe non erano comunque del tutto sanate. Nelle città viveva ancora una massa di sventurati ed emarginati e, nel 1850. si calcola che un decimo della popolazione urbana del regno fosse considerata indigente. I riformatori ufficiali e persino il mondo del lavoro non si occupavano volentieri di questo triste universo e, nella prima metà del secolo, era ancora abbandonato alla carità privata. Tuttavia, nella seconda metà del regno, la realizzazione di riforme sociali ed economiche migliorò le condizioni di questa schiera di disperati. Le più importanti riforme e i più significativi cambiamenti furono: la piena libertà d'azione dei Trade Unions (sindacati) a beneficio della classe lavoratrice; la fondazione del Partito Laburista Indipendente (Independent Labour Party - 1900); il miglioramento del sistema parlamentare mediante estensione del diritto di voto, segretezza del voto, pagamento dei ministri; istruzione gratuita e universale dai cinque ai tredici anni; libertà di importazione ed esportazione; abolizione della prigione per debiti. Inoltre, vi fu un considerevole miglioramento e ampliamento delle comunicazioni in tutta la nazione e un immenso sviluppo fu dato al progresso scientifico: luce elettrica, telegrafo, telefono. Furono istituite biblioteche gratuite, inaugurate gallerie d'arte pubbliche, come la Tate Gallery e la National Portrait Gallery, furono inoltre fondati nuovi giornali di stampo "popolare" come il Daily Mail e l'Evening Star. Trasformazione morale L'importanza politica, economica e sociale acquisita dalle classi medie fa sì che il loro ideale etico, insieme religioso e utilitario, tendesse a diventare l'ideale di tutta la nazione. Gli atristocratici, un tempo onnipotenti, avevano una grande libertà di costumi e di modi. Ormai, per assicurarsi il rispetto dei nuovi elettori, dovevano bere meno, giocare meno, frequentare più assiduamente la chiesa ed ostentare con meno disinvoltura le loro avventure amorose. Come in campo sociale, il vento riformatore soffiava anche in campo religioso. Fino allora, la classe dei governanti apparteneva solo alla chiesa anglicana ufficiale, una chiesa nata da una transazione fra protestantesimo e cattolicesimo e che ormai si era addormentata in una comoda sonnolenza. Ma la borghesia in ascesa era composta in buona parte da aderenti a varie sette non conformiste, più o meno inclini al puritanesimo. Questi "dissidenti" prendevano la religione molto sul serio e non ammettevano che ci si allontanasse dalle prescrizioni della Bibbia. La piccola minoranza cattolica che nel 1929, con la Catholic

Emancipation Bill (legge per l'emancipazione cattolica), aveva acquistato la capacità politica, prima negata, dava l'esempio del massimo fervore. Minacciata nella sua preponderanza, la Chiesa ufficiale si sforzò di adattarsi al nuovo spirito. La più efficace fu la corrente "evangelica" che contribuì a garantire, nonostante le diverse denominazioni, l'unità religiosa del popolo inglese. Il pensiero dominante era, tranne rare eccezioni, esente da ogni misticismo e si conciliava perfettamente con una fede intensa nel progresso, nella scienza e nella virtù dei lumi. Già a metà del secolo XIX è possibile affermare che le classi medie avevano trionfato. L'ateismo era aborrito, una religione insieme "terra terra" e attiva imponeva la sua legge, dilagava un'ondata di pudore, la preoccupazione della rispettabilità era diventata generale (non senza ipocrisia), l'applicazione nel lavoro era diventata la virtù cardinale e il s...


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