Letteratura latina medievale PDF

Title Letteratura latina medievale
Course Letteratura latina medievale (m)
Institution Università degli Studi di Verona
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Appunti completi corso magistrale....


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Letteratura latina medievale (m) Brano 1: Gregorio di Tours, Historia Francorum - Prefazione Nel panorama letterario medievale la figura di Gregorio di Tours si configura per lo stile come l'ultimo degli autori tardo-antichi in quanto fruitore di un latino che si rifà all'ultima fase del latino classico. Nelle varie edizioni la lingua dell'autore presenta un cambiamento per quanto riguarda la complessità lessicale e sintattica, questo per scelte editoriali. Gregorio di Tours nasce a Clermond Ferrand nel 538 da famiglia senatoria, cosa che contribuì a fornirgli una solida educazione e la migliore istruzione. Perde il padre all'età di 10 anni, la madre lo affidò così allo zio paterno, vescovo di Clermond Ferrand, il quale curò la formazione di Gregorio, sia per quanto riguarda le sanctae litterae sia le saeculares litterae. La lettura pertanto sia di autori cristiani e soprattutto di autori pagani il lo segnerà per quanto riguarda lo stile. Diviene vescovo nel 571, la sua produzione è circoscritta al periodo durante l'episcopato ed è divisibile in tre sezioni: ambito teologico-religioso con un' esegesi dei Salmi, giuntaci mutila, e il Liber de cursibus ecclesiasticis, opera che unisce astronomia e teologia nella sua influenza nella vita eccelsiastica; ambito agiografico con i Miraculorum libri octo, enciclopedia della santità nella sua varietà di exempla; ambito storiografico con l'Historia Francorum in 10 libri, la cui concezione storiografica è influenzata dagli eventi post caduta dell'impero romano d'Occidente in quanto lo storico circoscrive la storia alla propria etnia e non più all'ambito imperiale: l'opera copre un abito cronologico che va da Adamo ed Eva fino all'età di Gregorio stesso ed è scritta in prima persona nella sezione più vicina cronologicamente all'autore in quanto vengono raccontati eventi che riguardano direttamente l'episcopato di Tours. La caratteristica fondamentale dell'Historia Francorum è data dal forte realismo con il quale Gregorio racconta i fatti storici, spesso fornito con dettagli anche insignificanti, ma anche il realismo nell'espressione linguistica dell'opera stessa in quanto sembra che Gregorio faccia lo sforzo di riprodurre ciò che ha sentito dire in prima persona dal colloquio di altri adattandolo al registro linguistico dell'opera letteraria; oltre a questo si aggiunge anche un realismo attinente la scrittura delle parole attraverso neologismi. Questo aspetto nell'esperienza storiografica di Gregorio è pressoché contingente all'approccio che lo stesso Erodoto applicò alla trattazione dei fatti storici. Lettura di due edizioni differenti dello stesso testo tratto da Gregorio di Tours: uno dalla Patrologia Latina, curata dal Migne (1959), la quale riprende un edizione del 1699 di Rouinart, l'altra, curata dal Krusch e Levison, è una rivisitazione dell'edizione del 1888 curata dallo stesso Krusch. Per Rouinart, Gregorio di Tours è l'ultimo degli autori tardo antichi, il cui latino si rifà al latino classico seppur nella sua discretezza e scorrevolezza; per il Krusch invece Gregorio di Tours è il primo degli autori medievali in quanto il suo latino rappresenta la ormai decadenza del latino classico e tardo-antico per quanto riguarda la sintassi e lo stile. Pertanto nella lettura delle due edizioni si avranno registri linguistici espressivi differenti, l'uno più scorrevole e chiaro, l'altro più complesso e non immediato. Nella prefazione della sua edizione il Rouinart dice: "È noto a tutti, soprattutto all'esperto di storia, quanto sia apprezzato presso le persone di cultura Gregorio di Tours, santo e vescovo, il quale per la nobiltà di stirpe, per la santità della sua vita, per la varietà dei suoi molteplici scritti, ebbe a splendere al massimo grado tra le altre stelle del suo periodo".

La scrittura di Gregorio di Tours è funzionale al suo desiderio di raggiungere la maggior parte delle persone. L'espediente usato da Gregorio è quello di enunciare il fatto che non vi sia qualcuno abbastanza capace da raccontare gli avvenimenti di decadenza al suo tempo, sia in prosa sia in poesia; ciò si pone in accostamento alla captatio benevolentiae iniziale. L'autore quindi si pone egli stesso la responsabilità di raccontare la storia dei Franchi. Il prologo si conclude, analogamente a Gregorio Magno, con un'annotazione sulla lingua utilizzata per la stesura dell'opera. Le difficoltà nella trasmissione di un testo derivano dalla scriptio continua, dagli espedienti ortografici e le abbreviazioni, elementi quindi di carattere filologico.

Brano 2: Gregorio di Tours, Historia Francorum - Libro primo Gregorio inizia qui la narrazione dei fatti storici, indicando come materia di speculazione le guerre dei re franchi con i nemici, quelle dei santi contro i pagani; ciò si accosta allo sguardo con cui l'autore si pone nella storia, pertanto egli indica come chiave di lettura quella cristiana: la scelta dell'autore è quasi una professione di fede, posta in modo chiaro nell'incipit del brano. In seguito Gregorio spiega come gli sia sembrato opportuno dare un'informazione corretta a coloro che credono che la fine del mondo si stia avvicinando. Anche in questo caso Gregorio inserisce il topos della modestia: qui infatti si scusa con i lettori delle eventuali mancanze stilistiche e grammaticali costruendo anche in questo caso una solida captatio benevolentiae. L'attenzione dell'autore nei confronti dell'opera è il contenuto, pur sempre rispettando la credenza cristiana. Brano 3: Gregorio di Tours, Historia Francorum - Libro secondo / 30. Il brano è un episodio fondante la storia dei Franchi in quanto narra come tale popolo si sia convertito al cristianesimo; senza tale episodio non sarebbe mai avvenuta la futura incoronazione di Carlo Magno. L'episodio inizia con i vani tentativi della regina di convincere Clodoveo a convertirsi al cristianesimo, questo fino alla guerra contro gli Alemanni. La presenza del discorso diretto, in questo caso Gregorio fa parlare il re, conferisce al testo maggior realismo in quanto viene mostrato il sovrano in difficoltà nel suo atteggiamento e in questo caso nel suo turbamento. La conversione dei Franchi non è un atto di fede, ma un atto di opportunità. L'episodio della conversione dei franchi ha come modello in sé la conversione di Costantino; grazie a questi due episodi la storia ha preso nettamente un'altra piega. "Cuius regio, eius religio" > lusus verborum inerente la conversione di Clodoveo, regno del sovrano è anche religione del sovrano.

Il sovrano ha sia la responsabilità nei confronti dell'esercito, sia nei confronti del popolo, in questo frangente di pone quindi la conversione; in questo caso non c'è un re nel momento in cui elargisce, ma un re che chiede, Gregorio quindi attraverso quest'inversione prepara la conversione. Prima della conversione Clodoveo viene presentato dall'autore in modo non tanto positivo. A questo punto Clodoveo si rivolge direttamente a Gesù promettendogli che si sarebbe battezzato e convertito se avesse scampato la situazione perigliosa in cui si trovava in quel momento. Brano 4: Gregorio di Tours, Historia Francorum - Libro secondo / 31. Il brano tratta dell'episodio cardine riguardante la vicenda di Clodoveo, ossia il suo battesimo. Importante è sottolineare la figura della donna nella dimensione letteraria medievale: mentre l'uomo agisce, la donna fa uso dell'intelletto e pertanto risulta protagonista funzionale degli accadimenti; ciò rappresenta una sterzata prepotente al luogo comune della donna bistrattata in tutti i sensi durante il medioevo. La regina è infatti rappresentata come una figura che non fa ombra al re, ma è protagonista; ciò è accostabile alla richiesta di Didone nell'Eneide quando chiede all'eroe troiano di raccontare le sue peripezie > e nell'Eneide e nel brano di Gregorio viene detto "regina iubes". Gregorio di Tours ha letto difatti Virgilio, molte delle sue espressioni sono utilizzate dall'autore medievale, ma allo stesso tempo viene operata una damnatio memoriae per quanto riguarda i contenuti in quanto dispensatori di ideali e morale pagana, incompatibile con l'intento e la finalità di Gregorio stesso in quanto il credo pagano porta alla perdizione. Grazie a questo doppio miracolo, i Franchi sarebbero diventati elemento portante nell'alleanza tra potere temporale e spirituale in quanto braccio armato della Chiesa; fu grazie all'intervento franco che i Longobardi di Desiderio furono sconfitti da Carlo Magno e pertanto venne alla luce il dominio franco in Italia. Le aberrazioni linguistiche, frequenti in questo brano ma non solo, sono frutto dell'intento di Bruno Krusch di mostrare Gregorio di Tours come incapace di fare uso della grammatica latina, quando le forme invece corrette sono attestate in altri manoscritti e pertanto rese canoniche dal Rouinart nella sua edizione. La preparazione del battistero crea un contesto, una dimensione che non è più terreno ma celestiale. Il battesimo avviene in due momenti distinti: prima viene battezzato il re, poi il popolo. L'importanza del battesimo risiede anche nella persona che celebra il battesimo, in questo caso san Remigio, vescovo di Reims, diocesi assai importante nella Gallia dell'epoca, è fondatore di altre diocesi sempre in ambito franco, persona di ottima famiglia e di preparazione solida; di lui sappiamo che è stato eletto vescovo all'età di 22 anni. Remigio è ricordato dai francesi come l' "apostolo dei Franchi" in quanto ha assicurato la conversione di tutto il popolo franco al cristianesimo.

Il peccato originale è paragonato alla lebbra, curato e cancellato solo con il battesimo. Eleganza e solennità delle parole di Remigio: Clodoveo viene chiamato Sigambro, ossia il nome con cui veniva designata una popolazione (i Sigambri) della Germania affine alla popolazione dei franchi; con questa espressione Gregorio di Tours vuole indicare come il battesimo rappresenti idealmente non solo la conversione dei franchi ma anche quella di altre popolazioni. Le parole di Remigio esortano Clodoveo a compiere un atto di umiliazione e mitezza, caratteristiche che prima della conversione non erano proprio affini al sovrano. Adora quod incendisti, incende quod adorasti > adora ciò che finora hai distrutto, le chiese cristiane, incendia ciò che finora hai adorato, i templi pagani. Il brano si conclude con un elogio al vescovo Remigio, viene spiegato perciò il motivo per il quale il celebrante del sacramento fu proprio lui e non altri. Remigio paragonato a san Silvestro, il santo che celebrò il battesimo di Costantino e che tra i suoi miracoli resuscitò un uomo. Brano 5: Paolo Diacono, Historia Langobardorum - Libro primo I L'esperienza letteraria di Paolo Diacono è circoscritta alla prima età carolina, egli nasce a Cividale nel Friuli in data incerta ed è di stirpe longobarda, in particolare di famiglia aristocratica; una volta pronto ad essere avviato all'istruzione scolastica, 744-749, essendo di buona famiglia, il padre Valnefrido lo invia alla corte di Pavia, dove regnava re Rachi, già duca del Friuli; rimase presso la corte longobarda anche quando a Rachi successe Desiderio, il quale designò Paolo Diacono come precettore della figlia del sovrano, Adelperga, la quale andò in sposa ad Arechi II, duca di Benevento. Lo storico pertanto seguì Adelperga a Benevento ed è proprio in questo periodo che Paolo, su richiesta della donna, scrive l'Historia romana ossia un compendio di un manuale scolastico usato all'epoca (Breviarium ab urbe condita di Eutropio), la cui trattazione finisce con la discesa dei Longobardi in Italia nel 568 con Alboino. Quando Carlo Magno entra in Italia nel 768 costringendo Pavia alla resa, Paolo Diacono decide di abbracciare lo stato monastico nel monastero di Montecassino; durante questi anni sono sconosciute le sue vicende fino a quando avvenne un'insurrezione in Friuli contro i franchi, capeggiata dal fratello di Paolo, insurrezione che non andò a buon fine. Tale episodio fece sì che Paolo Diacono si rivolgesse direttamente a Carlo Magno affinché il fratello, incarcerato dopo l'insurrezione, venisse liberato. Successivamente Paolo Diacono entrò nella cerchia della corte franca e assieme ad altre personalità di spicco della cultura dell'epoca contribuì alla realizzazione della rinascita carolina. Dopo diversi anni di servizio egli torna a Montecassino, dove rimarrà fino alla morte, nel 797 c.ca. E' nell'ultimo contesto monastico che spicca la sua opera più importante, ossia l'Historia Langobardorum, uno dei capisaldi della storiografia etnica dell'epoca (fino al 744, morte di Liutprando). La figura di Paolo Diacono si impone nel panorama storiografico per lo stile, ma soprattutto per il metodo storico e l'accurata scelta delle fonti, tutte citate dall'autore. Sebbene la storia dei Longobardi finisca con la caduta di Pavia nel 794, Paolo Diacono decide di concludere la sua opera storiografica nel 744 in quanto il suo intento è di trattare l'argomento dalla nascita di questo popolo fino alla sua akmé, tralasciando il declino. Nel brano Paolo Diacono presenta lo spazio geografico in cui la sua etnia, ha preso vita in quanto popolo di origine germanica. Il suo punto di vista è prettamente germano-centrico.

Il primo capitolo offre le coordinate spaziali della Germania e in particolare le condizioni che hanno portato i longobardi a stanziarsi in questa zona e quindi della loro migrazione. Ciò comporta una visione attraverso la quale vengono evidenziati aspetti negativi dei popoli germanici, le migrazioni verso sud, ma anche e soprattutto positivi. Il latino di Paolo Diacono ha un registro linguistico espressivo medio-alto. L'eleganza e lo stile particolare di Paolo Diacono è dovuto ad un approfondimento personale dell'autore nello studio della lingua in quanto docente di grammatica; pertanto egli ha potuto cogliere i vari registri linguistici espressivi e farne uso nel modo più consono. Affetto di Paolo Diacono per l'Italia > le migrazioni non furono neutre, indolori, ma ebbero effetti negativi per la stabilità e identità dei luoghi di arrivo, in particolare per la penisola italiana. Infine l'autore sottolinea come l'arrivo dei Longobardi in Italia sia stato invece felice per tutto il loro regno nella penisola, distaccandosi di netto quindi dalla visione negativa precedentemente espressa riguardo le altre etnie. Da evidenziare nel testo sono le varationes lessicali utilizzate da Paolo Diacono per evitare ripetizioni e mantenere uniforme il livello linguistico espressivo: verbo della migrazione egredior > sostituito da prodeo, gentes sostituito da nationes. Labor limae nella ricercatezza dei verbi per l'eleganza del testo. Brano 6: Paolo Diacono, Historia Langobardorum - Libro primo VI Qui Paolo Diacono opera una descrizione tramite una pausa all’interno dell’opera > excursus. La forma con cui gli scrittori medievali introducono un excursus risulta costituita da una formula fissa con cui si avverte il lettore ed è quella che lo storico presenta all’inizio del testo. La formula che dà inizio all’excursus è: Haud ab re esse arbitror, paulisper narrandi ordinem postponere....


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