Letteratura Latina PDF-2-127 PDF

Title Letteratura Latina PDF-2-127
Course Lingua E Letteratura Latina
Institution Università degli Studi di Pavia
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letteratura latina appunti...


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Lezione 1 La storia ha un ruolo fondamentale nella cultura latina. La cultura romana è tradizionalista, il passato è tempo esemplare. L'aggettivo antiquuus deriva da preposizione ante che indica ciò che sta prima ma anche ciò che sta davanti. Per noi il passato è qualcosa che ci sta alle spalle, per i Romani è qualcosa che sta davanti, è un modello da guardare per la costruzione del presente. La storia di Roma per la cultura romana è l'equivalente greco del mito, con storie di divinità o cosmogonie. Il racconto delle origini, predominante nella cultura latina, è il racconto delle origini di Roma. Interessa non l'origine dell'universo, o la teogonia, ma la nascita delle città e delle origini di Roma. Questo è il “mito” dei Romani. La narrazione circa la storia di Roma non conta per la verità dei fatti, ma quegli eventi hanno un valore simbolico e morale. Anche per quanto riguarda la narrazione storica, conta il valore morale degli eventi. La narrazione storica ha carattere identitario. La cultura latina guarda al passato come tempo esemplare, con fides, virtus (valore militare e virtù morale), pietas (devozione per divinità e genitori), racchiusi nel mos maiorum, identià che si manifesta nel passato. I contemporanei devono creare rapporto di continuità con il passato. La storia di Roma è spesso una storia di parte. Tacito si presenta come uno storico oggettivo, propro perchè ha alle spalle una tradizione di storiografia “partigiana”. Il filone retorico porta con sé espressione più distesa ed elaborata. La retorica entra nella produzione storiografica, nei discorsi. Storia è anche oggetto di poesia, soprattutto la poesia epica d'argomento storico, specificità del mondo romano. In età ellenistica il filone epico-storico c'è ma rimane minoritario. Epica mitologica più diffusa nel mondo greco. Anche la tragedia nel mondo greco è ambientata soprattutto nel mondo mitico. La storia dei Romani è vista come “epica” e “tragica”. La storia non rimane allo stato puro nella cultura latina, ma si ibrida con la retorica e anche con la poesia. Osmosi tra storia, retorica e poesia. Cicerone nel De legibus definisce la storia “opus oratorium maxime”, fare storia è come scrivere un bel discorso coinvolgente e convincente, con tutte le figure stilistiche. Quintiliano dice che la storia è molto simile alla poesia, quasi un “carmen solutum”, poesia libera dal verso. Nella narrazione storica erano presenti molti momenti poetici, di rielaborazione del dato per creare qualcosa di solenne e accattivante. Nel racconto storico latino la verità dei fatti tende a non essere l'unico elemento di importanza: importa creare un testo eccellente dal punto di vista retorico, competitivo con i testi poetici. L'elemento della veritas non rappresenta un elemento assoluto, elementi estetici competitivi. Il filone dell'etnografia non diventa mai un genere a se stante, con l'eccezione della Germania di Tacito. Elementi etnografici erano presenti in opere storiche di altro genere, come nel De Bello Gallico, in cui si ha excursus all'interno di un'opera memorialistica. I Romani tendono a guardare al significato degli eventi. La storia è inanzitutto una rassegna di exempla, di figure e modelli esemplari. La Storia è magistra vitae, la si guarda per ricavare un insegnamento per la vita. Raccordo tra la conoscenza del passato e azione nel presente. La lettura delle opere storiche non ha solo finalità informativa, ma soprattutto etica e pedagogica. La Storia trasmette valori tramite fatti dotati di significato. Il racconto storico latino si inserisce nella categoria del moralismo. Approccio moralistico alla Storia, con richiamo al mos maiorum. Per i Romani sono gli uomini (come singoli o come popoli) a fare la storia. Contributo dell'uomo è fondamentale. Visione umanistica della storia. Andamento che va da una visione inizialmente collettiva, in cui conta il popolo, a una visione individualistica degli eventi storici. Da età repubblicana a età imperiale, la Storia di Roma è la storia dei suoi imperatori. Dal collettivismo all'individualismo. Cic. de orat. 2.52 ss. [Antonius loquitur] Graeci quoque ipsi sic initio scriptitarunt, ut noster Cato, ut Pictor, ut Piso. Erat enim historia nihil aliud nisi annalium confectio, cuius rei

memoriaeque publicae retinendae causa ab initio rerum Romanarum usque ad P. Mucium pontificem maximum res omnis singulorum annorum mandabat litteris pontifex maximus referebatque in album et proponebat tabulam domi, potestas ut esset populo cognoscendi: ii qui etiam nunc annales maximi nominantur. Hanc similitudinem scribendi multi secuti sunt, qui sine ullis ornamentis monumenta solum temporum, hominum, locorum gestarumque rerum reliquerunt. Itaque qualis apud Graecos Pherecydes, Hellanicus, Acusilas fuit aliique permulti, talis noster Cato et Pictor et Piso, qui neque tenent, quibus rebus ornetur oratio modo enim huc ista sunt importata - et, dum intellegatur quid dicant, unam dicendi laudem putant esse brevitatem. Anche i Greci stessi all’inizio scrissero così come i nostri Catone [il Vecchio, detto il Censore], [Fabio] Pittore, [Calpurnio] Pisone [annalista di età graccana]. Era infatti la storia nient’altro se non la compilazione di annali, per la qual cosa e per mantenere il ricordo di eventi di pubblica rilevanza dall’inizio delle vicende di Roma fino a quando fu pontefice massimo Publio Muzio [Scevola; pontefice nel 130 a.C.] tutti gli eventi dei singoli anni li affidava alle lettere il pontefice massimo e li riportava su una tavola bianca che esponeva in casa sua, perché il popolo avesse la possibilità di conoscerli: sono quei testi che anche ora sono chiamati Annales maximi. A somiglianza di questi scrissero molti autori successivi, i quali, senza alcun ornamento retorico, lasciarono memoria solo di tempi, uomini, luoghi e imprese compiute. E così quali presso i Greci furono Ferecide, Ellanico, Acusilao [tre logografi vissuti tra VI-V sec. a.C.] e moltissimi altri, tali furono i nostri Catone, Pittore, Pisone, i quali né hanno elementi con cui ornare il discorso – di recente infatti questi sono stati importati qui – e, purché si capisca che cosa dicono, considerano unico pregio dell’espressione la brevità. Cato fr. 77 P. apud Gell. 2.18.6 Verba Catonis ex originum quarto haec sunt: “Non lubet scribere, quod in tabula apud pontificem maximum est, quotiens annona cara, quotiens lunae aut solis lumine caligo aut quid obstiterit”. Le parole di Catone, tratte dal quarto libro delle Origines, sono le seguenti: “Non mi va di scrivere ciò che si trova sulla tavola del pontefice massimo, e cioè quante volte sia cara l’annona (prezzo del grano), quante volte la caligine o qualcos’altro si sia frapposto alla luce della luna o del sole”. Serv. Aen. 1.373 Ita autem annales conficiebantur: tabulam dealbatam quotannis pontifex maximus habuit, in qua praescriptis consulum nominibus et aliorum magistratuum digna memoratu notare consuererat domi militiaeque terra marique gesta per singulos dies, cuius diligentiae annuos commentarios in octoginta libros veteres rettulerunt eosque a pontificibus maximis, a quibus fiebant, annales maximos appellarunt. Così, del resto, erano redatti gli annali: ogni anno era detenuta dal pontefice massimo una tavola imbiancata sulla quale era consuetudine annotare, dopo aver scritto innanzi tutto i nomi dei consoli e degli altri magistrati, i fatti degni di essere ricordati avvenuti in pace e in guerra per terra e per mare ogni singolo giorno e di queste scrupolose annotazioni gli antichi riportarono le memorie annuali in 80 libri e li chiamarono annales maximi dai pontefici massimi ad opera dei quali venivano creati. A parlare è Antonio, uno dei due interlocutori. Nel de oratore Cicerone propone un modello di oratore ideale, dotato di competenze enciclopediche (storia, retorica, filosofia, diritto). La posizione di Crasso dialoga con quella di Antonio, che ritiene che l'oratore nasca soprattutto

nel foro, ovvero dalla competenza acquisita sul campo. Crasso e Antonio i principali oratori della generazione precedente a quella di Cicerone, che preferisce la posizione del maestro Crasso. Prima registrazione della memoria storica è la cronaca pontificale, detta anche annalistica. Collegio dei pontefici era presieduto dal pontefice massimo che determinava calendario ufficiale della comunità, distinguendo giorni fasti o nefasti, favorevoli o contrari. Fissare il calendario. Ricaduta politica: a Roma cariche politiche hanno carica annulae, il calendario era legato ai nomi dei consuli di quell'anno. Osservazioni dei pontefici registravano nomi dei consoli. Col tempo i pontefici inclusero anche i nomi dei pretori, tribuni e censori, quindi gli avvenimenti di pubblica rilevanza (guerre, carestie, eventi sovrannaturali). Collegio è depositario della memoria storica, una sorta di “almanacco”. Questo avveniva ogni anno. Si costituisce una memoria storica che come unità fondamentale ha periodo dell'anno. Il racconto dei fatti è anno per anno. Le notizie venivano poi esposte dal pontefice massimo fuori dalla domus publica, la sua residenza. Notizie vergate su tavola imbiacata, tabula dealbata. Lì si leggevano i fatti più importanti. Ciò si deduce dalla testimonianza di Cicerone. Il frammento delle Origines di Catone ci viene riportato da Gellio, erudito autore di un'opera miscellanea di II d.C, Le notti attiche. Indicati Catone il Vecchio, autore delle Origines, Fabio Pittore, poi si cita Calpurnio Pisone, annalista d'età graccana. Anche i Greci hanno scritto come autori romani. Volontà di confrontare la cultura latina con quella greca. Publio Muzio Scevola fu pontefice nell'anno 130 a.C. In monumentum radice “men” di memini: monumenta come strumenti del ricordo. Cicerone dice che all'inizio la Storia a roma non era altro che annalium confectio, ricordo di fatti di pubblica rilevanza. L'uso cominciò dall'inizio della vicenda di Roma, dalla fondazione della città, fino al 130 a.C. Questa presentazione dei fatti desta qualche sospetto. Fin da Romolo pare ci sia stata questa abitudine. Ab initio inteso non alla lettera. Collegio dei pontefici istituito da Numa Pompilio, secondo re di Roma. Il collegio dei Pontefici rappresentava centro di potere aristocratico-sacerdotale, gestivano potere notevole, anche competenze giuridiche. Pare strano che sin dall'inizio adottassero questa procedura democratica, emttendo in pubbluco le informazioni storiche. Attivita da collocare in fase successiva, nella lotta tra patrizi e plebei, in cui si sente esigenza di rendere di dominio pubblico non solo fatti storici ma anche leggi. Nel 450 pubblicate le leggi delle XII tavole, su tavole di bronzo. Tutti le possono leggere così. L'uso di esporre la tavole con i fatti dell'anno risale a questo momento, non agli inizi dell'età regia. Uso forse va portato ancora più in basso. Il pontefice prese l'abitudine di esporre la tavola solo dal 254, quando fu nominato pontefice massimo uomo di origine plebea, Tiberio Coruncanio. Questo pontefice plebeo ptoeva essere sensbile all'esigenza di rendere pubblica storia di Roma. Esigenza di democrazia importante in questa fase storica. Cicerone presenta storia di Roma in una logica di continuità. Nella fase più antica della storia romana c'è momento di cesura, incendio gallico del 390. i Galli arrivano a Roma e sconfiggono truppe romane incediando il campidoglio, buona parte degli archivi andò distrutta. Pare difficile che ci fosse quest'uso prima di questo momento. Cicerone presenta qui secondo linea di continuità dalla fondazione un uso che risale a un'età successiva, al tempo della pubblicazione delle XII tavole o forse dopo ancora, al tempo di Coruncanio. Testi hanno subito danneggiamenti in occasione dell'incendio gallico. Perchè Cicerone fa finta di nulla? Cicerone semplifica, cerca di fare sintesi di uso romano antico. Vuole creare un confronto tra il mondo greco e quello latino. Anche i Greci hanno scritto i loro annali all'inizio, facendo tre nomi. Così ci sono stati annalisti a Roma e fa tre nomi. Organizzazione per terne fa pensare a una rielaborazione del dato storico. Intenzione ideologica precisa, creare parallelo mondo greco – mondo latino. Analogia tra logografi greci e annalisti latini. Individua 3 figure all'interno dei due gruppi. Questi tre logografi forse non erano figure così rilevanti, Cicerone

ha bisogno di trovare questi tre nomi. Gli autori latini citati da Cicerone non rientrano in realtà nella tradizione annalistica. Catone scrive un'opera intitolata Origines, che in realtà è più sofisticata. Pittore scrive opera intitolata Annales, ma le sue non erano notazioni, qualcosa di più evoluto. Cicerone sta ricostruendo le origini dell'annalistica secondo precisa intenzione ideologica. Ricostruzione storica è spesso ricostruzione di parte. Nella testimonianza di Catone, riportata da Gellio, nel IV libro delle Origines, Catone prende le distanze dalle origini della tradizione annalistica. Testimonianza attendibile. Il pontefice massimo si limita a riportare con criterio quasi contabile l'andamento dei prezzi o l'eclissi di luna o di sole. In origine Annales erano semplicemente elenchi di nomi e di fatti, no rielaborazione degli eventi o ricerca delle cause. Servio ci dice che gli antichi riportavano le memorie annuali in ottanta libri, chiamati Annales maximi dai pontefici massimi. Questi annali erano a cura del pontefice massimo, avevano come supporto una tavola ricoperta di cera bianca, figuravano nomi dei consoli, poi altri magistrati e singoli eventi, con l'indicazione del giorno. Informazioni poi trascritte negli ottanta libri degli Annales Maximi, che anche Cicerone menziona. Servio non ci dice quando cominciò l'uso, forse non lo si sapeva. Il punto di arrivo della tradizione sono gli Annales Maximi, redatti a cura del pontefice Muzio Scevola, punto d'arrivo della tradizione cronachistica. A Roma c'era la tradizione della tabula dealbata. Questo materiale documentario, rozzo, non ancora storia, diventa elemento alla base di quest'opera in ottanta libri collocabile nell'anno del pontificato di Muzio Scevola, nel 130. Annales Maximi non potevano essere ottanta libri di elenco di eventi. Le notizie che erano state tramandate dai pontefici con indicazione del fatto e della data hanno costituito la materia prima per un'opera storica compiuta dove i fatti venivano rielaborati anche in forma discorsiva. Occorreva anche un'altra fonte: Muzio Scevola attinge ampiamente anche agli archivi privati delle grandi famiglie aristocratiche, che conservavano memorie legate ai grandi esponenti delle loro famiglie, in particolare qui conservati discorsi funebri, ossia la laudatio funebris che ricordava le gesta compiute da quel personaggio. La produzione storica a Roma ha come prima manifestazione una cronaca, cioè elenco di fatti di pubblica rilevanza che viene curato nel collegio dei pontefici e che viene esposto in pubblico al di fuori della dimora del pontefice massimo. Non sappiamo quando cominci l'uso di rendere pubbliche le informazioni storiche, probabilmente non era cominciato all'inizio delle vicende di Roma come ci dice Cicerone, avviene forse in un secondo momento. La cronaca dei pontefici, con l'aggiunta delle memorie dagli archivi delle grandi famiglie aristocratiche, dà vita a grande opera storica, gli Annales Maximi, dove i fatti dovevano essere collegati tra loro in un discorso. Quest'opera non la abbiamo, ma sappiamo da Servio che fossero in 80 libri. Ampia documentazione delle fasi più antiche della storia di Roma. A questi Annali avranno attinto i primi storici di Roma. Cicerone ci dice che la prima caratteristiche della storia a Roma è la brevitas, scrittura sintetica senza effetti retorici. Cicerone ha una visione diversa della storiografia, che deve essere anche abbellita di elementi retorici.

Lezione 2 L'annalistica è la preistoria della narrazione storica latina. Si trattava di una cronaca, non di un'opera letteraria. Il punto di arrivo sono gli Annales Maximi, in 80 libri, ma sempre nella logica elencativa, non opera letteraria compiuta. La prima opera letteraria di argomento storico nel mondo latino è di Fabio Pittore, un senatore e un aristocratico, appartenente alla

gens Fabia. Ha cognomen di pittore, perché un suo antenato intorno al 300 a.C. Aveva dipinto il tempio della Salus. Famiglia importante. Attivo nell'ultima parte del III sec a.C., nell'ultimo periodo della guerra annibalica a cui partecipa e riceve anche dal Senato un incarico. Dopo la sconfitta di Canne del 216 Pittore viene incaricato dal Senato di recarsi in Grecia a Delfi a consultare l'oracolo di Apollo per avere indicazioni su come sconfiggere Annibale. Missione di capitale importanza, quindi Fabio doveva essere una figura importante del Senato e in ottimi rapporti col mondo greco e che avesse a che fare col mondo religioso. La sua opera era scritta in greco, perché il pubblico cui il testo si rivolgeva era costituito non solo dai Romani, ma da tutti i popoli del bacino mediterraneo. Il greco, infatti, è la lingua della comunicazione internazionale. Pittore si garantisce di essere letto in Occidente, Oriente, Grecia e Asia, per far conoscere Roma in ambito mediterraneo. Opera non pervenutaci, sappiamo che fu tradotta/rielaborata in lingua latina, di cui ci arrivano scarsissimi frammenti. Abbiamo diverse notizie che ci informano sui contenuti dell'opera. Viene citata da autori greci col titolo di Romaion praxeis, cioè le gesta dei Romani. Quando viene citato dai Latini si parla di Annales, che è titolo parlante: l'opera di pittore nasceva in una logica di continuità con l'annalistica pontificale. Elencare i fatti anno per anno. Ma anche tratti di novità, perché si tratta di opera letteraria con autore con nome e cognome. Ma all'interno dell'opera si dedicava molto spazio a tematiche di carattere antiquario-antropologico, come notizie sui riti dei Romani e la loro religione. Fabio parlava anche dell'origine dell'alfabeto latino. Storia della cultura e della civiltà romana. L'intenzione sottostante è quella di far conoscere Roma ai Greci. Roma è una nuova realtà che si affaccia sullo scenario mediterraneo, i Greci non la conoscono. Fa in modo che il mondo romano sia conosciuto dai non Romani. Tratto di novità assoluta rispetto alla cronaca pontificale, scritta in latino e con diffusione limitata. La cronaca pontificale è la cronaca dei fatti notevoli di Roma a uso dei Romani, mentre F. Pittore dà rilievo internazionale alla cultura e alla storia di Roma. Testi. Il De Divinatione è l'opera teologica di Cicerone, in cui si discute sulla possibilità di prevedere il futuro. Si divide in 2 libri, nel primo parla Quinto, fratello di Cicerone, il quale sostiene che è possibile prevedere il futuro, facendo esempi dalla storia e dai testi letterari di casi in cui è stato possibile conoscere il futuro. Il passo è tratto dalla sezione in cui si parla dei sogni premonitori. Nel secondo libro Cicerone confuta il fratello in modo bonario sostenendo che non è possibile prevedere il futuro. Nel primo libro Cicerone parla di altri testi letterari, prima si citava una tragedia di Ennio, dove Ecuba, moglie di Priamo incinta di Paride, sognava di partorire una fiaccola ardente, presagio dell'incendio che avrebbe distrutto Troia al termine della guerra. All'interno della storia di Fabio Pittore c'era un sogno di Enea, collocato all'inizio dell'opera che viene definita Graeci Annales, opera che segue criterio annalistico scritta in lingua greca. Opera andava dalle origini di Roma fino ai tempi dell'autore, almeno fino alla battaglia di Trasimeno del 217 ma con tutta probabilità l'opera andava oltre fino ai tempi di Fabio Pittore, quindi fino al termine della guerra contro Annibale. Opera storica che contiene un sogno: Pittore non era uno storico “razionalista”, ma ammetteva nel suo testo l'elemento soprannaturale e questo è un elemento di continuità con la cronaca pontificale. Per indicare l'inizio della storia di Roma Pittore comincia da Enea e non da Romolo: la figura di Enea nobilita la stirpe romana collocando Roma in una dimensione mediterranea. La civiltà romana non è qualcosa di “locale”, di solo italico”, ma ha origine illustre riconducibile a un principe troiano e alla guerra di Troia che era patrimonio culturale diffuso in tutto il Mediterraneo. La città di Roma è così presentata come fenomeno mediterraneo e internazionale, non locale o ...


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