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Course Politiche Pubbliche e Diritti Umani
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riassunto libro del corso Politiche pubbliche e diritti umani di Paola Degani UNIPD spgi...


Description

POLITICHE PUBBLICHE

CAPITOLO 1 - “Il “Policy Orientation”

Introduzione Lo studio delle politiche comporta che si osservi l’insieme dei fenomeni facenti parte del ciclo della politica, ovvero sia ciò che viene deciso in un ambito sia le azioni pratiche collegate alle decisioni prese e gli effetti che esse producono su un certo campo sociale. Le questioni sollevate dal ciclo della politica assumono una divisione funzionale tra: - la politica: chi decide e cosa decide; - l’amministrazione: quali azioni derivano e quali impatti sono determinati dalle decisioni prese.

Si può preliminarmente osservare che tradizionalmente per la scienza politica e quella giuridica il ciclo della politica dipende dagli interessi degli attori politico-sociali in esso coinvolti e dalle forme giuridiche, cioè dalla disposizione dei poteri e degli attori politici. Una politica (policy) è collegata a una o più domande sociali, o anche all’azione degli attori pubblici che anticipano o intercettano questa domanda. Ne può seguire una risposta solamente se una politica ha a disposizione delle risorse per conseguire i suoi obiettivi. La gestione di tali risorse è affidata a delle agenzie statali, la cosiddetta burocrazia o amministrazione statale. In questo modo, si individuano alcuni tratti tipici delle politiche: - più attori che prendono decisioni; - in vista di determinati obiettivi; - sulla base di risorse disponibili e detenute da agenzie speciali. Le agenzie, dunque, intervengono nel ciclo della politica attraverso la gestione di queste risorse e, in questo modo, condizionano altre politiche in maniera che queste non possano essere isolate, dal momento che ciascuna dà vita ad un ciclo e suscita domande e risposte politiche in nuovi ambiti decisionali. Su questa base, si può affermare che le politiche pubbliche non sono determinate solamente dai fattori della politica (politics) ma rispondono anche a dinamiche proprie articolandosi in vere e proprie arene. Secondo il politologo statunitense Theodore Lowi, “le politiche (policies) determinano la politica (politics)”.

CHIARIMENTO TERMINOLOGIA!! POLITICS: studio del potere, inteso come la capacità di influire sulle decisioni prese dagli individui, analisi dei regimi politici e degli attori e dei processi che si svolgono al loro interno. POLICY: programma d’azione, caratterizzato da provvedimenti e interventi proposti da attori politico-sociali. Cosa fa la politica? Con la pubblicazione, avvenuta nel 1936, del saggio intitolato “Politics: Who Gets What, When, How”, il politologo statunitense Harold Lasswell sposta, per una prima volta, l’attenzione dal Chi fa la politica al Cosa

la politica produce, ovvero analizza il processo decisionale, interessandosi anche di fenomeni apparentemente collaterali al potere politico, come l’impiego delle risorse sociali e l’uso dei simboli politici. Nell’opera intitolata Power and Society, pubblicata nel 1950 e alla cui stesura partecipò il brillante filosofo Abraham Kaplan, Lasswell presenta una classificazione dei valori che sono detenuti dagli individui. Vengono identificati quattro valori di benessere che consentono la continuazione della vita associativa (benessere fisico, ricchezza, abilità e sapere) e 4 valori di deferenza che determinano il livello di considerazione di ciascun soggetto (potere, rispetto, affetto e reputazione morale). Perciò, Lasswell distingue tra: - influenza, la quale dipende dai valori posseduti da ciascun individuo ed è tanto maggiore quanto maggiore è la quota dei valori posseduti; - potere, il quale rappresenta uno specifico esercizio d’influenza, in quanto la modifica della condotta altrui è ottenuta ricorrendo a sanzioni attuali o potenziali. Il potere costituisce proprio il criterio definitorio dell’ambito della politica e si instaura tra due individui e rispetto ad un ambito specifico d’azione. Successivamente a Lasswell, le principali interpretazioni della politica si sono sempre soffermata sugli aspetti relativi all’esito del processo politico. Per il politologo canadese David Easton, una politica pubblica “consiste in una rete di decisioni e di azioni che assegna valori”. I politologi statunitensi Almond e Powell forniscono una prima classificazione della produzione politica, ovvero dell’output sistemico, distinguendo tra: - output estrattivi, mediante i quali il sistema politico per funzionare estrae risorse dal suo ambiente; - output redistributivi, i quali riguardano il modem in cui le risorse estratte vengono impiegate e rimesse in circolo nel sistema; - output regolativi, attraverso i quali il sistema politico regola le condotte dei suoi membri e definisce i criteri di selezione dei comportamenti; - output simbolici, ovvero quei valori tendenti a riaffermare l’identità della comunità politica entro un sistema politico.

La fondazione del policy orientation L’espressione policy orientation è stata utilizzata per la prima volta da Lasswell nel 1951 quale termine per indicare che quel cambiamento radicale avvenuto nella politica moderna si individuava nella fondazione di un nuovo orientamento, un orientamento rivolto prevalentemente alle policies. Innanzitutto, Lasswell osserva come la politica attuale si sia mondializzata, ovvero che le decisioni delle singole classi politiche nazionali s’influenzano reciprocamente e determinano effetti inattesi su scala mondiale. Successivamente, il politologo statunitense cita il fenomeno del c.d. Big Government per affermare che, anche nell’arena domestica, le sfere di competenza, le funzioni e gli ambiti decisionali dei governi nazionali sono cresciuti nel corso del tempo. Nel corso dei secoli si sono moltiplicate, quindi, le politiche pubbliche erogate dai governi nazionali, i quali accrescono i loro apparati organizzativi, dotandoli di ramificazioni e stratificazioni territoriali. L’apparato amministrativo diventa il fulcro dell’azione dei governi contemporanei.

Componenti del “policy orientation” L’espressione policy orientation rinvia a due dimensioni: - una dimensione prescrittiva o direttiva, la quale risponde al problema del cosa fare, individuando degli obiettivi da conseguire; - una dimensione dinamico-processuale che, date prescrizioni o obiettivi inattesi, forzi le azioni degli attori coinvolti nel processo a seguire una logica di consequenzialità. Assunta questa prospettiva, si avverte, innanzitutto, l’esigenza di subordinare la selezione degli obiettivi delle politiche ad una valutazione della loro sostenibilità, dei loro costi e delle loro conseguenze. Questa esigenza ha portato alla nascita di agenzie di valutazione e di consulenza pratica e all’affermazione della figura dell’esperto di politiche pubbliche. Inoltre, emergono l’interesse e l’esigenza di trovare un metodo per lo studio scientifico del processo decisionale, che consenta di individuare gli attori coinvolti, le logiche delle loro azioni e interazioni e gli ambiti istituzionali e organizzativi nei quali agiscono. Dunque, Lasswell concepisce il policy orientation come un accostamento all’analisi delle decisioni politiche, che privilegia il momento della ricerca scientifica e conoscitiva del processo decisionale (momento descrittivo), e come uno strumento pratico di analisi delle finalità dell’azione del decisore, capace di dirimere le difficoltà interpretative nelle quali questo s’imbatte (momento prescrittivo). Per la descrizione della policy si deve ricorrere ai metodi tradizionali delle scienze sociali e della psicologia, mentre, quanto alla prescrizione delcontenuto della policy, gli studiosi di politiche pubbliche devono soddisfare l’intelligence needs, ovvero il bisogno di informazioni e di dati costanti e aggiornati, i quali sono funzionali per incrementare le decisioni del politico e per generare i consensi necessari attorno ad esse.

CAPITOLO 2 - “Democrazia e Politiche”

Introduzione La teoria democratica classica descrive il processo democratico come un circuito elettori-rappresentanticlasse politica-decisione. In questa visione, gli elettori avanzano delle domande, rappresentanti e classe politica se ne fanno carico, e la decisione fornisce una risposta possibilmente congrua che può suscitare nuove domande. Tuttavia, se si accetta la visione della politica democratica come esclusivo processo di risposta si rischia di ignorare l’altro aspetto del processo democratico, cioè la ricerca di sostegno da parte della classe politica impegnata nella lotta per il potere. Questa ricerca di sostegno comporta l’assunzione di responsabilità politica della leadership attraverso le cariche politiche. La teoria democratica classica aveva analizzato il problema della democrazia in un ambito ormai mondializzato e collegato alle logiche di mercato, ma l’assunto della sovranità nazionale non era stato messo in dubbio. Oggi, invece, l’interdipendenza e la mondializzazione della politica pongono, a volte, il decisore al di fuori del circuito nazionale elettori-rappresentanti-classe politica-decisione e questi decisori non sono chiamati a rendere conto delle loro azioni. A questo punto, però, si crea un paradosso, poiché, chi è dotato di

responsabilità, è, in virtù del processo democratico interno agli stati limitato nelle sue decisioni dai condizionamenti esterni.

Mercato e democrazia I temi del rapporto tra mercato e democrazia e degli effetti dell’interdipendenza sovranazionale sono stati affrontati da più punti di vista. Ionescu collega l’ingovernabilità degli stati industriali alla presenza di due spinte centrifughe: - dall’interno, dove agiscono le corporazioni che premono sulla classe di governo per difendere interessi specifici; - dall’esterno, dove gli effetti dell’interdipendenza internazionale dei governi rappresentativi pongono gli sviluppi internazionali fuori dal controllo delle classi politiche nazionali riducendo l’effettività delle loro decisioni. Il funzionamento del circuito è disturbato dalle corporazioni e dalla mondializzazione del flusso decisionale che sposta il luogo decisionale e rende meno individuabili i decisori. Si ha, quindi, un dislocamento del centro decisionale dall’arena interna e nazionale a quella sopranazionale. Nella teoria della democrazia dell’economista austriaco Joseph Schumpeter, il tema delle interdipendenze sovranazionali è assente. Il processo capitalistico di “distruzione creatrice” è minacciato dai monopoli, ai quali Schumpeter attribuisce una funzione però positiva. Infatti, tale fenomeno può rompere definitivamente un monopolio, mentre una situazione di concorrenza perfetta renderebbe improbabile qualsiasi nuovo accesso al mercato. Comunque, Schumpeter ritiene la situazione di monopolio e quella di concorrenza perfetta come due artifici intellettivi. Anche Lindblom osserva che il monopolio non è il contrario della concorrenza, ma solo una riduzione della concorrenza. Dahl e Lindblom rifiutano l’approccio di Schumpeter ed altri e riconducono le possibilità di controllo dell’azione sociale alla scelta tra specifiche tecniche sociali. Riguardo al rapporto tra democrazia e mercato, Lindblom enfatizza il ruolo pubblico del dirigente d’impresa, al quale è riservata un’ampia categoria di decisioni di primo piano e fa parte di un grumi di leader prominenti nel governo e nella politica. Dunque, i sistemi basati sull’impresa privata sono caratterizzati da una “dualità della leadership”: se, da un lato, si hanno “rivalità tra controlli privilegiati delle imprese e controlli poliarchici” e, dall’altro lato, vi è una l”otta degli imprenditori per dominare la politica poliarchica, in cui essi acquisiscono un’influenza grandemente sproporzionata”.

CAPITOLO TRE - “L’analisi delle politiche pubbliche” Introduzione Definire cosa sia l’analisi delle politiche pubbliche non è semplice, poiché in tale ambito si combinano contributi da diverse discipline, la scienza politica, la sociologia, la storia, l’economia, la giurisprudenza, e al suo interno si trovano tutte le caratteristiche tipiche dell’analisi politica, quali i partiti politici, le istituzioni, la burocrazia e le ideologie politiche. Dunque, per risolvere tale questione, è necessario analizzare come nasce l’approccio e rispetto a cosa si differenzia.

Originatasi all’interno della scienza politica, l’analisi delle politiche pubbliche si distingue da questa per il diverso focus oggetto di studio, ovvero se nella prima si ha un approccio istituzionalista che studia il potere e le istituzioni, nella seconda si utilizza un approccio comportamentale che analizza i comportamenti dei soggetti operanti nell’arena pubblica. Politica e amministrazione L’espressione costituzionalismo metodologico fa riferimento ad un approccio formalistico, il quale privilegia la ricostruzione degli aspetti procedurali e formali di un processo decisionale.Da questo punto di vista, la Pubblica Amministrazione è interpretata come un meccanismo azionato dalla politica per conseguire gli obiettivi posti da una certa decisione formale, cosicché il contenuto di questa decisione formale e il contenuto della Pubblica Amministrazione costituiscono, in congiunzione, gli elementi di una politica pubblica. Tuttavia, il rapporto tra decisione formale e azione della Pubblica Amministrazione non è scontato, poiché la PA può fallire gli obiettivi dati o addirittura cambiarli, a seguito del suo intervento. Da ciò si può dedurre, cioè, che la PA non è un apparato distinto, come indicano, al contrario, la teoria politica tradizionale e il costituzionalismo metodologico. Un primo elemento caratterizzante dell’approccio delle politiche pubbliche che si può fissare, dunque, è l’attenzione rivolta al rapporto problematico tra decisori formali (governo-parlamento, istituzioni politiche in genere), da un lato, e attuatori della decisione presa (PA, agenzie in genere), dall’altro lato. Lo studio dei nessi tra politica e PA diviene il compito assunto dall’analisi delle politiche pubbliche in contrapposizione al costituzionalismo metodologico, che tende a considerare le procedure legaliamministrative dello Stato come un modello descrittivo della realtà politica. Perciò, l’analisi delle politiche pubbliche sposta la sua attenzione dallo studio della decisione nel suo aspetto formale (legge o atto giuridico) a quello del processo politico nel suo svolgimento completo, guardando sia a monte dell’atto formale (com’è sorto il problema iniziale?) sia a valle (sono state raggiunte le finalità?). Dal punto di vista delle politiche pubbliche, l’elemento normativo è un vincolo/opportunità a disposizione degli attori. Si tratta di un vincolo, perché la normazione prescrive alcune condotte da parte degli attori e un’opportunità, poiché questi attori possono in qualsiasi momento invocare la condotta prescritta e far valere questa invocazione. Per chiarire questo punto, è opportuno fa riferimento alla distinzione operata dal giurista britannico Herbert Hart tra norme primarie - riferite ai divieti che sanciscono un non-fare, dunque, sono dei vincoli posti all’agire - e secondarie - che assegnano dei diritti, vale a dire che offrono un’opportunità di fare qualcosa.

Ciclo di vita di una politica pubblica L’analisi delle PP non si limita solamente allo studio delle dinamiche del potere (chi comanda?) e alle modalità del suo esercizio (come si comanda?) ma dirige la sua attenzione verso i prodotti del potere politico (cosa si comanda?) e si occupa dell’impatto che questi prodotti hanno sia sulla dinamica che sulla modalità d’esercizio del potere. Alla base, in ogni ciclo di PP, si scorgono tre elementi, ovvero la domanda sociale, la presenza di un’aspettativa o di un’esigenza insoddisfatta e un intervento pubblico. In ambito democratico, il ciclo di politica si arricchisce di una moltitudine di variabili, che costituiscono gli oggetti dell’analisi delle politiche pubbliche. Considerando il lato dell’input, nel ciclo di politica, si possono trovare:

- individui e gruppi sociali che presentano domande di policy e hanno il compito di enunciare il problema di policy, ovvero esercitano la funzione di articolazione della domanda;

- partiti politici che raccolgono e aggregano le domande, agendo come un filtro rispetto ad esse per ridurne il numero. I partiti possono collegarsi ai gruppi e agli individui che hanno posto la domanda, al fine di ottenerne il sostegno in cambio della canalizzazione della domanda e della promessa del suo soddisfacimento. Nella fase di conversione dell’input si incontrano le istituzioni politiche e agenzie che sono incaricate di formulare un output decisionale e per questo incontrano spesso le pressioni dei gruppi sociali. Infine, dal lato dell’output, si hanno le agenzie d’implementazione e di valutazione che mettono in atto i contenuti della decisione e ne analizzano l’impatto e i risultati ottenuti. funzione di input nell’approccio sistemico-funzionale di Almond e Powell: • Reclutamento politico riguarda la capacità del sistema di reclutare coloro che occupano i vari ruoli • Socializzazione politica • Comunicazione politica: riguarda il flusso d’informazione tra gli individui • Articolazione degli interessi: svolta dai gruppi di interesse che avanzano domande con lo scopo di continuazione o cambiamento di certe politiche • Aggregazione degli interessi: svolta dai partiti politici che filtrano le domande sociali inserendole nei loro programmi d’azione.

problema di policy, dunque, è una domanda sociale relativa a un bisogno o a un’opportunità insoddisfatta di intervento pubblico, che è stata ignorata o non trattata sufficientemente. Nella formulazione di un problema di policy, l’azione dei gruppi risulta essere di grande importanza. I gruppi rilevanti in politica possono essere di molteplici tipi: - Associativi, i quali presuppongono una composizione formale e un’organizzazione; hanno attività permanente (es. sindacati, associazioni sportive), sono visibili, strutturati e organizzati; - Istituzionali, composti da quegli individui che svolgono attività o fanno parte di un’istituzione sociale o politica riconosciuta (es. magistratura, università); - Non-associativi, i quali non hanno una composizione definita né una struttura organizzativa, non sono mobilitati, ma possono attivarsi se gli interessi che definiscono il loro campo sono minacciati;

- Anomici, la cui caratteristica principale è la capacità di mobilitazione rapida e spontanea rispetto ad una questione. Essi non seguono linee d’azione e di mobilitazione prevedibili o riconducibili a modelli e possono irrompere sulla scena con comportamenti violenti e ribelli. Il flusso prodotto dagli effetti delle decisioni o outputs politici retroagisce nell’ambiente entro il quale si trova collocato il sistema politico. Questa retroazione o feedback stimola nuove domande da parte dei gruppi sociali ma determina anche flussi di sostegno nei confronti del sistema politico stesso.

CAPITOLO 4 - “Modelli di decisione” Introduzione All’interno di una politica pubblica si dispiegano più processi di selezione di alternative, da parte di più attori che interagiscono. Secondo l’economista statunitense Herbert Simon, la decisione è un processo che a livello individuale è scomponibile in tre stadi: 1. Nello stadio iniziale, l’attivazione dell’attenzione spinge l’individuo a selezionare uno o più oggetti verso i quali disporre successivamente la propria azione. L’attenzione individuale può essere sollecitata da stimoli che provengono dall’ambiente in modo impersonale oppure dall’interazione dell’individuo con altri. 2. Una vola attivata l’attenzione, l’individuo può cominciare a dedicarsi allo svolgimento della decisione o alla progettazione della decisione. Questa fase comporta una moltitudine di valutazioni da parte del soggetto decidente, al fine d’individuare la condotta ottimale da tenere per il conseguimento dell’obiettivo o degli obiettivi nei confronti dei quali la sua attenzione si è rivolta. 3. Successivamente, si apre la fase della conclusione della decisione o della scelta tra le alternative. Questo schema però è poco applicabile al contesto della decisione politica, dove la scelta è raramente individuale, le soluzioni elaborate non raggiungono risultati ottimali e, infine, la scansione deliberativa si presenta più intricata e meno lineare di quella ipotizzabile a l...


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