Ludwig Wittgenstein - IL Tractatus Logico- Philosophicus PDF

Title Ludwig Wittgenstein - IL Tractatus Logico- Philosophicus
Author Angela La Rosa
Course museologia
Institution Accademia di Belle Arti di Brera
Pages 13
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Summary

Riassunto approfondito di 13 pagine del Tractatus. Viene fatta attenzione alla struttura del testo, lo scopo e la divisione e vengono approfondire le singole preposizioni....


Description

LUDWIG WITTGENSTEIN - IL TRACTATUS LOGICO-PHILOSOPHICUS —————————————————————————-—————————————————————————-

• PREFAZIONE DEL TRATTATO | 1918: La prefazione al Tractatus enuncia l’intento di W. fondare un positivismo radicale. Non si tratta di delimitare il dominio del vero; si tratta di delimitare il dominio del sensato, i limiti all’interno dei quali il linguaggio ha un senso. Il positivismo logico cercherà di stabilire se le proposizioni hanno un senso attraverso la semplice analisi della loro forma logica.! “Questo libro, forse, comprenderà solo colui che già a sua volta ha pensato i pensieri ivi espressi o, almeno, pensieri simili -. Esso non è dunque un manuale -. Conseguirebbe il suo fine se piacesse ad uno che lo legga e lo comprenda.! Il libro tratta i problemi filosofici e mostra - credo - che la formulazione di questi problemi si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio. Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere. Il libro vuole dunque tracciare al pensiero un limite, o piuttosto - non al pensiero, ma all’espressione dei pensieri: ché, per tracciare al pensiero un limite, dovremmo poter pensare ambo i lati di questo limiti (dovremmo dunque poter pensare quel che pensare non si può). Il limite potrà dunque essere tracciato solo nel linguaggio, e ciò che è oltre il limite non sarà che nonsenso. In che misura i miei sforzi coincidano con quelli d’altri filosofi non voglio giudicare. Ciò che qui ho scritto non pretende già essere nuovo, nei particolari, né perciò cito fonti, poiché m’è indifferente se già altri, prima di me, abbiamo pensato ciò che io ho pensato.! Solo questo voglio menzionare, che io devo alle grandiose opere di Frege ed ai lavori del mio amico Bertrand Russel gran parte dello stimolo ai miei pensieri.! Se questo lavoro ha un valore, questo consiste in due cose. In primo luogo, pensieri son qui espressi; e questo valore sarà tanto maggiore quanto meglio i pensieri sono espressi. Quanto più s’è colto nel segno. - Qui so d’esser rimasto ben sotto il possibile. Semplicemente poiché la mia forza è troppo scarsa per eseguire il compito. - Possano altri venire e far ciò meglio.! Invece la verità dei pensieri qui comunicati mi sembra intangibile e definitiva. Sono dunque dell’avviso d’aver definitivamente risolto nell’essenziale i problemi. E, se qui non erro, il valore di questo lavoro consiste allora, in secondo luogo, nel mostrare quanto poco sia fatto dall’essere questi problemi risolti.” ! —————————————————————————-—————————————————————————-

• ANALISI DELLA PREFAZIONE: "Questo libro, forse comprenderà solo colui che già a sua volta ha pensato i pensieri ivi espressi.” Wittgenstein appartiene al circolo ermeneutico: metodologia di interpretazione che presuppone che per comprendere un testo debba averlo in qualche modo già pre-compreso, devo avere delle pre-basi di comprensione per capire di cosa si tratta. Bisogna possedere una sensibilità e conoscenza intellettuale ma ancor di più emotiva. W. dichiara infatti che il libro sarà comprensibile solo da chi ha già pensato i suoi stessi pensieri o in alternativa pensieri simili.! #!

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"Esso non è dunque un manuale. Conseguirebbe il suo fine se piacesse ad uno che lo legga e lo comprenda.”! La comprensione del testo non è una comprensione intellettuale, non si tratta solo di capire, quando che piaccia e, il piacere, deriva dalla comprensione di fondo del trattato e non unicamente dalla dimostrazione logico scientifica.!Tuttavia la dimostrazione è per Wittgenstein un elemento fondamentale. "Il libro tratta i problemi filosofici e mostra - credo - che la formulazione di questi problemi si fonda sul fraintendimento della logia del nostro linguaggio.” Questa frase è fondamentale poiché W. stesso ci dice come lo scopo del suo trattato è quello di parlare dei problemi della filosofia ed uno dei più grandi interrogativi della filosofia è il! pensiero. Per Wittgenstein la formulazione dei problemi filosofici è da vedere come un enorme fraintendimento dato che, nel corso di 2500 anni, tutti i grandi filosofi e pensatori hanno creduto e dato per scontato che le parole descrivessero il mondo: questo è assai grave per un filosofo che non deve dare nulla per scontato e invece non si interroga sul mezzo utilizzato quotidianamente per descrivere e rapportarsi al mondo. Ma se siamo convinti del fatto che le nostre parole descrivano uno stato del mondo reale, quando le parole non descrivono cose e azioni ma identificano qualcosa di astratto, che significato può avere la parola? Le parole: pensiero, Dio, cosa significano? Traslando questo meccanismo al mondo dell'arte, abbiamo sempre considerato il figurativo come una corrispondenza della realtà, ma quando l'arte abbandona il figurativo cosa rappresenta? L'arte astratta o concettuale rappresenta qualcosa del mondo? Ciò potrebbe far sorgere un dubbio ancora più radicale: siamo sicuri che l'arte figurativa rappresenti il mondo e non un mondo che viene da altrove? Il ruolo politico dell'arte quindi come si concretizza dato che l'arte potrebbe non rappresentare il mondo reale? La rappresentazione di soggetti che non si sono visti con i propri occhi (Cristo, santi, miti, ecc..) sono la rappresentazione di una realtà data per vera o la creazione/ dissociazione di un'idea che viene concretizzata? ! #! "Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere.” Tutto il senso del libro può riassumersi nella prima e nell’ultima preposizione che sono le più importanti. Pur avendo appena dichiarato che vi è un utilizzo del linguaggio sbagliato: ovvero che fraintende la logica perché utilizza parole che non hanno nessun legare con la realtà e la verità; è possibile parlare. "Quanto può dirsi, si può dir chiaro": possiamo parlare di cose che corrispondono alla realtà, esiste una possibilità del linguaggio di dire chiaramente qualcosa e di discutere del mondo. Invece "su ciò di cui non si può parlare", poiché le parole sono limitate e non hanno un riscontro nel reale, "si deve tacere". ! Wittgenstein anticipa così il tema del mistico che è da intendersi come tutto ciò di cui non si riesce a parlare poiché le parole non riescono ad esprimere i concetti. E' come se nella storia di tutte le religioni esistessero due grandi posizioni e presa di coscienza: il misticismo, ovvero il tacere davanti alla grandezza di Dio che va oltre le capacità e le comprensioni umane e la teologia, che scrive su Dio. Wittgenstein non sta quindi dicendo che i problemi della filosofia sono problemi insensati o inutili, dichiara semplicemente che non se ne può parlare, che "si deve tacere", ma non perché questi non esistano o non siano importati ma perché si trovano nella sfera del mistico. Esiste tutta una tradizione mistica, orientale così come occidentale, che pone il problema dell'incommensurabilità tra le parole e alcuni temi.! ##!

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"Il libro vuole dunque tracciare al pensiero un limite, o piuttosto - non al pensiero, ma all'espressione dei pensieri: chè, per tracciare al pensiero un limite, dovremmo poter pensare ambo i lati di questo limite (dovremmo dunque poter pensare quel che pensare non si può). "Il libro non vuole quindi rinunciare al pensiero ma vuole porre dei limiti al pensiero e capire fin dove esso può giungere ovvero su cui può esprimersi chiaramente; oltre questo limite non si parla più di pensiero ma di altro. L'immagine artista è un pensiero o va oltre questo limite? Il pensiero però non può essere limitato, non si può mettere un freno al corso dello stesso, Wittgenstein ci dice che al di là del limite del pensiero dovremmo costringerci a smettere di esprimerci a riguardo. Ma per porre un limite al pensiero dovrei essere sia all'interno del limite che fuori dallo stesso per comprendere il confine che esiste fra i due: "dovremmo dunque poter pensare quel che pensare non si può" e ciò non è possibile. Non posso pensare il non pensiero, l'impensabile. Sarebbe impossibile limitare il nostro pensiero poiché esso riesce a pensare oltre il suo limite ma quando lo fa il pensiero sta vagando nel campo dell'assurdo, del mistico. Wittgenstein non ci chiede quindi di non pensare oltre il limite ma di non esprimerci su questo, poiché nel momento in cui dico un pensiero insensato introduco nel mondo un'insensatezza: non è dannoso per il pensiero arrivare fino ai propri limiti, è dannoso per la comunità umana esprimerli.! #! "Il limite potrà dunque esser tracciato solo nel linguaggio, e ciò che è oltre il limite non sarà che nonsenso."! All'interno del linguaggio posso stabilire dei limiti entro i quali posso esprimermi, oltre il limite esistono tutta una serie di pensieri che sono insensati. Wittgenstein intende per insensati tutti quei pensieri che non hanno un riscontro ed una possibilità di verifica nel mondo: non vuole porre dei limiti al pensiero ma all'espressione del pensiero. Il silenzio diventa un problema non più filosofico ma etico.! "In che misura i miei sforzi coincidano con quelli d'altri filosofi non voglio giudicare. Ciò che qui ho scritto non pretende già essere nuovo, nei particolari; né perciò cito fonti, poiché m'è indifferente se già altro, prima di me, abbia pensato ciò che io ho pensato. Solo questo voglio menzionare, che io devo alle grandiose opere di Frege ed ai lavori del mio amico Bertrand Russel gran parte dello stimolo ai miei pensieri.” I ringraziamenti vanno solo a Frege: uno dei fondatori della logica; e al matematico ed amico Russel. Wittgenstein Non conosce la filosofia che lo ha preceduto e non gli interessa farlo.! #! "Se questo lavoro ha un valore, questo consiste in due cose. In primo luogo, pensieri son qui espressi; e questo valore sarà tanto maggiore quanto meglio i pensieri sono espressi.” Wittgenstein stesso ha applicato ai suoi pensieri il metodo che descrive nel suo libro. #! #"Quanto più s'è còlto nel segno. - Qui so d'esser rimasto ben sotto il possibile. Semplicemente poiché la mia forza è troppo scarsa per eseguire il còmpito. - Possano altri venire e far ciò meglio.”! Qui incontriamo l’unico pensiero modesto di Wittgenstein che, pur sottolineando la proporzione abissale!e sconvolgente di ciò che viene dichiarato nel trattato, ammette che altri dopo di lui possano esprimersi meglio: ciò che può essere migliorato è unicamente il linguaggio e la modalità di esposizione e non i contenuti. "Invece la verità dei pensieri qui comunicati mi sembra intangibile e definitiva. Sono dunque dell'avviso d'aver definitivamente risolto nell'essenziale i problemi. E, se qui non erro, il valore di que-

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sto lavoro consiste allora, in secondo luogo, nel mostrare quanto poco sia fatto dall'essere questi problemi risolti.” Quanto dichiarato ha valenza definitiva ed universale. Sebbene 15-20 anni dopo la pubblicazione del testo, lo stesso Wittgenstein riterrà che il tractatus è fallimentale nel suo stesso fondamento. Ben lontano dall’essere una conclusione definitiva tutte le dimostrazioni qui fatte saranno considerate dal secondo Wittgenstein (e da una parte della critica filosofica), come non adeguate: ecco perché si parlerà di un primo e di un secondo Wittgenstein. —————————————————————————-—————————————————————————-

• STRUTTURA E SCOPO DEL TRATTATO: Il trattato consta di 7 proposizioni principali che racchiudono in sé il senso di tutto il libro. Le 7 preposizioni sono numerate da decimali e seguite da preposizioni-commento, ad esclusione della settima preposizione. Tale classificazione è solo apparentemente rigorosa: la successione delle proposizioni è anche una successione di frammenti, indubbiamente ordinati secondo un certo piano, che dovremo riconoscere, ma che ammette numeroso digressioni i ripetizioni. #! 1. 2. 3. 4. 5.

Il mondo è tutto ciò che accade. Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose. L'immagine logica dei fatti è il pensiero. Il pensiero è la proposizione munita di senso. La proposizione è una funzione di verità delle proposizioni elementari.

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La forma generale della funzione di verità è: della proposizione. Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

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. Questa è la forma generale

L’opera si può dividere fondamentalmente in tre parti:! I.## #le prime due proposizioni delineano una prima parte# definita ontologica, che riguarda la realtà, inoltre il primo punto implica il fatto che il mondo esiste;! II.## #la parte dalla 3 alla 6 è chiamata logica e prevede il passaggio dai fatti reali all’immagine che l’uomo si fa di questi, dal concreto all’astratto e il tema principale è il rapporto tra la realtà e il linguaggio:! III.## #infine la terza ed ultima parte, che non possiede proposizioni derivanti, è la conclusione filosofica specificatamente etica.! Il titolo latino Tractatus logico-philosophicus, dato alla sua principale opera del primo periodo, fu proposto da G. E. Moore, quando si decise di pubblicarla in inglese, in omaggio al Tractatus theologico-politicus di Baruch Spinoza 5 (1632-1677), rappresentate illustre nella filosofia della logica, 2 benché la stesura formale assomigli di più all'Etica di quest’ultimo. 5! Wittgentsein dichiara nella lettera che scrive a Ludwing Von Ficker (che costituisce la prefazione, prima analizzata) , che la preposizione che chiude il trattato contiene la metà dell’intero libro, e che per comprendere il significato ultimo del trattato basterebbe leggere la prima e l’ultima preposizione. “L'argomento del libro è etico. Una volta volevo includere nella prefazione una frase che infatti lì manca, ma che adesso scriverò per Lei poiché vi aiuterà a capire il libro. Quello che volevo scrivere era questo: Il mio lavoro consiste di due parti: quello che ho scritto più tutto quello che non ho

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scritto. E proprio questa seconda parte è quella importante. Il mio libro pone dei limiti alla sfera dell'etica dal di dentro, per così dire, e sono convinto che questo è l'unico modo rigoroso di porre limiti. In breve, laddove molti altri oggi non fanno altro che parlare a vanvera, io sono convinto di essere riuscito a mettere ogni cosa saldamente al suo posto semplicemente col tacerne. E per questo il libro, a meno che io non mi sbagli completamente, dirà molte cose che anche lei, vuole dire, ma non si accorge che sono già dette lì. Io le consiglierei di leggere soltanto la prefazione e la conclusione, poiché sono queste che conducono il senso del libro alla sua diretta espressione.” 3!

Il nostro sottolinea anche come lo scopo del trattato non sia logico o filosofico, come suggerirebbe il titolo dello stesso, ma etico. Questa sembra indicarci che il percorso che Wittgenstein compie in maniera logica non ha una stessa finalità logica quanto etica, poiché si prefissa lo scopo di trasformare colui che legge il libro. Il processo logico è strumentale e non fine a se stesso e l'etica viene trattata dal suo interno, e l’autore non si pone come superiore o estraneo a questa sfera. ! La parte più importante del lavoro è quella che non si scrive: ecco che la prima e l'ultima preposizione sono le più importanti "Il mondo è tutto ciò che accade" e "Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere". I problemi etici non sono quelli che riguardano il discorso, di questi non si può parlare. Noi ci fermeremo sul cortocircuito che appare evidente dalla prima e l'ultima preposizione.! Il pensiero di Wittgenstein è legato al linguaggio, il problema che pone è quello del rapporto c'è tra le parole ed il pensiero, ma soprattutto, come le parole possono dire del mondo dato che non sono delle cose dello stesso? Se dovessimo scoprire che le parole non dicono la realtà del mondo, dovremmo concludere che tutto quello che pensiamo e diciamo non ha a che fare con la realtà del mondo e se il mondo è altro dalle parole del pensiero non facciamo che interagire col mondo attraverso un qualcosa altro: si potrebbe concludere che non c'è nessun rapporto univoco tra la nostra parola ed il mondo. Il problema che Wittgenstein si pone è quello di cercare di capire se esiste questo legame: attraverso le parole ed il pensiero possiamo conoscere il mondo o no? ! Esiste un rapporto non solo tra le parole ed il mondo, ma anche tra le immagini e il mondo? Le immagini che raffigurano il reale, ci dicono qualcosa su questo o no? La questione del figurativo e dell'immaginario ci aiuta a comprendere il pensiero di Wittgenstein da un altro punto di vista. Le immagini prodotte da un artista sono indipendenti dalla realtà o rappresentano la struttura del reale svelando i legami profondi della realtà stessa? 2 Wittgenstein è considerato un grande logico formale, tra i rappresentati più noti ritroviamo Friege e Russell, i quali cercavano attraverso la logica di fondare la scienza astratta della matematica che non si costituisce come un sapere auto evidente e auto fondato ma che si basa su assiomi riconosciuti ma non ontologici. La matematica si basa su assiomi che essa stessa fonda, nel '900 si decide di dare dei fondamenti oggettivi attraverso la logica grazie al Principio di non contraddizione. 2 Il tractatus ci porta a definire la nozione di proposizione sensata: come, a quale condizioni si può sapere se una proposizione ha un senso? SI dovrà stabilire cos’è una proposizione e questa semplice definizione ci sponge a spiegare cos’è il pensiero che si formula e cos’è il mondo che il pensiero riflette. E’ per arrivare a questa definizione che il Tractatus inizia col definire il mondo (I) e poi il pensiero (III).!

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Il linguaggio appare come l’insieme delle proposizioni e il mondo come l’insieme dei fatti semplici. Il mondo apparirà così come un insieme di fatti non come un insieme di oggetti. Questo parallelismo logico-fisico è facilmente spiegabile: “L’immahine logica dei fatti è il pensiero.” (3); “Il pensiero è la proposizione munita di senso.” (4). La proposizione ha quindi in comune con la realtà la form logica. (4.12) Una proposizione è sensata non quando è vera (quando corrisponde alla realtà di un fatto), ma quando è verificabile, quando cioè corrisponde alla possibilità di un fatto.” (4.063)! Una proposizione che ha una forma logica avrà necessariamente un senso, mostrerò cioè chiaramente quale stato du cose le corrisponde se è vera. Se una proposizione ha una forma logica basterà verificare se essa è davvero una proposizione, se cioè i segni che la compongono hanno tutti un significato (criterio semantico) e se a ogni segno corrisponde un significato determinato, in modo che due significati non siano designati dallo stesso segno e che due segni che designano in modo differente non siano usati nello stesso senso (criterio sintattico). E’ possibile sapere quindi a priori se una proposizione ha o non ha un contenuto di senso. Qui sta l’originalità del positivismo di W. ! “Le proposizioni e le domande che si sono scritte su cose filosofiche sono per la maggior parte non false, ma insensate. Perciò a domande di questa specie noi non possiamo affatto rispondere, ma possiamo solo constatare che esse sono dei non.sensi. Le domande e le preposizioni dei filosofi si fondano sul fatto che noi non comprendiamo la nostra logica del linguaggio. La filosofia è una malattia del linguaggio che che genera dei pseudi-problemi e delle pseudo-proposizioni prive di forma logica che non determinano uno stato di cose possibile, in quanto peccano contro la grammatica logica.! La logica quindi non dice nulla, non rappresenta nulla, ma propriamente mostra quell’irrappresentabile che è la logica del mondo.! La retta visione del mondo di cui parla W. È il superamento delle proposizioni filosofiche che porta a una contemplazione ingenua della realtà che possiamo ottenere solo attraverso una liberazione tra tutti i pregiudizi, pseudo-concetti e pseudo-problemi. Come una sorta di psicoterapia la filosofia dovrebbe curare se stessa, attraverso il linguaggio, da un cattivo uso del linguaggio. ! Wittgenstein vuole delimitare il dominio del sensato, i limiti all’interno dei quali il linguaggio ha un senso. Il Tractatus ci porta a definire la nozione di preposizione sensata: come e a quali condizioni una preposizione ha senso? Dovremmo stabilire cos’è una preposizione e ciò ci spingerà a chiederci cos’è il pen...


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