Per la storia del movimento psicoanalitico PDF

Title Per la storia del movimento psicoanalitico
Author Marcella Salicone
Course Psicologia
Institution Università telematica e-Campus
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Per la storia del movimento psicoanalitico, Freud...


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PER LA STORIA DEL MOVIMENTO PSICOANALITICO

Scritto nel gennaio-febbraio del 1914 e pubblicato nel giugno dello stesso anno. È uno dei pochi scritti polemici di Freud e insieme il suo primo tentativo di una “storia” della psicoanalisi. Freud scrive per la necessità di difendere la “sua” psicoanalisi dalle varianti dottrinali sorte all’interno della disciplina e promosse dai suoi più diretti seguaci, in particolare Alfred Adler e Jung. È un’opera di narrazione “autobiografica” da parte di un movimento, quello psicoanalitico, che riflette la sua propria identità. Si divide in tre paragrafi: nel primo la narrazione giunge fino al 1902, nel secondo fino al 1910 e nel terzo fino alla fine del 1913; i tre momenti corrispondono a tre diversi modi di sviluppo  dalla ricerca e dalla sperimentazione di un uomo solo, all’acquisto dei primi seguaci, all’organizzazione del movimento in istituzione e alla conseguente eliminazione del dissenso. L’intera storia è preceduta da una breve introduzione in cui Freud rivendica il proprio diritto a sapere che cosa sia la psicoanalisi. Bisogna sottolineare che qui l’invenzione della psicoanalisi, come già nelle Cinque conferenze del 1909, è attribuita a Breuer, ma la differenza sostanziale secondo Freud sta “intuizione” e “sviluppo” della psicoanalisi, di un metodo prima, e di una scienza poi (in questo caso, appunto, la psicoanalisi è di Freud e solo sua. Il rapporto ambivalente fra Breuer e Freud deriva dall’essere preposto a una storia di usurpazioni riconducibili tutte al rifiuto della sessualità. Rifiuto che è all’origine del distacco di Breuer, così come di Adler e Jung. Il primo paragrafo poi ribadisce di non poter prescindere dall’osservazione diretta i cui risultati costituiscono i punti fermi della psicoanalisi: repressione e resistenza, sessualità infantile e interpretazione dei sogni come fonte per la conoscenza dell’inconscio. Il secondo paragrafo racconta la storia di un gruppo di seguaci, medici e non medici, che si riuniscono intorno a Freud (Stekel, il primo collega e paziente, Rank il primo non medico), ma anche pittori, scrittori, intellettuali, che scoprono la possibilità di applicare la psicoanalisi alle scienze dello spirito. Questa storia viennese subisce un mutamento con l’apparizione del primo straniero proveniente dall’ospedale psichiatrico di Zurigo: Eitingon (assistente di Breuer), nel 1907. Inizia qui il rapporto fra “psicoanalisi” e “medicina”  riconoscimento di un contributo fecondo da parte della psicoanalisi alla psichiatria, la conferma di una sua “utilità” terapeutica. Nel 1908 Freud ha iniziato la corrispondenza con Jung già da due anni e ritiene di aver trovato in lui “l’alleato più valido che si sia messo al suo fianco”. Due temi centrali percorrono il terzo paragrafo: la conservazione di un’unità dottrinale e l’organizzazione del movimento in istituzione. Adler e Jung cominciano a distaccarsi dalle teorie freudiane, nonostante occupavano ancora un importante ruolo nel movimento, cosa secondo Freud pericolosa: mostrare l’immagine di una scienza che non si riconosce nei suoi esponenti se non frantumandosi in correnti diverse. 1. Circa 1885-1902 Freud comincia col dire che la psicoanalisi è una sua creazioni, per dieci anni è stata l’unica persona ad occuparsene, e nessuno meglio di lui può sapere cosa sia. Lo “Jahrbuch” era stato diretto fino a quel momento da Bleuler, solo successivamente passò alla direzione di Freud, quindi Freud ora cerca di spiegare ciò che ha condotto a mutare la redazione e la forma esteriore del giornale. Nel 1909 per la prima volta gli fu concesso di parlare pubblicamente di psicoanalisi nell’aula di un’università americana (vedi le Cinque conferenze sulla psicoanalisi, tenute per il ventesimo anniversario di fondazione della Clark University di Worcester). In quell’occasione, commosso dall’importanza dell’occasione, dichiarò di non essere colui che aveva dato vita alla psicoanalisi e diede i meriti a Breuer. In quell’occasione vari amici gli dissero che avrebbe sicuramente fatto bene a rendere omaggio al “procedimento catartico” di Breuer (in quanto stadio preparatorio della psicoanalisi) ma che avrebbe dovuto discutere di ciò solo a partire dal suo rifiuto della tecnica ipnotica per l’introduzione delle associazioni libere, successivamente alle quali sarebbe iniziata la psicoanalisi.

Il contenuto della scoperta di Breuer consiste nel dato fondamentale che i sintomi degli isterici dipendono da scene della loro vita profondamente incisive (traumi), che essi hanno però dimenticato; la terapia consiste nel far loro ricordare e riprodurre in stato di ipnosi queste esperienze (catarsi); da ciò deriva quel frammento della teoria secondo cui questi sintomi corrispondono a un’utilizzazione abnorme di quantità di eccitamento che non sono state esaurite (conversione: il paziente converte il conflitto psicologico in un’affezione psichica, con perdita di funzioni motorie e sensitive). Quest’interpretazione apparve contemporaneamente nella mente dei due, Freud e Breuer. Breuer lasciò cadere per tanti anni il trattamento catartico e lo riprese solo dopo che Freud lo introdusse  indirizzarono l’attenzione del malato direttamente sulla scena traumatica dove il sintomo era nato, tentarono di rintracciare il conflitto psichico che essa conteneva liberandone poi l’affetto represso. Scoprirono così l’andamento che caratterizza i processi psichici delle nevrosi, chiamato da Freud più tardi “regressione”. L’associazione del malato risaliva dalla scena da chiarire a esperienze precedenti, fino a giungere all’infanzia che fino ad allora era stata inaccessibile a qualsiasi tipo di indagine. Risultò che la psicoanalisi non poteva chiarire niente di presente se non rifacendosi a qualcosa del passato, e che ogni esperienza patogena presuppone un esperienza più lontana nel tempo che pur non essendo patogena conferisce all’evento successivo quella qualità. Applicò nel 1899 lo stesso metodo ad una sua paziente, da lui chiamata “Dora”. Il primo dissenso tra Freud e Breuer si manifestò a proposito dell’intimo meccanismo psichico dell’isteria. Breuer prediligeva una teoria per così dire ancora fisiologica, e intendeva spiegare la scissione psichica degli isterici in base alla mancanza di comunicazione tra i diversi stati psichici (di coscienza); Freud scorgeva tendenze e inclinazioni analoghe a quelle della vita quotidiana e concepiva la scissione psichica stessa come risultato di un processo di ripulsa che allora chiamò “difesa” e più tardi “rimozione”. Ma la rottura tra i due aveva motivi più profondi. Breve dichiarò a proposito della sua famosa prima paziente (Anna O.) che in essa l’elemento sessuale era sorprendentemente poco sviluppato; per il ristabilimento della malata Breuer stabilì con lei un rapporto suggestivo, oggi lo definiamo “traslazione” o “transfert” (meccanismo mentale in base al quale la paziente tende a spostare schemi di sentimenti, emozioni e pensieri di un’esperienza di relazione passata a una persona coinvolta attuale (il medico)). Freud è convinto che Breuer dovette scoprire la motivazione sessuale di questa traslazione, sicché troncò l’indagine. Quando poi Freud sostenne l’importanza della sessualità nell’etiologia delle nevrosi B. fu il primo a mostrargli un forte rifiuto. Una consolazione per la cattiva accoglienza che la sua tesi sull’etiologia sessuale aveva trovato, stava nella certezza che di battersi per un’idea nuova e originale. Inoltre, l’idea di cui gli si addossava la responsabilità, si rese conto con il tempo che non era assolutamente nata in lui, ma gli era stata prospettata (magari anche inconsciamente) da tre persone: Breuer, Charcot e dal ginecologo dell’università Chrobak. Mentre un giorno Freud passeggiava con Breuer, a quest’ultimo gli si avvicinò un uomo che aveva urgenza di parlargli: era il marito di una sua paziente nevrotica che era venuto a portargli un’informazione su di lei, Breuer gli comunicò che in fin dei conti si tratta sempre di segreti d’alcova (letto coniugale). Un evento simile ci fu con gli altri due, il sesso sembrava essere il fatto centrale. Tra gli altri fattori che grazie al suo lavoro si aggiunsero al procedimento catartico trasformandolo nella psicoanalisi vi sono: la teoria della rimozione e della resistenza, l’introduzione della sessualità infantile, e l’interpretazione dei sogni al fine della conoscenza dell’inconscio. Freud era certo di aver elaborato autonomamente la teoria della rimozione fino a quando non lesse Schopenhauer, la sua opera “Mondo come volontà e rappresentazione”, dove il filosofo tenta una spiegazione della follia: ciò che è detto circa la riluttanza ad accettare ciò che della realtà risulta penoso coincide perfettamente con il contenuto del suo concetto di rimozione. La teoria della rimozione è il pilastro su cui poggia l’edificio della psicoanalisi; l’applicazione dell’ipnosi secondo Freud cela la rimozione, quella resistenza che si oppone al lavoro analitico (si dà il nome di

resistenza a tutto ciò che negli atti e nel discorso dell’analizzando si oppone all’accesso di contenuti inconsci alla coscienza); perciò la vera e propria psicoanalisi ha inizio solo con la rinuncia dell’ipnosi. Questa resistenza coincide con un’amnesia, e ciò conduce inevitabilmente a quella concezione dell’attività psichica inconscia. Si può dire che la psicoanalisi è un tentativo di rendere intellegibili due fatti, che si sperimentano quando ci si sforza di ricondurre i sintomi morbosi di un nevrotico alle loro fonti nell’ambito della sua vita passata: l’esperienza della traslazione e quella della resistenza. Risultati della psicoanalisi e non le premesse; sono acquisizioni del lavoro psicoanalitico, ottenute in maniera legittima come inferenza teorica di un numero elevato di esperienze. Un acquisizione dello stesso genere fu la scoperta della sessualità infantile: sotto l’influsso della teoria traumatica dell’isteria che si rifaceva a Charcot, facilmente si tendeva a considerare reali ed etiologicamente significativi i resoconti dei malati, secondo cui i loro sintomi dovevano essere fatti risalire a esperienze sessuali passive subite durante i primi anni dell’infanzia, alla seduzione. Quando questa etiologia crollò per la sua inverosimiglianza e perché in contrasto con circostanze accertabili, seguì grande perplessità. L’analisi aveva portato all’individuazione di tali traumi sessuali ma che tuttavia non corrispondevano al vero. Se gli isterici riconducono i loro sintomi a traumi inventati, la novità consiste nel fatto che essi creano tali scene nella loro fantasia, e questa realtà psichica pretende di essere presa in considerazione accanto alla realtà effettiva. Questa riflessione ci portò presto alla scoperta che queste fantasie sono destinate a mascherare l’attività autoerotica dei primi anni dell’infanzia, e dietro le fantasie apparve quindi la vita sessuale del bambino. Le affermazioni iniziali di Freud sulla sessualità infantile si fondavano quasi esclusivamente sui risultati di analisi condotte su individui adulti, andando a ritroso nel loro passato; fu un trionfo eccezionale quando ebbe la possibilità di confermare la maggior parte dei suoi risultati mediante l’osservazione e analisi diretta di bambini. trionfo che ovviamente fu sminuito da chi credeva fosse una scoperta della quale vergognarsi. Freud comprendeva che fosse possibile giungere a risultati diversi se come aveva fatto Jung ci si formava prima una rappresentazione teorica della natura della pulsione sessuale e poi si cercava di comprendere la vita del bambino. Non era il modo giusto di procedere. L’interpretazione dei sogni si presentò a Freud come primo frutto dell’innovazione tecnica che aveva adottato dopo aver sostituito l’ipnosi con le associazioni libere (è la tecnica mediante la quale viene chiesto al paziente di riferire tutte le idee e le parole che gli si presentano alla mente, senza compiere nessun tentativo di controllo cosciente su questo materiale). Si dedicò al simbolismo del linguaggio onirico grazie anche all’influsso dei lavori di Wilhelm Stekel. Ritrovò però la parte più peculiare e significativa della sua teoria del sogno, quella che riconduce la deformazione onirica a un conflitto interno, a una sorta di insincerità interiore, con J. Popper. La verifica dell’ipotesi secondo cui una nevrosi deve diventare intellegibile attraverso l’analisi spesso si faceva attendere nei malati per un periodo di lunghezza sconcertante; nei loro sogni invece (che si lasciavano intendere come fenomeni analoghi ai loro sintomi) questa ipotesi veniva confermata quasi invariabilmente. Freud compì la sua autoanalisi con l’aiuto di una serie di sogni che lo avevano accompagnato negli anni dell’infanzia. Indagò per molto tempo sugli elementi sessuali che avevano causato le nevrosi dei suoi pazienti (che momentaneamente aveva abbandonato per la ricerca), cosa che gli permise di consolidare definitivamente la sua convinzione circa l’importanza del fattore sessuale. Si recò alla Società viennese di psichiatria e neurologia per comunicare le sue esperienze, ma il silenzio che si levò dopo le sue comunicazioni fu sconcertante. Comprese che da quel momento avrebbe fatto parte di quelli che “hanno scosso il sonno del mondo”, secondo l’espressione di Hebbel. Al momento Freud era solo, ed ebbe anche numerosi problemi con le sue pubblicazioni; i suoi scritti non venivano recensiti nelle riviste specializzate, o se ciò accadeva erano respinti con derisione. Ebbe in ogni caso anche qualche apprezzamento, ma rimanevano occasioni singolari e si perdevano nel grande mare di critiche.

2. Circa 1902-1910 Dal 1902 si raccolse intorno a Freud una schiera di giovani medici con l’intenzione di imparare, esercitare e diffondere la psicoanalisi. A ciò li aveva indotti un collega che aveva sperimentato su se stesso i benefici della terapia analitica. Ci si riuniva nella sua abitazione e si discuteva; in questa piccola istituzione Otto Rank era il suo aiutante e collaboratore più fedele. La piccola cerchia non tardò ad allargarsi. Freud poteva ritenersi soddisfatto, ma di cattivo auspicio erano due circostanze: non si riuscì a stabilire tra i membri quell’amichevole accordo che dovrebbe regnare tra uomini che svolgono lo stesso lavoro, né a soffocare le dispute di priorità. Le difficoltà connesse all’insegnamento della pratica psicoanalitica erano tante e già presenti in quella privata Società psicoanalitica di Vienna; Freud stesso non avrebbe osato presentare una tecnica ancora incompiuta e in continua evoluzione con autorità; autorità che però secondo Freud avrebbe risparmiato alcune deviazioni che hanno portato al definitivo sbandamento. Dal 1907 la situazione cambiò di colpo. Risultò che la psicoanalisi aveva silenziosamente suscitato interesse; una lettere che Bleuler mandò a Freud comunicava che i suoi lavori venivano studiati e utilizzati al Burgholzli (clinica psichiatrica dell’università di Zurigo). In quell’anno giunse a Vienna il primo membro della clinica zurighese, il dottor Eitingon (futuro fondatore del Policlinico psicoanalitico di Berlino), e presto seguirono altre visite che avviarono un vivace scambio di idee. Su invito di Jung nel 1908 fu combinato un primo incontro a Salisburgo: frutto di questo primo Congresso fu la fondazione di una rivista, lo “Jahrbuch”, “Annuario di ricerche psicoanalitiche e psicopatologiche”, diretto da Bleuler e Freud e redatto da Jung, nel quale si espresse la stretta collaborazione scientifica instauratasi tra Vienna e Zurigo. La psicoanalisi divenne oggetto di crescente interessamento, ma altrove non risultò altro che un rifiuto. Nello scritto di Jung sui fenomeni occulti, pubblicato nel 1902, si trova già un primo accenno al mio libro sull’interpretazione dei sogni. A partire dal 1903 o 1904 la psicoanalisi assunse una posizione di primo piano. Nell’unione che si stabilì tra Vienna e Zurigo, gli svizzeri non erano affatto la parte meramente ricettiva: essi avevano già svolto un rispettabile lavoro scientifico, i cui risultati andarono a beneficio della psicoanalisi (esperimento associativo suggerito dalla scuola di Wundt). Significativa acquisizione della scuola di Zurigo fu data da Bleuler eJung: il primo dimostrò che in tutta una serie di casi puramente psichiatrici la spiegazione scaturiva da quegli stessi processi che erano stati individuati nel caso del sogno e delle nevrosi (meccanismi di Freud); Jung invece applicò con successo il metodo interpretativo analitico ai più stravaganti e oscuri fenomeni della schizofrenia (l’origine di essa fu rintracciata nella vita passata e negli interessi dei pazienti). Da quel momento in poi divenne impossibile per gli psichiatri continuare a ignorare la psicoanalisi. Freud accenna poi ad una differenza che fin da allora si palesò nell’indirizzo di lavoro delle due scuole: Freud, a differenza degli scienziati svizzeri (Bleuler e Jung) proponeva di costruire una teoria libidica delle nevrosi che spiegasse tutti i fenomeni nevrotici e psicotici in base a vicissitudini abnormi della libido, ossia a deviazioni rispetto al suo impiego normale. Bleuler sosteneva la causa organica delle varie forme di schizofrenia (Il concetto di schizofrenia esprime dunque il processo patogenetico della "frammentazione dei processi associativi", ovvero di scissione frammentaria dei processi di pensiero, che per Bleuler poteva avere anche una matrice organica ed era alla base delle sindromi schizofreniche), mentre Jung sosteneva la tesi che essa aveva origine tossica (Questa si potrebbe ricondurre a una disintegrazione organica e locale, cioè a un’alterazione fisiologica, che sarebbe scatenata dal fatto che la pressione dell’intensità emotive supera la capacità delle cellule cerebrali; esperienze compiute su droghe appoggiano l’ipotesi dell’origine tossica). Nonostante ciò Freud apprezza un terzo contributo della scuola svizzera, che forse va messo sul conto di Jung: la dottrina dei “complessi”, (Jung pensava al complesso come a una massa di rappresentazioni relativamente indipendente dal governo centrale della coscienza e in grado in ogni istante di interferire o deviare le intenzioni dell’individuo) che nacque dai suoi studi sull’associazione verbale degli anni 1906-9

(film). Questa dottrina, afferma Freud, né ha dato origine a una teoria psicologica indipendente, né ha dimostrato di potersi iscrivere nel contesto della teoria psicoanalitica, ma è stata la parola “complesso” a conquistare diritto di cittadinanza nella psicoanalisi  si è incominciato a parlare di “ritorno del complesso” quando ci si riferiva al “ritorno del rimosso”. A partire dal 1907 la psicoanalisi migra nei paesi più lontani: non più solo in Austria e in Svizzera ma anche negli Stati Uniti, in Inghilterra, in India, in Canada; un medico del Cile, al Congresso internazionale di medicina e igiene di Buenos Aires, nel 1910, intervenne in favore della sessualità infantile e pronunciò numerose lodi. Freud e Jung furono invitati da Stanley Hall (presidente della Clark University) a tenere varie conferenze; cinque conferenze che poi uscirono nell’”American Journal of Psychology”. Durante quella settimana a Worcester c’erano Freud, Jung e Ferenczi (che avevano viaggiato insieme (film)), Ernest Jones e Brill. Qui Freud allacciò rapporti con Putnam, che anni prima aveva espresso un giudizio negativo sulla psicoanalisi ma ora stava familiarizzando con essa (ma successivamente cercò di porre la psicoanalisi al servizio di una concezione etico-filosofica del mondo). Dei paesi europei, la Francia era quella che si era rivelata meno propensa ad accettare la psicoanalisi; i primi indizi di partecipazione sono giunti dalla provincia: Morichau-Beauchant (Poitiers) fu il primo francese a professare la psicoanalisi. In Italia, dopo alcuni promettenti inizi, venne a mancare partecipazione; in Olanda l’analisi fece presto il suo ingresso; l’interesse degli ambienti scientifici per l’analisi si è sviluppato assai lentamente; in Svezia P. Bjerre ha rinunciato alla suggestione ipnotica a favore del trattamento analitico; in Russia la psicoanalisi è diffusa ma i contributi dei medici russi sono da considerare insignificanti (solo Odessa possiede un analista istruito: M. Wulf); l’Ungheria a quel tempo aveva dato alla psicoanalisi un collaboratore soltanto che valeva però per una intera società, Ferenczi; la situazione in Germania è inve...


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