Phillips curve (corretta per le aspettative) PDF

Title Phillips curve (corretta per le aspettative)
Course Macroeconomia (II)
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Storia della curva di Philipps - Short-to medium-run ...


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Due importanti obiettivi dei responsabili della politica economica sono il contenimento dell’inflazione e della disoccupazione, obiettivi spesso in conflitto fra loro. Supponiamo che per esempio i policy maker vogliano espandere la domanda aggregata. Un provvedimento di questa natura farebbe muovere l’economia lungo la curva di offerta aggregata di breve periodo, verso un punto caratterizzato da una maggior quantità prodotta e da un livello dei prezzi più elevato, un aumento del prodotto riduce la disoccupazione perchè le imprese impiegano più lavoro per aumentare la produzione; un aumento del livello dei prezzi rispetto al periodo precedente significa una maggiore inflazione. Questo Trade-off tra inflazione e disoccupazione è detta Curva di Phillips, ed è una conseguenza della curva di offerta aggregata di breve periodo: quando un provvedimento di politica economia fa muovere l’economia lungo la curva di offerta aggregata di bp, l’inflazione e la disoccupazione si muovono in direzioni opposte (relazione inversa). ( La disoccupazione è sempre inversamente proporzionale"alla crescita del PIL, più PIL=meno disoccupazione e più PIL=più inflazione, Se invece il PIL diminuisce, aumenta la disoccupazione e diminuisce l’inflazione.)#

# Phillips disegnò un grafico che riportava il tasso di inflazione in funzione del tasso di disoccupazione, egli mise in evidenza una chiara relazione negativa fra inflazione e disoccupazione: quando la disoccupazione era bassa l’inflazione era alta, quando la disoccupazione era alta, l’inflazione era bassa, spesso anche negativa. Ben presto la curva venne vista uno strumento fondamentale per combattere disoccupazione e inflazione. Questa relazione sembrava indicare ai paesi la possibilità di scegliere tra diverse combinazioni di disoccupazione ed inflazione, garantire quindi una disoccupazione minore in cambio di un’inflazione più elevata; viceversa. $ Il presupposto da cui muoveva la formulazione originaria della curva di Phillips era che l’inflazione media è sempre stata vicina allo zero. Dunque con un tasso medio di inflazione pari a zero è ragionevole aspettarsi un’inflazione nulla anche nel corso dell’anno e=0 nella formulazione iniziale la Curva di Phillips si presentava così:  πt = (m + z ) − a u# Dove m rappresenta il mark-up applicato dalle imprese, z un insieme di variabili che influenzano la determinazione dei salari, 𝛼 esprime successivo, quindi con  π

la forza dell’effetto della disoccupazione sul salario, 𝑢𝑡 il tasso di disoccupazione al tempo t.# La curva di Phillips può essere interpretata come una conseguenza di offerta aggregata nel modello di equilibrio di breve periodo, la cui equazione ci dice come varia il livello dei prezzi a fronte di variazioni della produzione. Essa deriva dall’equilibrio sul mercato del lavoro, individuato dall’intersezione tra la curva dei salari e la curva dei prezzi. In particolare, affinché vi sia equilibrio nel mercato del lavoro il salario risultante dalla determinazione dei salari deve essere uguale al salario derivante dalla determinazione dei prezzi:" e L’equazione per la determinazione dei salari è:  W = P F (u , z )# dove  P e è il livello atteso dei prezzi (ai lavoratori, infatti, interessa il salario reale, ossia i beni che riescono ad acquistare con il salario percepito),  u il tasso di disoccupazione, che sta in una relazione inversa rispetto ai salari (un maggior tasso di disoccupazione indebolisce la forza contrattuale dei lavoratori che sono quindi costretti ad accettare salari più bassi) e z, variabile che esprime un insieme di fattori che influenzano la determinazione dei salari, come sussidi di disoccupazione, salario minimo o protezione dei lavoratori (che è supposta essere in relazione positiva con il salario).# # L’equazione per la determinazione dei prezzi è:  P

= (1 + m)W#

dove m è il markup, il ricarico applicato dalle imprese, che sarà tanto maggiore quanto più il mercato di riferimento si allontana dalla condizione di concorrenza perfetta. Sostituendo la 1.2 nella 1.3 otteniamo la curva di offerta aggregata, la curva AS: = Pt = Pte (1 + m)F (u , z )$ # # La curva di Phillips nella sua prima formulazione porta ad implicazioni molto importanti: dati i prezzi attesi, una minor disoccupazione comporta un aumento dei salari nominali (relazione inversa tra salari e disoccupazione, un minor tasso di disoccupazione rafforza la forza contrattuale dei lavoratori che richiedono salari più bassi, vedi cap.7); maggiori salari implicano maggiori costi sostenuti dalle imprese, le quali, per mantenere invariato il loro profitto, aumentano a loro volta i prezzi di prodotti e servizi, annullando così i benefici dell’iniziale aumento di salario. In questo modo le imprese si vedono obbligate a fissare nuovamente i prezzi al rialzo, generando quindi inflazione.$ Negli anni Settanta poi questa relazione sembrò perdere validità, perché si registrò alta inflazione e alta disoccupazione. Infatti, il tasso di inflazione attesa non rientrava nella formulazione iniziale della curva di Phillips (nel periodo preso in considerazione nei suoi studi si assestava in media intorno allo zero, per cui sulla base di un’inflazione nulla in passato è ragionevole aspettarsi un’inflazione nulla anche in futuro, pertanto π  e = 0 )# Le cause della scomparsa della curva di Phillips sono state identificate soprattutto nel fatto che i lavoratori modificarono il modo di

formare le aspettative a causa di un cambiamento nel processo di inflazione, che, anziché fluttuare attorno allo zero -come accadeva precedentemente- a partire dagli anni Sessanta l’inflazione diventò costantemente positiva e più persistente dunque, le aspettative iniziarono a incorporare la presenza dell’inflazione. Ciò sta a significare che gli agenti formano le proprie aspettative sul valore futuro di una variabile osservando il suo valore passato, e tali aspettative vengono di volta in volta modificate sulla base dell’errore di previsione riscontrato nel periodo precedente. La curva di Phillips doveva essere modificata includendo le aspettative. Supponiamo che le aspettative si formino in base alla relazione:# πte = θ πt , dove il parametro θ esprime l’influenza del valore passato del tasso di inflazione nella formazione delle aspettative sul suo valore futuro.# È plausibile interpretare la variazione del parametro θ come il riflesso della variazione del modo in cui gli individui hanno cambiato il modo di formare le aspettative. Fino agli anni Sessanta, periodo in cui l’inflazione oscillava intorno a zero, è ragionevole supporre che i lavoratori non prestassero attenzione all’inflazione passata. Così, la curva di Phillips nella sua formulazione originaria rientra come un caso particolare della nuova curva di Phillips che incorpora le aspettative, ossia il caso in cui θ = 0. A partire dagli anni Settanta, quando l’inflazione è diventata tendenzialmente positiva, gli individui hanno iniziato ad assumere che vi sarebbe stata inflazione positiva anche nel periodo futuro. Quindi il valore del parametro θ ha iniziato a crescere fino al punto in cui θ = 1, ossia le persone assumevano che il tasso di inflazione corrente sarebbe stato uguale a quello passato. In quest’ipotesi la curva diventa: πt − πt = (m + z ) − α u t . $ Come possiamo osservare, sulla base di queste assunzioni il tasso di disoccupazione non influenza il tasso di inflazione, ma piuttosto la variazione del tasso di inflazione: disoccupazione elevata comporta inflazione decrescente, disoccupazione bassa comporta inflazione crescente. Questa nuova formulazione della curva di Phillips è stata chiamata curva di Phillips modificata o curva di Phillips corretta per le aspettative o curva di Phillips accelerata. $ Teorie economiche già confutavano l’esistenza di un trade-off permanente tra inflazione e disoccupazione; tale trade-off poteva essere solo temporaneo, e derivava, appunto, da un tasso di inflazione crescente. In aggiunta sostenevano che, nel momento in cui le autorità avessero cercato di sfruttare la relazione, quest’ultima sarebbe scomparsa e il tasso di disoccupazione non sarebbe sceso al di sotto di una certa soglia, ossia il tasso naturale di disoccupazione; definito come il tasso di disoccupazione in corrispondenza del quale il livello effettivo dei prezzi è uguale al livello atteso dei prezzi. In quest’ipotesi la curva di Phillips scompare e il tasso naturale di disoccupazione risulta compatibile con qualsiasi tasso di inflazione, purché correttamente previsto. Livello atteso dei prezzi uguale al livello effettivo dei prezzi implica tasso di inflazione attesa uguale al tasso di inflazione effettiva. Imponendo questa condizione nella 1.7 e risolvendo per  u n, otteniamo:

 u n = (m + z )/α$ Riformulando la 1.7 come :$  t − π te = − α (u t − (m + z )/ α ), sostituendo u  n, otteniamo :  πt − πte = − α (u t − u n ).# π e Se vale l’assunzione  πt = πt , allora :  πt − πt = α (u t − u n ).$ Come possiamo vedere, questa curva mette in relazione tasso di disoccupazione corrente, tasso di disoccupazione naturale e variazione del tasso di inflazione. In questo modo, la variazione del tasso di inflazione dipende dalla deviazione del tasso di disoccupazione corrente dal suo tasso naturale. Pertanto, una relazione inversa c’è, ma esiste tra variazione del tasso di inflazione e differenza tra tasso di disoccupazione corrente e tasso di disoccupazione naturale. # Per quanto riguarda il vecchio trade-off, esso viene supposto valere nel breve periodo, quando livello effettivo dei prezzi e livello atteso divergono. Se consideriamo il piano cartesiano in cui sull’asse delle ascisse indichiamo il tasso di disoccupazione e sull’asse delle ordinate il tasso di inflazione (come all’inizio), la relazione inversa tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione vale solo nel breve periodo.# Supponiamo di trovarci lungo la curva 1 di breve periodo. Nel breve periodo è possibile ridurre la disoccupazione da  u* a  u 1 a fronte di una aumento dell’inflazione da  πt a  π 1 . L’economia si sposta dal punto A al punto B. A fronte dell’aumento dell’inflazione, gli individui iniziano ad incorporare la presenza dell’inflazione nelle loro aspettative, andando così a determinare il tasso di inflazione attesa. La presenza di quest’ultimo non determina un movimento lungo la curva bensì uno spostamento della curva verso l’alto (curva 2). Quindi l’economia si sposta nel punto C, in cui il tasso di disoccupazione è tornato al livello iniziale  u* e il tasso di disoccupazione è rimasto assestato al livello, più alto,  π 1 . A questo punto, se i policy maker sono intenzionati a diminuire nuovamente il tasso di disoccupazione al livello  u 1, dovranno affrontare un ulteriore aumento dell’inflazione da  π 1 a  π 2 (punto D). Ma, allo stesso modo, gli operatori incorporeranno l’inflazione creatasi nelle loro aspettative, spostando ulteriormente la curva verso l’alto e facendo tornare il tasso di disoccupazione al livello iniziale  u∗ . In questo modo, pertanto, l’inflazione sarà portata ad aumentare di periodo in periodo senza però riuscire a diminuire il tasso di disoccupazione. Ecco perché la curva di Phillips (originaria) di lungo periodo è verticale e in corrispondenza del tasso naturale di disoccupazione (definito come il tasso di disoccupazione in corrispondenza del quale il livello effettivo dei prezzi è uguale al livello atteso, e cioè, in modo equivalente, in cui l’inflazione effettiva è uguale all’inflazione attesa, imponendo questa condizione di uguaglianza abbiamo la

, otteniamo

cioè  0

= (m + z ) − α u n )...


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