Promessi Sposi - Capitolo 25 PDF

Title Promessi Sposi - Capitolo 25
Author Arianna Fazio
Course Italiano
Institution Liceo (Italia)
Pages 5
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Summary

Riassunto e analisi...


Description

Il capitolo 25esimo si apre con la gente del paesetto di Lucia e di tutto il territorio di Lecco che non parla d’altro che di lei, dell’Innominato, dell’arcivescovo e di don Rodrigo. Infatti la notizia della conversione dell’Innominato e della liberazione di Lucia si era ormai diffusa. Già prima si parlava dei fatti di don Rodrigo, anche se quelli su di lui erano discorsi perlopiù rotti e segret, come dice Manzoni, ora però viene paragonato a due personaggi che, al contrario di lui, han fatto bella figura e, di fronte a loro, il signor don Rodrigo diviene un po’ piccino. Le persone passano in rassegna tutto ciò che ha combinato Don Rodrigo. Tutto il popolo parla apertamente e dice ciò che pensa, don Rodrigo non è più temuto come prima, anche se la gente continua a tenersi alla larga da lui e da i suoi bravi. Il popolo non critica però solo lui, ma anche i suoi amici e cortigiani, soprattutto il signor podestà e il dottor Azzecca-garbugli, i quali non si fanno più vedere per le strade per paura di essere assaliti. Il motivo principale che lo ha spinto a partire è la possibile visita del cardinale Borromeo, questa era un’occasione importante di far vedere in che stma fosse tenuta la famiglia da una primaria autorità, ma non ci avrebbe fatto una gran figura siccome non avrebbe ricevuto una bell’accoglienza da parte del popolo. Così alzatosi una mattina prima del sole, si mise in una carrozza col Griso e con altri bravi, di fuori, davant e di dietro. E partì come un fuggitvo. Manzoni poi lo paragona a Catilina, che come lui giura di tornare presto per vendicarsi. Intanto il cardinale Borromeo arriva nel territorio di Lecco e, una per giorno, si mette a visitare tutte le parrocchie. Anche nel paese di Lucia, Federigo viene accolto da una grande folla desiderosa di incontrarlo, e questa è preceduta da don Abbondio che Si sente quindi infastidito e questa sensazione viene accentuata dal Manzoni con la ripetizione delle “e”, quindi una ripetizione per polisindeto. Don Abbondio si dimostra irritato e indispettito. Dopodiché Manzoni fa una critica all’uso delle armi di fronte a un atto di benevolenza.

Secondo lui infatti, non è necessario ricorrere alla violenza, specialmente quando si tratta di qualcosa, come la Chiesa, che con i suoi principi ,va contro la violenza. Dopo aver fatto un piccolo discorso al popolo, il cardinale incontra don Abbondio e gli chiede di Renzo. Don Abbondio risponde che, essendo un galantuomo, non riesce a credere che Renzo abbia potuto commettere tutte quelle diavolerie a Milano. Federigo gli chiede poi se è disposto a ospitare Lucia. Lui risponde che per ora può venire a stare da lui, e sottolinea per ora. Il cardinale aggiunge che ci penserà lui a metterla al sicuro e di stare tranquillo che il Signore è sempre vicino. Lui pensa che Borromeo non sappia niente di tutta questa storia, ma in realtà è lui che non sa che il cardinale non è entrato nell’argomento, proprio perché intendeva parlargliene in seguito con più calma. Manzoni poi spiega cosa succede intanto a casa del sarto. Lucia infatti aveva subito chiesto di lavorare, cuciva, e Agnese o usciva o lavorava con la figlia. Agnese prima o poi dovrà tornare nella sua casetta, Lucia però non può tornare a star così vicina a don Rodrigo. Manzoni anticipa che le donne presto saranno costrette a separarsi. Agnese parla con la figlia della speranza di tornare a stare con Renzo, per la quale non saprei dire se fosse maggior dolore il sentre, o pena il rispondere, come dice Manzoni. Lucia andava avanti di giorno in giorno senza dire nulla, inquietata dal dispiacere di fare a una madre così buona un sotterfugio, che non era il primo. Agnese infatti non è a conoscenza del voto fatto da Lucia. Se vi ricordate, nella notte trascorsa nel castello dell'Innominato, la notte precedente alla conversione dell'uomo, Lucia aveva pregato la Madonna e, pensando che sarebbe stata esaudita più efficacemente se avesse fatto un sacrificio, ha promesso di rinunciare a Renzo per essere solo della Vergine. Infatti poi Manzoni nel testo dice che Lucia s’era abbandonata alla Provvidenza.

Manzoni lascia di nuovo Lucia e Agnese e riprende a parlare delle persone del territorio di Lecco, che continuano a discutere su ciò che era successo I casi di Lucia hanno interessato anche una coppia d’alto affare di un paese poco distante da quello del sarto, di cui l’anonimo non rivela il nome: si tratta di donna Prassede e don Ferrante. Spesso ella si proponeva per bene ciò che non lo era, o usava mezzi che avevano effetti opposti ai desiderati. La donna, parlando col sarto, invita Lucia a farle visita. Lucia prega il sarto di scusarla. Qui vi è un’altra ripetizione per polisindeto. Lucia e la madre vanno a casa della donna, questa le rivolge complimenti e la invita ad andare a vivere da lei. Dice che non le darà un incarico particolare, ma avrà il compito di aiutare le altre donne nei loro lavori. Donna Prassede quindi le offre ospitalità e riparo. L’intento della nobildonna non è però solo quello di proteggere la ragazza, ma anche quello di indurla a dimenticare quel Renzo che secondo lei, in base a quello che si dice in giro, è un poco di buono. Con questo Manzoni intende dire che un errore che la donna commetteva era quello di scambiare per verità le proprie opinioni personali. Agnese e Lucia si guardano e con questo gesto si capisce che acconsentono alla richiesta di donna Prassede. Le donne dopodiché se ne vanno. Infine donna Prassede fa scrivere dal marito don Ferrante una lettera per informare il cardinale della propria iniziativa. Agnese e Lucia arrivano alla casa parrocchiale dove si trova il cardinale. C’era l’ordine di introdurle subito e così il cappellano, che fu il primo a vederle, lo eseguì. Federigo discute con don Abbondio sugli affari della parrocchia, il frate si accorge delle due donne e lancia loro un’occhiata come per accennare ch’era contento di loro, e che continuassero, da brave, a non dir nulla. Le due donne vanno incontro al cardinale e Agnese gli consegna la lettera di donna Prassede.

Il cardinale Borromeo è d’accordo con l’iniziativa presa da donna Prassede e appoggia questa idea. Rassicura Lucia, le dà conforto e poi benedice e lascia andare le due donne. Appena uscite, uno sciame di persone viene loro incontro, pronte a condurle fino a casa, come in trionfo. Nel manoscritto l’anonimo cita un proverbio che anche Manzoni riporta: volete aver molti in aiuto? Cercate di non averne bisogno. Suona la campana che segna il vicino cominciar delle funzioni e tutti si dirigono verso la chiesa, e fu per le nostre due donne un’altra passeggiata trionfale. Terminate le funzioni, don Abbondio viene chiamato dal cardinale Federigo Borromeo arriva subito dritto al punto, la domanda che egli rivolge è immediata e priva di preamboli. Il signor curato, resosi conto che le due donne hanno votato il sacco, tenta di giustificarsi Ma comunque alla fine don Abbondio è costretto a raccontare la dolorosa storia Per essere più prudente, non fa il nome di don Rodrigo. Si giustifica dicendo: sotto pena della vita, m’hanno intmato di non far quel matrimonio. Poi seguono una serie di domande retoriche da parte del cardinale. Il ministero ecclesiastico, dice il cardinale, ricorda la missione che Gesù ha affidato agli apostoli, mandati “come un agnello tra i lupi”. Manzoni utilizza questa similitudine per dire che il pericolo fa parte della propria vita, e la paura di perderla non può essere presa come giustificazione per le proprie mancanze. Don Abbondio è confuso e mortificato, e apparentemente dà ascolto al cardinale. Borromeo riprende con altre domande retoriche In questo caso “la buona nuova”, etimologicamente, sarebbe il vangelo. Manzoni usa l’etimologia al posto del nome per dargli un senso più profondo. In questo caso, il cardinale non chiede quale “vangelo” don Abbondio annunci ai poveri, perché intuisce che per il curato il vangelo è semplicemente il libro da cui per abitudine e

dovere egli legge alcuni passi durante la messa, ma sostituisce il termine per ricordare al suo interlocutore il significato vero e profondo del vangelo. Il cardinale continua. Qua c’è un’altra figura retorica, il poliptoto, data dalla ripetizione della parola forza. Come già detto prima don Abbondio apparentemente ascolta il curato, in realtà pensa e prova senso di ingiustizia. Don Abbondio vorrebbe che il discorso finisse li, ma ogni volta che il cardinale faceva una pausa gli sembrava come se stesse aspettando una confessione, una difesa, qualcosa insomma. Federigo pone a don Abbondio altre domande e in questo modo si conclude il capitolo....


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