Riassunti fond. S.s - riassunto PDF

Title Riassunti fond. S.s - riassunto
Course Principi E Fondamenti Del Servizio Sociale
Institution Università degli Studi di Siena
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INTRODUZIONE AL SERVIZIO SOCIALE (DalPra Ponticelli-Pieroni) 2. NASCITA E TRASFORMAZIONI DEL WELFARE STATE IN ITALIA 2.1 Dalla nascita della previdenza sociale alla seconda metà del XX secolo La Germania fu il primo paese dove si posero le basi di un moderno sistema previdenziale, nella seconda metà del XIX secolo, quando alcuni fenomeni, l’industrializzazione, il rafforzamento del potere del proletariato, l’affermazione di un forte partito socialdemocratico e la politica di Bismark che mirava a estendere il consenso sociale, crearono le condizioni favorevoli alla nascita della previdenza. Fu qui che nacquero le prime assicurazioni sociali per il lavoratori, che si basavano sul versamento obbligatorio di contributi a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro. La previdenza sociale pubblica era stata preceduta dalle associazioni di mutuo soccorso che riunivano lavoratori basandosi sul principio della comunione dei rischi fra i partecipanti. Con la rivoluzione industriale, la vita sociale subì profonde trasformazioni. Quando il sostentamento dipende unicamente dal salario, qualunque evento lo faccia venir meno comporta conseguenze drammatiche. Per far fronte a tali rischi, alcuni gruppi di lavoratori iniziarono a riunirsi nelle società di mutuo soccorso. La previdenza sociale si configurava come una forma di risparmio sul salario, per conseguire prestazioni certe al verificarsi degli eventi assicurati. In Italia, la nascita di un sistema di previdenza sociale si ebbe solo tra la fine dell’800 e la Prima guerra mondiale, questo perché sul ritardo incisero molti fattori: la tarda unificazione politica avvenuta solo nel 1870, il fatto che le classi dirigenti italiane del periodo post-unitario non avessero intrapreso la via delle riforme strutturali, il ritardo nel processo di industrializzazione e nei mutamenti sociale ad esso connessi. Inoltre, la Chiesa cattolica non voleva perdere la sua forte presenza nelle attività e nelle strutture deputate all’assistenza. Nell’Italia dell’unificazione, l’iniziativa privata aveva fatto sorgere numerose istituzioni di beneficienza, mentre la presenza pubblica era molto ridotta. Successivamente si affermo l’ideologia della beneficienza legale, interventi assistenziali finanziati con l’imposizione fiscale, che avrebbero dovuto sostituire l’intervento pubblico a quello della Chiesa. In realtà, le classi dirigenti non elaborarono mai un progetto in tal senso. Ciò nonostante si affermarono alcuni istituti di beneficienza legale, fra cui cura e mantenimento da parte delle province di malati di mente e dei bambini illegittimi. La struttura delle beneficienza legale si delineava così:  Il soccorso alla persona bisognosa era assicurato dalle istituzioni di beneficienza;  Se queste istituzioni non erano in grado di intervenire, subentravano le congregazioni di carità;  In terza istanza subentrava il Comune, tenuto al domicilio di soccorso;  Infine, quando nemmeno il Comune poteva garantire l’assistenza, era chiamato a farsene carico lo Stato. Nello processo di sviluppo del sistema di assistenza finanziato e gestito dal potere pubblico si possono individuare 3 fasi: la prima va dal 1859 al 1919, la seconda dal 1919 ai primi anni 70 e la terza dalla metà degli anni 70, quando si avvierà la costruzione di un sistema di welfare state anche da noi. Nel 1862 fu approvata la prima legge ce cercò di regolamentare le opere pie; si istituì in ogni Comune una Congregazione di carità in cui dovevano riunirsi tutti i beni destinati ai poveri e che doveva assumersi l’onere della loro tutela. La legge Crispi n.6972 del 1890 realizzò una parziale laicizzazione delle opere pie, trasformandole in Istituzioni di beneficienza, ciascuna delle quali doveva dimostrare di essere in grado di conseguire le proprie finalità istituzionali. La legge introdusse anche il domicilio di soccorso, prevedendo che il soccorso al cittadino indigente spettasse al Comune in cui questi avesse dimorato negli ultimi 5 anni. Per la previdenza e la legislazione sociale e quella del lavoro, la situazione dell’epoca era arretrata, anche se vennero emanate alcune leggi (1873, legge sull’impiego di fanciulli in professioni ambulanti; 1883, cassa nazionale contro infortuni sul lavoro; 1904, legge assistenza malati di mente ecc). 1

La seconda fase iniziò nel 1919. si registrò una progressiva creazione di enti amministrativi x l’assistenza, con un’incentivazione del sistema dell’assistenza specifica. Negli anni del fascismo questa proliferazione di interventi rivolti a specifiche categorie corrispose alla politica corporativa portata avanti dal regime, anche se saranno emanate leggi importanti x l’assistenza pubblica (1919, assicurazione obbligatoria di vecchiaia e disoccupazione; 1925, istituzione dell’Opera nazionale maternità e infanzia; 1933, creazione dell’Istituto nazionale fascista infortuni sul lavoro; 1936, creazione dell’Istituto nazionale fascista di previdenza sociale ecc.). Per l’assistenza sanitaria, fino al 1925 operarono in Italia molte casse mutue. In quell’anno venne soppressa la Federazione italiana delle società di mutuo soccorso. Nel 1936-40 si costituì, a livello provinciale, una mutua in cui dovevano iscriversi + categorie professionali. Nel 1042 si costituì l’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali (ENPAS). Nel 1943 si ebbe l’istituzione dell’Ente per la mutualità fascista, x unificare l’assicurazione a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato.

2.2 Il sistema assistenziale italiano da secondo dopoguerra alla fine degli anni 60 Per analizzare le trasformazioni del sistema assistenziale e la nascita del servizio sociale occorre studiare la realtà politica, sociale ed economica di quel periodo. Il contesto era quello della fine della Seconda guerra mondiale, caratterizzato da problemi gravissimi. Dal punto di vista economico, le distruzioni della guerra avevano impoverito il paese; la produzione agricola scese enormemente così come danneggiata risultò la già fragile struttura industriale. Inoltre, gran parte del patrimonio abitativo era andata distrutta, i prezzi erano saliti mentre il potere d’acquisto di salari e stipendi diminuiva costantemente. Il tessuto sociale era lacerato, oltre che dai problemi economici, anche da una grave situazione di disagio dovuta alla disgregazione di numerosi nuclei familiari, da fenomeni di devianza e dal dilagare della prostituzione. In questo situazione assunsero importanza gli aiuti degli alleati, inizialmente con l’UNRRA, istituita a Washington nel 1943. per attuare il programma deliberato da questa organizzazione, il governo italiano istituì, nel 1945, una speciale Delegazione, poi trasformata nell’Amministrazione x gli aiuti internazionali (AAI). Aiuti che tuttavia, essendo distribuiti senza criteri oggettivi, portano a fenomeni di borsa nera. Tuttavia, si riscontrava nella popolazione un generale entusiasmo x la ritrovata libertà e democrazia. Si può dire che, nel cosiddetto periodo della ricostruzione sociale, la rinascita doveva riguardare tutti gli aspetti del vivere civile, compreso quello dell’assistenza. Questa speranza trovò riconoscimento e formalizzazione nella Carta Costituzionale, entrata in vigore nel gennaio 1948, che pose le basi di un moderno sistema di sicurezza sociale, sostanziato da un articolato contesto di principi che si concretizzarono nel riconoscimento dei diritti del cittadino, civili, politici e sociali, fra cui quello all’assistenza sociale. Il compromesso fu reso possibile dal fatto che nella Costituzione i diritti sociali si sono ricongiunti ai diritti civili e politici sulla base di un solo fondamento costituito dal primato della persona umana. Proprio questo primato portò all’affermazione nell’art.3, comma 2°, di un principio di uguaglianza non formale, con l’attribuzione di un ruolo attivo allo Stato nel garantire tale principio, con l’istituzione di servizi x la tutela dei diritti dei cittadini. La Costituzione affermava, inoltre, il principio del + ampio decentramento amministrativo, prevedendo un ampio spazio x le autonomie locali. Al riguardo, l’art. 117 indicava che dovevano essere demandate alle Regioni le funzioni di regolamentare e di organizzare i servizi intesi a garantire i diritti sociali, mentre la gestione di tali servizi sarebbe stata affidata ai Comuni. La Costituzione ha quindi rappresentato la base fondante e la cornice del cambiamento. Importante, nell’affermazione delle nuove idee sulla funzione dell’assistenza, fu il Convegno del 1946 a Tremezzo, a cui parteciparono non solo i rappresentanti degli enti assistenziali italiani e delle prime scuole di servizio sociale, ma anche i lavoratori sociali di vari stati.

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Dal Convegno emersero indicazioni innovatrici relativamente alla necessità di riformare in modo organico il settore assistenziale, arrivando al superamento della concezione dell’assistenza come beneficienza. Si affermò, inoltre, che x l’assistente sociale era necessaria una formazione universitaria, e si decise di procedere all’istituzione di scuole finalizzate a tale formazione. Tali indicazioni, tuttavia, assieme al dettato istituzionale e ai diritti sociali, rimarranno lettera morta x oltre 20 anni; solo a partire dal 1970 si avvierà il processo di decentramento con l’istituzione delle Regioni. Negli anni 50 e 60, dunque, il sistema assistenziale rimase inalterato. Nel nostro paese, l’implementazione delle nuove idee trovò molti ostacoli, nonostante la rapida diffusione della conoscenza dei nuovi modelli attuati in altri paesi. Se è vero che negli anni 50 l’Italia compì importanti progressi economici che portarono al superamento della situazione di povertà, lo sviluppo sociale non procedette di pari passo con quello economico e il sistema assistenziale non venne riformato. Nell’immediato dopoguerra, gli studi tendono a suddividere l’assistenza in assistenza generica e assistenza specifica. La prima era assicurata dalle numerose istituzioni di beneficienza, mentre lo Stato si riservava un ruolo di mera integrazione e coordinamento della beneficienza privata. L’assistenza specifica, invece, era garantita da numerosi enti pubblici. Tali enti si dividevano in Enti territoriali (Regioni, Province e Comuni), Enti pubblici nazionali (ENAOLI; ONMI), altri enti pubblici a carattere locale, fra cui l’ECA (Ente comunale di assistenza). Tuti questi enti agivano su un piano di ampia discrezionalità, in quanto l’appartenenza a una certa categoria giuridica dava titolo x potersi rivolgere a un certo ente. Si determinava così una sovrapposizione di competenze in alcuni settori, mentre altri settori rimanevano scoperti. I finanziamenti necessari per l’attività degli enti non erano assegnati in base alle esigenze da soffi sfare, quanto piuttosto in relazione alla capacità dei diversi gruppi di ottenere stanziamenti maggiori, spesso derivante dal potere di pressione che tali gruppi detenevano. Naturalmente, tutti questi elementi negativi incidevano sulla qualità dei servizi erogati da tali enti: le strutture erano fortemente burocratizzate e verticistiche; le decisioni erano prese a livello centrale e la forma tipica di assistenza era rappresentata dal ricovero in istituto. Se questo era lo scenario, possiamo indicare alcune tappe significative del cammino verso la riforma del sistema assistenziale:  1951: nomina di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria e sui mezzi x combatterla.  1962: si cominciò a evidenziare che tra gli obiettivi della programmazione economica si doveva prevedere anche quello di soffi sfare bisogni collettivi ed extraeconomici indispensabili per il progresso umano.  1964: il dibattito sul tema della riforma dell’assistenza proseguì in occasione della definizione del piano di sviluppo economico x il quinquennio 1966-1970, che dedicava un capitolo ai problemi della sicurezza sociale. E’ a prima volta che tale espressione viene riportata in un testo legislativo.  1967: nel rapporto preliminare al Programma economico nazionale 1971-1975 si parlava di servizi sociali intesi come infrastrutture necessarie, aperte ai bisogni di tutti i cittadini.

2.3 La stagione delle grandi riforme e del cambiamento Il riordino dell’assistenza pubblica non sarà avviato mediante l’approvazione di una specifica legge, ma con l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario. Alla fine degli anni 60 vi fu in Italia un periodo di grande fermento, di idee nuove che vennero portate avanti sia dalle lotte studentesche sia da scioperi e manifestazioni operai dell’autunno caldo, contro la marginalizzazione e la segregazione nelle istituzioni totali dei + indifesi e contro la categorizzazione delle prestazioni. Si sviluppò così un processo di trasformazione culturale, sociale e politica che sfocerà nella nascita di un vasto movimento di riforme in vari settori, in particolare quello della politica sociale.

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La nuova concezione della società e dei rapporti sociali fra i cittadini e fra questi e lo Stato e una maggiore attenzione ai diritti furono elementi che portarono all’emanazione di alcune importanti leggi (Legge 12 febbraio 1968, n.132: legge di riforma degli ospedali psichiatrici, istituisce i Centri di igiene mentale in cui è prevista la presenza di assistenti sociali; Legge 18 marzo 1968, trasforma gli ospedali da IPAB a enti pubblici ospedalieri, in cui ci sono assistenti sociali; Legge 16 maggio 1970, n.281 : istituisce le Regioni e dà inizio al processo di decentramento. Il D.P.R. 616/1977 Questo D.P.R. proseguì il trasferimento alle Regioni, alle Province e ai Comuni di varie funzioni amministrative, fino a quel momento esercitate dagli organi centrali dello Stato nelle materie elencate dall’art. 117 della Costituzione. Tali materie vennero raggruppate in 4 settori organici tra cui quello dei Servizi Sociali, che comprendeva: polizia locale, urbana e rurale; beneficienza pubblica; assistenza sanitaria e ospedaliera; assistenza scolastica ecc. Nella beneficienza pubblica si comprendevano le funzioni amministrative relative alle attività che attengono alla predisposizione ed erogazione di servizi gratuiti e a pagamento o di prestazioni economiche a favore di singoli o gruppi. Si prevede così il passaggio alle Regioni del settore organico dei servizi sociali e l’assegnazione della competenza direttamente ai Comuni. Altro aspetto importante è la soppressione delle IPAB, degli enti nazionali di assistenza e degli ECA. Con tale provvedimento normativo si arrivò al superamento di un quadro assistenziale che era stato verticistico, nonché frammentario e settoriale. Il D.P.R. rese possibile l’avvio della costruzione di un sistema organico e integrato, che ricompose a livello territoriale le competenze fino a quel momento disperse tra una miriade di enti, attribuendo al Comune il ruolo primario di unico centro di erogazione e di gestione dei nuovi servizi. Tali servizi vennero istituiti nel territorio di vita dei cittadini. In questi nuovi servizi saranno inseriti gli assistenti sociali. La prima legge di riforma sanitaria La legge 833/1978 istituì in Italia il Servizio sanitario nazionale, alle cui prestazioni potevano accedere tutti i cittadini. Tale provvedimento rappresentò la prima vera pietra per la costruzione di un sistema di sicurezza sociale che rendesse effettivo il diritto alla salute sancito dalla Costituzione. Con tale legge si ebbe finalmente, un avanzamento del sistema di welfare state che, x il settore sanitario, si trasformò in un sistema riferito a ogni cittadino in quanto tale. La legge stabiliva, all’art.1, che il Servizio sanitario nazionale era costituito dall’insieme degli organi, strutture, funzioni e attività destinati alla tutela della salute fisica e psichica di tutti i cittadini. Il sistema era articolato su 3 livelli: Stato, Regioni ed enti locali territoriali, tra cui i Comuni. Allo Stato erano attribuiti compiti di programmazione nazionale. Con la predisposizione del Piano sanitario nazionale. Alle Regioni erano demandati compiti inerenti alla programmazione regionale col Piano sanitario regionale e l’emanazione di norme x l’organizzazione delle Unità sanitarie locali (USL) definite come strutture operative dei Comuni singoli o associati. Il Comune è assunto come unico responsabile istituzionale della tutela della salute e ad esso sono attribuiti compiti di gestione a livello locale; è inoltre sottoposto al controllo della sovranità popolare mediante le elezioni. Le USL avvano propri organi di gestione che erano però direttamente espressi dai Comuni. Le USL, a loro volta, dovevano essere articolate in distretti sociosanitari, strutture tecnico-funzionali x l’erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento. Nei distretti sociosanitari, nei presidi ospedalieri, nei servizi specialistici delle USL si prevedeva la figura dell’assistente sociale, che si doveva occupare di tutti i problemi sanitari che avessero anche rilevanza sociale.

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2.4 Gli anni 80 e 90 Negli anni 80, il nuovo istituzionale si estese e si rafforzò. Le Regioni italiane adottarono leggi di riordino dei servizi sociali e costruirono la rete di unità sanitarie locali. Non in tutte le Regioni, però, si ebbe un eguale livello di sviluppo dei servizi, con una configurazione definita “a macchia di leopardo”. Tuttavia, già nella seconda metà anni 80 il sistema di welfare inizia a manifestare segni di difficoltà, che vanno ad inserirsi in una + ampia crisi, politica, sociale ed economica. Relativamente al primo ambito, è in questi anni che emergono i primi sintomi di un diffuso malessere verso un sistema politico sempre + basato su logiche clientelari, sulla corruzione. Sul voto di scambio, con conseguente spesa di denaro pubblico. Per ciò che riguarda la realtà sociale il cambiamento si è registrato nella natura dei bisogni sociali, che, nel corso degli ultimi decenni, sono divenuti sempre + complessi. Il sistema dei servizi ha evidenziato sempre + la propria inadeguatezza a rispondere sia ai nuovi bisogni, sia alle nuove espressioni dei bisogni + tradizionali. Dal punto di vista economico, l’alto livello dei costi di un sistema così strutturato e un debito pubblico fuori da ogni possibilità di gestione renderanno necessarie delle misure che determineranno il primo freno al sistema universalistico. Già dal 1986 si introdurranno le prime forme di partecipazione economica da parte degli utenti dei servizi, con l’istituzione di fasce di reddito nel settore sanitario. Per quanto attiene all’organizzazione dei servizi sociosanitari, le leggi che + hanno inciso in tale ambito sono state la legge 8 giugno 1990, n.142, sull’ordinamento delle autonomie locali, il D.L.gs 30 dicembre 1992, n.502, che introduce elementi di aziendalizzazione nelle USL e il D.Lgs 19 giugno 1999, n.229, che riforma ulteriormente il Servizio sanitario nazionale. (Un primo gruppo di leggi, dette Bassanini, hanno portato a compimento il decentramento istituzionale; un secondo gruppo di leggi ha rimodernato sotto diversi profili il funzionamento della pubblica amministrazione; un terzo gruppo di leggi, infine, ha regolamentato i rapporti fra sistema pubblico e soggetti privati). La legge 142/1990 ha conferito al Comune un’ampia autonomia con lo strumento degli Statuti e Regolamenti propri. Ai Comuni viene riconosciuta la titolarità in materia di servizi sociali; questi possono essere gestiti o direttamente, o in concessione a terzi, mediante spa o tramite azienda speciale, oppure con la creazione di istituzioni in funzione di organismi strumentali dell’ente locale. La USL da struttura operativa dei comuni singoli e associati diviene Azienda Sanitaria Locale (ASL), dotata di personalità giuridica e pubblica e di autonomia organizzativa. Viene introdotta la figura del direttore generale. Tutto questo ha portato a una separazione fra il sistema dei servizi sociali, gestito dai Comuni e quello sanitario che fa capo alla ASL. La legge di riforma dell’assistenza e la legge costituzionale 3/2001 di riforma del Titolo V della Costituzione L’8 novembre 2000 è stata, finalmente, approvata la riforma dell’assistenza, con la Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali; la prima normativa organica e nazionale sui servizi sociali dopo la legge Crispi. Tale legge è stata, inizialmente, accolta con molto entusiasmo. La legge riorganizzav...


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