Riassunti sociologia pdf PDF

Title Riassunti sociologia pdf
Author Valentina Vanni
Course Sociologia generale
Institution Università degli Studi Roma Tre
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INTRODUZIONE ALLA SOCIOLOGIA 1.1 Cos’è la sociologia? La sociologia è lo studio sistematico del rapporto fra individui e società. L’approccio sociologico può essere ritenuto una prospettiva, un modo di osservare il mondo. Assumere una prospettiva sociologica significa riconoscere e comprendere i collegamenti fra gli individui e i più vasti contesti sociali nei quali essi vivono.

1.1.1 La prospettiva sociologica Nel 1959, il sociologo americano C.Wright Mills fornì la più nota descrizione della prospettiva sociologica. Secondo Mills “L’immaginazione sociologica ci consente di afferrare biografia e storia e il loro mutuo rapporto nell’ambito della società”. La nostra condizione di individui (biografia) dipende in parte da forze più ampie all’interno della società (la storia). Come rileva Mills, con il mutare delle condizioni sociali cambia anche la nostra vita personale. Mills e altri sociologi non ritengono che le persone siano semplicemente soggetti passivi. La prospettiva sociologica rivela che esiste un’interazione fra le condizioni sociali che plasmano la nostra vita e le azioni che compiamo in quanto individui. Non abbiamo la possibilità di scegliere le condizioni in cui viviamo, le opportunità che abbiamo o le difficoltà che dobbiamo affrontare, ma possiamo decidere come rispondere a queste circostanza, sia come persone sia come collettività.

1.1.2 Sociologia e buon senso Le opzioni che abbiamo nella vita vengono determinate da condizioni sociali che non abbiamo potuto scegliere. Si tratta di fattori che possono notevolmente influenzare le opportunità che le persone hanno di godere di buona salute, accedere all’istruzione, agli agi materiali e a un benessere generale. D’altro canto, se non abbiamo la possibilità di “sceglierci le nostre carte”, possiamo comunque decidere come giocarle. Per operare in una società così complessa abbiamo bisogno di capire non solo il modo in cui noi percepiamo e concepiamo il mondo, ma anche come lo comprendono gli altri.

1.1.4 La sociologia come disciplina La sociologia fa parte delle scienze sociali, un gruppo di discipline basate sulla ricerca empirica che raccolgono e valutano dati al fine di studiare la società umana. È questo aspetto a distinguere le scienze sociali dalle scienze naturali che, al contrario, si concentrano sugli aspetti fisici della natura. Le scienze sociali comprendono anche la scienza politica, l’economia, la psicologica e l’antropologia culturale, discipline che si occupano di aspetti diversi della vita sociale. I sociologi hanno molti interessi e, nel suo complesso, questa disciplina presenta diverse aree di specializzazione: fra queste la sociologia della salute, della famiglia, della religione, delle migrazioni, del lavoro, del genere, dei media e dei movimenti sociali.

1.2.1 L’ascesa della modernità Nel ‘700 la società europea entrò in un nuovo periodo storico, la modernità, caratterizzato dalla crescita della democrazia e della libertà personale, da una dipendenza sempre maggiore dalla ragione e dalle scienze per spiegare il mondo naturale e quello sociale, e da uno spostamento verso un’economia industriale urbana. L’ascesa della modernità nel XVII e nel XIX secolo si contraddistinse per alcuni cambiamenti rivoluzionari in ambito culturale, politico, economico e sociale. Il passaggio dall’economia rurale e

agricola all’economia industriale urbana trasformò l’ordine sociale europeo; nello stesso tempo, la nuova enfasi posta su ragione e scienza pose le condizioni necessarie alla nascita della sociologia.

1.2.2 Rivoluzione culturale: la scienza e l’Illuminismo Nel corso del Medioevo, la Chiesa e il clero dominavano la vita intellettuale europea controllando il limitato numero di libri dell’epoca. Poiché la dottrina religiosa costitutiva la base di un pensiero sociale accettabile, gli eretici, contrari alla dottrina della Chiesa, venivano spesso perseguitati e persino uccisi. Un clima intellettuale di questo genere era il meno adeguato per le indagini della scienza. A poco a poco, il dominio della Chiesa declinò, mentre la ricerca scientifica rivelava i limiti delle spiegazioni del mondo naturale fornite dalla religione. Scrittori e filosofi si impossessarono di alcuni progressi nelle scienze naturali per promuovere l’Illuminismo, un movimento intellettuale del XVIII secolo che univa alla fede nella libra individuale e al rispetto per i diritti dei singoli la logica delle scienze naturali. Questi filosofi illuministi affermavano che non si dovevano accettare per fede né il mondo fisico né il mondo sociale; entrambi, anzi, andavano esaminati alla luce della ragione. Qualsiasi affermazione di conoscenza doveva essere soggetta a verifiche compiute raccogliendo prove concrete, e le spiegazioni dovevano basarsi su cause ed eventi naturali.

1.2.3 Rivoluzione politica: l’ascesa della democrazia I filosofi illuministi ritenevano che l’apertura del dibattito delle idee avrebbe promosso la tolleranza, i diritti individuali, l’uguaglianza e la democrazia. Essi suggerirono che applicando ragione e scienza ai problemi di rilevanza sociale si sarebbero favoriti il progresso dei diritti individuali e la libertà. Le idee illuministe furono il supporto intellettuale sia della Rivoluzione Americana (1775-1783) sia della Rivoluzione Francese (1789-1799), ma anche di una serie di sollevazioni che divamparono in Europa nel 1848, sfidando i governi tradizionali e promuovendo gli ideali democratici. Tali rivoluzioni stimolarono un grande interesse per l’ottenimento di una società più equa e per il miglioramento delle condizioni di vita. Pertanto, i primi problemi affrontati dai sociologi includevano le controversie sulla natura dell’ordine sociale e sui cambiamenti sociali.

1.2.4 Rivoluzione economica e sociale: capitalismo industriale e urbanizzazione Per Rivoluzione Industriale si intende una serie di importanti sviluppi che trasformarono le società rurali e agricole in società urbane industriali. Questo processo ebbe inizio in Gran Bretagna nel XIX secolo, diffondendosi poi in tutta Europa e negli Stati Uniti. L’applicazione pratica del progresso scientifico, come per esempio la creazione della macchina a vapore, segnò l’inizio dell’industrializzazione, l’utilizzo di grandi macchinari per la produzione in serie di beni di consumo. L’industrializzazione richiese importanti investimenti in fabbriche e stabilimenti dotati di macchinari complessi, come il telaio meccanizzato. L’industrializzazione, quindi, andò di pari passo con l’ascesa dei capitalisti, attori economici che miravano al profitto attraverso investimenti e acquisizioni di aziende. La produzione in serie si basava su un nuovo tipo di rapporto fra lavoratori e proprietari: i lavoratori vendevano la propria manodopera in cambio di un salario e utilizzavano poi i guadagni per acquistare cibo, abiti e un luogo in cui vivere. Ne derivò quindi la nascita del lavoro salariato e del consumismo, un sistema di vita che dipende dall’acquisto e dell’utilizzo dei beni e servizi messi in commercio. Tali sviluppi alimentarono la rapida espansione del capitalismo, un sistema economico nel quale i macchinari utilizzati per la produzione sono di proprietà privata, i lavoratori ricevono un salario e i commercianti mediano lo scambio di beni e servizi. Tali cambiamenti economici apportarono importanti mutamenti nella vita sociale: nell’economia agraria, i contadini vivevano e lavoravano nelle zone rurali, mentre con l’economia industriale i lavoratori si concentrarono nelle zone urbane maggiormente industrializzate. Con l’affermarsi della Rivoluzione Industriale, molte persone abbandonarono le case nelle campagne e si trasferirono nelle città in cerca di un lavoro,

sperando che ciò avrebbe portato loro una vita migliore. Questi movimenti contribuirono all’urbanizzazione ovvero la crescita delle città. Il capitalismo, ai suoi albori, era estremamente produttivo, ma creò anche grandi disuguaglianze: pochi imprenditori accumularono enormi profitti, in gran parte derivanti dallo sfruttamento di molti operai sottopagati. Nelle città in rapida espansione si propagarono malattie a causa delle pessime condizioni igieniche, le abitazioni erano sovraffollate e insicure. Dovendo affrontare la sfida di comprendere queste drastiche trasformazioni, i filosofi cominciarono ad applicare la ragione e i metodi scientifici allo studio sistematico della vitale sociale e a suggerire come migliorarla. Le idee che ne derivarono posero le basi della sociologia.

1.3.1 Definire l’ambito della sociologia: Comte e Spencer Auguste Comte e Herbert Spencer contribuirono a diffondere l’idea che il mondo sociale potesse essere oggetto di indagini sistematiche e scientifiche.

Auguste Comte: stabilità e cambiamento Comte coniò all’inizio del XIX secolo il termine sociologia. Comte cercò di fondare le basi della sociologia intesa com rigorosa scienza della società, cioè modellata sulle scienze naturali e volta a individuare le leggi che governano il comportamento umano. Il fulcro del nuovo campo di studi di Comte furono due domande fondamentali sulla vita sociale: “Come e perché le società cambiano?” (dinamica sociale) e “Su cosa si fonda la stabilità sociale in un determinato momento storico?” (statica sociale). Secondo la sua teoria, nel corso della storia le società avevano progredito in linea retta passando attraverso diversi stadi: quello teologico, metafisico e positivo. Per Comte il positivismo permetteva di comprendere in modo più profondo la vita umana ed era la chiave per risolvere i persistenti problemi sociali.

Herbert Spencer: la società come organismo sociale Spencer fu tra i primi ad adottare il termine “sociologia” proposto da Comte. Seguendo l’esempio delle scienze biologiche, Spencer affermò che la società è un “organismo sociale” simile all’organismo umano; egli teorizzò che, analogamente al suo equivalente biologico, la società è costituita da parti separate ognuna avente una propria funzione unica, che operano insieme per mantenere in vita l’organismo nel suo complesso. Spencer riteneva che l’evoluzione “spontanea” della società realizzasse sempre un più alto grado di progresso; per questa ragione, egli pensava che il governo dovesse limitare il più possibile i propri interventi, specie in campo economico. A fronte della crescente disuguaglianza creata dal capitalismo industriale privo di regolamentazione. Spencer credeva nella sopravvivenza del più forte piuttosto che nell’intervento diretto tramite riforme.

1.3.2 I padri fondatori: Marx, Durkheim e Weber Karl Marx: gli effetti del capitalismo Karl Marx (1818-1883), tedesco di nascita, fu scrittore e attivista politico e, trascorse gran parte della vita cercando di sfuggire alla repressione politica. La sua opera più importante è il Capitale, che analizza la storia e le dinamiche del capitalismo. Egli riconobbe la grande produttività del capitalismo industriale e lo ritenne in grado di eliminare per sempre fame e povertà. Il capitalismo industriale, però, veniva utilizzato per ammassare enormi fortune nelle mani di pochi, lasciando gli operai a lavorare in condizioni pericolose e, spesso, in povertà. Per gran parte della sua opera Marx cercò di spiegare come e perché tanto benessere e produttività potessero coesistere con una povertà e una miseria tanto diffuse. A parere di Marx, la risposta andava cercata nel rapporto fra i capitalisti, ovvero i proprietari dei mezzi di produzione, e gli operai, o proletariato, che lavoravano per guadagnare un salario. Le dinamiche del capitalismo, secondo Marx, incoraggiavano gli imprenditori a pagare salari più bassi possibile, in quanto i minori costi del lavoro comportavano profitti più elevati. Secondo Marx, il conflitto fra imprenditori e lavoratori era una caratteristica inevitabile del capitalismo; esso quindi, portava in sé i semi della propria distruzione. Marx teorizzò che, alla fine, lo sfruttamento dei lavoratori sarebbe giunto a estremi tali da portare i salariati a insorgere, rovesciando il sistema capitalista. Essi avrebbero quindi adottato in sua vece il socialismo, un sistema nel quale la proprietà dei più importanti mezzi produttivi sarebbe stata in mani pubbliche, e

non private, e il governo avrebbe diretto le forze produttive industriali per il bene comune. Lo scopo del socialismo sarebbe stata una società priva delle disuguaglianze estreme che caratterizzavano il capitalismo. Egli mostrò in modo accurato che la ricerca di lavoro a basso costo avrebbe portato all’espansione del capitalismo in tutto il mondo e previde correttamente l’espansione del Movimento Operaio che richiedeva la fine di un capitalismo privo di regole. L’opera di Marx sottolineò l’importanza del potere (in questo caso del potere economico e del suo ruolo della produzione e riproduzione di tutte le altre disuguaglianze sociali). Infatti, Marx affermava che il potere economico poteva essere utilizzato per influenzare anche altri aspetti della vita sociale, compresi i governi e le istituzioni culturali come le scuole e i mezzi di informazione. L’opera di Marx, inoltre, mise in luce l’interazione fra struttura e azione. “Gli uomini fanno la propria storia ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalle tradizioni”.

Émile Durkheim: solidarietà sociale Anche Émile Durkheim (1858-1917), si preoccupò di comprendere i cambiamenti sociali del mondo moderno e riteneva che non fosse possibile accertare l’esistenza di Dio. Egli occupò la prima cattedra di sociologia; scrisse un libro Le regole del metodo sociologico, volto a stabilire un metodo sistematico di analisi e di interpretazione della realtà sociale; fondò un prestigioso periodico accademico - L’année Sociologique - dedicato a questa nuova disciplina. Egli si preoccupò in modo particolare del problema della solidarietà sociale, ovvero dei legami collettivi che uniscono le persone. Alla base della sua teoria vi era il postulato secondo il quale la società è retta da valori culturali condivisi. Le norme sociali associate ai valori e alla morale di una società, vengono sostenute in modo informale dai costumi e dalla tradizione, per poi essere espresse in maniera più sistematica dalle leggi. Durkheim osservò che le società agricole tradizionali erano spesso comunità molto unite: condividevano i legami sociali da una generazione all’altra perché le persone avevano lo stesso tipo di lavoro, una religione comune e seguivano usi e costumi simili. Queste esperienze analoghe davano adito a una solidarietà meccanica, una coesione sociale basata sull’esperienza condivisa e sull’identità comune. L’economia più complessa richiedeva una crescente divisione del lavoro, per cui le persone si specializzavano in compiti differenti, ciascuno dei quali richiedeva abilità diverse. Lo sviluppo delle città comportava la coesistenza di gruppi disparati, spesso di religione e tradizioni culturali non omogenee. Durkheim parla anche di solidarietà organica, cioè una nuova forma di coesione sociale tipica delle società industriali dell’Era Moderna, basata sull’interdipendenza. Seguendo l’organicismo sociale di Spencer, Durkheim affermò che il collante sociale che tiene unite le società moderne rispecchia il modo in cui gli organismi viventi dipendono da componenti molteplici e specializzate che operano all’unisono. La coesione sociale è possibile perché dipendiamo gli uni dagli altri. L’opera di Durkheim mise in luce l’interazione fra struttura sociale e valori culturali, in particolare nel loro rapporto con la solidarietà sociale. Ne Il suicidio Durkheim affermò che il tasso di suicidi poteva essere spiegato dalla forza dei legami sociali che le persone creano con i propri gruppi di riferimento. I crimini vengono visti da Durkheim come atti che offendono la coscienza collettiva, ovvero i valori condivisi di una società, mentre la punizione è un mezzo per rafforzare la solidarietà sociale di fronte ad azioni palesemente antisociali. In mancanza della costrizione morale della coscienza collettiva, afferma Durkheim, le persone e tutta la società sprofonderebbero nell’anomia, o assenza di norme.

Max Weber: l’etica protestante e la razionalizzazione del mondo moderno Come Durkheim, anche Max Weber (1864-1920) cercò di dare un significato al passaggio dalla società tradizionale a quella moderna. Ne L’etica protestante, Weber affermava che la cultura - in particolare quella calvinista - aveva aiutato a promuovere il primo sviluppo del capitalismo nell’Europa settentrionale. Per tradizione, infatti, la Chiesa cattolica aveva incoraggiato il rifiuto delle questioni secolari e della ricchezza, promettendo la vita eterna a chi le era fedele e partecipava ai riti ecclesiastici come il battesimo e la comunione. Come ben illustra L’etica protestante, Weber cercava di intendere lezione sociale osservandola dal punto di vista dell’attore, un approccio noto in Germania come verstehen, ovvero “comprendente”: capire come mai una persona si comporta in un certo modo aiuta a decifrare il

contesto culturale nel quale si svolge la sua azione. Una delle sue affermazione teoriche fondamentali fu che nelle società premoderne era la tradizione (credenze e costumi ai quali viene spesso attribuito un significato emotivo che si tramandano di generazione in generazione) ad avere un’influenza primaria sulle azioni delle persone. Nelle nuove società capitalistiche industrializzate, però, era molto più probabile che tali azioni fossero influenzate principalmente dalla razionalità strumentale. Weber affermò che la razionalizzazione della società - il processo storico a lungo termine grazie al quale la razionalità ha sostituito la tradizione come base dell’organizzazione della vita economica e sociale - era il motore del cambiamento sociale della sua epoca. L’influenza della razionalizzazione andava al di là delle azioni umane, arrivando a comprendere le più vaste istituzioni sociali. Weber riteneva che la razionalizzazione potesse essere utile per la società, in quanto incideva sulla stabilizzazione delle procedure. Secondo il sociologo tedesco, nel momento in cui la razionalizzazione avesse permeato tutti gli aspetti della vita avrebbe creato società fredde ed impersonali. Weber temeva che nella società moderna gli esseri umani potessero impegnarsi in azioni significative soltanto all’interno delle grandi organizzazioni, dove venivano loro assegnati compiti ristetti e ben definiti, sacrificando gli obiettivi personali a quelli impersonali dell’insieme.

1.4.1 Comprendere la teoria La teoria cerca di dare spiegazione a qualcosa che si è osservato. Le teorie rispondono ai “perché” e aiutano a spiegare i dati o le prove: “Perché è accaduto questo?”, “Perché è così?”. Una teoria sociale è un insieme di principi e affermazioni che spiegano il rapporto fra fenomeni sociali. Caratteristiche di una teoria: Una teoria non è soltanto un’intuizione o un’opinione personale. Una teoria per poter essere utile va sottoposta a verifica al fine di controllare che sia coerente con le prove: è questa la natura della scienza. Le teorie evolvono lasciando sopravvivere solo le idee più utili. Quando i dati empirici contraddicono ripetutamente una teoria, questa viene riveduta o scartata. Spesso le teorie multifattoriali forniscono un quadro più completo rispetto a qualsiasi teoria monofattoriale. Molti fattori contribuiscono a gran parte degli aspetti sociali. Prendere in considerazione teorie differenti può servire a mostrarci una varietà di possibili spiegazioni per un fenomeno sociale e a farci constatare che a esso contribuisce una serie di elementi diversi.

1.4.2 Le dimensioni chiave della teoria Le teorie sociologiche variano lungo dimensioni chiave, che comprendono consenso e conflitto, realtà oggettive e soggettive, analisi microsociologiche e macrosociologiche. Consenso e conflitto: per conflitto si intende la presenza di tensioni e dispute nella società, spesso dovute a una distribuzione ineguale di risorse scarse, che possono contribuire al cambiamento sociale. Il termine consenso invece si riferisce alla solidarietà e alla cooperazione, spesso determinate dalla presenza di valori e interessi condivisi che possono contribuire alla stabilità socia...


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