Riassunto Apologia di Socrate PDF

Title Riassunto Apologia di Socrate
Course Pedagogia generale
Institution Università degli Studi Roma Tre
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Apologia di Socrate L’Apologia è un testo giovanile di Platone, scritto probabilmente tra il 399 e il 388 a.C, avente come oggetto il processo fatto a Socrate nel 399. Dato che, come è noto, Socrate non ha lasciato nulla di scritto, questo testo (oltre ad altri di Platone e alcuni di Senofonte e di Aristofane) si rivela importantissimo per acquisire informazioni circa il grande filosofo. Dato che Platone si serviva soprattutto del dialogo nei suoi scritti, anche l’arringa pronunciata da Socrate viene riportata in tal senso, per cui egli si serve di interlocutori fittizi e meno (come quando dialoga con Meleto). La parola apologia deriva dal greco απολογία (composta da “apo” = “da” e “logos” = “discorso”)"discorso in difesa di qualcuno o qualcosa", e infatti indica un discorso teso a difendere se stessi, altre persone o qualcosa (ad esempio delle idee). GLI ACCUSATORI: Socrate fu arrestato nel maggio del 399 a.C, sulla base di un’accusa pubblica presentata da MELETO (portavoce dei poeti) e sostenuta da ANITO (principale accusatore, politico democratico e portavoce dei politici e degli artisti, esiliato dai 30 Tiranni aveva partecipato alla restaurazione della democrazia) e da LICONE (oratore poco conosciuto e di questi rappresentante), in cui si diceva: “Socrate è reo di CORROMPERE I GIOVANI, di NON RICONOSCERE GLI DEI CHE LA CITTÀ RICONOSCE ma ALTRE NUOVE DIVINITÀ” (pag.21) Il processo intentato a Socrate è del tipo “ AGÒN TIMETÒS” in cui cioè non vi era una pena prestabilita per legge, ma l’accusatore aveva la possibilità di richiederne una: la pena indicata nell’accusa da Meleto è la MORTE. Naturalmente all’accusato era data la possibilità di difendersi, e quindi di fare una controproposta di pena (ANTITIMESIS). Alla giuria toccava quindi scegliere tra quella proposta dall’accusatore e quella mossa invece dall’accusato. Come abbiamo visto l’accusatore ufficiale fu Meleto, anche se, come Socrate fa intendere chiaramente nel proprio discorso, è chiaro che il vero e primo accusatore sia ANITO. Pochissimo sappiamo di Meleto, oltre a fatto che, a quanto dice anche Socrate, egli fu un poeta, e ancor meno sappiamo di Licone, che sembra svolgere nell’apologia più che altro il ruolo di comparsa. Per quanto riguarda Anito invece la faccenda è diversa. Fu lui a preparare le condizioni affinché si potesse svolgere il processo, nell’intento di far sì che Socrate, spaventato dallo stesso, lasciasse per sempre Atene. Questi, dopo essere stato esiliato durante il regime dei Trenta Tiranni, si era avvicinato alla schiera dei democratici, aveva partecipato alla restaurazione della democrazia, ed era divenuto uno dei personaggi più influenti della città. Socrate, avverso ai più per il suo modo di filosofare e per alcune sue amicizie scomode (in particolare il rapporto che aveva avuto con lo spietato Crizia), fu quindi

accusato, come lascia intendere Platone, più per ragioni POLITICHE RELIGIOSE, per quanto ufficialmente l’accusa fosse di “ASÉBEIA”, EMPIETÁ.

che

L’ACCUSA: Come già anticipato, è chiaro che l’accusa di carattere religioso fu più che altro un pretesto, rispetto alla motivazione politica. Se si analizza l’accusa mossa a Socrate si può notare che essa è sostanzialmente formata da 3 CAPI: 1) CORROMPERE I GIOVANI 2) NON CREDERE AGLI DEI DELLA CITTA’ 3) INTRODURRE NUOVE DIVINITA’ Socrate stesso, dopo aver dimostrato che la sua missione filosofica è altamente religiosa, poiché il Dio glielo ha ordinato (pag.43), fa intendere chiaramente che l’accusa di empietà è solo un pretesto, e che quella di CORRUZIONE è la principale: infatti egli, con il suo modo di agire, fornisce ai giovani un esempio da seguire  essi imitano il metodo socratico di interrogare e confutare chi crede di sapere pur non sapendo (compresi i POLITICI), smascherando la loro ignoranza. Il suo INSEGNAMENTO quindi, sebbene lui affermi chiaramente che non si tratta di un vero insegnamento, perché non è lui a ricercare discepoli, ma sono i giovani che SPONTANEAMENTE lo imitano, è PERICOLOSO e rischia di minare la legittimità del nuovo governo. L’accusa di corruzione è quindi la più importante, e infatti nella versione trasmessa da Platone è il primo dei capi d’accusa citati, mentre ad es. nella versione di Senofonte veniva dopo quelli religiosi. Il modo in cui l’accusa viene riportata inoltre la differenzia ulteriormente da altre versioni. Se infatti quella riportata da Senofonte è chiaramente una accusa di inosservanza delle pratiche religiose, in Platone quella mossa a Socrate è, contemporaneamente, una accusa di ATEISMO (“non riconosce gli dei”) e di riconoscere nuove e diverse divinità. Qu vi è una chiara contraddizione, di cui Socrate si serve abilmente per far cadere l’accusa, come anche un richiamo a vecchie accuse già mossegli in passato, in particolare quello di non credere agli dei della polis perché dedito alla filosofia della natura. Quando poi si parla delle nuove e diverse divinità, Socrate afferma che probabilmente i suoi accusatori fanno riferimento al suo DEMONE (dal greco δαίμων, dáimōn, «essere divino»), cioè alla “ voce interna” che lui sente fin da fanciullo, che lo guida in determinate scelte e che però, essendo qualcosa proprio solo della sua persona non può essere insegnato, e dunque nemmeno mezzo mediante il quale corrompere i giovani! Altra ipotesi è che invece il riferimento sia a quelle entità, che non sono divinità ma sarebbero da lui riconosciute come tali, oggetto di studio dei filosofi della scuola ionica (Talete, Anassimandro…) e dunque l’aria, le nuvole…. In tal senso vi sarebbe dunque un tentativo di agganciare le nuove accuse alle vecchie, in cui Socrate era stato indicato come un FILOSOFO NATURALISTA e ATEO, accuse che però Socrate aveva già RESPINTO.

Nella propria difesa quindi Socrate mira prima di tutto a mostrare l’infondatezza dell’accusa di empietà, dimostrando che invece la propria missione di filosofare gli è stata ordinata proprio dal DIO, e dunque è altamente religiosa! E’ il Dio che l’ha posto ai fianchi della città come il tafano sul cavallo, per stimolare i cittadini, esortarli e rimproverarli, persuadendoli a seguire la VIRTU’.

ANALISI DEL TESTO Il testo può essere suddiviso in 3 parti principali, per cui possiamo analizzarlo in tal senso:  PARTE1: I – XXIV  DISCORSO DI DIFESA DI SOCRATE Il discorso di Socrate ha un inizio alquanto interessante: “Quale impressione abbiate provata voi, o cittadini di Atene, alle parole dei miei accusatori, io non so; certo è che anch’io, a quelle parole, per poco non mi dimenticai di me stesso, con tale accento di persuasione (pitanos) essi parlarono. E sì che di vero, permettetemi, proprio nulla costoro hanno detto; e tra le molte cose non vere che dissero, una massimamente mi fece meraviglia, questa: quando dissero che bisognava voi steste attenti a non lasciarvi trarre in inganno da me come da uno che sia abilissimo parlatore.” I) Con queste parole Socrate innanzitutto finge ironicamente di esser come caduto in uno stato di confusione sentendo le argomentazioni dell’accusa, sgomentato dalla ABILITA’ ORATORIA dei suoi accusatori. Nonostante tale abilità però, essi non hanno detto nulla di vero, e vera non è nemmeno una delle prime cose che essi dissero alla giuria, ovvero di stare attenti al modo di parlare di Socrate, poiché questi avrebbe potuto trarli in inganno con l’eloquenza del suo parlare. Socrate invece afferma chiaramente che da lui i cittadini (i membri della Boulé – o Consiglio dei 500) non sentiranno “orazioni adorne di belle frasi e parole ”, ma solo “un parlare alla buona, con le prime parole che vengono alla bocca”, poiché, dice Socrate, lui è “tutt’alto che un abile parlatore ”, “salvo che essi non chiamino abile parlatore CHI DICE LA VERITA’”: solo in quel caso potrà convenire di essere un abile parlatore. Socrate quindi afferma che il suo discorso sarà eloquente solo nel senso che sarà VERO (“poiché “dovere di chi parla è dire la verità”), e che quindi la preghiera che fa ai giudici è di non badare al suo modo di parlare , ma solo “a se io dico cose giuste o no” (perché questo è il dovere di chi giudica). II)Dopo le osservazioni iniziali inizia la difesa vera e propria di Socrate. Egli però afferma di dover operare una distinzione tra quelle che possono essere considerate VECCHIE ACCUSE fatte dai primi accusatori, e NUOVE ACCUSE fatte dai nuovi accusatori. Socrate afferma di voler partire dal difendersi dalle PRIME accuse, che sono in circolo da più anni e che per questo teme molto più di quelle di Anito (e dicendo questo nome invece che quello di Meleto, qui Socrate lascia intendere di sapere bene come l’accusatore vero sia costui).

Dice Socrate che le accuse del passato sono terribili perché sono in circolo da molto tempo, da quando la maggior parte degli adulti odierni era nella fanciullezza, e dunque si sono insidiate in loro, persuadendoli contro di lui, pur essendo false, come tenta di dimostrare. Tali accuse presentano Socrate come un FILOSOFO NATURALISTA (“specula sulle cose celesti e investiga tutti i segreti di sottoterra”) e come un SOFISTA (“le ragioni deboli fa apparire le più forti, e questa medesimo insegna altrui”). Queste accuse quindi sono pericolose perché diffuse da più tempo, perché captate quando, nella fase dell’infanzia, si più facilmente influenzabili, e perché non essendo possibile individuare specifici accusatori, ed essendo comunque la maggior parte di essi ormai morti, non vi è la possibilità di smentirli mediante il DIALOGO diretto e l’interrogazione: l’unica cosa che si può fare è DIFENDERSI (to de nome peistéon kai apologeteon). Non si sa se poi questo avrà effettivamente dei risultati, andrà “come a Dio piace”. III) Dice Socrate che se si volesse sintetizzare ciò che i suoi vecchi accusatori dicevano, esso suonerebbe più o meno così: “Socrate è reo e si dà da fare in cose che non gli spettano: investigando quello che c’è sotto terra e quello che in cielo; tentando far apparir migliore la ragione peggiore, e questo medesimo insegnando altrui”. Secondo queste accuse lui sarebbe quindi qualcosa di simile al personaggio, anch’esso di nome Socrate, presentato da Aristofane nella sua commedia “Le Nuvole”, che trascorre le sue giornate sospeso per aria ciarlando di sciocchezze e rovinando i giovani che gli vengono affidati dietro compenso. Ma tutte queste, dice Socrate, sono cose di cui io non mi occupo affatto, e dicendo ciò prende chiaramente le distante dai FILOSOFI NATURALISTI. Egli non si è mai occupato di tali questioni e bene lo dovrebbe sapere chi lo ha ascoltato parlare. IV) Ma come è del tutto sbagliato considerarlo un filosofo della natura, un errore è anche “che mi do da fare a ISTRUIRE UOMINI e che PRENDO DENARI: neanche questo è vero”. L’accusa di “cercare di far apparire migliore la ragione peggiore e di insegnare ciò ad altri” è infatti l’accusa volta a identificarlo come SOFISTA, il cui scopo era per l’appunto di insegnare ai giovani, dietro compenso, soprattutto l’arte della PERSUASIONE, la RETORICA (da rhetoriké téchne, «arte del dire»). Qui Socrate inizialmente sembra quasi fare una difesa dei Sofisti, quando dice “Sebbene in fondo, se uno è capace di istruire uomini come fanno Gorgia o Ippia, mi parrebbe cosa tutt’altro che riprovevole”. In realtà però si tratta di VELATA IRONIA, perché per l’appunto Socrate se ne discosta e li critica! A dimostrazione di ciò Socrate racconta di una sua conversazione con un uomo che aveva affidato i propri figli ai Sofisti, CALLIA. Rivolgendosi a questi Socrate gli chiede a chi a pensato possa occuparsi dei suoi figli. D’altronde se questi fossero stati cavalli oppure vitelli, si sarebbe ricorsi a cavallerizzi o agricoltori, affinché avessero potuto sviluppare la propria particolare virtù e venuti su belli e buoni. Ma visto che si tratta di persone, a chi è possibile affidarli? Chi può far loro sviluppare la virtù dell’essere uomini (e quindi cittadini)? Esiste?

Callia risponde che lui ha trovato qualcuno in grado di riuscire in questo, Evéno di Paro, che per 5 mine si prenderà cura dei suoi figli e li farà BUONI e BELLI (KAGALOAGATIA). Socrate afferma che sarebbe da congratularsi con quest’uomo, se davvero possiede tale ARTE, visto che lui non ce l’ha: “purtroppo NON SO o cittadini di Atene”. Con questo esempio Socrate prende nuovamente le distanze dai Sofisti e da chi insinua di poter insegnare la virtù dietro compenso. V) E’ arrivato il momento, dice Socrate, di riflettere su quale sia l’origine delle calunnie sul suo conto, visto che esse non possono essere nate da un giorno all’altro senza motivo. Ebbene, dice Socrate, la fama di SAPIENTE che si è procacciato non è del tutto immotivata. Ma è bene chiarire di che TIPO di sapienza si tratta: “Quella che io direi SAPIENZA UMANA. Realmente di questa può darsi che io sia sapiente”. Quelli cui si è accennato prima forse possiedono una sapienza più che umana, ma comunque in merito non sa cosa dire: lui quella sapienza NON LA CONOSCE. La sua sapienza gli è stata riconosciuta da qualcuno che merita la massima fiducia e credibilità: APOLLO, il DIO di DELFI (Apollo era il dio delle profezie e degli oracoli, e veicolava i messaggi di Zeus. La sede dei vaticini era un tempio sito a DELFI, ove si trovava la sacerdotessa di Apollo, la PIZIA, che dava responsi alle domande poste). Socrate racconta che un giorno CHEREFONTE (suo amico e discepolo, ora morto) si era recato a Delfi, con l’intenzione di porre una precisa domanda all’oracolo: “C’E’ QUALCUNO PIU’ SAPIENTE DI SOCRATE?” La risposta della Pizia fu: “NESSUNO E’ PIU’ SAPIENTE DI SOCRATE”. VI) Socrate afferma che, venuto a conoscenza delle parole della Pizia, ne è rimasto colpito e incerto circa ciò che il Dio voleva dire. Questo perché lui NON AVEVA PROPRIO COSCIENZA DI ESSER SAPIENTE, e, tuttavia, IL DIO NON PUO’ MENTIRE. Di fronte a questo vicolo cieco decide quindi di compiere una ricerca volta a sciogliere i suoi dubbi: “Andai da uno di quelli che hanno fama di essere sapienti, pensando che solo così avrei potuto smentire l’oracolo e rispondere al vaticinio –Ecco, questo qui è più sapiente di me e tu dicevi che ero io!-”. Egli decide quindi di interrogare gli uomini che avevano FAMA di SAPIENTI, iniziando dagli uomini POLITICI. Socrate racconta di averne interrogato uno piuttosto conosciuto, e che durante tale interrogatorio si era reso sempre più conto del fatto che costui non era affatto sapiente, CREDEVA di esserlo, e cercò quindi di farglielo capire, non ottenendo però altro in cambio che ODIO. Tuttavia tale episodio si rivela utile, poiché dice Socrate, gli ha fatto concludere che in effetti, rispetto a quest’uomo, egli è davvero più sapiente, poiché “COSTUI CREDEVA SAPERE E NON SAPEVA, IO INVECE, COME NON SAPEVO, NEANCHE CREDEVO SAPERE”. La sua sapienza era dunque maggiore nel senso che egli non sa, ma a differenza degli altri nemmeno crede di sapere! Egli dice quindi di aver continuato in questa ricerca, attirando però sempre più odio verso di sé.

VII) Nonostante le malevolenze Socrate continua nella sua ricerca, scoprendo, man mano che prosegue, che COLORO CHE MAGGIORMENTE AVEVANO FAMA DI SAPIENTI, SI RIVELAVANO ASSAI MENO SAGGI E MIGLIORI DELLA GENTE “DA POCO”. Egli continua la propria indagine con i POETI, per verificare se almeno loro fossero più sapienti. Il risultato è invece lo stesso: interrogati i poeti non solo dimostrarono di non sapere nemmeno delle poesie che essi stessi avevano scritto, ma di dirsi sapienti persino di altro, non essendolo! Per questa ragione Socrate concluse di potersi dire anche più sapiente di loro. VIII) Socrate si rivolge per finire agli ARTISTI (artigiani). Essi, sebbene certamente sapienti per quanto poteva concernere la loro ARTE, peccavano poi, come poeti, nel fatto che, sapendo della propria arte credevano automaticamente di potersi ritenere SAPIENTI e CAPACI IN TUTTO! IX) Da queste vicende, quindi, sono scaturiti l’odio e le calunnie, tra cui il nome di “sapiente”: la gente infatti aveva creduto che solo perché, mediante le sue domande, Socrate faceva emergere l’ignoranza altrui, automaticamente in tal modo il suo intento era di mostrare la PROPRIA sapienza. Ma la VERITA’, dice Socrate, è un’altra  UNICAMENTE SAPIENTE E’ IL DIO! E questo volle significare nel suo oracolo. POCO VALE, O NULLA, LA SAPIENZA DELL’ESSERE UMANO! Socrate dice dunque che probabilmente il Dio, dicendolo sapiente, voleva porlo come esempio, nel senso che: “sapiente è colui che, COME SOCRATE, riconosce che in realtà LA SUA SAPIENZA NON HA ALCUN VALORE”, poiché si tratta di una sapienza umana, non divina, che non può che consistere nell’essere consapevoli di non sapere. La sua ricerca permette quindi di DIMOSTRARE CHE DI SAPIENTE NON C’E’ PROPRIO NESSUNO, e così rende il suo servigio al dio (infatti non guadagna nulla da ciò, vive in miseria!). X) Accade però, dice Socrate, che molti giovani, vedendolo operare, si propongano di IMITARLO, iniziando così anche loro ad esaminare coscienze e far emergere l’ignoranza di coloro che si proclamano sapienti. Questi, invece di prendersela con se stessi, attaccano Socrate, dicendo che CORROMPE i GIOVANI, invece di ammettere che sono loro che hanno sbagliato, dicendosi sapienti quando non lo sono! E tali calunnie, sparse con molta persuasione, sono ormai da tanto diffuse, al punto che oggi Anito, Meleto e Licone l’hanno portato al tribunale! [QUI HA INIZIO LA VERA E PROPRIA DIFESA DEL PROCESSO] XI) Questo per quanto concerne le colpe dategli dai VECCHI ACCUSATORI. Ma ora è il momento di concentrarsi su quelli più RECENTI, e di difendersi da MELETO, che a suo dire si definisce “onest’uomo e amante della patria” (inizio della ridicolizzazione). Ciò di cui Meleto lo accusa è di “corrompere i giovani; non riconoscere gli dei che la città riconosce, ma altre nuove divinità”. La verità, dice Socrate, è che reo è Meleto, perché vuole far credere “ch’egli occupa con serietà e zelo di cose delle quali in realtà non si è occupato mai. E che la cosa è così cercherò di dimostrarvelo anche a voi”. XII) Ha qui inizio l’interrogatorio a Meleto.

Per dimostrare come questi in realtà abbia quale scopo solo quello di danneggiarlo, e non ha davvero a cuore le cose per le quali lo accusa, Socrate gli chiede CHI SIA LA PERSONA CAPACE DI MIGLIORARE I GIOVANI, di FARLI BUONI e BELLI. Inizialmente Meleto risponde che ciò è fatto dalle LEGGI, ma Socrate vuole sapere quale PERSONA, sebbene è fondamentale che essa conosca le leggi. Egli tenta quindi di mettere in ridicolo Meleto, spingendolo a sostenere la tesi paradossale secondo cui SOLO LUI, SOCRATE, CORROMPEREBBE I GIOVANI, mentre tutti gli altri sono dei buoni educatori (i giudici, i membri dell’assemblea, gli ascoltatori…). Ma, dice Socrate, servendosi di una analogia col mondo animale , se si guarda ad es. ai cavalli, non è vero esattamente il contrario? E cioè che uno, o comunque pochi, possono renderli belli e migliori, mentre i più li guasterebbero? Certo che è così, e Meleto lo sa bene, ed è stato portato così ad affermare esattamente l’opposto di quanto detto precedentemente: IN REALTA’ SOLO UNO EDUCA I GIOVANI, MENTRE TUTTI GLI ALTRI LI CORROMPONO E BASTA! Questa è proprio la prova del fatto che a Meleto dei giovani non è mai importato, e che non si intende affatto delle cose per cui ha portato Socrate in tribunale! XIII) Socrate prosegue nelle sue confutazioni: la questione è qui SE SOCRATE ABBIA CORROTTO QUALCUNO VOLONTARIAMENTE. Egli inizia quindi col chiedere a Meleto conferma del fatto che sia meglio vivere con cittadini buoni che con cittadini malvagi, visto che questi non possono che fare del male a chi gli si avvicina. Naturalmente Meleto si trova nella condizione di dover assentire, così come è costretto ad confermare il ragionamento di Socrate quando questi asserisce che nessuno preferirebbe ricevere il male al bene. Ma allora, come può Meleto insinuare che Socrate VOLONTARIAMENTE corrompa i giovani, dunque li FACCIA MALVAGI, e poi vi rimanga vicino? Ciò significherebbe infatti ESPORSI AL RISCHIO DI VENIRNE DANNEGGIATI. Dunque o egli NON li corrompe, oppure al massimo lo FA INVOLONTARIAMENTE. Nel primo caso non ha colpe, mentre nel secondo ciò che dovrebbe ricevere non è una sanzione penale, che può essere applicata solo ad azioni volontarie, bensì dovrebbe essere portato attraverso AMMONIMENTI e INSEGNAMENTI ad acquisire con...


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