Bloch - Apologia Della Storia PDF

Title Bloch - Apologia Della Storia
Author Kevin Miolli
Course Problemi e Metodi Della Ricerca Storica Sull'Età Moderna 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Summary

Riassunto dettagliato del libro, per i capitoli richiesti all'esame....


Description

MARC BLOCH: APOLOGIA DELLA STORIA PREFAZIONE di Jacques Le Goff PREMESSA di Etienne Bloch Le Goff prende in carico l'arduo compito di commentare, di rendere fruibile al pubblico, quest'opera incompiuta di Marc Bloch soffermandosi sui punti fondamentali della prima redazione e di quella definitiva. Lui la considera un punto di partenza per l’evoluzione del metodo storico, affermando anche di prendere come modello il Bloch, essendo consapevole di poterlo criticare, così come i suoi alunni potranno criticare il suo metodo storico. Quindi guarda il libro come l’inizio di una rivoluzione che tenda ad un cambiamento accademico. Il titolo "Apologie pour l'histoire ou comment et porquoi travaille un historien" fa intendere la volontà di Bloch di voler difendere la disciplina storica dagli attacchi interni (degli storici stessi) e da quelli esterni (chi vedeva la storia al di fuori del sapere scientifico o quantomeno ai suoi margini), il sottotitolo definitivo "Métier d'historien" sottolinea proprio questo punto: vuole far capire che lo storico è un mestiere, con le sue tecniche di lavoro e i suoi obiettivi scientifici.

Schema complessivo della prima edizione "La conoscenza storica” Pur senza stabilire un confronto fra le due redazioni, Le Goff fa alcune osservazioni sullo schema della prima edizione, poiché gli pare che esso esprima nel migliore dei modi quando Marc Bloch aveva a cuore di dire sulla storia quando egli concepì quest’opera. 1° capitolo "La storia conoscenza dell'uomo in società"! Con questo capitolo Bloch vuol far rivendicare all’uomo, il protagonista di una storia considerata "disumanizzata", un uomo completo, quello già inserito in società (storia sociale). 2° capitolo "Il presente e il passato, la storia scienza del cambiamento" Bloch fa intendere che la storia non è solo scienza del passato, ma un "costante andarivieni dello storico tra passato e presente e dal presente al passsato". La storia non è immobile.

3° capitolo “Indissociabilità (?) della caccia dei dati dell'interpretazione; il questionario”. In questo capitolo Bloch, vuole sottolineare un altro compito importante dello storico: quello del saper interpretare un documento e dargli lo statuto di fonte tramite le domande che gli vengono poste. La fonte non è data e non esiste prima dello storico; lo storico fa sì che un documento diventi linfa vitale per le sue ricerche. Contenuti aggiuntivi negli ultimi due capitoli 2° capitolo "La caccia dei dati"! In questo capitolo Bloch insiste sul concetto di "testimonianza" per renderlo ancora più umanizzato, e le Goff si sofferma sul concetto di "caccia" usato da un uomo pacifico com'era stato Bloch, come un cacciatore amante della storia e quindi dell’uomo, animale sociale che caccia le vicende umane. 3° capitolo "L'interpretazione" Bloch si sofferma ancora sull'interpretazione dei dati e delle testimonianze che non contano niente senza "l'interpretazione dello storico". Ci sono tre punti che in questo schema voleva analizzare: - ”Che cos'è una spiegazione di storia?": Bloch è contro la storia del racconto, quella che si limita alla pura descrizione dei fatti. - “La comparaison": ossessione metodologica da parte di Bloch che vede nel metodo comparativo, usato da lui in "I caratteri originali della storia rurale Francese", l’unico modo per capire "l'ossatura della storia e contemporaneamente riconoscere la specificità, l'originalità di ogni epoca, società e civilizzazione". - “Possibilità di previsione": Bloch afferma che lo storico, studiando l'uomo in società nel tempo, deve saper dare una risposta, se non soddisfacente almeno argomentata, alla domanda: "la storia consente di prevedere il futuro?”. Si può notare l'angoscia dello storico Francese visto il periodo buio che vive il mondo e lui sulla sua pelle. - Previsione di un'appendice "sull'insegnamento della storia" che faceva intravedere una grande paura di Bloch dettata dagli anni bui della guerra: Lo storico non può esimersi dall'insegnamento della storia non solo a livello universitario ma fin dal primo ciclo scolastico, dove si forma la conoscenza storica collettiva e si gettano le basi per una buona storiografia futura. Bloch all'indomani della guerra avrebbe voluto elaborare una nuova politica dell'insegnamento della storia in Francia. Apologia: discorso di difesa o esaltazione di una dottrina.

Biografia e pensiero storico Marc Bloch nacque nel 1886 a Lione da una famiglia ebraica. Il padre, storico sagace, insegnò Antichità Classica e fu una figura molto importante per lui. Marc Bloch insegnò Storia Medievale all’università di Strasburgo e poi economica alla Sorbona di Parigi fino all’entrata in vigore delle leggi razziali nella Seconda Guerra Mondiale. Partecipò attivamente alla resistenza. Morì dopo essere stato catturato, torturato e fucilato dai Tedeschi il 16 Giugno del 1944. Famosa fu la sua frase “non rivendico mai le mie origini, almeno che non mi trovi di fronte un antisemita”. Egli nacque in Alsazia ma fu costretto a spostarsi, a causa dell'affare Dreyfus, a Parigi (città dell’affare) e ciò lascio un’impronta tangibile nel suo percorso sia di cittadino Francese che di accademico storico. L’affare fu il maggiore conflitto politico e sociale della Terza Repubblica, scoppiato in Francia sul finire del XIX secolo, che divise il Paese dal 1894 al 1906, a seguito dell'accusa di tradimento e intelligenza con la Germania, mossa (ingiustamente) al capitano Alsaziano di origine ebraica Alfred Dreyfus, il quale era infatti innocente. Il vero responsabile era difatti il colonnello Ferdinand Walsin Esterhazy. L'Affare costituì lo spartiacque nella vita Francese tra i disastri della Guerra Franco-Prussiana e la Prima Guerra Mondiale: costrinse ministri a dimettersi, creò nuovi equilibri e raggruppamenti politici, spinse a un tentato colpo di Stato. Si crearono e scontrarono, nell'arco di due decenni, due campi profondamente opposti: i "dreyfusardi", che difendevano l'innocenza di Dreyfus (tra loro si distinse Émile Zola con il suo intervento giornalistico denominato "J'accuse"), e gli "antidreyfusardi", partigiani della sua colpevolezza. La condanna di Dreyfus fu un errore giudiziario, avvenuto nel contesto dello spionaggio militare, dell'antisemitismo imperversante nella società Francese e nel clima politico avvelenato dalla perdita recente dell'Alsazia e di parte della Lorena, subita per opera dell'Impero Tedesco di Bismarck nel 1871. I suoi primi studi si concentrano sul problema della libertà: egli si chiede che cosa s’intenda per “libertà” nel Medioevo, in altre parole quale sia, ad esempio, la differenza tra uomo libero e non-libero.

Quando usiamo un termine gli attribuiamo un significato odierno, ma Bloch si sofferma sul vero significato di “essere libero” nel Medioevo. Bloch non fu un grande scrittore per aver letto molti libri, collezionato documenti o per aver legato a sua filosofia ad una particolare dottrina, ma perché conosceva il gusto della vita: era un uomo storico. Febvre riporta l’assioma della storiografia Francese “tutte le idee di uno storico si ricavano dalla storia”, che ben si addice al mestiere di Bloch. Nel mentre fugge dalla Francia e dal regime filonazista, scrive quest’ultimo libro che lascia incompiuto e che finisce nelle mani di quest’ultimo che lo manipola e pubblica. Prima dell’introduzione, Bloch comunica al suo amico questo suo progetto, ovvero un trattato di metodo storico. La redazione definitiva fu attuata dal figlio, Etienne Bloch, che integrò alcune parti fornitegli dalla sorella che le aveva conservate alla morte del padre. Uno storico Italiano (Mastrogregori) ritrova il manoscritto, e si accorge che ci sono diverse varianti, diversi appunti non sviluppati in testo e si pone il problema di che fare di questo materiale. Ad un certo punto si decide di adoperare questo materiale come fosse un’edizione critica. (un’edizione critica è l’edizione di un testo da parte di un soggetto in particolare della fonte: correzioni e inserimento in base alle mancanze). In tutta l’opera si riscontra un monito che fa lo stesso Bloch nei confronti di alcuni storici (Signobolt e Langlaismaus), i quali ritenevano la storia come una disciplina indipendente da tutte le altre discipline umane (sociologia, economia ecc…). Secondo Bloch invece è possibile conoscere le vere cause dei vari avvenimenti storici solo integrando la storia con le alte discipline, in quanto soggetto dello studio della storia è l’uomo, o meglio la rappresentazione delle attività umane. Altro punto importante è quello di non definire la storia solo ed esclusivamente come “scienza del passato”, bensì come il risultato di un costante andirivieni da parte dello storico dal passato al presente e viceversa, per capirne gli avvenimenti. Egli non studia le cose o gli avvenimenti, ma l’uomo come elemento costante e mutabile della storia. La riflessione sugli uomini e sulla loro mentalità dà origine a “I re taumaturghi” che racconta di un sistema di credenze che attribuivano poteri sovrannaturali ai re Francesi ed Inglesi.

Questo testo fu molto importante perché Bloch utilizza un metodo nuovo: fonde la ricerca storica con altre scienze umane come antropologia, psicologia ecc… Da quasi 50 anni l’Apologia della Storia viene letta e riletta: scienza degli uomini nel tempo, comprensione del presente mediante il passato e del passato mediante il presente. Questo libro non è una filosofia della storia, ma il memento di un artigiano, che narra come e perché lavora lo storico, sino nell’umile e delicato dettaglio delle sue tecniche. Questa “edizione critica” di Etienne Bloch, consente di gustare l’opera nel momento in cui sta prendendo forma. Ma se, rileggendo Marc Bloch nell’originale, ci accorgessimo finalmente che questo libro di metodo è anche il prodotto di un rigoroso stile di pensiero e scrittura? Il pensiero di Bloch è una fluente meditazione sulla realtà umana, sul tempo, sulla storia come conoscenza. Le pagine sul metodo critico, soprattutto, costruiscono un contributo importante a una logica del possibile, che trova nella storia (scienza dell’uomo, della vita e della terra), il suo banco di prova e che fa di quest’opera un classico di storia della scienza, una testimonianza fra le più significative della Rivoluzione Scientifica verificatasi nel XX secolo. Fondò, con la partecipazione di Lucien Febvre la rivista storica “Les Annales d’histoire économique et sociale” nel 1929, introducendo nello studio della storia una visione interdisciplinare aperta alle scienze economiche e sociali. Fu un progetto ripreso dallo storico Henri Pirenne per la creazione di una rivista internazionale di storia economica e sociale. Gli Annales avevano lo scopo di assicurare la diffusione delle idee dell’autore, con fine educativo; ebbero però un pubblico solo Francese e non internazionale, come aveva pensato Pirenne. Tra le principali opere si ricordano inoltre: “La società feudale”, “Storici e storia”, “I re taumaturghi”, “I caratteri originali della storia rurale francese”, “La stana disfatta”, “Apologia della Storia”. Apologia della Storia fu pubblicata 5 anni dopo la sua morte, dal suo amico Febvre nel 1949 (edizione Italiana nel 1950). Questa amicizia risale al 1919, quando l’autore ottiene il suo primo incarico all’università di Strasburgo, dove Febvre era professore.

Anche se più anziano rispetto a Bloch, questo personaggio diventa ben presto un fedele compagno di studi, anche per una piena condivisione con l’autore di un ideale di storia come scienza dell’uomo. Infatti egli compare nella dedica che introduce l’opera, che l’autore definisce come il risultato di una forte collaborazione tra i due: o meglio il risultato di “affettuose discussioni”, fino a dubitare della provenienza di alcune delle idee riportate, che spesso provengono dallo stesso Febvre. Questa condivisione di idee rende sicuramente più facile il processo di redazione e pubblicazione di quest’opera da parte del curatore, che non nasconde però la delicatezza del suo compito e il suo dispiacere per non aver potuto assaporare gli ultimi capitoli dell’opera, che a suo parere sarebbero state tra le parti più originali. Infatti stando ad alcuni progetti dell’autore, possediamo circa i 2/3 del lavoro, ricostruiti attraverso la composizione di tre esemplari del testo, e attraverso pochissime aggiunte e correzioni. La prima datazione di questi incartamenti risale al 1941, periodo di forti provvedimenti contro gli ebrei, in cui l’autore utilizza il nome di Fougères (località dove possiede una casa di campagna) nei suoi scritti. Significativo il fatto che i tre esemplari del testo terminano con la medesima frase: “le cause della storia, più che altro, non si postulano, si cercano.“, anche senza aver letto l’intera opera si può percepire il significato di questa affermazione. Bloch fu inoltre il padre fondatore della “Nuova Storia”, assieme al suo amico Febvre (che appunto condivideva la sua stessa idea di storia). Nella Nouvelle Histoire, la geografia intesa come “scienza dell'uomo” influenzò il pensiero di alcuni maestri della nuova storiografia, in particolare appunto Febvre, Bloch e Fernand Braudel; lo stesso Febvre sottolineò la particolare associazione tra geografia umana e nuova storia. Un altro elemento innovativo apportato da questa corrente di studio, fu lo spostamento dell'attenzione dallo studio della storia tradizionale degli "eventi" (événementielle) ad una storia attenta alle psicologie collettive, alla sensibilità ed alla mentalità religiosa, agli uomini comuni e alla vita quotidiana. Venivano recuperati alcuni soggetti come le donne, i contadini e i poveri, in genere i “marginali”, che, in passato, non erano stati considerati degni di attenzione dalla storiografia tradizionale, perché rimasti, appunto, ai margini della grande Storia.

INTRODUZIONE Dunque, contestualizzato l’autore e l’opera, passiamo ora all’introduzione del testo, dove nella versione definitiva vi sono alcune fra le idee-forza dell’opera progettata, ed in particolare alla frase significativa che l’autore pone come epigrafe. Bloch apre con la "comparazione" di due frasi dette in tempi e da personalità diverse ma che pongono lo stesso problema: legittimare la storia. Il primo a porre questa domanda “Papà, spiegami a cosa serve la storia”, è il figlio dello storico, Etienne. Il secondo è uno dei compagni dello storico; domanda posta nel 1940 all'entrata dei Tedeschi a Parigi "La storia ci ha ingannati?”. Quest’ultima è una domanda che Bloch fa sua e trascrive nel momento in cui si rende conto che la storia non può essere più quella di una volta; non soltanto come racconto (sterile), la storia deve essere in grado di dare all’uomo un equilibrio che sia sociale e politico e deve essere soprattutto in grado di evitare grandi catastrofi come appunto la guerra che egli stesso stava combattendo quando ha scritto il libro. Il saggio è anche il tentativo di rispondere alla prima semplice, ma esigente domanda. “Il problema che essa pone, è né più, né meno, quello della legittimità della storia”. Legittimità, uno dei termini chiave di questa introduzione, ci porta a quello che sarà il tema dell’intera opera: una riflessione rigorosa sul metodo realmente usato nell’indagine storica e sulla legittimità del mestiere di storico, che compare come sottotitolo. 1) Lo storico, per Bloch, ha l’obbligo di far conoscere i suoi lavori, sapendo parlare così ai dotti così agli scolari, ne va della civilizzazione Occidentale che si è sempre “attesa” molto dalla sua memoria. (binomio Storia-Memoria, quest’ultima è materia principale della storia, ma che tuttavia non si identifica con essa). 2) La paura di Bloch (visto il periodo in cui vive) è che la disciplina storica, anch’essa soggetta ai fenomeni della storia stessa, possa scomparire dalla civilizzazione dell’uomo del tempo; ma successivamente cerca di rassicurare la società stessa dicendo che non v’è periodo critico che fermi e passi nell’incessante processo di crescita della società (La storia non è mai immobile).

L’obiettivo del libro è la difesa e l’illustrazione della scienza storica, essa si situa soprattutto al livello di mestiere; “dire come e perché un storico pratica il suo mestiere”, redigere il “memento d’un artigiano”, “Il taccuino d’un collega”. Bloch paragona il buono storico al “buon agricoltore” che ama l’aratura e le semine, tanto quanto le mietiture. Infine ci sono alcune confidenze di Bloch che chiudono l’introduzione.

Interesse per la storia Bloch si interroga sull’interesse per la storia nella civiltà Occidentale, una civiltà che si è sempre rivolta al passato per quanto riguarda:

• La tradizione classica: Greci e Latini erano popoli storiografici. • La tradizione Cristiana: il Cristianesimo è una religione di storici

perché: 1) I libri Sacri commemorano fatti ed episodi della vita di Cristo, dei Santi e della Chiesa. 2) Il destino dell’umanità appare come una lunga vicenda di cui ogni destino individuale è un riflesso, è nella storia che si svolge il “dramma del peccato e della redenzione”.

• L’arte e la letteratura: in quanto hanno molti richiami al passato, anche la conoscenza popolare.

Le società si rivolgono al passato e soprattutto, in fase di “crisi di crescenza”, lo interrogano, cercano in esso delle risposte. Aneddoto: Giugno 1940, ingresso dei Tedeschi a Parigi, soldati rimuginano sulle cause del disastro, uno di loro: “Dobbiamo dunque credere che la storia ci ha ingannati?”. Il passato, o meglio la sua comprensione, costituisce una chiave di comprensione del presente ed una guida di azione nel presente.

Storia come svago Un altro punto su cui si sofferma Bloch è che come tutte le scienze, la storia, deve piacere, deve divertire e questo fascino per essa deve persistere anche una volta intrapreso il percorso della ricerca, pieno di asprezze e di difficoltà. La storia ha la sua parte di poesia e non bisogna vergognarsi che ci piaccia; se solletica la nostra sensibilità perché non dovrebbe soddisfare la nostra intelligenza? La domanda iniziale era “A cosa serve la storia?”. Bloch sostiene che se anche fosse priva di utilità, resterebbe una forma di svago. Lo storico si rivolge ad essa per vocazione, vi è un istinto, uno stimolo iniziale che conduce in seguito all’attività scientifica (lo stesso vale per le altre scienze). Tale fascino non scompare quando si intraprende la ricerca metodologica, rigida e precisa, anzi acquista vivacità. Rispetto ad altre scienze poi la storia ha un fascino proprio che deriva dall’avere come oggetto l’uomo, “lo spettacolo delle attività umane”; più ci si allontana nel tempo e nello spazio, più si è sedotti da ciò che per noi è strano, diverso dalla nostra realtà e che stimola la nostra immaginazione.

Legittimità della storia Bloch però dopo questo primo discorso apologico sulla storia, che fa intravedere il suo innamoramento verso la storia stessa e anche della disciplina storica, pone l'accento sul momento storico in cui vive (quello del regime di Vichy, nel 1942 in Francia): può rimanere la storia, in un momento così carico di angoscia, solo un piacere egocentrico del singolo individuo? Può essere uno strumento, così potente ai fine della creazione di memoria collettiva, (fondamentale per la cultura Occidentale, eredità della cultura Cristiana che aveva trovato in essa la sua legittimazione) solo un semplice "gioco"? Bloch cita "Andrè Gide" e dice che in "questo" tempo il "gioco" non è concesso, non sarebbe solo uno spreco di energie, al limite dell'atto criminale, se non si sfruttasse la disciplina storica per rivestire di verità l'angosciante attimo in cui Bloch vive?

Certo è che Bloch afferma che sarebbe una mutilazione della natura umana l'impedirgli di “cercare", solo per appagare i suoi appetiti intellettuali, forse non serve all'homo faber o politicus ma alla natura dell'homo sapiens si, e che forse (al contrario di quanto dicevano i positivisti), quelle deduzioni inutili dell’intelletto, un giorno saranno utili per la scienza storica. Bloch però certo non nega che una scienza, qualsiasi essa sia, non ci apparirà più completa se non soddisfa il compito di farci vivere meglio? Ancor più la storia che ha come soggetto l’uomo stesso e i suoi atti deve fare molto per una cultura Occidentale che si è sempre attesa molto dalla sua memoria. Se l’erudizione storica f...


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