Riassunto canti Paradiso- Canto XI-XVII PDF

Title Riassunto canti Paradiso- Canto XI-XVII
Author Patrizia Gentili
Course italiano (letteratura)
Institution Liceo (Italia)
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riassunti canti del Paradiso...


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Canto XI noto con il nome di "Canto di San Francesco". mercoledì 13 aprile 1300, luogo: IV cielo, il Sole Dante, accolto nel Cielo del Sole, fa una dolorosa riflessione sulla vanità dei beni terreni che “fanno in basso batter l’ali”. Si presentano come splendori eccezionalmente ardenti che costellano il cielo. Dodici di queste luci si dispongono a cerchio intorno a Dante e Beatrice, danzando e cantando in modo sublime. Dopo che gli spiriti hanno compiuto un giro e sono tornati al punto di partenza, san Tommaso riprende il suo discorso per chiarire i dubbi che egli legge nella mente del poeta a proposito delle due affermazioni: “U’ ben s’impingua” e “Non nacque il secondo”. Egli osserva che la Divina Provvidenza, per soccorrere la Chiesa, mandò in Terra due campioni che mirarono al medesimo fine, la salvezza della Chiesa, san Francesco e san Domenico, l’uno “tutto serafico in ardore”, l’altro per la sua sapienza “di cherubica luce uno splendore”. Quindi san Tommaso narra la storia di san Francesco, ricordando la regione in cui nacque, le sue precoci virtù, l’unione con madonna Povertà, l’esempio di profonda carità che ben presto attirò i primi confratelli, l’approvazione dell’Ordine da parte dei papi Innocenzo III e Onorio III, il tentativo di apostolato in oriente e il successivo ritorno in Italia dove ricevette le stimmate. Quindi, quando piacque a Dio, Francesco raccomandò la povertà ai frati eredi della sua regola, e si fece portare alla Porziuncola, dove morì nudo sulla nuda terra. Terminata l’esaltazione di Francesco, San Tommaso elogia il fondatore del suo Ordine, san Domenico, e biasima con aspre parole la degenerazione dei suoi seguaci, attratti dai beni terreni più che da quelli spirituali. Ecco quindi sciolto il dubbio di Dante a proposito dell’espressione “U’ ben s’impingua, se non si vaneggia” (si acquista bene, se non si va dietro ai beni mondani, i quali sono vani). Dettaglio Prima parte (vv. 1-12) Invettiva di Dante contro la falsa sapienza degli uomini che sulla terra inseguono beni e ricchezze e non si preoccupano della felicità: (O insensata cura de' mortali...). Dante sospende un attimo la narrazione; egli assomiglia a Sant'Emiliano: sta contemplando la terra dall'alto, nella beatitudine e può commiserare gli uomini che con la loro stupidità si affannano alla ricerca dei beni terreni. L'insistente anafora del pronome chi conferisce ai versi l'incalzante ritmo del degradarsi dell'uomo nelle diverse forme di errore (la felicità non è nei beni terreni Somnium Scipionis). Il tono alto e solenne anticipa la figura di San Francesco. Seconda parte (vv. 13-139) Discorso tenuto a Dante da San Tommaso d'Aquino. San Tommaso aveva già cominciato a parlare nel canto X pronunciando due frasi che Dante non aveva capito ("U' ben s'impingua", "Non nacque il secondo"). Tommaso allora gliele vuole spiegare. Per spiegare il primo verso organizza il discorso in tre parti: vv. 13 - 42: introduzione generale

vv. 43 - 117: biografia di San Francesco vv. 118 - 139: polemica contro la corruzione dell'ordine domenicano; termina con il verso che voleva chiarire a Dante. San Tommaso, come tutti i beati del Paradiso, vede in Dio i pensieri di Dante, e anticipa quindi i dubbi di Dante. Dante non ha capito il verso "U' ben s'impingua, se non si vaneggia" e nemmeno la frase "non surse il secondo" del canto X. San Tommaso comincia a chiarire il primo dubbio e dice che la provvidenza che governa il mondo per aiutare la Chiesa nel suo cammino le pose a fianco due principi, cioè due grandi santi: uno, San Francesco, arse di carità come un serafino, l'altro, San Domenico, risplende per la sua sapienza come un cherubino. Questa distinzione tra cherubini e serafini risale alla Summa Teologica di San Tommaso, dove dice che c'è un primo ordine di angeli chiamati serafini che splendono come il fuoco per il loro ardore di carità, poi c'è un secondo ordine, quello dei cherubini, che risplendono per la loro sapienza. Tommaso parlerà solo di San Francesco, perchè parlando di uno dei due si loderanno entrambi. Comincia al v. 43 la biografia di San Francesco. Dante si rifà ad alcune fonti: - la Legenda Maior di s. Bonaventura - L'Albero della Vita Crocifissa di Ubertino da Casale - un'opera anonima intitolata Le Misteriose Nozze del Beato Francesco con Madonna Povertà La biografia di San Francesco è una vera e propria agiografia e può essere suddivisa in sei sezioni: Prima sezione vv. 43 - 54: luogo geografico di nascita di San Francesco e, siccome con una metafora Francesco viene paragonato al sole per la cristianità, il luogo della sua nascita secondo San Tommaso non deve essere chiamato Assisi ma Oriente. Seconda sezione vv. 55 - 59: episodi giovanili che ne anticipano la santità. Si racconta che Francesco scese in lotta contro suo padre per amore di una donna a cui nessuno apre volentieri le porte come non le apre alla morte. Dante non fa ancora il nome di questa donna ma essa è la Povertà. Terza sezione vv. 60 - 78: matrimonio tra Francesco e questa donna. Davanti al tribunale ecclesiastico e a suo padre Francesco sposa madonna Povertà e da quel giorno l'amò sempre più forte. Fino al quel giorno la Povertà era rimasta sola, finchè appunto viene sposata da Francesco e al v.74 i due amanti vengono indicati con il loro nome. Quarta sezione vv. 79 - 87: la fondazione dell'ordine francescano, attraverso alcuni personaggi che si sono legati a Francesco: Bernardo, Egidio, Silvestro si scalzano, diventano poveri per seguire Francesco. Quinta sezione vv. 100 - 118: momenti principali dell'apostolato di Francesco: la sua predicazione in oriente presso il sultano, l'eremitaggio sul monte Verna, l'esperienza delle stigmate, chiamate "l'ultimo sigillo" delle sue membra. L'ultimo sigillo perchè nei versi precedenti Tommaso racconta che Francesco aveva ricevuto due sigilli per consacrare il suo ordine: papa Innocenzo III (primo sigillo), papa Onorio III (secondo sigillo) e le stigmate (terzo sigillo) che Cristo ha donato a Francesco che le ha portate per due anni. Sesta sezione vv. 109 - 117: la morte. Così come era nata all'insegna della povertà, la sua vita si chiude all'insegna della povertà. Francesco in punto di morte consegna la povertà ai suoi fratelli e si fa porre nudo sulla terra per morire come è nato.

Negli ultimi versi Tommaso può spiegare il verso che non è stato capito da Dante. San Tommaso è un domenicano e con la biografia di San Francesco ha lodato anche San Domenico. Purtroppo tra i domenicani molti se ne sono andati e l'ordine di San Domenico è diventato voglioso di altri beni materiali. Critica il fatto che al periodo di Dante nella chiesa ci sia molta corruzione: molti frati si allontanano dall'ordine attirati dai beni materiali e quando ritornano sono frati non più pieni di virtù. Sono pochi i frati che sono ancora sulla giusta via, è necessaria poca stoffa per i loro mantelli. Ciò significa che nell'ordine domenicano ci si arricchisce di virtù se non ci si perde in cose vane, se non si vaneggia. Il canto è circolare: si apre e si chiude con la critica ai beni terreni. La critica iniziale è rivolta all'umanità in generale; la critica conclusiva è circostanziata a quei domenicani che inseguono beni terreni. In contrasto alla corruzione della Chiesa c'è l'esaltazione di San Francesco. Canto XVII Ancora nel V Cielo di Marte. Dante chiede all'avo Cacciaguida notizie sulla sua vita futura: profezia dell'esilio da Firenze. Profezia sulle gesta di Cangrande Della Scala. Dubbi di Dante e dichiarazione della sua missione poetica. È il mattino di giovedì 14 aprile (o 31 marzo) del 1300Dante rivolge al suo trisavolo una domanda piena di trepidazione e di ansietà: quale sorte gli riserva il futuro? Già molte volte, scendendo lungo i cerchi dell’inferno o salendo- per i gironi del purgatorio, ha udito oscure profezie che gli annunciavano anni di dolore e di esilio. Ora il Poeta chiede che la verità sulla sua vita futura gli sia rivelata con tutta la chiarezza permessa a un beato che contempla in Dio, prima che essi si avverino, gli eventi. Così risponde Cacciaguida: Dante dovrà abbandonare la città di Firenze, che si comporterà nei suoi riguardi come una crudele matrigna. Il suo esilio sarà opera soprattutto delle macchinazioni politiche di Bonifacio VIII. La colpa delle discordie che dilaniano Firenze sarà attribuita al partito vinto, ma presto il castigo divino si adatterà sui Neri e sul pontefice. Dante proverà tutte le sofferenze, le difficoltà, le umiliazioni della povertà e di una vita randagia. Presto sperimenterà anche la solitudine più completa, perché abbandonerà i suoi compagni d’esilio, incapaci e infidi. Troverà il suo primo rifugio a Verona; Bartolomeo e Cangrande della Scala diventeranno i suoi munifici protettori. Allorché Cacciaguida ha terminato di parlare, Dante confessa una sua dolorosa incertezza: se egli racconterà tutto ciò che ha visto nell’inferno e nel purgatorio molti gli diventeranno nemici e gli negheranno aiuto e ospitalità. Ma - risponde Cacciaguida - egli non dovrà avere alcun timore e dovrà "far manifesta" tutta la sua visione, perché i suoi versi costituiranno per tutti un vital nutrimento. Proprio perché gli uomini credono più facilmente agli esempi e alle argomentazioni evidenti, sono state mostrate al Poeta, nell’oltretomba, le anime di personaggi famosi. Dettagli Dante chiede a Cacciaguida notizie sulla sua vita futura (1-30) Dante si sente come Fetonte quando si rivolse alla madre Climene per avere notizie certe su suo padre Apollo, il che è avvertito da Beatrice e dall'anima dell'avo Cacciaguida. La donna invita Dante a manifestare il suo pensiero, non perché le anime non possano conoscere i suoi desideri, ma affinché il poeta si abitui a esprimerli liberamente così che vengano esauditi. Dante si rivolge allora a Cacciaguida e gli ricorda, come lui ben sa leggendo nella mente di Dio, che guidato da Virgilio egli ha udito all'Inferno e in Purgatorio delle

oscure profezie sul suo conto, per cui il poeta vorrebbe avere maggiori ragguagli in merito: benché, infatti, egli sia preparato ai colpi della sorte, una sciagura prevista è più facile da affrontare. Dante in questo modo obbedisce a Beatrice e rivela ogni suo dubbio all'anima del suo antenato. Cenni di Cacciaguida alla prescienza divina (31-45) Cacciaguida risponde splendendo nella sua luce, con un discorso chiaro e perfettamente comprensibile e non con le espressioni tortuose e oscure proprie degli oracoli delle divinità pagane: il beato spiega che tutti i fatti contingenti, presenti e futuri, sono già scritti nella mente divina, il che non implica che debbano accadere necessariamente, come l'occhio che osserva una nave scendere la corrente di un fiume sa che questo avverrà, ma non lo rende per ciò inevitabile. Allo stesso modo, spiega Cacciaguida, egli prevede il tempo futuro di Dante, come la dolce musica di un organo giunge alle orecchie umane. L'esilio di Dante (46-69) Dante, profetizza l'avo, dovrà abbandonare Firenze allo stesso modo in cui Ippolito dovette partire da Atene per la malvagità della sua matrigna. Questo è voluto e cercato già nell'anno 1300 da papa Bonifacio VIII, nella Curia dove ogni giorno si mercanteggia Cristo: la colpa dell'esilio verrà imputata ai vinti, così come di solito avviene, ma ben presto la punizione verso i Fiorentini dimostrerà la verità dei fatti. Dante dovrà lasciare ogni cosa più amata, ciò che costituisce la prima pena dell'esilio, quindi proverà com'è duro accettare il pane altrui mettendosi al servizio di vari signori. Ciò che gli sarà più fastidioso sarà la compagnia di altri fuorusciti, sempre pronti a mettersi contro di lui, tuttavia saranno loro e non Dante ad avere le tempie rosse di sangue e di vergogna nella battaglia della Lastra. Le conseguenze del loro comportamento dimostreranno la loro follia, così che per Dante sarà stato molto meglio fare parte per se stesso. Profezie su Cangrande Della Scala (70-99) Dante troverà anzitutto rifugio a Verona, sotto la protezione di Bartolomeo Della Scala che sullo stemma della casata reca l'aquila imperiale: egli sarà così benevolo verso il poeta che gli concederà i suoi favori senza bisogno di ricevere richieste. A Verona Dante vedrà colui (Cangrande) che alla nascita è stato fortemente influenzato dal pianeta Marte, così che le sue imprese saranno straordinarie. Nessuno se n'è ancora accorto perché molto giovane, avendo egli solo nove anni, ma prima che papa Clemente V inganni Arrigo VII di Lussemburgo il suo valore risplenderà chiaramente, mostrando la sua noncuranza per il denaro e gli affanni. Le sue gesta saranno così illustri che i suoi nemici non potranno tacerle, quindi Dante dovrà attendere il suo aiuto e i suoi favori, dal momento che Cangrande ha generosamente mutato le condizioni di molte persone, trasformando i mendicanti in ricchi e viceversa. Cacciaguida aggiunge altri dettagli relativi alle future imprese di Cangrande, imponendo però il silenzio a Dante che ascolta incredulo quanto riferito dall'avo. Cacciaguida conclude dicendo a Dante che non dovrà serbare rancore verso i suoi concittadini, poiché la sua vita è destinata a durare ben oltre la punizione che li colpirà. Dubbi di Dante (100-120) Dopo che il beato ha terminato di parlare, Dante torna a rivolgersi a lui in quanto desidera ricevere una spiegazione e un conforto, certo di trovarsi di fronte a un'anima sapiente, virtuosa e amorevole. Dante dichiara di rendersi conto che lo aspettano aspre vicissitudini, per cui è bene che sia previdente e che non si precluda il possibile rifugio in altre città a causa dei suoi versi, visto che dovrà lasciare Firenze. All'Inferno, in Purgatorio e in Paradiso il poeta ha visto cose che, se riferite dettagliatamente, suoneranno sgradevoli a molti; tuttavia, se egli non dirà tutta la verità della visione, teme di non ottenere la fama destinata a renderlo famoso presso le generazioni future.

La missione poetica di Dante (121-142) La luce che avvolge Cacciaguida risplende come uno specchio d'oro colpito dal sole, quindi l'avo risponde dicendo che i lettori con la coscienza sporca per i peccati propri o di altri proveranno fastidio per le sue parole, e tuttavia egli dovrà rimuovere ogni menzogna e rivelare tutto ciò che ha visto nel viaggio ultraterreno, lasciando che chi ha la rogna si gratti. Infatti i suoi versi saranno sgradevoli all'inizio, ma una volta digeriti saranno un nutrimento vitale per le anime. Il grido di Dante sarà come un vento che colpisce più forte le più alte cime, il che non è ragione di poco onore, e per questo nei tre regni dell'Oltretomba gli sono state mostrate solo le anime note per la loro fama: il lettore non presterebbe fede ad esempi che fossero oscuri e non conosciuti da tutti, né ad altri argomenti che non fossero evidenti di per sé....


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