Riassunto CHE COS\'E LA Mediazione Linguistico- Culturale PDF

Title Riassunto CHE COS\'E LA Mediazione Linguistico- Culturale
Author VANESSA GARAU
Course Mediazione linguistica
Institution Università per Stranieri di Siena
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Riassunto "Che cos'è la mediazione linguistico culturale"...


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CAPITOLO 1 Le parole mediazione, mediare e mediatore hanno una storia abbastanza lunga e complessa e l’uso di tali termini è molto disperso. L’idea della mediazione linguistico-culturale come fenomeno recente ha fatto sì che non si approfondissero le analisi su tale professione: da qui nasce l’uso strumentale della mediazione, senza normative ad hoc e con una debole teoretica attorno a questa disciplina. Il CEFR, più importante documento di politica linguistica europea del Consiglio d’Europa, ha contribuito ad alimentare equivoci su questo concetto, fino a considerarlo iperonimo di traduzione orale e scritta. La mediazione è un’opera svolta da chi intercede fra due o più parti per facilitare il raggiungimento di un accordo o per la conclusione di un affare. In filosofia è il procedimento logico nel quale si pongono in relazione due elementi di un discorso tramite un terzo (De Mauro). In latino sono presenti molti termini per indicare la figura del mediatore, ciò dimostra la sua importanza, infatti grazie alla sua conoscenza delle leggi, il mediatore interviene negli affari pubblici e nell’organizzazione sociale spiegandone i concetti più complessi. Nella filosofia, Hegel descrive il processo di mediazione come un’operazione astratta attraverso il quale il soggetto acquisisce conoscenza; per Marx ed Engels la mediazione fa parte della dimensione sociale e la sua funzione è quella di facilitare una relazione tra domini e forze opposte; Vygotskij assegna un ruolo centrale alla mediazione nei campi della psicologia e dell’educazione, considerandola fondamentale nello sviluppo cognitivo delle persone perché sinonimo dell’interazione sociale. La mediazione rende abilità/capacità umane e l’attività mentale una costruzione sociale e il linguaggio diventa lo strumento attraverso cui gli individui possono ricostruire ed interiorizzare elementi sulla costruzione del proprio pensiero e delle modalità di apprendimento. Quindi se il pensiero umano è un processo di mediazione per apprendere, l’apprendimento è un processo non lineare. Oltretutto la mediazione non è riducibile ad un mero strumento con cui facilitare la comprensione, ma è un’attività complessa e ricca di potenzialità di cui il fenomeno migratorio ne evidenzia l’importanza e la riflessione necessaria su attività di interpretariato e di traduzione. Le definizioni sulla mediazione si suddividono in due categorie: definizioni sulla mediazione come processo socio-antropologico (sulla dimensione culturale o interculturale) e definizione sulla mediazione come processo linguistico o interlinguistico (si attiva con la traduzione soprattutto nell’apprendimento linguistico). E’ una suddivisione formale che non ignora la rapidità di mutamento di tali definizioni (mediazione come concetto “nomadic”). Il teorico della traduzione Pym sottolinea come il termine di mediazione linguistica riguardi ciò che accade quando più lingue entrano in contatto creando un impulso per comunicare, anche tra parlanti di lingue diverse, attraverso il ricorso di un “miscuglio linguistico”. Per lui, traduzione ed interpretariato sono ulteriori forme di mediazione. La mediazione è dunque una pratica sociale la cui funzione è rendere accessibili significati costruiti socialmente, in particolare quando potrebbero crearsi situazioni di incomprensione. Tale pratica ha a che fare con la negoziazione dei significati

nell’interazione sociale, ovvero una forma di riconciliazione tra due o più partecipanti a un dato evento. Dendrinos riflette su chi sia il mediatore e quali siano le sue funzioni, criticando il CEFR che vede tale figura come un utente linguistico che non esprime il proprio pensiero, ma si limita a fare da intermediario tra interlocutori che non si comprendono (non esclusivamente parlanti lingue diverse). Per lo studioso il mediatore può essere visto come attore sociale che controlla il processo di interazione e agisce per facilitare la comunicazione, interpretando o creando significati attraverso il parlato o lo scritto. Il mediatore ha dunque un ruolo attivo in quanto arbitro del significato: deve prendere decisioni sul significato dato che gli interlocutori non possono comprenderlo. Stathopoulou vede la mediazione come pratica di translanguaging (uso dei parlanti dell’intero repertorio linguistico, senza limiti netti). Anche il termine languaging contribuisce a rendere chiara l’assenza di confini o barriere tra lingue. Esso si realizza attraverso il private speech ( parlato interiore portato alla coscienza attraverso la mediazione) o il collaborative  dialogue (ciò che si attiva nella dimensione sociale della comunicazione). Nella ricerca italiana il mediatore è visto come una figura-ponte che dovrebbe permettere di superare gli ostacoli comunicativi tra individui; viene quindi vista come interazione dialogica e dimensione interattiva dell’atto di tradurre la non linearità della comunicazione dipende da fattori identificati come 3 correttivi: il ruolo dell’utente (parte attiva che produce e trasmette segnali), del contesto (sempre diverso, soggetto a variazione) e del codice (sistema di comunicazione che attraverso i segni e le regole dà luogo ad un evento comunicativo). Analizzandoli, la mediazione emerge come elemento e processo decisivo. Secondo De Mauro, in questo processo le lingue sono governate da processi di non-creatività che permettono al codice e agli utenti di infrangere e cambiare continuamente le regole che, nonostante tali meccanismi, continuano ad avere efficacia comunicativa in primis grazie alla metalinguisticità riflessiva (ci consente di interrogarci da soli o dialogicamente o coralmente sulle nostre parole, espressioni e i loro significati). Gli utenti fanno uso della metalinguisticità riflessiva anche per ricercare significati e sensi sempre nuovi. Il momento della mediazione si esalta quando l’evento comunicativo è visto dal ricevente, che ricopre un ruolo problematico volto alla comprensione del messaggio attraverso uno sforzo interpretativo superiore rispetto a quello compiuto dal mittente per crearlo. Possiamo dire che comprendere è un processo circolare in cui colui che è coinvolto è costretto a continue azioni di mediazione e negoziazione; quando usiamo una lingua dobbiamo essere in grado di attuare un andirivieni continuo tra la dimensione verticale e quella orizzontale della comprensione linguistica: il movimento del mittente e quello del ricevente non è mai lineare ma circolare grazie al processo di continua mediazione. La mediazione ci appare quindi come attività semiotica (processo dove la dimensione individuale incontra quella collettiva). L’interesse del CEFR per la mediazione è collegato al cambiamento che le politiche linguistiche ed economiche europee hanno subito negli ultimi 25-30 anni, cambiamento che vede nella

valorizzazione e nel potenziamento del plurilinguismo un’occasione per la crescita economica e per il dialogo interculturale. Il Documento propone certe linee guida nell’ambito di apprendimenti, insegnamento e valutazione linguistica che guardano alla mediazione come ad un processo irrinunciabile per i processi di interazione semiotica. Alla base di ciò risiede l’idea di uno spazio linguistico condiviso, comprendente L1 e le varie L2 dei parlanti al suo interno, in cui la dimensione sociale ed individuale comunicano continuamente facendo dell’utente un “agente sociale”; la mediazione viene collegata alle altre modalità come la produzione, la ricezione e l’interazione, mostrando che essa integra il complesso delle abilità linguistiche. Per il CEFR la mediazione entra in gioco in 4 situazioni legate fra loro: 1) quando un utente/apprendente di una lingua recepisce un testo e ne produce uno ad esso collegato per renderlo fruibile ad un altro utente/apprendente che non comprende il testo originale. 2) quando un utente/apprendente di una lingua agisce come intermediario tra due interlocutori che non si comprendono. 3) quando un utente/apprendente di una lingua partecipa a una conversazione o discussione che mette in gioco diverse lingue sfruttando il plurilinguismo ed il pluriculturalismo. 4) quando un utente/apprendente di una lingua interpreta u fenomeno culturale in relazione ad un’altra cultura. La mediazione appare decisiva nel farsi delle lingue e delle culture, come nelle loro possibilità di contatto. Le dimensioni di semantica e pragmatica funzionano più di altre attraverso processi di continua mediazione e negoziazione. Nella dimensione semantica il rapporto tra significato del segno e possibili sensi del segno richiede continua mediazione perché i parlanti di una stessa lingua condividono più o meno gli stessi significati, è il senso con cui una parola viene detta a cambiar). Nella dimensione pragmatica, ovvero l’utilizzo che gli utenti/mittenti/riceventi fanno di un segno per diversi scopi comunicativi, la mediazione è continua perché per utilizzare un segno è necessaria continua negoziazione con il segno stesso, con coloro che del segno ne fanno uso e con il contesto in cui tale uso avviene. L’azione della mediazione è richiesta per il funzionamento di 3 proprietà linguistiche fondamentali: la vaghezza, la creatività non regolare e la metalinguisticità riflessiva. Mediare riguarda la dimensione interlinguistica, che entra in gioco nella traduzione e nell’interpretariato, rende possibile l’uso flessibile di una lingua e l’uso di lingue diverse nello stesso contesto comunicativo. Una questione importante è quali confini ci sono tra mediazione, traduzione ed interpretariato; la necessità di stabilire un confine chiaro è diventata un’esigenza (soprattutto per gli studiosi di mediazione) per offrire uno statuto teorico solido a questa disciplina. La mediazione è condizione di possibilità della traduzione e dell’interpretariato, infatti senza essa, le altre due discipline non potrebbero aver luogo. Nel CEFR questo aspetto viene poco approfondito ma anzi, nel secondo capitolo tale visione viene abbandonata per dare spazio alla mediazione come abilità

linguistica: visione molto limitante ma di grande interesse, considerando il suo impatto nelle questioni su apprendimento, insegnamento e valutazione linguistica. Usare una lingua non metterebbe in moto solo le due abilità produttive (scrittura e lettura) e le due abilità ricettive (ascolto e lettura), ma darebbe luogo ad una quinta abilità: quella della mediazione. E’ inevitabile accostare la mediazione a tali attività, ma facendolo si nega l’idea secondo la quale la mediazione sia attività intrinseca e naturale dello scambio semiotico. La mediazione linguistica riprocessa un testo esistente e il CEFR specifica le componenti essenziali di questa attività: 1) ATTIVITA’ E STRATEGIE DI MEDIAZIONE ·  Nelle attività di mediazione, colui che usa una lingua agisce come intermediario tra interlocutori che non sono in grado di comprendersi direttamente. Esempi di tale attività sono l’interpretariato e la traduzione, il riassumere e il parafrasare. 2) MEDIAZIONE ORALE · Interpretariato simultaneo (conferenze, meetings) · Interpretariato consecutivo (discorsi di benvenuto, tour guidati) · Interpretariato informale di: u n visitatore straniero, parlanti nativi all’estero, insituazioni sociali che coinvolgono amici/famiglia ecc., di segni/menù/avvisi ecc. 3) MEDIAZIONE SCRITTA · Traduzione esatta (contratti) ·  Traduzione letterale (romanzi, testi teatrali) ·  Sintesi di idee/concetti (articoli di quotidiani) ·  Parafrasi (testi specialistici) Man mano che si legge il documento ci si accorge della distanza che prende dalle definizioni iniziali che esso stesso aveva fornito, creando vere incongruenze: es. la mediazione diviene caratteristica di uno stato di competenza avanzato ed è sinonimo di interpretariato oppure, come mostrato nel Cap. 4, la mediazione è descritta in termini di abilità linguistica che sembra prioritaria per le competenze plurilingue e interculturali, così che pure gli apprendenti divengono in grado di mediare attraverso interpretariato e traduzione tra parlanti di lingue diverse. Anche in questo caso la mediazione perde la sua caratteristica essenziale del processo semiotico. La disomogeneità della spiegazione su tale disciplina da parte del CEFR è visibile anche quando esso spiega la distinzione tra mediazione, traduzione ed interpretariato, dove la prima viene presentata come macrocategoria: “la mediazione copre due attività: traduzione (utente/apprendente riceve un testo da un parlante o da chi lo ha prodotto in forma scritta in una lingua o codice e ne produce un testo parallelo, in una lingua o codice diverso, per rendere possibile la comprensione) e interpretariato (l’utente/apprendente agisce come intermediario in un’interazione faccia a faccia tra due interlocutori che non condividono la stessa lingua o codice, recependo un testo in una lingua e producendolo uno parallelo in un’altra lingua). La riflessione sui processi di mediazione è rimasta per lungo tempo inconsiderata dato che nella didattica delle lingue moderne ha dominato l’attenzione sulla sola lingua oggetto di apprendimento. Vedovelli ci conferma che la competenza in L2 è ciò che rende l’apprendente in grado di gestire i meccanismi di costituzione di identità che ogni lingua propone; l’identità stessa si amplia nel contatto con le altre culture. Tale competenza

garantisce la possibilità di una continua evoluzione e il contatto di un apprendente con una nuova lingua può avvenire solo attraverso azioni di continua mediazione. Gli apprendenti hanno bisogno di essere sempre esposti a modalità significative di relazione con l’ambiente, mediate dall’agire comunicativo e continuamente controllabili e manipolabili (affordances). Nel CEFR si fa riferimento anche alla mediazione pedagogica, ovvero il processo che si attiva in contesto formativo, in relazione a situazioni e contesti di insegnamento che coinvolgono figure professionali (insegnanti, genitori, alunni ecc.). la mediazione pedagogia fa riferimento alla mediazione cognitiva e  alla mediazione relazionale che includerebbe: facilitare l’accesso alle conoscenze attraverso lo sviluppo d i un proprio pensiero (mediazione cognitiva: costruzione); costruzione del significato in un contesto (mediazione cognitiva: collaborativa); creazione delle condizioni che rendono possibile la co-costruzione, organizzando e controllando lo spazio per la creatività (mediazione relazionale). La mediazione dovrebbe essere centrale anche nei processi di insegnamento, come sostiene Vedovelli, e il docente dovrebbe essere un docente-mediatore in grado di coinvolgere gli alunni e valorizzare anche le lingue e le culture dei bambini stranieri all’interno del contesto di classe. Valorizzando le altre lingue e rendendo partecipativi gli alunni nasce un input di apprendimento che lo aiuta a scoprire le sue competenze nascoste. Il docente-mediatore deve essere in grado di creare reti di scambio all’interno della classe, garantendo l’esposizione a una ricca gamma di testi di più generi e tipi. Il docente diventa il regista dei flussi comunicativi, orientandoli verso l’intensificazione dei rapporti sociali finalizzati allo sviluppo della competenza in L2. Dendrinos suggerisce anche che la mediazione può diventare un’attività riguardante l’uso di codici iconici, musicali, artistici ecc., di conseguenza le attività di mediazione sottoponibili a valutazione potrebbero essere di 3 tipologie: interazione tra codici verbali e non verbali, di tipo linguistico, di tipo interlinguistico. Negli ultimi 2 casi la mediazione implicherebbe la messa in moto in ricezione e p roduzione di strategie e mezzi diversificati. In visione di ciò, si richiede una definizione del costrutto della valutazione insieme ad un’analisi e descrizione di task (linguistici e comunicativi) finalizzata a capire se tali conoscenze e competenze nella mediazione varino in relazione alla progressione del livello di competenza degli studenti. Stathopoulou suggerisce che i task riguardanti la mediazione possano essere definibili in due attività: 1. Estrazione di informazioni da un testo fonte in una data lingua e sua trasmissione in un’altra lingua per una data proposta di comunicazione. 2. Interpretazione dei significati articolati in testi fonte e costruzione di nuovi significati della lingua target, espressi in maniera appropriata al contesto.

CAPITOLO 2 Gli aumenti della mobilità hanno avuto un grosso impatto e sono caratterizzati da un alto numero di gruppi di diversa origine/etnia/nazionalità. L’impatto è misurabile anche sulle dinamiche linguistiche: repertori linguistici entrano in contatto lungo un continuum in

cui il grado di permeabilità dipende dai locutori, dalle aspettative della società di riferimento e dalle possibilità di mediazione tra lingue e culture. L’Unione Europea conta 24 lingue ufficiali (tra cui molti dialetti e idiomi). Il tema della tutela dei diritti linguistici è legato a quello della mediazione; la Dichiarazione Universale dei Diritti Linguistici (1996) fa riferimento a due tipologie di  diritto (art.3): personali (diritto di cittadino ad essere riconosciuto come membro di una comunità linguistica, di parlare la propria lingua, di usare il proprio nome, di entrare in contatto e associarsi con altri membri della sua comunità linguistica, di sviluppare la propria cultura) e collettivi (insegnare la propria lingua e cultura, disporre di servizi culturali, presenza equa della propria lingua e cultura nei media, sentirsi rispondere nella propria lingua nelle relazioni col pubblico e quelle socio-economiche). Poggeschi propone un’ulteriore divisione in diritti di prima, seconda e terza specie: 1. Quelli di prima specie sono strumentali al godimento dei diritti fondamentali e sono strumento di integrazione. 2. Quelli di seconda specie riguardano le minoranze storiche o nazionali del Paese. 3. Quelli di terza specie riguardano gli stranieri e i loro discendenti. Per la tutela dei diritti di prima e seconda specie, la mediazione è fondamentale; per quelli di terza specie serve un approfondimento del contesto in cui si va ad operare e della super diversità linguistica che lo caratterizza. Secondo l’ultima indagine dell’Eurobarometro (2012), nei Paesi UE 9 cittadini su 10 ritengono che la capacità di parlare lingue straniere sia utile, il 98% afferma che una buona padronanza linguistica sarà utile per il futuro dei propri figli. Questi dati da una parte confermano il plurilinguismo europeo, dall’altra la percezione positiva dei cittadini UE verso lo studio delle lingue. Tuttavia altre indagini hanno messo in rilievo che solo il 54% sa esprimersi in una lingua straniera, il 42% di essere competente nella propria prima lingua straniera e il 25% nella seconda. Nel 2008 la Commissione Europea ha proposto un documento sul trilinguismo (Una Sfida Salutare) e tale obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso le pratiche di mediazione. Secondo d ati Eurostat (2015) quasi 53 milioni di persone in UE sono nate in un Paese diverso e oltre 35 milioni hanno una cittadinanza diversa (concentrati in Germania, Italia, Spagna e Francia). In tali paesi si è assistito all’alternanza di politiche e modelli d’integrazione entro i quali la mediazione non ha sempre trovato collocazione. Nel documento “L’immigrazione nell’UE e le politiche di integrazione: la collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile” (2006) l’integrazione viene vista come processo bidirezionale fondato su diritti e o bblighi per i cittadini dei paesi terzi e per la società ospitante, volto a garantire la partecipazione agli immigrati attraverso l’integrazione non solo di essi ma anche della società di accoglienza; entrambe le parti devono integrarsi. La bidirezionalità è quindi uno strumento utile alla costruzione di una società in cui tutti i cittadini possano godere degli stessi diritti e doveri, e ne condividono i valori di democrazia e apertura. Questo documento fa riferimento alla figura del mediatore linguistico-culturale, ricordando che occorre disporre di tali figure e rafforzare il personale docente per superare difficoltà

linguistiche e culturali. Anche il Comitato delle Regioni afferma la necessità di attuare politiche di accoglienza e mediazione interculturale in vari contesti (doc. Situazione delle donne migranti nell’Unione Europea, 2007 ) ...


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