Riassunto Corso di sociologia Bagnasco, Barbagli, Cavalli PDF

Title Riassunto Corso di sociologia Bagnasco, Barbagli, Cavalli
Author Michele Maiella
Course Sociologia generale
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Riassunto completo del manuale...


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Corso di Sociologia Introduzione Che cos’è la sociologia? Il senso comune sociologico Ognuno ha un’idea personale di che cosa sia la società, quindi ognuno di noi è un sociologo in quanto dispone di una conoscenza sui rapporti sociali. Questa conoscenza ha dei limiti che sono l’esperienza personale (legata al presente) e il “sentito dire”. La sociologia come scienza sociale supera i limiti del senso comune e può aiutarci a comprendere meglio il mondo in cui viviamo, non può tuttavia dare certezze assolute.

Qual è l’oggetto della sociologia? La sociologia è lo studio scientifico della società. Tuttavia questa definizione non è sufficiente, in quanto occorre spiegare il concetto si scienza e di società. Di società si occupano anche altre scienze sociali, quindi sul ruolo della sociologia vi sono 3 soluzioni: 1) Soluzione gerarchica (Comte) : sociologia in posizione privilegiata, destinata a completare il processo evolutivo; oggi la sociologia non ambisce più a diventare la regina delle scienze, si accontenta di essere una di esse. 2) Soluzione residuale (Runciman): rientra nel campo della sociologia tutto ciò che non è ancora studiato dalle altre scienze sociali. 3) Soluzione analitica o formale (Simmel): sociologia come grammatica e geometria della società, studia le forme pure di relazione. (distinzione chiara tra forma e contenuto, ma inapplicabile nel concreto). Una definizione rigorosa di sociologia è un’impresa disperata, occorre accontentarsi di una definizione tautologica, e cioè dell’insieme delle ricerche di coloro che vengono riconosciuti come sociologi.

Le origini Le origini della Sociologia vanno ricondotte a tre rivoluzioni: 1) La Rivoluzione Scientifica: introduce a partire dal XVII secolo il metodo sperimentale fondata sull’osservazione dei fatti, questo metodo applicato a ambiti sempre più vasti ha influito anche sull’osservazione degli esseri umani e dei loro rapporti. 2) La Rivoluzione Industriale: la prima scienza sociale ad acquistare valore è infatti l’economia politica (Adam Smith), essa rifletteva sul mutamento sociale dal punto di vista economico. Smith era consapevole che la società non poteva essere letta soltanto in termini di mercato, tuttavia la sua opera è stata interpretata soltanto dal punto di vista dei rapporti di scambio. Qui la sociologia inizia a farsi strada in quanto l’avvento della società industriale era stato interpretato come un passaggio dai rapporti che sono “naturali”, “autentici” a rapporti “artificiali”, “meccanici”. 3) La Rivoluzione Francese: con il passaggio del potere legittimo dalla monarchia al popolo cambiano gli ordinamenti, i rapporti tra i gruppi sociali e gli individui e i fondamenti stessi.

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Infine sono fondamentali per la sociologia come scienza i decenni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, quando i “padri fondatori” della sociologia (Spencer, Durkheim, Tönnies, Weber, Simmel e Pareto) pubblicano le loro opere.

Temi e dilemmi teorici: ordine, mutamento, conflitto, azione e struttura Sono detti “paradigmi scientifici” (T. Kuhn) quegli assunti di natura teorica sui quali una comunità di scienziati sviluppa un consenso accettato da tutti i membri. Se emerge un nuovo paradigma ci troviamo in una fase di rivoluzione scientifica, che se ha successo sostituirà il precedente. In sociologia questo modello è difficilmente applicabile, non c’è mai un solo paradigma in atto, vi è sempre una molteplicità di paradigmi, la sociologia è per questo definita multi-paradigmatica.

Il paradigma dell’ordine Interrogativo: che cosa fonda l’ordine o il disordine sociale? Hobbes: l’uomo sottoponendosi allo stato è riuscito a controllare la sua natura egoistica e violenta. Smith: il mercato può tenere insieme individui e gruppi che perseguono interessi diversi. Stato e mercato appaiono come due risposte al problema dell’ordine sociale, ma per i primi sociologi queste sono risposte insufficienti. Iniziano perciò a utilizzare modelli organicistici per dare una risposta a questo problema. Comte e Spencer: modello di stampo evoluzionistico (sulla scia delle teorie evoluzionistiche di Lamarck e Darwin). Società come organismo il cui equilibrio dinamico è in continua evoluzione. Il motore del processo di evoluzione è la competizione tra le specie (chi si adatta meglio a un determinato ambiente e a una determinata condizione sociale…) Simmel: nella modernità l’ordine sociale non è imposto dall’esterno ma dall’interno, in quanto la divisione del lavoro crea differenziazione sociale, e proprio per questo gli individui devono fare sempre più affidamento gli uni sugli altri per rispondere alle proprie esigenze. Durkheim: l’ordine sociale deriva dall’esterno, precisamente dalla “solidarietà meccanica”. In una società dove la divisione del lavoro è scarsa e gli individui sono poco differenti tra loro ciò che tiene ordine e unità nella società è appunto la solidarietà meccanica, un vincolo fondato sulla credenza di una comune origine e identità (una credenza di natura sacrale e religiosa). Tönnies: la modernità è vista con nostalgia e apprensione. “Organico” e “meccanico” per Tönnies hanno significati opposti a quelli attribuiti da Durkheim. I vincoli di sangue, di luogo e di spirito sono “unità organiche”, nei quali gli individui si sentono uniti in modo permanente. Questo non avviene però nella società, in essa infatti gli individui vivono isolati o in tensione gli uni contro gli altri.

Il paradigma del conflitto Interrogativo: occorre spiegare il mutamento sociale e le sue cause. Marx: I rapporti sociali fondamentali sono i rapporti di produzione e distribuzione di beni e servizi, che sono necessari alla società stessa per riprodursi. Dato che questi rapporti si basano su meccanismi di dominio e di sfruttamento l’unica via è la lotta di classe; e ciò è dimostrato in tutta la storia (per Marx infatti la storia è storia della lotta di classe, “Manifesto del partito comunista”). Il conflitto di classe è la grande forza della storia, il motore del mutamento sociale.

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Weber: Il conflitto non è una condizione patologica della società, ma la sua condizione normale, non conduce alla disgregazione della società ma crea strutture istituzionali. Il conflitto non si riduce a lotta di classe. Vi sono varie sfere dove esso si sviluppa, ogni sfera ha una sua autonomia, ma un conflitto che si sviluppa in una determinata sfera (es religione) può avere conseguenze anche sulle altre.

Il paradigma della struttura Interrogativo: L’individuo è libero oppure la sua libertà è confinata nella struttura sociale? In questo paradigma è la struttura sociale che si impone sull’individuo. Marx: la struttura sociale si impone sull’individuo; lo sfruttamento dei lavoratori salariati da parte dei capitalisti non potrebbe andare in modo diverso (il mercato impone questo meccanismo). Durkheim: la società viene prima degli individui, i fatti sociali si spiegano solo tramite altri fatti sociali, è impossibile partire dall’individuo per spiegarli (Durkheim mostra come nel suicidio operino cause sociali). Vi sono forze che agiscono alle spalle degli individui spingendoli a determinati comportamenti. Teorie funzionalistiche: parti spiegate in base alle funzioni che svolgono (percorso dal TUTTO alle PARTI). Teoria dei ruoli: il comportamento degli individui è spiegato attraverso la posizione che occupano nel sistema sociale. Ruoli = diritti e doveri. La società spiega gli individui. Concezione olistica del sociale: società come unità prioritaria, individui come veicoli del sistema sociale.

Paradigma dell’azione Interrogativo: L’individuo è libero oppure la sua libertà è confinata nella struttura sociale? In questo paradigma Weber sostiene come tutti i fenomeni sociali devono essere ricondotti a comportamenti individuali. Due principi fondamentali: 1) Individualismo metodologico: i fenomeni macroscopici (fatti sociali) vanno ricondotti a cause microscopiche (azioni individuali). 2) Per spiegare un’azione sociale occorre tener conto dei motivi dell’attore: l’uomo è dotato della capacità di compiere scelte, come un attore però si muove in situazioni che comportano vincoli e condizionamenti; perseguendo mete egli dà un senso alla sua azione. Weber – Azioni razionali: razionalità rispetto allo scopo o rispetto al valore. Entrambe azioni con un principio utilitaristico. Weber: l’uomo non è un essere razionale ma un uomo capace di agire razionalmente.

Compatibilità tra paradigmi Il paradigma della struttura e quello dell’azione possono essere compatibili? Essi sono incompatibili se si adotta una visione unilaterale (è solo la società ad influenzare l’individuo e non viceversa), al di fuori di questa visione unilaterale è probabile che i due paradigmi portino a risultati convergenti. Infatti nella ricerca sociale questi paradigmi sono spesso utilizzati contemporaneamente. La sociologia è una scienza multiparadigmatica.

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Capitolo 1 Le società premoderne L’evoluzione delle società umane e il concetto di cultura Secondo la teoria dell’evoluzione, la specie umana deriva dalle scimmie antropoidi ed è il risultato di un lungo e lento processo di evoluzione genetica. Da 2 a 3 milioni di anni fa gli ominidi comparvero sul pianeta: acquisendo la stazione eretta, essi poterono liberare gli arti superiori dalle esigenze della deambulazione; inoltre, contrapponendo il pollice alle altre dita della mano, iniziarono ad afferrare oggetti. Le loro corde vocali non erano ancora sviluppate per poter emettere suoni finemente articolati. La loro capacità cranica era piuttosto ridotta. Infine, erano in grado di costruire attrezzi rudimentali per procacciarsi il cibo e difendersi dalle altre specie animali. L’uomo di Pechino visse tra 250 e 450 mila anni fa ed era probabilmente un esperto cacciatore. Forse conosceva l’utilizzo del fuoco e comunicava emettendo suoni e facendo gesti. Gli uomini che seppellivano i morti avevano sicuramente sviluppato una prima forma di capacità di simbolizzazione: i primi luoghi tombali risalgono a circa 100-150 mila anni fa. L’homo sapiens arrivò in Europa circa 42 mila anni fa, probabilmente dall’Africa; Riusciva a produrre e usare strumenti, il fuoco e il linguaggio. Le forme di organizzazione sociale degli animali sono complesse e hanno come base il codice genetico; quelle della specie umana si fondano principalmente sulla cooperazione ottenuta attraverso la comunicazione e il linguaggio e sull’accumulazione di informazione che vengono trasmesse mediante processi di apprendimento. L’insieme di queste informazioni costituisce la cultura [Malinowski].

Le società di cacciatori e raccoglitori L’attività predatoria e il nomadismo Queste società non sono impegnate in vere e proprie attività produttive, non intervengono cioè nei processi di produzione dei beni di cui si servono, ma attingono per sopravvivere al patrimonio di risorse offerto dalla natura: colgono i frutti che crescono spontanei e catturano animali selvatici. Le società di cacciatori-raccoglitori sono state stanziate in ambienti molto diversi tra loro: si va dalle zone artiche e sub-artiche alle zone quasi desertiche dove le risorse naturali sono scarse, alle zone temperate e alle foreste equatoriali, dove l’ambiente offre evidentemente maggiore abbondanza di risorse disponibili. Si tratta di società in genere molto piccole, di 30-50 membri che vivono in accampamenti temporanei. L’organizzazione sociale In tutte le società di cacciatori-raccoglitori vige una più o meno rigida divisione sessuale del lavoro nel senso che la raccolta è quasi sempre compito femminile, mentre la caccia maschile. L’unità sociale di base è la famiglia nucleare composta dai genitori e dalla loro prole e la sua funzione è essenzialmente riproduttiva. Più famiglie nucleari, grosso modo una decina, costituiscono una banda, questa occupa temporaneamente un certo territorio, forma un accampamento e organizza cooperativamente la caccia. La banda è spesso un gruppo esogamico: i matrimoni sono vietati tra i membri della banda stessa.

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I legami che per via dei matrimoni avvengono tra bande diverse arriva a formare una tribù. L’ampiezza di tale gruppo è molto variabile, ma si aggira in media intorno ai 500-600 membri: la tribù è un gruppo essenzialmente endogamico che occupa un territorio che comprende l’insieme dei territori delle singole bande. I membri della tribù che si riconoscono nello stesso gruppo, spesso si ritengono discendenti di un capostipite comune. In questo caso la tribù corrisponde al clan, anche se alla stessa tribù possono appartenere membri di clan diversi. Il mito della comune origine trova rappresentazione simbolica in un oggetto (il totem) che può raffigurare un elemento tratto dall’ambiente che diventa il centro di una serie di pratiche rituali. Le società di caccia e raccolta a parte le marcate differenze sociali tra uomini e donne sono società fortemente egualitarie. Il capo banda, quando c’è, è in genere il cacciatore più coraggioso e valente capace di catturare le prede più grosse, ma la sua posizione non è permanente e non comporta particolari privilegi. L’esigenza di un capo si presenta solo quanto si tratta di attaccare o di difendersi da tribù vicine che bisogna quindi fronteggiare sul paino militare. Una figura che gode invece di un certo prestigio e di alcuni privilegi è lo sciamano. Lo sciamano è un essere umano il quale è dotato delle capacità psichiche, ed è a conoscenza delle tecniche rituali che gli consentono di entrare in contatto con il mondo degli spiriti per cercare di neutralizzarne gli influssi negativi. Per studiare una società bisogna osservare: I modi coi quali si procura i mezzi di sussistenza e come li distribuisce fra i suoi membri. I modi coi quali assicura la propria riproduzione biologica e culturale. Le forme delle relazioni sociali mediante le quali prendono corpo i gruppi e le organizzazioni. La struttura delle disuguaglianze. Le credenze. Le pratiche religiose.

Le società di coltivatori e pastori Dall’attività predatoria all’attività produttiva Con il passaggio alle società di coltivatori-orticoltori, avvenuto con la rivoluzione neolitica (10000– 6000 a.C.), la natura non è più soltanto un serbatoio di forze incontrollabili e di risorse di cui appropriarsi in modo predatorio, ma un grande laboratorio di processi su alcuni dei quali l’uomo è in grado di intervenire intenzionalmente al fine di produrre ciò di cui ha bisogno. L’uomo incomincia a modificare radicalmente l’ambiente in cui vive e il paesaggio diventa sempre più un paesaggio umano. Gli insediamenti permanenti A differenza dei loro predecessori, gli orticoltori non furono costretti a spostarsi continuamente alla ricerca di cibo. Il risultato fu che, a parità di estensione, lo stesso territorio poteva ora fornire sostentamento a un numero molto maggiore di uomini e donne. Così l’ampiezza degli insediamenti crebbe insieme alla densità della popolazione. Visto retrospettivamente il passaggio alla coltivazione rappresentò una prima, poderosa, accelerazione nello sviluppo della cultura umana. I villaggi tendevano a moltiplicarsi per scissione.

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Divisione del lavoro, disuguaglianze e organizzazione sociale Appena un’area incomincia a diventare più densamente popolata, la guerra diventa un elemento permanente nella vita quotidiana ed assorbe a tal punto le energie di queste popolazioni che non è infrequente trovare tribù dove la coltivazione dei campi è lasciata quasi esclusivamente alle donne mentre gli uomini si dedicano alle attività militari. I villaggi sono il più delle volte economicamente autosufficienti e politicamente autonomi e il loro capo è generalmente un capo militare, il cui potere richiede di essere costantemente confermato dalla capacità di condurre guerre vittoriose e si riduce invece nei periodi di pace. I matrimoni avvengono prevalentemente tra persone che appartengono allo stesso villaggio (endogamia), ma vige la proibizione di sposarsi tra parenti stretti (tabù dell’incesto): i vari gruppi di parentela finiscono per essere variamente intrecciati, stabilendo una vasta gamma di rapporti graduati di cooperazione e assistenza reciproca. Le società di pastori Un altro passo di grande importanza è stato l’addomesticamento degli animali in particolare dei ruminanti cioè di quegli animali poco aggressivi che si cibano di vegetali. In questa società i capi di bestiame non sono solo fonte di sussistenza, il loro numero diventa anche simbolo e misura della ricchezza, del potere e del prestigio di cui godono individui, famiglie o tribù.

La nascita delle società di agricoltori Innovazioni tecnologiche e produzione di surplus L’invenzione dell’aratro si sviluppa in zone già favorevoli all’agricoltura (Mesopotamia ed Egitto, 6000 a.C.). Quando la produttività agricola cresce e vi è formazione di surplus, è possibile che nella società si formino dei gruppi che non partecipano direttamente alla produzione del cibo che consumano. Perché ciò possa avvenire è necessario tuttavia che si verifichino due presupposti: 1. che i produttori siano motivati a produrre al di là di ciò che serve per sé e per la propria famiglia; 2. che siano in qualche modo disposti a trasferire ad altri una parte del frutto del proprio lavoro. La realizzazione di questi presupposti è stata enormemente facilitata dal fatto che parallelamente all’agricoltura si è sviluppata in Mesopotamia e nell’Antico Egitto una forma particolare di governo chiamata teocrazia. La nascita delle prime città intorno al tempio In Egitto il sovrano supremo, il faraone, è considerato egli stesso un dio. Il tempio è la casa di dio, il centro dal quale una casta di sacerdoti, i servitori della divinità, amministra le terre e provvede ai bisogni della collettività. Così le esigenze dell’amministrazione del tempio siano state decisive per generare un’innovazione destinata a sconvolgere l’universo mentale e simbolico dell’umanità: la scrittura. La scrittura cuneiforme fu inventata come strumento della memoria e come modo per trasferire informazioni di generazione in generazione superando l’inaffidabile labilità della cultura orale.

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Nacque allora la professione dello scriba, una categoria di specialisti addetti alla produzione simbolica. Così il tempio non è soltanto un luogo di culto della divinità ma anche il quartiere generale di un’organizzazione economica e politica assai complessa. Intorno al tempio (III e II millennio a.C.) si formano delle vere e proprie città. Da un lato i contadini, la grande massa della popolazione rurale che vive nei villaggi; dall’altro lato la popolazione urbana, accomunata dal fatto di dipendere dalla campagna per il soddisfacimento dei propri bisogni alimentari. La città può esistere se si è in grado di esigere il prelievo del surplus agricolo prodotto dalle campagne. Forti disuguaglianze e grandi imperi Così si assiste alla creazione di forti disuguaglianze, in particolare tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Più una società diventa differenziata e complessa e più si rafforza l’esigenza di ordinamenti che ne regolino le attività. (Codice di Hammurabi, II millennio a.C.). Ora le società non sono più composte di poche migliaia di individui, ma un regno può comprendere centinaia di villaggi ed estendere il suo potere su territori molto vasti.

Le società agrarie dell’antichità greco-romana La nascita della riflessione sistematica sulla società Mediterraneo, 800 a.C. In questa parte del mondo si era sviluppata una particolare forma di scrittura, quella fonetico-alfabetica, che, rispetto a quella ideografica, si dimostrò particolarmente adatta alla composizione e alla trasmissione di testi. La base agraria di una civiltà urbana Nell’antica Grecia, come anche a Roma, esisteva la figura del contadino indipendente. Si trattava spesso di coloni che avevano conquistato un territorio e vi si erano insediati: molto spesso costoro erano ex soldati che avevano ricevuto la terra in compenso del servizio militare prestato. Accanto ad esso vi erano degli affittuari che, pur privi della proprietà della terra, la coltivavano pagando dei tributi al proprietario del fondo e, infine, vi erano gli schiavi che coltivavano dietro la mera sussistenza le grandi proprietà fondiarie dello...


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